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Le Iniziative Di Tutela


Messaggi raccomandati

In giro per il web si leggono tante false informazioni spacciate per verità. Soprattutto, si leggono critiche all'azione federale promossa e sostenuta dal sottoscritto e dal circolo ASD AM.

Per consentire a ciascuno di giudicare senza dover fare affidamento sulle improbabili sparate dei professionisti del pregiudizio e della disinformazione, vi raduniamo qui un po' di documentazione, nella speranza che abbiate voglia e tempo di leggerla.... se non altro prima di giudicarla.

 

PERMESSO DI PESCA E REGOLAMENTO

 

Doc 1 - Parere preliminare inviato alla FIPSAS da Giorgio Volpe

 

LICENZA DI PESCA - RUOLO DELLA FIPSAS

 

E' facile rilevare come la pesca sportiva marittima risulti scarsamente valorizzata dall'ordinamento giuridico nazionale. Aldilà delle innumerevoli considerazioni che possono arricchire di dettagli lo scenario giuridico e politico, è possibile fotografare la situazione attuale con poche osservazioni che dimostrano l'esistenza di un processo erosivo del fenomeno della pesca sportiva complessivamente considerata:

 

1) i meccanismi sanzionatori previsti dalla L. 963/65 e successive modificazioni e dal relativo regolamento di attuazione approvato con DPR 1639/68 non appaiono affatto ispirati ad un principio di proporzionalità, risultando estremamente afflittivi. Tali meccanismi sanzionatori si riferiscono a precetti sparsi in una lunga serie di atti normativi e regolamentari scarsamente conoscibili dagli appassionati. I precetti, inoltre, risultano spesso nebulosi e generano difficoltà in fase applicativa, con effetti deleteri sulla certezza del diritto e sulla serenità dei pescasportivi. Questi elementi non aiutano la promozione della pesca sportiva.

 

2) il meccanismo sanzionatorio disposto dalla normativa nazionale si innesta su un sistema che, al contrario di quanto accade nella quasi totalità dei paesi del Mediterraneo, consente a chicchessia di praticare l'attività senza particolari formalità e senza la necessità di un contatto con l'autorità o con enti che possano informare l'aspirante pescasportivo su obblighi e divieti che caratterizzano l'attività. Il risultato di questa situazione è estremamente deleterio, in quanto la scarsa conoscibilità delle regole generali e locali, la nebulosità delle norme e l'assenza di qualsiasi contatto "informativo" porta ad un gran numero di infrazioni, molte delle quali commesse in buona fede. La reazione delle istituzioni di fronte a questa illegalità diffusa, portata alla loro attenzione -non senza esagerazioni- dalle categorie economiche portatrici di interessi in varia misura confliggenti con quelli dei pescatori sportivi (in primis: pesca professionale, associazioni ambientaliste, aziende legate al turismo subacqueo) si traduce quasi sempre in norme più restrittive e sanzioni più afflittive, nonostante sia un palese controsenso cercare di porre rimedio all'illegalità con norme più restrittive, che evidentemente impattano solo sui cittadini che le rispettano e non anche su coloro che a vario titolo le violano. L'illegalità si combatte con la prevenzione e con la repressione (controlli).

 

3) Il fatto che la pesca sportiva marittima sia praticabile senza alcun permesso o licenza può apparire come una maggiore libertà, ma si tratta, appunto, di apparenza. Tra le principali conseguenze dell'assetto giuridico attuale non va dimenticata l'impossibilità di riconoscere al fenomeno della pesca sportiva le corrette dimensioni, sia sotto il profilo della consistenza (anche politica) della massa di appassionati e dell'indotto generato dal fenomeno, sia sotto il profilo del prelievo complessivamente operato dalla categoria. In assenza di dati, si nota una tendenza a sottostimare il potenziale politico ed economico della categoria - e conseguentemente la rilevanza dei suoi interessi- e, per converso, una tendenza a sovrastimare -a tutti i livelli, ivi inclusi i consessi internazionali- il prelievo ittico operato dagli sportivi.

 

4) Le notazioni sin qui effettuate interagiscono perniciosamente con un ulteriore elemento, introdotto dalla modifica dell'articolo 117 della Costituzione, in funzione della quale una serie di competenze sono state trasferite dallo Stato alle Regioni. Sebbene in questa fase sia ancora difficile tracciare una linea netta tra le competenze statali e regionali in materia di pesca marittima, in quanto la Corte Costituzionale ha avuto modo di chiarire la complessità della materia grazie ai ricorsi presentati da Regioni e Stato (es: dalla Regione Toscana contro il Dlgs 153/04 nella parte in cui prevede l'emanazione del nuovo regolamento e dal Consiglio dei Ministri contro la Legge Regionale Toscana 7 dicembre 2005, n. 66 intitolata: Disciplina delle attività di pesca marittima e degli interventi a sostegno della pesca marittima e dell'acquacoltura), è possibile che la normativa di un'attività così importante possa subire ulteriore frammentazione e costringere la FIPSAS ad un serrato confronto territoriale a livello periferico. Questo aspetto suggerisce l'opportunità di rafforzare la comunicazione tra FIPSAS centrale e struttura periferica, che dovrà necessariamente dotarsi di un apparato umano all'altezza dei nuovi gravosi compiti che si prospettano all'orizzonte. La FIPSAS centrale, per suo conto, dovrà rafforzare l'opera di raccolta delle informazioni e delle esperienze locali per trasfonderle in documenti accessibili alla struttura periferica, per favorire la formazione di una nuova categoria dirigenziale pronta ad affrontare le varie emergenze locali.

 

5) Sotto il profilo del riparto di competenze fra Stato e Regioni è fuori di dubbio che alcuni aspetti della pesca marittima, come ad esempio quelli legati agli impegni internazionali (vedi anche regolamento CE n. 1967/2006) o alla tutela dell'ambiente, sono e resteranno di competenza dello Stato (esclusiva o concorrente). Per questo appare opportuno promuovere azioni di tutela presso il Ministero delle Politiche Agricole, utilizzando il criterio del doppio binario (Stato - Regioni) in via precauzionale. Solo il tempo e le sentenze della Corte sulle singole questioni potranno sciogliere ogni dubbio sull'effettivo assetto del riparto di competenze, anche se appare ragionevole ritenere che la gestione delle licenze di pesca professionale e la regolamentazione della pesca sportiva resteranno di competenza statale almeno concorrente, e che quindi come minimo lo Stato gestirà la cornice normativa con una legge quadro, che indicherà i principi generali cui le Regioni dovranno attenersi nell'esercizio della loro potestà legislativa.

 

6) Da un decennio a questa parte il Codice per la pesca responsabile FAO, così come molti documenti dell'Unione Europea, testimoniano una crescente attenzione (rectius: preoccupazione) verso la pesca sportiva, ritenuta responsabile -nel Mediterraneo- di un prelievo complessivo pari al 10% o più del totale (dati evidentemente portati a Bruxelles dalle associazioni di categoria della pesca professionale e privi di ogni fondamento scientifico). L'unione Europea ha manifestato a più riprese la necessità di una regolamentazione della pesca sportiva, che nella sua opinione dovrebbe essere controllata almeno quanto quella professionale. Inoltre la misurazione dello sforzo di pesca nazionale, parte integrante degli impegni attribuiti ai governi dal Codice FAO, implica la necessità di quantificare, se non il prelievo, almeno la massa dei praticanti.

 

7) Al principio del 2004, durante colloqui intercorsi con l'allora responsabile della Direzione Pesca del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali dott. Attilio Tripodi, emerse che era ferma volontà dell'esecutivo introdurre un tesserino obbligatorio per la pratica della pesca sportiva, al fine di contare gli appassionati ed acquisire dati essenziali ad una congrua regolamentazione dell'attività

 

VALUTAZIONI E PROPOSTE OPERATIVE

 

Tutto ciò considerato, si ritiene che l'introduzione di un tesserino o di una licenza per la pratica della pesca sportiva sia ormai questione di tempo, e che la FIPSAS debba assolutamente attivarsi per partecipare ai processi decisionali che porteranno alla sua introduzione. Non solo la FIPSAS dovrà porsi come interlocutore, ma anche come soggetto attivo della gestione di questi permessi/tesserini/licenze, per evidenti ragioni di opportunità. Tutto questo senza dimenticare che altri soggetti giuridici hanno le carte in regola per tentare un colpo di mano e assumere l'iniziativa in autonomia, sopravanzando la Federazione.

 

In linea di massima si ritiene che la FIPSAS:

 

1) Debba prendere atto del processo erosivo della pesca sportiva realizzato a livello comunitario e nazionale, valutando la portata e le implicazioni politiche di provvedimenti come i fermo pesca di Sicilia e Sardegna (che da anni coinvolgono inauditamente anche la pesca sportiva, non solo in apnea), l'introduzione di balzelli sempre più consistenti per la pratica della pesca sportiva di superficie nelle zone C delle AMP (vedi AMP Ciclopi), la forte spinta politica dell'ambientalismo di facciata associata ai nuovi strumenti di tutela comunitaria dell'ambiente (Psic e ZPS - vedi richiesta dell'assessorato all'ambiente della Regione Sardegna sul campionato assoluto di pesca in apnea di Bosa 2006), i fantasiosi dati di prelievo attribuiti alla pesca sportiva dagli organi comunitari e l'inquadramento dell'attività non come risorsa, ma come "concorrenza sleale" della pesca professionale.

