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Allenamento ipercapnico e zona di sofferenza


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Vi riporto la mia esperienza....mi sono allenato in apnea dinamica per una stagione invernale....ho ottenuto ottimi risultati come i 115m a pinne e i 100m a rana...ogni volta con tempi di percorrenza oltre i 2 min....

Durante un massimale in vasca lunga dove dovevo fare i 100m rana sono andato in black out...perchè ho gestito le contrazioni per circa 35m e mi sono spento senza neanche accorgermene...quando fai i massimali e quando fai gli allenamenti le contrazioni sono abituali ed è proprio per questo che ho mollato e mi sono allontato dall'apnea...prprio perchè odiavo quasta costante permanenza (durante gli allenamenti preparativi a gare/massimali) in zona di sofferenza mi ha fatto temere che potessi "abituarmi" a gestire ciò che non è gestibile in sicurezza...sopratutto se si è in mare....da soli...

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Miglior contributo in questa discussione

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Gianfranco ti faccio un esempio pratico:

Gara, io so che normalmente faccio 100 mt, con la mia misura arrivo 2° il mio avversario diretto parte prima di me e fa 102, per vincere pensi che una persona non tenta di fare più di 102? Se arrivo ai 100 il corpo mi dice di uscire ci sta che qualcuno decida di forzare e provare ad andare oltre. Gli può andar bene come male. Questo succede in ogni sport. Si cade con la moto, si va fuori pista con la macchina, si cade dagli sci... potrei andare avanti per ore.

 

Personalmente non ho mai detto che non si possa avere un incidente, l'istruttore non si scarica da nessuna responsabilità se l'allievo ha qualsiasi cosa, anzi nn è bello dover raccogliere qualcuno. Non ho mai detto di avere la formula magica per non avere incidenti in assoluto, ci sono variabili esterne che possono incidere sulla cosa. Il problema che vi state accanendo inutilmente su come uno debba riconoscere il momento di uscire a fine apnea, e pretendete che vi venga spiegato in maniera completa su un forum. E' come chiedere ad un medico una diagnosi dicendo: Dottò mi fa male la testa che ho? Potrebbe avè tutto e niente.

 

Siete così chiusi mentalmente che se fosse pe voi stavamo ancora a raccoglie le noccioline e le banane sull'alberi o ad accenne il fuoco co 2 pietre. Non importa cosa uno vi dica e scriva pazientemente tanto la vostra risposta sarà sempre polemica e negativa, se per voi l'apnea è tutta na sincope e na samba cambiate sport e non rompete, sembrate un branco de vecchi che rompe le palle a quelli che fanno i lavori per strada e stanno li a spiegare come vanno fatti i lavori. Dietro al pc so tutti fenomeni.

 

Ti rispondo cominciando dalla fine.

L'unico fenomeno qui è colui che sostiene di raggiungere il limite o di farlo raggiungere in totale sicurezza... riguardati i messaggi precedenti e vedi se riesci ad identificarlo.

Quanto al progresso, mi sembra, che l'umanità sia progredita perchè c'è stato qualcuno che ha messo in dubbio le Verità assolute propinate dal profeta di turno.

Circa le spiegazioni che ti sono state chieste ti ricordo che la conoscenza si è trasmessa, per millenni, tramite lo scritto...o la tua è un particolare tipo che può essere appresa solo oralmente?

volendo usare la tua metafora, nessuno ha chiesto una diagnosi sulla propria persona, ti sono stati chiesti i sintomi della patologia, che è cosa ben diversa!

Infine, dici che c'è chi cade con la moto, sciando ecc., e allora? Il punto è che non c'è nessuno che dice che sia possibile andare al limite in totale sicurezza, senza correre rischi! Questa è la differenza.

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Sostenere che si può avvicinare il limite in sicurezza? ti dico che è possibile, poi chiederlo a numerosi atleti (della vostra amata fipsas) così non sarò solo io il fenomeno. La conoscenza non si è trasmessa solo tramite la scrittura ma questa è sempre stata integrata da una tradizione orale, tanto più che prima i testi erano pieni di abbreviazioni ed errori, se fosse possibile apprendere al meglio tramite la scrittura allora i corsi a cosa servono? E non parlo di apnea, guarda l'università, scuola, formazione...

La diagnosi sulla propria persona non serve a capire quale sia la patologia? In questo caso le due cose sono strettamente collegate visto che i sintomi cambiano da persona a persona ed una cura universale non può esser data.