 

2) Debba reagire con iniziative specifiche, mirate a ottenere:

 

a) una regolamentazione adeguata della pesca sportiva, che è e resta una risorsa per questo paese;

B) una rivalutazione dell'immagine del pescatore sportivo

c) una maggiore partecipazione della FIPSAS ad ogni processo decisionale che coinvolga gli interessi della pesca sportiva

d) un maggiore coinvolgimento della FIPSAS nell'opera di qualificazione ed informazione dei pescatori sportivi

 

Con riferimento alla questione del permesso/licenza/tesserino, si ritiene opportuno distinguere la pesca di superficie da quella in apnea, che per le proprie caratteristiche richiede un approccio ed una regolamentazione a se stante:

 

a) la pesca in apnea, per l'ambiente e le modalità con cui si svolge, presenta un rischio consistente, che può essere fronteggiato solo con opportuna preparazione;

B) la pesca in apnea implica l'utilizzo di uno strumento atto ad offendere, che suggerisce l'opportunità di imporre ai suoi praticanti un'assicurazione RC

c) la necessità di un rilancio dell'immagine del pescatore in apnea, fortemente compromessa dai costumi del passato e dal voltafaccia di noti personaggi storici della subacquea, richiede una ri-qualificazione del pescatore subacqueo ed una più stretta collaborazione della FIPSAS con le istituzioni (Ministero dei Trasporti, CCPP, Ministero Politiche Agricole e Forestali, Ministero dell'ambiente)

 

Si ritiene opportuno effettuare una proposta al Ministero delle Politiche Agricole, che preveda:

 

1) il rilascio di un permesso obbligatorio per la pratica della pesca sportiva in apnea. Requisiti per il rilascio del permesso potrebbero essere:

 

a) età maggiore a 16 anni (per l'uso del fucile)

B) brevetto di pesca in apnea riconosciuto

c) assicurazione RC

 

(Sono personalmente contrario al certificato medico, perché in un'ottica di promozione della pesca sportiva in apnea e dei circoli federali non ritengo opportuno alzare muri troppo alti che potrebbero allontanare i praticanti dalla legalità. In fondo, la pratica della pesca in apnea a basso livello comporta un impegno fisico pari a quello del bagnante, per il quale non si prevede alcun certificato medico. Propendo più per il modello Francese, che tra l'altro è quello che utilizza le Federazioni per la distribuzione delle licenze)

 

La FIPSAS dovrebbe poi mettersi a disposizione per coadiuvare le istituzioni nell'opera di rilascio del documento necessario alla pratica della pesca in apnea, che dovrebbe essere sempre accompagnata dalla consegna di materiale informativo sulle norme che disciplinano l'attività (obblighi, divieti, aree interdette etc). Potendo contare su una solida struttura periferica, l'operazione non dovrebbe risultare impossibile. A livello centrale, inoltre, è assolutamente cruciale proseguire l'opera di riallaccio dei rapporti con le istituzioni, per instaurare una proficua cooperazione nell'interesse dei cittadini, con particolare attenzione a quelli degli appassionati di pesca sportiva.

 

Inutile sottolineare i vantaggi di una simile operazione, che porterebbe grandi benefici economici alla FIPSAS nel suo complesso, grazie al tesseramento ed alla brevettazione degli aspiranti pescatori in apnea sportivi. Con questa operazione sarebbe possibile ricondurre all'interno della Federazione la grande massa degli appassionati amatoriali, che ad oggi non si riconoscono in alcun fenomeno associativo, aumentando così anche la forza rappresentativa della FIPSAS.

 

AREE MARINE PROTETTE

 

In estrema sintesi, possiamo affermare che al contrario di quanto accade negli altri paesi europei a partire da Francia e Spagna, in Italia la politica di tutela del mare si fa soprattutto a spese degli appassionati di pesca sportiva in apnea. Le uniche attività impattanti totalmente proibite nelle numerose AMP italiane, che proteggono una superficie di mare superiore a quella delle AMP di Francia e Spagna messe insieme, sottraendo ai pescatori in apnea centinaia di migliaia di ettari di mare, risultano la pesca a strascico con metodi non tradizionali e la pesca sportiva in apnea. Quest'ultima è vittima di un pregiudizio che ormai da un decennio è approdato al Ministero dell'Ambiente, i cui decreti istitutivi delle AMP inseriscono la pesca in apnea fra le attività proibite e non suscettibili di regolamentazione da parte dell'ente gestore. In sede di concertazione dei vincoli con gli enti locali la pesca in apnea risulta già esclusa in partenza, nelle bozze regolamentari che costituiscono la base del confronto, e quando i comuni hanno tentato di aprire almeno ai veri sportivi tesserati con le associazioni riconosciute (FIPSAS - vedi proposta dei comuni ischitani di Barano e Lacco Ameno per il Regno di Nettuno) il Ministero ha opposto un rifiuto in nome dell'uniformità dei regolamenti delle AMP nazionali.... dove la pesca in apnea è sempre proibita.

 

Dato che questa disciminazione appare fortemente ingiusta e dato che una tutela dell'ambiente marino risulta comunque necessaria, si ritiene opportuno tentare un'azione che possa ribadire l'attenzione della FIPSAS ai problemi legati alla tutela ambientale -anche in qualità di associazione di tutela ambientale riconosciuta- ed allo stesso tempo eliminare questa piccola, grande ingiustizia compiuta a danno degli appassionati di pesca in apnea, una forma di pesca sportiva che, se praticata nel rispetto della legge e di determinati canoni etici, risulta altamente selettiva e perfettamente ecocompatibile.

 

Un progetto in tal senso potrebbe prevedere, sulla falsariga di quanto accade in Francia e Spagna, la possibilità, per i tesserati e brevettati FIPSAS - ossia di pescasportivi qualificati- di richiedere un permesso per la pratica della pesca in apnea in tutta o parte della zona C per 4 o 5 giorni a settimana (in Spagna si escludono i martedì e venerdì non festivi). Ovviamente la pesca in apnea all'interno dell'AMP dovrebbe essere regolamentata in modo più restrittivo:

 

1) divieto totale di prelievo di cernia, corvina, murena (come accade nell'AMP delle Tremiti, unica in cui oggi si possa ottenere il permesso)

 

2) limitazione di cattura: massimo 5 prede in totale, per un totale comunque non superiore a 5 Kg salvo preda singola di peso superiore - massimo 2 esemplari per specie.

 

3) Sarebbe opportuno segnalare l'opportunità di una misurazione dello sforzo di pesca nelle AMP, attuabile con l'obbligo di annotazione delle catture da parte di TUTTI i soggetti che a vario titolo (sportivo, professionale o scientifico) effettuano un prelievo all'interno dei confini dell'area marina protetta. Ancora, sarebbe opportuno introdurre una regolamentazione articolata, che possa salvaguardare le specie ittiche nei periodi riproduttivi, come del resto accade in acque interne.

 

Una proposta articolata e ben documentata andrebbe indirizzata alla Direzione AMP del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

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Doc 2 - Documento inviato dalla FIPSAS al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali

 

Proposta per l’adozione in Italia di una Licenza per la pratica della Pesca Sportiva

in Apnea

 

PREMESSA

 

La pesca in apnea sportiva, pur risultando una specie del genere "pesca sportiva" (arg ex art. 138 lett. e) DPR 1639/68), presenta caratteristiche assolutamente peculiari, che la differenziano sensibilmente dalle altre forme di pesca sportiva di superficie. Questa peculiarità è confermata dalla scelta del legislatore di dettare un nucleo di norme aggiuntive specificamente dirette alla disciplina in oggetto, contenute nella III sezione del Capo III del DPR 1639/68, intitolato "Delle pesche speciali", e si sostanzia principalmente:

 

1) nell'ambiente subacqueo in cui si svolge l'azione di pesca

2) nella particolarità dell'attrezzo utilizzato, dotato di una significativa capacità d'offesa alla persona

3) nella modalità di svolgimento dell'azione di pesca, che si caratterizza per la sequenza "individuazione della preda - tentativo di cattura". Questa sequenza garantisce un elevato livello di selettività preventiva, che possiamo definire sinteticamente "release and catch"

4) nella peculiarità e quantità di disposizioni normative e regolamentari generali e locali che attualmente, con una vera finzione giuridica, si presumono conoscibili e conosciute dai praticanti nonostante la nebulosità e delle prescrizioni e la loro frammentazione in un numero indefinito di atti.

 

Inoltre la pesca in apnea continua a soffrire un deterioramento della propria immagine, dovuta principalmente a due circostanze:

 

1) l'uso di un attrezzo chiamato "fucile" permette impropri accostamenti con la caccia terrestre;

2) il sistema regolamentare, molto complesso e articolato, si cala in una realtà in cui chiunque può acquistare le attrezzature ed iniziare la pratica della disciplina senza alcuna formalità. Ciò determina un alto tasso di illegalità diffusa, che insieme alla difficoltà dei controlli finisce per spingere legislatore e esecutivo ad una regolamentazione sempre più restrittiva.

 

L'attuale disciplina giuridica della pesca in apnea prevede che chiunque possa liberamente praticare l'attività, senza l'obbligo di sbrigare alcuna formalità o richiedere alcun permesso, salvo poi stabilire sanzioni di notevole entità (da 516 a 3098 euro) per qualsiasi violazione del regolamento (art 26 comma 3 L 963/65). La complessità e frammentazione delle regole unita al livello medio di conoscenza/qualificazione dei praticanti genera un preoccupante tasso di illegalità, da ascrivere soprattutto ai praticanti saltuari della disciplina .Questo sistema è obsoleto ed ormai resta utilizzato solo da pochissimi paesi nel Mediterraneo, come l'Italia o l'Albania.

 

Francia, Spagna, Croazia, Tunisia, Grecia e molti altri paesi prevedono invece un sistema di licenze/permessi, rilasciati a determinate condizioni, che solitamente sono:

 

1) età minima

2) possesso di assicurazione RC o tessera di una federazione subacquea riconosciuta (nazionale o straniera)

 

Insieme al permesso/licenza, vengono solitamente consegnati documenti che riassumono le principali disposizioni di legge che disciplinano l'esercizio della disciplina, spesso corredati da cartografia con chiara indicazione delle zone di divieto. I permessi, a prescindere dall'ente (centrale o territoriale) che li rilascia, hanno validità sull'intero territorio nazionale.

 

Queste considerazioni ci spingono a sollecitare l'introduzione di un sistema di licenza per la pratica della pesca sportiva, come peraltro auspicato o desiderato:

 

- dalla Commissione Affari Economici e Sociali dell'UE, che nel parere su una proposta di regolamento della pesca nel Mediterraneo del 2001 spiegava come, a suo modo di vedere "all the EU Member States should be required to have licensing systems which would make it possible to assess the real scale of these activities" (a tutti gli stati membri dell'UE dovrebbe richiedersi l'adozione di un sistema di licenze [per la pratica della pesca sportiva], in modo da rendere possibile una misurazione delle reali dimensioni di queste attività";

 

  • dalla Direzione Pesca del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, che nell'ambito del tavolo di lavoro per la revisione del DPR 1639/68 (previsto dal Dlgs 153/2004) ha più volte ribadito la volontà di istituire un tesserino/licenza per ogni forma di pesca sportiva in mare.
REQUISITI PER IL RILASCIO DELLA LICENZA

 

La proposta deve puntare all'introduzione di un documento necessario per la pratica della pesca sportiva in apnea, garantendo una estrema semplicità di rilascio a tutti i soggetti richiedenti in possesso di determinati requisiti:

 

1) età minima di 16 anni

2) possesso di una polizza di RC specifica per l'attività o, in alternativa, la tessera di una federazione subacquea riconosciuta

 

Per quanto riguarda l'assicurazione di responsabilità civile, si ritiene che un massimale adeguato sia quantificabile in 1.500.000 euro. Per quanto riguarda la nostra federazione, si tratta di valutare se le prestazioni garantite dalla polizza Sportass siano sufficienti o debbano essere integrate da altre polizze specifiche, erogate nell'ambito di convenzioni stipulate dalla FIPSAS.

 

MODALITA' DI RILASCIO DELLA LICENZA

 

La procedura che si intende proporre è estremamente semplice. La licenza dovrebbe essere rilasciata da:

 

1) da organi periferici della FIPSAS, da sezioni convenzionate con quest’ultima ed eventualmente circoli affiliati che ne facciano richiesta alla rispettiva sezione (acquistando i documenti in anticipo, come accade con le tessere federali)

2) negozi specializzati

3) eventuali altri canali distributivi istituzionali (Uffici locali CCPP - Finanza - Polizia - Carabinieri) o privati (tabaccherie, esercizi pubblici che desiderino aderire al circuito distributivo)

 

Per richiedere il documento sarebbe sufficiente presentarsi in un punto di rilascio muniti di:

 

1) documento d'identità - in caso di minori, si consiglia di richiedere la presenza di un esercente la patria potestà

2) ricevuta di versamento delle tasse previste su C/C con semplice bollettino postale o mezzo equivalente*. Eventualmente si potrebbe prevedere la possibilità di versare la tassa direttamente al soggetto che rilascia il documento

3) polizza assicurativa RC specifica per la Pesca in apnea o, in alternativa, tessera federale (nazionale o straniera) in corso di validità

4) somma per il documento (una parte del costo complessivo si suppone che debba essere consegnato direttamente a chi ne gestisce il rilascio, che deve anche provvedere alla comunicazione dei dati all'autorità competente per via postale o telematica)

 

Questo sistema non genera alcun problema per i cittadini comunitari o extracomunitari, che per provvedere all'assicurazione dovrebbero semplicemente esibire la tessera federale o tesserarsi con la FIPSAS al momento. Tanto le sezioni provinciali convenzionate alla FIPSAS (ed eventualmente i circoli) quanto i negozi specializzati potrebbero facilmente dotarsi delle tessere FIPSAS.

 

DOCUMENTAZIONE INFORMATIVA

 

Il documento della licenza andrebbe consegnato insieme ad una brochure informativa, all'interno della quale dovrebbero essere riassunte le principali norme che disciplinano l'attività, i consigli per una pratica sicura ed etica della disciplina e l'indicazione delle principali aree interdette in ambito locale. Le informazioni potrebbero essere predisposte dalla FIPSAS e approvate dal Comando Generale delle CCPP o dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Questo elemento garantirebbe non solo un maggiore livello di conoscenza delle regole da parte dei praticanti, ma migliorerebbe anche l'attuale livello di certezza del diritto, del tutto insoddisfacente.

 

CONTROLLI

 

I praticanti dovrebbero portare sempre con sé solo due documenti da esibire durante un eventuale controllo: la licenza ed un documento di identità. In tal senso, quindi, la licenza costituirebbe un documento riassuntivo di tutti quelli previsti per il suo rilascio. Sotto il profilo operativo, questa soluzione non comporta alcun problema insormontabile per il subacqueo apneista, che può stoccare i documenti in un sacchetto stagno, eventualmente riposto in una tasca della boa segnasub (esistono molti modelli provvisti di tasca stagna). In ogni caso, il documento rilasciato dovrebbe essere di preferenza plastificato, sul modello delle attuali tessere Federali.

 

Per quanto riguarda i controlli specifici sul possesso della licenza, si potrebbe prevedere una prima fase di prevenzione/informazione della durata di un anno (= nessuna multa, ma solo avvertimento per chi viene trovato a pescare senza il necessario documento), prima di passare alla repressione a mezzo di sanzioni amministrative.

 

PROGRAMMAZIONE

 

In considerazione dei pericoli insiti nella pratica della pesca in apnea, grandemente ridimensionati da un'adeguata formazione culturale specifica, si potrebbe valutare l'introduzione, nel medio e lungo termine, di un ulteriore requisito per il rilascio della licenza. Ad esempio, si potrebbe prevedere il superamento di un test o, in alternativa, il possesso di un brevetto riconosciuto, ossia erogato da associazioni affiliate a FSN o EPS riconosciuti dal CONI. La previsione di questo ulteriore requisito con largo anticipo (almeno 5 anni) permetterebbe a chiunque interessato di procurarsi i requisiti per il rilascio del brevetto. Per quanto riguarda i test, questi potrebbero essere gestiti dalla Federazione tramite le proprie sezioni provinciali ed internet.

 

Questa soluzione non solo andrebbe a garantire un maggior livello di conoscenza delle regole e quindi un minor tasso di illegalità, ma aumenterebbe considerevolmente la sicurezza della pratica, riducendo in modo significativo il numero di incidenti.

 

 

 

 

doc 3 - Proposta nuova Regolamentazione Pesca in apnea

 

Sez. XY - Della pesca in apnea sportiva

 

 

 

Art I - Definizioni

 

 

 

1. Per "pesca in apnea sportiva" si intende la pesca sportiva praticata in apnea con il fucile subacqueo1.

 

2. Per "fucile subacqueo" si intende qualunque attrezzo da pesca capace di scagliare un dardo in ambiente subacqueo. La forza propulsiva sviluppata dai fucili subacquei utilizzati nella pesca in apnea non può essere ottenuta grazie alla detonazione di sostanze chimiche.

 

3. Per "pescatore in apnea" si intende il pescatore sportivo dedito all'attività di pesca con fucile subacqueo esclusivamente in condizioni di apnea.

 

Ai fini del presente regolamento, è equiparato al pescatore in apnea sportivo ogni soggetto non abilitato alla pesca professionale che detenga contemporaneamente un fucile subacqueo e organismi marini2.

 

4. Per "molluschi cefalopodi" si intendono tutti i molluschi della classe "Cephalopoda", inclusi polpi, seppie, totani e calamari.

 

 

 

Art II - Pesca in apnea

 

1. La pesca sportiva con il fucile subacqueo può essere praticata unicamente in apnea. E' vietata ogni forma di prelievo, con o senza fucile, durante l'immersione con mezzi ausiliari di respirazione.

 

2. La pesca in apnea è consentita unicamente ai maggiori di anni 14. E' vietato cedere o affidare un fucile subacqueo ad un minore di anni 143. (con riferimento al suggerimento del CV Preziosi di rivalutare questa riduzione dell'età minima, si potrebbe prevedere la necessità, per i minori di anni 16 e maggiori di anni 14, di essere accompagnati da un maggiorenne, eventualmente qualificato)

 

3. Al pescatore in apnea sportivo è fatto assoluto divieto di commercializzare il pescato e di detenere pesci e molluschi cefalopodi in quantità superiore a 5 Kg complessivi. Dal computo dei 5 Kg complessivi si esclude l'organismo di dimensioni maggiori4.

 

4. Il pescatore in apnea sportivo non può detenere coralli, molluschi non cefalopodi e crostacei.

 

5. Non può essere catturato giornalmente più di un esemplare di cernia, a qualunque specie appartenga, e più di un esemplare di tonno rosso. Ciascuna imbarcazione può trasportare un unico esemplare di tonno rosso, indipendentemente dal numero di pescatori sportivi a bordo5.

 

 

Art III Sicurezza del pescatore in apnea

 

 

 

1. Il subacqueo in immersione ha l'obbligo di segnalarsi con un galleggiante dotato di una bandiera rossa con striscia diagonale bianca di dimensioni non inferiori a cm 30 X 206; se il subacqueo è seguito da un assistente a bordo del mezzo nautico di appoggio, la bandiera deve essere messa issata sul mezzo nautico7.

 

2. Il pescatore in apnea ha l’obbligo di mantenersi nel raggio di 50 metri dalla verticale del mezzo nautico di appoggio o del galleggiante portante la bandiera di segnalazione. E' possibile utilizzare un solo segnale per più pescatori in apnea, a patto che ciascuno di loro si mantenga a distanza non superiore a 50 metri dal segnale8.

 

3. La violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo è punita con una sanzione amministrativa da 50 a 200 euro9.