Non mi sembra che valentino rossi vada a 50 km/h eppure non sta sempre con il sedere a terra, anche se va molto veloce e si avvicina al limite non cade sempre e quando lo fa è per un suo errore questo è quanto voglio dire ma tu non lo vuoi capire. Conoscere il limite non significa essere infallibili e non sbagliarsi mai, se lo fossimo saremmo delle macchine e non umani. In tutte le vostre belle considerazioni metteteci anche questo fattore.

Modificato da fabriz
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"Sostenere che si può avvicinare il limite in sicurezza? ti dico che è possibile, poi chiederlo a numerosi atleti (della vostra amata fipsas) così non sarò solo io il fenomeno".

Se è un postulato di A.A. potevi dirlo prima e ci risparmiavamo 10 pagine di post... e, poi, chi ha mai parlato di didattica?

 

La conoscenza non si è trasmessa solo tramite la scrittura ma questa è sempre stata integrata da una tradizione orale, tanto più che prima i testi erano pieni di abbreviazioni ed errori, se fosse possibile apprendere al meglio tramite la scrittura allora i corsi a cosa servono? E non parlo di apnea, guarda l'università, scuola, formazione..."

Guarda che nessuno ti ha chiesto di tenere un corso di apnea o di insegnargli a raggiungere il limite via pc... è stata fatta una domanda specifica su un singolo argomento, cerchiamo di non generalizzare e di non confondere il particolare con l'universale.

 

"La diagnosi sulla propria persona non serve a capire quale sia la patologia? In questo caso le due cose sono strettamente collegate visto che i sintomi cambiano da persona a persona ed una cura universale non può esser data"

Continui a confondere le cose: nessuno ti ha chiesto di eseguire una diagnosi, ti è stato chiesto di elencare i sintomi!

E visto che, come giustamente sostieni, sono variabili e la "cura universale non può essere data" come puoi ritenere di procedere "universalmente" in sicurezza?

 

"Non mi sembra che valentino rossi vada a 50 km/h eppure non sta sempre con il sedere a terra, anche se va molto veloce e si avvicina al limite non cade sempre e quando lo fa è per un suo errore questo è quanto voglio dire ma tu non lo vuoi capire"

Sarebbe interessante domandare a Valentino se quando va al limite si sente in assoluta sicurezza o se sa di correre dei rischi;

quanto alle cadute, poi, è sempre colpa sua o può esservi anche qualche fattore esterno?

Quello che invece tu non vuoi capire è che, per la grande quantità di variabili in gioco, un apneista può incorrere in un incidente

senza aver commesso alcun errore in quello che doveva essere il suo protocollo di riferimento nella ricerca del limite!

 

"Conoscere il limite non significa essere infallibili e non sbagliarsi mai, se lo fossimo saremmo delle macchine e non umani. In tutte le vostre belle considerazioni metteteci anche questo fattore".

E chi l'ha detto? io ho sostenuto, testualmente, che cercare il limite comporta non pochi rischi.

Ho invece parlato di infallibilità in chi sostiene di arrivarci in totale sicurezza e, proprio perchè non siamo macchine,

non capisco come si possa essere così categorici sull'assenza di rischi.

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odiavo quasta costante permanenza (durante gli allenamenti preparativi a gare/massimali) in zona di sofferenza mi ha fatto temere che potessi "abituarmi" a gestire ciò che non è gestibile in sicurezza...sopratutto se si è in mare....da soli...

E' qualcosa che ho pensato spesso, ma non sembra un timore condiviso nè da molti corsisti nè dagli addetti ai lavori.

 

:bye:

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odiavo quasta costante permanenza (durante gli allenamenti preparativi a gare/massimali) in zona di sofferenza mi ha fatto temere che potessi "abituarmi" a gestire ciò che non è gestibile in sicurezza...sopratutto se si è in mare....da soli...

E' qualcosa che ho pensato spesso, ma non sembra un timore condiviso nè da molti corsisti nè dagli addetti ai lavori.

 

:bye:

 

Beh se tu stesso non sai riconoscere se stai tirando o meno penso che due domande dovresti fartele...

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Beh se tu stesso non sai riconoscere se stai tirando o meno penso che due domande dovresti fartele...

Riferivo un pensiero da osservatore esterno, dovuto soprattutto all'incontro con diverse persone provenienti dai corsi di apnea.