 

4. Alle imbarcazioni a vela e a motore, alle moto d'acqua, ai kite surf ed ai wind surf è fatto divieto di transitare a distanza inferiore a 100 metri dal segnale che indica la presenza del pescatore in apnea. Nel caso in cui il conducente di una unità a motore si accorga di aver inavvertitamente violato la zona di rispetto, ha l’obbligo di arrestare il mezzo e di allontanarsi a bassa velocità, comunque in dislocamento, solo dopo aver individuato il subacqueo ed essersi accertato della sua incolumità10.

 

5. Ai fini della sicurezza e della salvaguardia dei pescatori in apnea sportivi è consentito trasportare sullo stesso mezzo nautico fucili subacquei ed apparecchi ausiliari di respirazione dotati, esclusivamente, e per ogni singolo mezzo nautico, di una bombola di capacità non superiore a 10 litri, fermo restando il divieto di servirsene per l'esercizio della pesca.

 

6. Nel caso in cui il pescatore in apnea si avvalga della facoltà di cui al comma precedente, durante l'attività di pesca deve essere costantemente assistito da bordo del mezzo nautico da almeno una persona pronta ad intervenire in casi di emergenza; nella medesima ipotesi, sul mezzo nautico deve essere presente una cima di lunghezza non inferiore a metri 3011.

 

 

 

Art IV Limitazioni

 

 

 

L'esercizio della pesca in apnea è vietato:

 

 

 

a) durante la stagione balneare, a distanza inferiore a 200 metri dalle spiagge e 50 metri dalle coste rocciose nell'orario di balneazione indicato nella locale ordinanza balneare.12. In presenza di costa rocciosa, il pescatore in apnea può operare senza alcuna distanza minima da costa anche all'interno di tale fascia oraria, ma solo in assenza di bagnanti in vista nel raggio di 100 metri;

 

B) a distanza inferiore a 100 metri dalle reti da posta;

 

c) a distanza inferiore a 100 metri dagli impianti fissi da pesca senza il consenso del titolare della concessione13;

 

d) a distanza inferiore a 100 metri dalle navi ancorare fuori dai porti;

 

e) nelle zone di mare di regolare transito di navi per l'uscita e l'entrata nei porti ed ancoraggi, determinate dal capo del compartimento marittimo

 

f) da mezz'ora dopo il tramonto al sorgere del sole14

 

g) qualora il pescatore sportivo in apnea venga spinto o trainato da un qualsiasi mezzo di locomozione di superficie o subacqueo (c.d. “trainetta”)15

 

 

 

 

Art VI Cautele nell'uso del fucile subacqueo

 

 

 

 

Al pescatore in apnea è fatto divieto di:

 

 

 

a) tenere il fucile subacqueo in posizione di armamento se non in immersione

 

B) attraversare tratti di mare con bagnanti con il fucile carico. E possibile attraversare zone frequentate da bagnanti o raggiungere la distanza minima da costa unicamente con fucile scarico appeso o riposto sul galleggiante di segnalazione.

 

 

 

 

Note:

 

1 Si ritiene opportuno indirizzare le norme della sezione al pescatore in apnea in senso proprio. L'attuale assetto normativo non definisce il pescatore “subacqueo”, ed accade che si pensi alla pesca “subacquea” come ad ogni forma di pesca sportiva praticata sotto la superficie dell'acqua. E' nostra opinione che ogni forma di raccolta praticata a mano o con attrezzi diversi dal fucile debba essere considerata pesca sportiva di tipo diverso dalla pesca in apnea e regolamentata al pari di ogni raccolta effettuata senza immersione.

 

2 Questa equiparazione elimina ogni problema in fase di controllo. Chi, non essendo un professionista, detiene un fucile subacqueo ed organismi marini risulta soggetto alle norme che il regolamento dedica al pescatore in apnea sportivo.

 

3 L'età può essere anche confermata a 16 anni. L'idea di abbassarla a 14 si giustifica con due considerazioni di fondo: l'idoneità di un soggetto abilitato a guidare un ciclomotore ad utilizzare un attrezzo da pesca come il fucile subacqueo e la diffusa violazione della disposizione dell'articolo 18 L 963/65 (abrogato dal D.lgs 153/2004).

 

4 Questa soluzione, mutuata dall'ordinamento spagnolo, elimina ogni dubbio sull'over quota e corregge le storture generate dalla vecchia formulazione.

 

5 Adeguamento al regolamento CE N. 1559/2007

 

6 Indicare le dimensioni della bandiera consente di eliminare l'attuale criterio della visibilità in concreto, soggetta a variazioni con le condizioni meteomarine. L'attuale criterio di “regolarità variabile” va a detrimento della certezza del diritto e offre appigli legali a chi colpevolmente viola la distanza di rispetto e travolge un apneista, che potrà sempre tentare di eccepire in giudizio l'insufficiente visibilità della bandiera dell'apneista nel momento dell'incidente.

 

7 Si è accolto il suggerimento del CV Pietro Preziosi del CG CCPP, eliminando la frase “in aggiunta o in alternativa a quella posta sul galleggiante”, che effettivamente rischiava di creare confusione.

 

8 Aspetto già chiarito dal Comando Generale CCPP con circolare del maggio 2003

 

9 Appare del tutto irragionevole sanzionare il pescatore in apnea con una somma 5 volte superiore a quella prevista per il diportista che viola la distanza di rispetto dal segnale di uomo immerso.

 

10 Questa soluzione è stata elaborata dalla CP di Gaeta (ord. 72/2002 art. 4)

 

11 I commi 4 e 5 possono essere eliminati del tutto. Nel caso in cui si intendesse reiterare la disposizione dell'art. 3 DM 249/87 (il comma 4) allora si ritiene indispensabile introdurre il comma 5, che contiene le specificazioni fatte dal ministro Degan con la nota circolare Min. Marina Mercantile 6227201 del 1987, ribadita dalla circolare del Min. Politiche Agricole e Forestali n° 62203825 del 1995.

 

12 La disposizione si ispira: a) all'ordinamento spagnolo per la distanza da costa di 200 metri; B) all'ordinanza 28/06 Arbatax per la possibilità di pescare senza distanza minima in orario diverso da quello di balneazione; c) varie ordinanze locali per la disciplina della distanza minima dalle coste rocciose. NOTA: al posto dell'orario si è ritenuto di inserire un riferimento alla locale ordinanza balneare, come suggerito dal CV Pietro Preziosi del CG CCPP

 

13 La piccola modifica alla formulazione della norma contenuta nel DPR 1639/68 serve ad evitare un'evidente stortura, ossia che una norma dettata nell'interesse del titolare della concessione possa impedire a quest'ultimo di avvalersi dei pescatori in apnea sportivi per limitare l'impatto dannoso di determinate specie nell'impianto da pesca (in particolare negli impianti di molluschicoltura).

 

14 L'obiettivo della disposizione è quello di proibire la pesca notturna. Fino a mezz'ora dopo il tramonto si ha ancora luce sufficiente per pescare senza l'ausilio di fonti luminose, per cui non vi è ragione di limitare ulteriormente la pratica della disciplina.

 

15 Collocazione e fomulazione della norma consigliate dal CV Pietro Preziosi del CG CCPP.

 

 

 

 

 

 

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Doc 4 - Proposta Cooperazione FIPSAS - CCPP



Pesca sportiva: aspetti problematici e proposte di intervento

PREMESSA

La regolamentazione della pesca subacquea in apnea è in attesa di una revisione totale in virtù del D.lgs 153/2004 intitolato "Attuazione della legge 7 marzo 2003, n. 38, in materia di pesca marittima" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 145 del 23 giugno 2004, il cui articolo 10 prevede l'emanazione di un decreto interministeriale di attuazione entro un anno dall'entrata in vigore del decreto stesso.

Ad oggi, a distanza di un anno e mezzo dalla scadenza di quel termine (luglio 2005), nulla si è più saputo di questo regolamento, mentre permane una grave situazione di incertezza sulla disciplina giuridica della pesca in apnea.

LA SITUAZIONE ATTUALE

L'attuale regolamento approvato con DPR 1639/68 -che sarà abrogato dall'emanando decreto interministeriale- contiene poche regole generali, spesso formulate in modo approssimativo e suscettibili di più interpretazioni, sovente incompatibili fra loro.

L'incertezza generata dalla cattiva formulazione dei precetti si riverbera sulle ordinanze locali, che spesso, forse nel tentativo di ribadire obblighi e divieti del regolamento, propongono formulazioni solo apparentemente vicine allo spirito delle norme regolamentari. I numerosi vuoti normativi del regolamento sono stati più volte riempiti dagli uffici periferici delle CCPP: l'art. 59 del Regolamento per l'esecuzione del Codice della Navigazione, infatti, attribuisce al Capo del Circondario il potere di regolare con propria ordinanza tutto quanto concerne la polizia e la sicurezza dei porti nonché le varie attività che si esercitano nei porti e nelle altre zone comprese nella circoscrizione.
Questa situazione, pur consentendo interventi "tampone" delle CCPP con cui si sono riempiti vuoti normativi inaccettabili, come nel caso della distanza di navigazione minima dalle boe segnasub, ha dato luogo ad una differenziazione della disciplina della pesca nelle varie località degli oltre 8000 Km di costa nazionali, differenziazione che spesso non appare giustificata da alcuna reale esigenza di carattere locale.

Il risultato finale di questa situazione genera alcuni problemi gravi, soprattutto in considerazione dell'afflittività delle sanzioni (1032 euro per il pagamento in misura ridotta) previste per qualsiasi violazione delle regole -generali o locali- relative alla pesca sportiva, inclusa quella in apnea:

1) dispersione dei precetti in un numero eccessivo di atti, con conseguente scarsa conoscibilità da parte dei cittadini;

2) disciplina variabile in funzione delle diverse zone, ricadenti nella giurisdizione di diversi uffici marittimi locali - A parità di problema, è dato reperire soluzioni anche molto diverse in zone diverse, anche confinanti;

3) sostanziale impossibilità, per cittadini e organi di controllo, di interpretare in modo univoco una serie di obblighi e divieti, con conseguente affossamento della certezza del diritto;

4) le buone soluzioni, spesso originali, adottate da alcuni uffici locali particolarmente preparati e sensibili, restano spesso esperienze di carattere locale.




PROPOSTE PER UN'EVOLUZIONE POSITIVA DELLO SCENARIO ATTUALE




Nella consapevolezza che il Comando Generale delle Capitanerie di Porto non può sostituirsi al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali né disciplinare direttamente le singole questioni di competenza dei Compartimenti Marittimi, ma solo svolgere la propria funzione di armonizzazione delle disposizioni locali attraverso l'emanazione di norme interne, la FIPSAS ritiene di proporre una serie di interventi che ritiene capaci di migliorare sensibilmente i vari aspetti problematici generati dall'attuale scenario normativo, caratterizzato da un'eccessiva frammentazione di precetti, non sempre omogenei e di chiara interpretazione.




In questo quadro, vista la buona disposizione del Comando Generale delle CCPP a valutare le proposte della FIPSAS per quanto riguarda la pesca marittima sportiva e l'attività subacquea e considerata l'incertezza riguardo i tempi di approvazione del nuovo regolamento nazionale, la FIPSAS intende:




1) offrire la propria cooperazione per richiedere l'esercizio mirato della funzione di "armonizzazione" proprio del CG CCPP attraverso:




a) il chiarimento –una volta per tutte- della portata di alcune norme generali, proponendo una lettura corretta delle norme del regolamento nazionale anche alla luce del diritto comparato e delle circolari interpretative ministeriali;




B)proporre uno schema di "ordinanza tipo" -o meglio, delle norme relative alla pesca sportiva in apnea contenute nelle ordinanze di sicurezza balneare- che il Comando Generale potrebbe accogliere criticamente ed inoltrare agli uffici periferici con la raccomandazione di derogare alle previsioni indicate solo in presenza di comprovate esigenze concrete di carattere locale.




2) proporre l'introduzione di alcune norme a suo avviso ugenti, come la proibizione della pesca in apnea al traino di un'imbarcazione o di un mezzo di locomozione individuale di superficie o subacqueo (acquascooter o "maialino")




3) proporre una cooperazione FIPSAS-CG CCPP finalizzata alla realizzazione di un "Vademecum" per gli uffici periferici, un documento che possa illustrare con dovizia di particolari le norme della pesca in apnea sportiva e fornire indicazioni utili alla loro interpretazione nei vari casi concreti che possono presentarsi. Questo al fine di favorire un'interpretazione ed applicazione uniforme delle varie regole.

ORDINANZA TIPO: CHIARIMENTO METODOLOGICO

Le ordinanze di sicurezza balneare sparse sul territorio contengono a volte soluzioni originali quanto acute, adottate da comandanti particolarmente preparati e sensibili. L'ordinanza tipo che si vorrebbe proporre consiste, in linea generale, in un collage delle migliori disposizioni contenute nelle ordinanze locali dei vari uffici marittimi dislocati sul territorio.

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PROBLEMI: ANALISI E PROPOSTE PER UNA SOLUZIONE




1) INTERPRETAZIONE UNIVOCA DELLE NORME




Le norme contenute nel DPR 1639/68 non possono essere modificate dalle CCPP, che sono tenute unicamente ad applicarle. Laddove esistono problemi di carattere interpretativo, accade che ciascun ufficio locale delle CCPP utilizzi un proprio metro di giudizio, fatto che finisce per creare una differenziazione della disciplina giuridica della pesca in apnea nelle varie località. Di seguito, alcuni esempi concreti con la proposta di interpretazione sostenuta dalla nostra federazione.







1.a) Assistenza a bordo del mezzo nautico




ARTICOLO 128 ter
(Art. 3 D.M. 1/6/1987, n. 249)

Ai fini della sicurezza e della salvaguardia dei pescatori subacquei, sia professionali che sportivi, è consentito trasportare sullo stesso mezzo nautico fucili per la pesca subacquea o mezzi simili ed apparecchi ausiliari di respirazione dotati, esclusivamente, e per ogni singolo mezzo nautico, di una bombola di capacità non superiore a 10 litri, fermo restando il divieto di servirsene per l'esercizio della pesca subacquea.

Durante l'attività di pesca subacquea il pescatore deve essere costantemente seguito da bordo del mezzo nautico da almeno una persona pronta ad intervenire in casi di emergenza; in ogni caso deve esservi a bordo del mezzo stesso una cima di lunghezza sufficiente a recuperare il pescatore subacqueo.

In primo luogo, è necessario premettere che nella realtà della pesca sportiva in apnea il ricorso alla facoltà concessa dal’art 128ter è assai infrequente e che la maggioranza delle contestazioni di cui siamo a conoscenza riguardano sempre violazioni del comma 2 da parte di pescatori subacquei che non detengono bombole a bordo.



Subito dopo l'entrata in vigore del decreto 249/87, al Ministero iniziarono a giungere numerose richieste di chiarimento da parte degli uffici periferici, che da subito mostrarono una certa tendenza ad interpretare il secondo comma come una nuova regola generale, applicabile anche aldilà delle particolari circostanze descritte nel primo comma, con la conseguenza di mettere in dubbio addirittura la stessa possibilità di praticare la pesca in apnea senza mezzo nautico di appoggio.




A distanza di poco meno di un mese, l’allora Ministro Degan intervenne con la circolare n. 6227201 del 23/07/1987, che chiarì la portata del comma 2, riconducendone l'operatività nei limiti tracciati dal primo comma, ossia il trasporto contemporaneo di fucili e apparecchi ausiliari di respirazione: "[...]L'art . 3 riguarda i pescatori subacquei che si recano nella zona di pesca con un mezzo nautico sul quale si trovi, come consentito dal decreto in argomento, a fini di sicurezza, un apparecchio ausiliario di respirazione con bombola di capacità non superiore a dieci litri. Non rientrano quindi nei presupposti dell'art. 3 del nuovo provvedimento i casi del pescatore subacqueo che si reca nella zona di pesca con l'ausilio di un mezzo nautico senza alcun apparecchio ausiliario di respirazione (bombola ed erogatore) a bordo, o che effettua la pesca subacquea da terra[...]”.




La circolare ministeriale avrebbe dovuto risolvere l'equivoco una volta per tutte, ma, purtroppo, la chiarissima interpretazione autentica (ossia effettuata dal soggetto che ha originariamente redatto il provvedimento) del ministero non ha mai raggiunto lo stesso livello di conoscibilità del regolamento, che al contrario è sempre risultato ben noto agli organi di controllo. Per questo motivo, negli anni a seguire, i problemi interpretativi non sono mai spariti completamente, e molti subacquei si sono visti contestare l’assenza di un barcaiolo a bordo o, addirittura, l’assenza di un mezzo nautico di appoggio. Negli ultimi mesi, al contrario, la confusione su questo punto è aumentata notevolmente, perché il 26 maggio 2003 il Comando Generale delle Capitanerie di Porto ha diramato la circolare Prot 82/033465 sul tema della segnalazione obbligatoria del sub, nella quale si legge: "Se vi è un mezzo nautico di appoggio, il segnale deve essere innalzato sul mezzo; sul mezzo è obbligatoria la presenza di almeno una persona pronta ad intervenire". Questa previsione ha un precedente nella circolare del CG CCPP Prot 82/010390 del 16 Febbraio 2000, che riguarda le norme applicabili all'attività di immersione con ARA: nello stabilire che, in virtù del principio interpretativo "teleologico" (ossia quello che tiene conto della finalità di una norma e che consente di superare alcuni limiti dell'interpretazione letterale) le norme dettate per la pesca in apnea trovano applicazione anche nel caso dei subacquei che si immergono con autorespiratore, il Comandante Generale Ammiraglio Sicurezza fornì risposta ad alcuni quesiti ricorrenti, chiarendo che "[...in presenza di mezzo nautico, è in ogni caso obbligatoria la presenza a bordo "di almeno una persona pronta ad intervenire", giusta quanto disposto dal DM 1 giugno 1987 m. 249 - art 3, 2° comma - applicabile per i medesimi motivi sopra descritti[...].




L'equivoco appare così in tutta evidenza: l'obbligo di barcaiolo introdotto dal DM 249 riguarda solo i pescatori in apnea che si recano sul luogo di pesca con un mezzo nautico su cui siano presenti fucili e bombole, e non mira affatto a tutelare la sicurezza dell'immersione in sé (finalità perseguita dal primo comma), ma, semmai, a prevenire l'uso indebito degli apparecchi ausiliari di respirazione trasportati insieme ai fucili. E’ evidente che l'assenza di una persona pronta ad intervenire toglie ogni ragione al trasporto di bombole da parte del pescatore in apnea, e può denunciare l'intenzione di avvalersi di queste ultime per la pesca, in violazione degli artt. 128 bis e 128 ter del Regolamento nazionale. L'obbligo di farsi assistere è, in pratica, una delle condizioni per il trasporto di fucili e bombola a bordo dello stesso mezzo nautico, e non ha alcun senso estenderne la portata ad altre ipotesi. Per questi motivi, il ricorso al principio interpretativo "teleologico", nella fattispecie, appare impraticabile. Senza contare che le circolari sono riconosciute dalla giurisprudenza come “norme interne della PA” che vincolano gli organi di grado inferiore1. La re-interpretazione della norma operata dalla circolare Prot 82/033465 finalizzata a scindere l’ipotesi di pesca da terra e pesca da imbarcazione e a svincolare l’obbligo di assistenza continua a bordo del mezzo dalle circostanze descritte al primo comma (trasporto contemporaneo di fucili e apparecchi ausiliari di respirazione), quindi, non appare giuridicamente possibile, stante la subordinazione delle CCPP rispetto al Ministero che ha emanato la circolare interpretativa. Inoltre, il sistema partorito dalla ricostruzione accolta dal CG CCPP può dar luogo a situazioni niente affatto lineari: il subacqueo che raggiungesse da terra una certa zona, ad esempio, potrebbe pescare con pallone e senza assistenza, mentre un subacqueo che raggiungesse la stessa zona con il gommone e vi si immergesse con pallone al seguito dopo aver ancorato il mezzo, rischierebbe una sanzione di 1032 euro.