 

Il problema non è essere coscienti di stare tirando o no, ma sentirsi certi di riuscire a gestire la situazione trasformando "il tirare" in una pessima abitudine, almeno a pesca.

 

D'altrode se uno in piscina lo fa costantemente, magari constatando che l'inizio della fase di sofferenza è molto lontana dal suo effettivo limite, ritengo improbabile che a pesca interrompa le sue apnee alla prima contrazione o addirittura prima che si verifichi. O meglio, questi comportamenti li ho visti mettere in atto, per fortuna senza conseguenze, ma ciò non toglie che sia un approccio sbagliato che porta prima o poi a farsi molto male.

 

Ovviamente mi si dirà che non son queste le cose che si insegnano e che chi fa un corso di apnea per aumentare metri e secondi non ha capito nulla, però la maggior parte dei pescatori usciti da questi corsi che ho incontrato (su chi non è pescatore non mi pronuncio) la pensavano esattamente così.

 

Potrei anche accettare che un allievo sbagli e si giochi la vita, ma quando a lasciarci le penne è un aiuto istruttore, un aspirante istruttore, un istruttore, allora il discorso cambia e non si può più liquidare il tutto con un "essersela cercata"; perchè in fondo questo si sta dicendo, chi si avvicina per gradi a cercare il suo limite e ascolta i segnali del corpo con attenzione limita al massimo i rischi, mentre forse non è esattamente così.

 

:bye:

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Condurre le apnee in quel limbo che è la cosidetta "zona di sofferenza" ci fa accorciare quel margine di sicurezza che dovremmo sempre avere sia in piscina che in mare.

Quanto si possa allungare questa zona non è dato saperlo.

Sostenere che ci siano dei segnali chiari che ci dicano cosa fare in questa zona è un'utopia pericolosissima!

Non è questa la via per l'apnea e la pesca in apnea.

E' un modo per esporsi a rischi grandissimi, in uno sport che già di per sè è molto pericoloso.

 

Il modo di allenare l'apnea e di migliorare le prestazioni c'è, anche senza tirare le apnee al limite.

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Ospite Gianfranco Ciavarella

Credo che chi ama l'apnea così com'è, possa essere libero di amarla. E' una fede, una religione ed ha i suoi sciamani. Sacerdoti dell'occulto che naturalmente ci azzeccano delle volte. Questi esploratori della natura amano tanto questa religione che gli piacerebbe trovare nuovi proseliti vendendo. Questo è il male, vendono pan per focaccia. Mischiando cenci e panni sporchi! Gli istruttori poi, razza assunta alla verità ascetica degli sciamani, credono d'essere nel giusto, nello sperimentato e quindi in una scienza che si possa vendere con i corsi. Posso solo augurargli di fare affari e non fare danni ma sento pienamente il diritto di non consentire di confondere lucciole per lanterne. Naturalmente non intendo affatto discutere di questioni tecniche scientifiche. Troppa è la distanza fra ciò che si impara in anni di studio e quanto invece capisci di un corsetto settimanale per vendere i corsi d'apnea.

Buon Natale!!

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Il modo di allenare l'apnea e di migliorare le prestazioni c'è, anche senza tirare le apnee al limite.

Secondo te qual'è?

P.S.

Qui, da quanto leggo, pare che sia il concetto stesso di "massimale" ad essere messo in discussione...

Volendo, il discorso potrebbe prendere una piega costruttiva, anche perché non mi pare che i massimali siano poi così allenanti...

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Il modo di allenare l'apnea e di migliorare le prestazioni c'è, anche senza tirare le apnee al limite.

Secondo te qual'è?

P.S.

Qui, da quanto leggo, pare che sia il concetto stesso di "massimale" ad essere messo in discussione...

Volendo, il discorso potrebbe prendere una piega costruttiva, anche perché non mi pare che i massimali siano poi così allenanti...

 

Credevo che le mie tecniche di allenamento fossero naif ed arretrate... invece ho capito che non lo sono poi così tanto.

Ovviamente non sono un apneista da record, ma come pescatore ho prestazioni di tutto rispetto, ed abitando in Umbria direi che non è poco.

Evidentemente il tipo di allenamento che faccio non è poi così sbagliato.

Cercerò di essere breve.

Il mio allenamento è basato su un periodo lungo, un anno, in modo di arrivare alla bella stagione al top della forma.