1.B) Distanze da costa







ARTICOLO 129
Limitazioni

L'esercizio della pesca subacquea è vietato:

a) a distanza inferiore a 500 metri dalle spiagge frequentate da bagnanti;

B) a distanza inferiore a 100 metri dagli impianti fissi da pesca e dalle reti da posta;

c) a distanza inferiore a 100 metri dalle navi ancorate fuori dai porti;

d) in zone di mare di regolare transito di navi per l'uscita e l'entrata nei porti

ed ancoraggi, determinate dal capo del compartimento marittimo;

e) dal tramonto al sorgere del sole.




L’articolo 129 del DPR 1639/68 stabilisce le limitazioni nell’esercizio della pesca in apnea sportiva. Esso non presenta particolari problemi interpretativi con riferimento alle lettere b-e, mentre è da sempre oggetto di interpretazione nella lettera a) la cui formulazione si presta a varie interpretazioni.




Nel tentativo di individuare l’esatto significato dell’espressione “spiagge frequentate da bagnanti”, si devono considerare i possibili significati letterali dell’espressione:




1) Tratto di costa sul quale siano effettivamente presenti dei bagnanti => è l'interpretazione più permissiva, perché non solo in inverno, ma anche in piena stagione balneare si potrebbe tranquillamente pescare in assenza di bagnanti.




2) Tratto di costa solitamente frequentato dai bagnanti => è l'interpretazione "intermedia" che appare più ragionevole perché tutela i bagnanti senza inasprire inutilmente il divieto nei confronti dei pescatori subacquei.




3) Tratto di costa astrattamente frequentabile dai bagnanti => è l'interpretazione restrittiva che finisce per rendere la norma inutilmente vessatoria nei confronti dei pescatori in apnea senza portare alcun vantaggio effettivo alla tutela del bagnante. Un tratto di costa, infatti, resta astrattamente frequentabile da bagnanti anche in pieno inverno.




Dato che lo scopo dell’art 129 lett a) è indubbiamente quello di tutelare i bagnanti, la soluzione preferibile ci appare quella riportata al numero 2, fondata cioè sull’id quod plerumque accidit, su ciò che si verifica “di solito”.




La disciplina delle distanze da costa contenuta nelle ordinanze di sicurezza balneare emanate dagli uffici periferici delle CCPP è disomogenea (vedi Allegato A, in fondo), e presenta esempi riconducili alle diverse interpretazioni dell’art. 129 lettera a). Tra le varie soluzioni adottate dagli uffici periferici, siamo rimasti favorevolmente impressionati da quella adottata dal Compartimento Marittimo di Arbatax con l’ordinanza 28/2006, che secondo noi realizza un’ottimale interpretazione della norma, assicurando un buon contemperamento di interessi tra bagnanti e pescatori in apnea. Non va dimenticato che la pesca in apnea è sicuramente consentita ai maggiori di anni 16 (per i minori, dopo l’abrogazione dell’art 18 L 963/65 da parte del’art 10 comma 2 del D.lgs 153/04 si pongono forti dubbi), che poi sono solitamente i soggetti che non hanno disponibilità di mezzi nautici da utilizzare come appoggio durante le battute: tutte quelle ordinanze (tante) che stabiliscono che la pesca in apnea è sempre vietata a distanza inferiore a 500 metri dalle spiagge frequentate da bagnanti (dove il “sempre” si contrappone alle previsioni per la pesca sportiva in generale, che limitano il divieto legandolo all’orario di balneazione), di fatto, costringono questi giovani appassionati a spingersi al largo, in zone di intenso traffico nautico, con tutti i rischi che da ciò possono derivare. Consentire, come fa l’ordinanza di Arbatax, la pratica della pesca in apnea senza limiti di distanza da costa in orari diversi da quelli di balneazione porterebbe ad un notevole aumento della sicurezza degli apneisti senza intaccare minimamente quella dei bagnanti.







1.c) Obblighi di segnalazione



ARTICOLO 130
Segnalazioni

Il subacqueo in immersione ha l'obbligo di segnalarsi con un galleggiante recante una bandiera rossa con striscia diagonale bianca, visibile ad una distanza non inferiore a 300 metri; se il subacqueo è accompagnato da mezzo nautico di appoggio, la bandiera deve essere messa issata sul mezzo nautico.

Il subacqueo deve operare entro un raggio di 50 metri dalla verticale del mezzo nautico di appoggio o del galleggiante portante la bandiera di segnalazione.





L’articolo 130 del DPR 1639/68 presenta un paio di aspetti problematici che richiedono un’interpretazione univoca, in considerazione delle normali modalità di svolgimento della pesca in apnea sportiva. A tal fine, appare necessario attribuire un significato non equivoco alla locuzione “mezzo nautico di appoggio”. Secondo la nostra esperienza sia in ambito agonistico che amatoriale, il mezzo nautico d’appoggio è quello che “accompagna”, ossia “segue a breve distanza” il subacqueo nell’azione di pesca, grazie ad un assistente a bordo che vigila sul subacqueo stesso. Forse in considerazione del fatto che questa soluzione potrebbe compromettere la visibilità della boa eventualmente utilizzata dal subacqueo, il regolamento prescrive che, in questa ipotesi, la bandiera venga messa issata sul mezzo, in modo da risultare certamente visibile alla distanza di 300 metri.


Secondo questa interpretazione, non commette alcuna infrazione il subacqueo che:




  1. si immerge da terra con boa al seguito, mantenendosi costantemente nel raggio di 50 metri dal segnale;
  2. ancorato il gommone senza bandiera issata, si allontana con boa al seguito, da solo o in compagnia, mantenendosi costantemente nel raggio di 50 metri dalla boa. Nel caso di sub che si allontana con boa al seguito, infatti, non si vede ragione di sanzionarlo per non aver issato la bandiera sul mezzo, stante la chiara “o” dell’art. 130 secondo comma, che indica modi alternativi per rispettare l’obbligo di segnalazione, e la banale considerazione che “un gommone ancorato non accompagna nessuno”;
  3. ancorato il gommone con bandiera issata ma senza assistente a bordo, resta nel raggio di 50 metri dalla verticale del mezzo (arg. ex 130 comma 2)
1 Crf a tal proposito Tribunale Civile di Roma, sez VIII Sent. n° 12255/05.

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1.d) Limiti di prelievo per i pescatori sportivi



ARTICOLO 142
Limitazioni di cattura

Il pescatore sportivo non può catturare giornalmente pesci, molluschi e crostacei in quantità superiore a 5 Kg complessivi salvo il caso di pesce singolo di peso superiore.

Non può essere catturato giornalmente piú di un esemplare di cernia a qualunque specie appartenga.



Se il secondo comma dell’art 142 è estremamente chiaro e non equivocabile, non altrettanto si può dire per il primo, perché la sua formulazione si presta a due diverse interpretazioni:




Interpretazione Restrittiva: si possono catturare pesci e molluschi non cefalopodi per un totale complessivo di 5 Kg oppure, in alternativa, un solo pesce di peso superiore a tale limite. Accogliendo questa interpretazione, è possibile superare il limite di peso solo nel caso in cui si effettui un'unica cattura di grosse dimensioni. Avendo già catturato una preda di 1000 grammi, ad esempio, non si potrebbe più sparare ad una preda di peso superiore a 4 chilogrammi; dopo aver catturato una preda di peso superiore a 5 Kg, per contro, si dovrebbe interrompere l'azione di pesca.




Interpretazione Estensiva: la quota di 5 Kg può essere superata, ma solo “grazie” alla cattura di un unico pesce di peso superiore a 5 Kg che, in pratica, non viene conteggiato. Secondo questa interpretazione, con un carniere misto del peso di 4,9 Kg il subacqueo può ancora catturare un pesce di peso superiore a 5 Kg. Questa interpretazione lascia maggiore libertà al pescatore in apnea e gli evita situazioni imbarazzanti, come quella di dover risparmiare la preda della vita per “colpa” di una piccola preda già in cavetto. Resta una stranezza: con un carniere di 4,9 Kg si potrebbe sì catturare una preda di 5,1 Kg ma non di 4,9 Kg.




Relativamente a questo aspetto, prendendo spunto dalla normativa di altri paesi dell’Unione Europea, si è proposto al Ministero competente di introdurre una norma che escluda dal computo dei 5 Kg l’organismo di peso maggiore fra quelli catturati (soluzione che eviterebbe ogni stranezza e renderebbe lineare e chiaro il divieto), ma in questa sede ci si limita a chiedere, ove possibile, un chiarimento definitivo sulla vera portata della norma e sulla condotta da tenere per evitare sanzioni (chiarimento che andrebbe a beneficio di tutti i pescasportivi, non solo di quelli dediti alla pesca in apnea).




A proposito dei limiti di cattura del pescatore in apnea, si ritiene che il limite espresso in chilogrammi presenti alcuni limiti e che una limitazione espressa in numero di prede possa svolgere meglio la funzione di preservare le risorse ittiche e limitare il prelievo degli sportivi. Considerando che, a differenza degli altri tipi di pesca sportiva (ma anche professionale), la pesca in apnea permette di individuare la preda prima ancora di tentarne la cattura, e che le esigenze di tutela suggeriscono la salvaguardia di quegli esemplari di dimensioni ridotte, che non hanno ancora completato uno o più cicli riproduttivi, una limitazione specifica per il pescatore in apnea, espressa in numero di prede, potrebbe non solo eliminare ogni questione interpretativa, ma anche svolgere una funzione educativa. La cattura di prede di piccola taglia (le misure minime nazionali ed europee appaiono del tutto inadeguate, specialmente con riferimento a specie pregiate come il dentice, la cernia o la ricciola) è sicuramente un male che il limite dei 5 Kg non aiuta a combattere. Una limitazione del numero complessivo di prede, mitigata nel caso di particolari specie (es: triglie, seppie ed altri pesci che non raggiungono taglia significativa), spingerebbe i pescatori in apnea sportivi, soprattutto i meno esperti, a decidere con maggiore attenzione quando tentare una cattura e ad evitare carnieri composti da numerose prede di piccole dimensioni, privilegiando un prelievo di qualità e maggiormente eco compatibile. Una norma del genere, inoltre, complicherebbe la vita ai finti sportivi dediti alla vendita abusiva del pescato, una categoria che la FIPSAS condanna senza mezze misure, in buona compagnia di tutti gli amatoriali rispettosi delle norme e dell’ambiente marino.







2) SEGNALAZIONE DI ALTRI PROBLEMI IRRISOLTI





1.a) Disciplina della distanza di rispetto dalla boa segnasub e circolari estive del Ministero dei Trasporti (limiti di navigazione di 500 mt da coste a picco e 1000 mt da spiagge)



Come è noto, l’articolo 130 del DPR 1639/68 si occupa degli obblighi di segnalazione del pescatore subacqueo, poi estesi dalla giurisprudenza e dallo stesso comando Generale delle CCPP a tutti i soggetti dediti all’attività subacquea. Tale norma ha sempre disposto regole rivolte ai pescatori subacquei, anticipando la tutela della loro incolumità con la previsione di sanzioni per le condotte imprudenti che possono aumentare il rischio di evento negativo: per il solo fatto di non rispettare le prescrizioni dell’articolo 130, con ciò mettendo a repentaglio la propria incolumità, il subacqueo è soggetto a sanzione amministrativa da 516 a 3098 euro. Per quasi 35 anni l’ordinamento si è completamente dimenticato che la vera fonte del pericolo per tale incolumità è costituita dalle eliche delle imbarcazioni in transito, con il risultato che, mentre il sub veniva costantemente punito per la propria imprudenza, di cui sarebbe stato, in caso di incidente, la principale vittima, nulla ha disposto nei confronti del diportista imprudente, neanche una distanza minima di navigazione dal segnale. Solo con l’intervento del Comando Generale delle CCPP del 2002/2003 si è giunti ad una eliminazione di questo mostro giuridico, inutilmente vessatorio verso i sub ed inauditamente indulgente verso il diportista, che con la propria imprudenza, a differenza del sub, mette a repentaglio non la propria, ma l’altrui incolumità. A poco vale obiettare che in caso di incidente il diportista rischia addirittura addebiti di tipo penale: nella medesima ipotesi, infatti, il sub rischia la vita, un bene certamente superiore a quello costituito da una fedina penale immacolata. Giuridicamente, poi, è inaccettabile un raffronto tra tutela anticipata e successiva: le ipotesi da confrontare devono essere omogenee, solo così è possibile verificare la congruità del sistema divieti/sanzioni. Dopo l’entrata in vigore della legge 172/2003, la violazione delle norme contenute nelle ordinanze di polizia marittima da parte dei diportisti alla guida di un natante risulta punibile con una sanzione amministrativa di soli 207 euro (misura ridotta), pari a 1/5 di quella applicata al subacqueo che non si attiene agli obblighi stabiliti dall’articolo 130 DPR 1639/68: questa disparità di trattamento è del tutto inaccettabile.


Nella consapevolezza che le CCPP non hanno il potere di cambiare questa situazione, si intende porre l’attenzione su un’altra norma della citata legge di riordino della nautica da diporto, ossia l’articolo 9 comma 2, che recita: “Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti indica, con specifiche direttive, i criteri per lo svolgimento dei controlli in materia di sicurezza della navigazione da diporto.” Nelle varie direttive impartite dal ministero negli anni passati con le cosiddette “circolari estive”, si è più volte ribadito che:








a) nello svolgimento del controllo sulla navigazione da diporto in prossimità di costa va considerata prioritaria la tutela dell’incolumità di bagnanti e subacquei, con vigilanza sul rispetto del limite delle acque destinate alla balneazione e delle regole per evitare gli abbordi in mare;



B)le autorità marittime provvedono a stabilire la distanza da costa, oltre il limite della balneazione, entro la quale la navigazione da diporto dovrà svolgersi a velocità non superiore a 10 nodi e, comunque, con gli scafi in dislocamento. Tale distanza viene indicata, in linea di massima, in 500 metri dalle coste rocciose alte sul mare e in 1000 metri dalle spiagge. In prossimità di coste ove non vi siano significative attività di balneazione potrà essere consentito l’avvicinamento e l’ancoraggio di unità da diporto, purché sia osservata ogni precauzione per evitare danni a terzi;



Un’applicazione più stringente di queste direttive potrebbe sicuramente migliorare la sicurezza delle immersioni subacquee, tanto con ARA quanto in apnea. E’ altresì necessario rafforzare l’opera di sensibilizzazione dei diportisti verso il segnale di uomo in immersione, anche attraverso provvedimenti che costringano determinati soggetti (es: noleggiatori, distributori di carburante, negozi di nautica rivieraschi) ad apporre in luogo visibile dei manifesti informativi su natura e scopi della bandiera rossa con striscia diagonale bianca e sulle regole di condotta da seguire in caso di intercettazione di detto segnale durante la navigazione. Punire severamente il subacqueo senza prevedere un’informazione completa e adeguati deterrenti per i diportisti appare ingiusto e del tutto insufficiente.







1.B) Pratiche di pesca antisportive e antiecologiche



Esiste una pratica fortemente condannata in modo unanime dalla Federazione e dagli appassionati pescatori in apnea che ancora oggi appare consentita dall’ordinamento. Essa consiste nell’utilizzo di una cortissima cima collegata al gommone, attraverso la quale il pescatore in apnea può impartire all’assistente a bordo del mezzo le istruzioni per inseguire i pesci avvistati sul fondo. In alternativa, questa tecnica è messa in atto anche con mezzi di locomozione individuali come il cd Acquascooter (che non è una moto d’acqua, ma un mezzo di spostamento di superficie azionato da motore a scoppio). Questa pratica è utilizzata in prevalenza da finti sportivi dediti alla vendita abusiva del pescato e si ritiene di doverla proibire espressamente perché:




  1. non lascia scampo alle prede, che dopo una breve fuga ad alta velocità cercano riparo nel primo anfratto disponibile e viene facilmente raggiunto ed arpionato dal subacqueo che lo ha inseguito facendosi trainare dal mezzo nautico;
  2. è una tecnica ad alto impatto sul comportamento dei pesci, soprattutto nelle zone caratterizzate da acque cristalline: per ogni pesce catturato se ne spaventano a morte a centinaia, causando la desertificazione dei bassi fondali. Sono sufficienti pochi soggetti per causare un grande scompiglio;
  3. è una pratica che non ha nulla a che vedere con il sano divertimento perseguito dal pescatore ricreativo, ma che risponde perfettamente alle esigenze del pescatore professionista abusivo, al pari di altre tecniche che semplificano il prelievo quali la pesca notturna o la sottrazione di pescato altrui (condotte, queste, già proibite)


Alla luce di queste considerazioni, si propone la proibizione di questa tecnica di pesca, oltretutto pericolosa per chi la pratica e per chi si trova nei paraggi. Il principio che si intende proporre è il seguente: sì all’uso di gommoni, acquascooter e altri mezzi di locomozione, ma solo per gli spostamenti. Divieto assoluto di utilizzare questi strumenti per l’azione di pesca vera e propria.




3) SEZIONE PESCA IN APNEA – ORDINANZA TIPO



Per semplificare l’opera di armonizzazione richiesta al Comando Generale delle CCPP, si propongono di seguito alcune formulazioni normative che potrebbero comporre una vera “ordinanza tipo”, rispetto alla quale gli uffici locali dovrebbero/potrebbero derogare solo in presenza di comprovate esigenze di carattere locale incompatibili con la disciplina generale. L’ordinanza “tipo” che segue –o meglio, la parte dell’ordinanza relativa alla pesca sportiva in apnea- si compone di norme così come formulate in ordinanze locali (in particolare: Arbatax 28706; Gaeta 79 /2002), salvo il caso di alcune previsioni di cui si propone l’adozione, opportunamente segnalate con il colore rosso.





Art. 6 DISCIPLINA DELLA PESCA



      1. Disposizioni di carattere generale


      Lo svolgimento dell’attività di pesca sportiva è regolamentato principalmente dal Capo III (Sezione III) e dal Capo IV del decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n°. 1639, (e successive modifiche ed integrazioni), con il quale è stato approvato il regolamento per l’esecuzione della legge 14 luglio 1965, n°. 963, concernente la disciplina della pesca marittima. Il pescatore sportivo è tenuto a conoscere e a rispettare sia le specifiche disposizioni del suddetto provvedimento legislativo, sia, per quanto applicabili, quelle che riguardano, in generale, l’attività di pesca1.