Da Ottobre stò facendo solo nuoto con 4-5 sedute settimanali (dai due ai 4 km), per raggiungere una preparazione atletica sulla quale a partire da fine Gennaio andrò a sovrapporre l'allenamento in apnea pura in piscina e la pesca in mare.

 

Per l'apnea in piscina e il mare il discorso diventa più complesso...

 

Il mio scopo in questo modo è di avere una base solida in Aprile-Maggio per partire con la pesca più impegnativa, quella che veramente mi piace, che è poi il motivo di tutta sta faticosa preparazione.

 

In ogni caso il lavoro in piscina non lo intendo mai come estremizzazione delle mie prestazioni apneistiche, semmai solo come mantenimento di uno stato di forma già acquisito.

 

Spero di essermi spiegato... :smartass:

 

A disposizione per chiarimenti ma anche critiche COSTRUTTIVE.... :)

Modificato da Senex
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Per l'apnea in piscina e il mare il discorso diventa più complesso...

...

 

In ogni caso il lavoro in piscina non lo intendo mai come estremizzazione delle mie prestazioni apneistiche, semmai solo come mantenimento di uno stato di forma già acquisito.

 

Trovo che l'argomento sia molto interessante: puoi scrivere qualcosa di più dettagliato?

Mi piacerebbe sapere quali qualità alleni, come e perché...

Modificato da siccia
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Ospite RickCT75

Insegno come cercare di capire progressivamente i segnali mandati dal corpo, quindi di imparare in un primo momento a gestire la fame d'aria, poi iniziare a capire un po le contrazioni e così via, è un percorso che viene fatto molto gradualmente, e i segnali che il corpo ci manda sono diversi da persona a persona, pertanto insegno loro di progredire molto lentamente per riparametrarsi di volta in volta.

 

Tradotto in soldoni questi "segnali mandati dal corpo" che, come dici, "sono diversi da persona a persona" quali sarebbero?

 

Personalmente inizio a sentire una sensazione di disagio e sento di essere arrivato, il corpo mi dice di uscire non ti so spiegare la sensazione a parole ma hai una vocina che ti dice che quello è il momento di uscire, e una se se la ignori fai pochi altri metri e ti spegni. Questo è il principale motivo per cui dico che bisogna sperimentarsi pian piano, perchè magari in un primo momento sperimenti determinate sensazioni che poi capisci essere irrilevanti, ad es inizialmente quando ho fatto il mio primo corso sentivo gli avambracci freddi e una strana sensazione a livello delle gambe, poi i miei segnali sono cambiati, sentivo una contrazione diversa dalle altre, insomma nei vari anni le mie percezioni sono cambiate, attualmente riesco a capire con esattezza quale è il mio limite in quell'apnea, so che se vado oltre ho alte probabilità di incorrere nell'incidente.

Per capire il perché delle polemiche che da sempre queste discussioni generano, non si può dimenticare che questa è una sezione comunque appartenente ad un forum di pesca in apnea. Forse per i più è difficile non pensare all'apnea in funzione della pesca.

 

Alla luce di questo domando: tutte queste metodiche di avvicinamento o raggiungimento del proprio limite, influenzano poi in qualche modo l'apnea finalizzata alla pesca? E in che modo?

 

:bye:

Potete citarmi alcuni dei segnali "post-contrazioni" che il corpo ci invia o deve restare un segreto?

 

Siccia, te lo dico io.

 

Nessuno lo sa!

C'è chi si inventa dei metodi di percezione dei messaggi del corpo, e chi lo sa (beato lui!) ma non lo vuole condividere con un forum di poveri ignoranti.

 

Nessuno lo sa con certezza.

Ognuno continuerà in mare o in piscina con i suoi metodi, giusti o sbagliati che siano.

Un post abbastanza inutile...

Gianfranco spiacente ma non sono un conservatore.... se tu o chi come te ora è "esperto" è perche c è stato qualcuno piu pazzo di "te" che in passato ha voluto cercare di superare il limite e conoscere quello che per tutti era sconosciuto !! se non sbaglio ( e gli istruttori di apnea me lo possono confermare) c è un tizio di cui non ricordo il nome che "lavora su se stesso" durante la Sincope a SECCO!

 

"Tu" sai domare e addomesticare un leone??? penso che per "te" sarebbe una cosa impossibile...e non proveresti mai a farlo...ma se qualcuno non c avesse lasciato le penne , ora nessuno sarebbe in grado di farlo... lo stesso vale per la SCIENZA!

Anch'io, che non sono un profondista nè un istruttore, trovo molto interessante il discorso iniziato da vare, inteso come allenamento svolto in piscina. Credo, nel mio piccolo parere, che le polemiche non ci stiano per un semplice motivo. Gestire la "zona di sofferenza" diaframmatica in piscina, in nemmeno 2 metri d'acqua, con gente pronta subito a soccorrerci in caso di sincope è una cosa; usarlo in pesca è assolutamente un'altra cosa (peggiore). L'allenamento ipercapnico, al lungo termine, può farci arrivare, per adattamento psico-fisico, ad allontanare la soglia di inizio della "zona di sofferenza" anche in pesca durante la quale il raggiungimento della soglia deve portarci subito, senza soffrire o aspettare, alla risalita. E' questo sarebbe ottimo. L'allenamento ipercapnico deve essere teso solo a quello e basta, cioè a un aumento generale prestazionale che possa portare più avanti quella soglia e quindi allungare il tempo di apnea IN SICUREZZA che sta prima(!) di quella soglia. Se tentiamo, invece, di usare quell'allenamento per usare poi la gestione e la sopportazione della "zona di sofferenza" in pesca, magari durante un tuffo profondo, prima o poi capiterà quella variante (ce ne sono infinite) che ci trasformerà in un pezzo di carne galleggiante (o meno) privo di vita. In pesca infatti, sono molti i casi in cui dobbiamo non solo risalire subito al sopraggiungere delle contrazioni, ma addirittura prevenire di molti secondi "il futuro" e lasciar perdere addirittura anche prima di sentire le contrazioni. Io, per esempio, quest'estate son risalito dai 25 metri avendo avvistato una cernia bella 6-7 metri davanti a me e tre metri più in basso: ero già nella fase avanzata dell'apnea ma ancora non avevo le contrazioni. E credo di aver fatto bene... Perchè se avessi fatto quegli 8 metri in più (lentamente, perchè così ci si deve per forza avvicinare), avrei sparato e poi evitato alla cernia di arroccarsi e poi avessi fatto la risalita dai 27-28 metri già in "zona di sofferenza" avrei potuto si farcela, ma avrei potuto anche non farcela... Ciò solo per spiegare che "In Pesca" ci sono troppe variabili e casi particolari per poter rischiare così tanto.. C'è poi la giornata in cui tutto va bene, ma è il nostro fisico a non essere pronto come al solito, o la nostra ventilazione precedente al tuffo a non essere stata fatta, per vari motivi, in modo ottimale. A quel punto uno anche bravissimo, espertissimo ma troppo sicuro di sè perchè abituatissimo a gestire la "zona di sofferenza" anche in pesca andrà al creatore senza neanche accorgersene e ben prima del neofita. Un altro pescatore, anche meno esperto del primo, saprà invece valutare se può rimanere qualche secondo in più in fase di sofferenza durante gli ultimi secondi dell'apnea se, per esempio, sta arrivando la spigolona in soli 4 metri d'acqua. E anche li, comunque, è un rischio che solo saper ascoltare benissimo gli inspiegabili (a parole) segnali del nostro corpo si può affrontare, dato che qualcuno ci ha lasciato le penne anche in 5 metri d'acqua.

Il discorso è utile ma va quindi suddiviso secondo una dicotomia irrinunciabile: 1) Allenamento "in sicurezza", in piscina e finalizzato solamente ad aumentare l'apnea nella zona di sicurezza e non oltrequando si va poi in pesca o cmq in mare; 2) Adozione delle esperienze maturate in quell'allenamento nella pesca REALE con il massimo della prudenza e evitando assolutamente di essere assuefatti e automatizzati nell'uso del prolungare la "zona di sofferenza" durante l'apnea "di pesca".

Una volta c'era un pilota di F1, davvero bravissimo e velocissimo nelle singole prestazioni "massimali", che sapeva guidare e vincere correndo sempre nella "zona di sofferenza": si chiamava Gilles Villeneuve...

Modificato da RickCT75
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Incredibile!!! È davvero Natale!!!!!!!!!! Finalmente un discorso logico che mi sento di appoggiare in pieno senza sentirmi trattato da aspirante suicida.

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