          1. Pesca subacquea sportiva




          1. La pesca subacquea è regolamentata dagli articoli 128 e seguenti del Regolamento della pesca, approvato con D.P.R. 2.10.1968, n°. 1639 e successive modificazioni ed integrazioni2
          2. L’esercizio della pesca subacquea è consentito unicamente in apnea. Ai fini della sicurezza e della salvaguardia dei pescatori subacquei, sia professionali che sportivi, è consentito trasportare sullo stesso mezzo nautico fucili per la pesca subacquea o mezzi simili ed apparecchi ausiliari di respirazione dotati, esclusivamente, e per ogni singolo mezzo nautico, di una bombola di capacità non superiore a 10 litri, fermo restando il divieto di servirsene per l'esercizio della pesca subacquea. Nel solo caso di trasporto contemporaneo di fucili e apparecchi ausiliari di respirazione, durante l'attività di pesca subacquea il pescatore deve essere costantemente seguito da bordo del mezzo nautico da almeno una persona pronta ad intervenire in casi di emergenza; nello stesso caso, deve esservi a bordo del mezzo stesso una cima di lunghezza sufficiente a recuperare il pescatore subacqueo3
          3. E’ vietato esercitare la pesca subacquea a distanza inferiore a 500 metri dalle spiagge frequentate dai bagnanti. Dal sorgere del sole fino alle 08:30 e dalle 19:30 fino al tramonto, la pesca subacquea può essere svolta, in assenza di bagnanti, senza limiti di distanza4.
          4. In presenza di scogliere o coste a picco, negli orari di balneazione, la pesca subacquea è consentita anche a distanza inferiore a metri 100 dalla medesima unicamente in assenza di bagnanti5. Qualora tale disciplina venga praticata individualmente a più di 700 (settecento) metri dalla costa, sarà obbligatorio l'ausilio di un mezzo nautico d'appoggio o di un mezzo individuale di locomozione acquatica che, in considerazione della suddetta ragguardevole distanza, assicuri lo svolgimento in sicurezza di tale attività6.
          5. In ogni caso, E' SEMPRE VIETATO:
            1. attraversare le zone frequentate da bagnanti con arma subacquea in posizione di armamento;
            2. pescare a meno di 100 (cento) metri dalle navi ancorate fuori dai porti;
            3. pescare a meno di 100 (cento) metri dalle reti da pesca;
            4. pescare dal tramonto al sorgere del sole;
            5. pescare al traino di un’imbarcazione o con l’ausilio di qualsiasi mezzo di propulsione di superficie o subacquea diverso dalle pinne. L’utilizzo di mezzi di locomozione, anche individuali, è consentito unicamente per gli spostamenti in superficie, durante i quali il fucile deve essere mantenuto scarico;7
            6. pescare nelle aree portuali e nelle zone di intenso traffico nautico determinate dal Capo del Compartimento Marittimo con ordinanza XXXXXXXXX (inserire estremi ordinanza o riprodurne un estratto in calce)8
            7. pescare in zone soggette a divieto di balneazione9
            8. pescare nelle zone di divieto di seguito elencate (segue elenco zone vietate da ordinanze locali, decreti istitutivi di AMP o ZTB etc…)10
          6. Il pescatore subacqueo (così come chiunque svolga attività subacquea immergendosi al di fuori della zona riservata alla balneazione), deve segnalare la propria presenza con un galleggiante recante una bandiera rossa con striscia diagonale bianca visibile ad almeno 300 metri di distanza. Qualora il subacqueo in immersione sia seguito da un assistente a bordo del mezzo nautico di appoggio, la bandiera deve essere issata su tale mezzo11.
          7. Il subacqueo (così come chiunque svolga attività subacquea immergendosi al di fuori della zona riservata alla balneazione) deve obbligatoriamente operare entro il raggio di 50 (cinquanta) metri dalla verticale del mezzo nautico d’appoggio o del galleggiante recante la bandiera regolamentare12.
          8. Alle unità propulse a motore o a vela è fatto divieto di avvicinarsi ad una distanza inferiore a mt. 100 da un segnale (sia esso galleggiante o issato su di una unità di appoggio) che individua la presenza di un subacqueo. Nell'ipotesi che il conducente di un'unità a motore si accorga di trovarsi ad una distanza inferiore a mt. 100 da un segnale che individua la presenza di un sub, lo stesso dovrà arrestare il mezzo e disinserire la marcia, ripartendo solo dopo aver individuato il sub ed essersi assicurato della sua incolumità13.



          Oltre a queste previsioni, sarebbe opportuno, come anticipato, introdurre una chiara riformulazione dell’articolo 142 che impedisca la possibilità di diverse interpretazioni. Questo chiarimento gioverebbe non poco a tutta la categoria dei pescatori sportivi.






          1. PROPOSTA DI COLLABORAZIONE PER REALIZZAZIONE VADEMECUM


          Le incertezze interpretative generate dalla cattiva formulazione di molte norme regolamentari suggerisce l’opportunità di realizzare un piccolo compendio che possa guidare gli organi di controllo nella loro applicazione. La FIPSAS, in qualità di federazione del CONI che ha sviluppato competenze specifiche in questa materia, offre la propria collaborazione per la realizzazione di questo Vademecum, che potrebbe:




          1. Illustrare la portata dei singoli precetti regolamentari e normativi, anche con l’ausilio di esempi concreti e precedenti giurisprudenziali;
          2. Fornire una tabella riassuntiva di precetti e sanzioni (principali e accessorie);
          3. Spiegare usi e costumi diffusi fra i pescatori sportivi ed il loro corretto inquadramento giuridico
          4. Suggerire modalità di controllo dell’attività di pesca sportiva in apnea, per assicurare controlli più rapidi ed efficaci in sicurezza.
          ALLEGATO A: LA DISCIPLINA DELLE DISTANZE DA COSTA NELLE ORDINANZE LOCALI




          Per chiarire come la disciplina di un aspetto specifico della pesca in apnea possa variare in funzione delle diverse aree di giurisdizione degli uffici periferici, si considerino le soluzioni adottate per le distanze da costa. La situazione che si crea con questa frammentazione e differenziazione non sempre giustificata da reali esigenze di carattere locale, dalla prospettiva dei cittadini appassionati di pesca in apnea, è di assoluto disagio.




          ESEMPIO A: Ordinanza che vieta tout court la pesca in apnea a distanza inferiore a 500 metri dalle spiagge/scogliere




          SANTA MARGHERITA LIGURE – ORD 20/2006 (Sicurezza Balneare)




          La pesca subacquea è regolamentata dagli articoli 128,129,130 e 131 del Regolamento della pesca, approvato con D.P.R. 02.10.68 n. 1639 e successive modificazioni ed integrazioni. In particolare, è sempre vietata la pesca subacquea nelle acque di questo Circondario antistanti le spiagge e le scogliere frequentate da bagnanti, fino ad una distanza di metri 500 dalla riva.







          ESEMPIO B: Ordinanza che vieta la pesca in apnea a distanza inferiore a 500 metri dalle spiagge e a distanza inferiore a 100 metri dalle coste a picco SENZA limiti di orario ma con riferimento nebuloso alla presenza di bagnanti:




          SANREMO – Ord 26/2006




          6.2 - La pesca subacquea è regolamentata dagli artt. 128, 129, 130 e 131 del D.P.R. 02.10.1968, n. 1639 (Regolamento della pesca marittima) e successive modifiche ed integrazioni. E’ SEMPRE VIETATA la pesca :




          a) nelle zone di mare frequentate da bagnanti, entro 500 (cinquecento) metri dalle spiagge ed entro 100 (cento) metri dalle coste a picco;

          B) nelle altre zone di mare vietate alla balneazione, di cui al successivo articolo 8;

          c) dal tramonto al sorgere del sole;

          d) a distanza inferiore a 100 (cento) metri da navi ancorate fuori dai porti.







          ESEMPIO C: Ordinanza che vieta la pesca in apnea a distanza inferiore a 500 metri dalle spiagge frequentate dai bagnanti senza limiti di orario ma che permette la pesca anche a distanza inferiore a 100 metri dalle coste a picco, in orario di balneazione, in caso di assenza –in concreto- di bagnanti.




          SAVONA ord 42/2006




          5.2. La pesca subacquea è regolamentata dagli articoli 128, 129, 130 e 131 del regolamento della pesca, approvato con decreto de1 Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n° 1639, e successive modificazioni ed integrazioni. In particolare, E’ SEMPRE VIETATA la pesca subacquea nelle acque antistanti le spiagge del Circondario frequentate da bagnanti fino ad una distanza di metri 500 dalla riva. In presenza di coste a picco, negli orari di balneazione, la pesca subacquea è consentita anche a distanza inferiore a metri 100 dalle medesime solo in assenza di bagnanti.




          ESEMPIO D: Ordinanza che vieta l’esercizio della pesca in apnea a distanza inferiore a 500 metri dalle spiagge frequentate da bagnanti senza nulla prevedere circa le coste a picco:




          ALASSIO, 21/2006 Ord. Sicurezza Balneare




          La pesca subacquea è regolamentata dagli articoli 128, 129, 130 e 131 del regolamento della pesca, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n° 1639, e successive modificazioni ed integrazioni. In particolare, E’ SEMPRE VIETATA la pesca subacquea nelle acque antistanti le spiagge del Circondario frequentate da bagnanti fino ad una distanza di metri 500 dalla riva.




          ESEMPIO E: Ordinanza che vieta la pesca in apnea a distanza inferiore a 500 metri dalle spiagge frequentate dai bagnanti e 100 metri dalle scogliere a picco nel solo orario di balneazione




          Ord 28/2006 Arbatax




          1) Nei tratti antistanti le spiagge frequentate da bagnanti, tale tipo di pesca potrà essere effettuato a non meno di 500 (cinquecento) metri dalla costa mentre, nelle zone di mare antistanti le coste a picco, ad una distanza superiore ai 100 (cento) metri. Qualora tale disciplina venga praticata individualmente a più di 700 (settecento) metri dalla costa, sarà obbligatorio l'ausilio di un mezzo nautico d'appoggio o di un mezzo individuale di locomozione acquatica che, in considerazione della suddetta ragguardevole distanza, assicuri lo svolgimento in sicurezza di tale attività.

          2) Dal sorgere del sole e sino alle ore 08.30, e dalle ore 19.30 sino al tramonto, la pesca subacquea può essere svolta, in assenza di bagnanti, anche a distanze inferiori a quelle stabilite al precedente punto 2).







          1 Arbatax 28/06

          2 Numerose ordinanze, cfr ad es Oristano 09/06

          3 Si tratta di una semplice riformulazione dell’art 3 DM 249/87 così come autenticamente interpretato dal Ministro che lo ha emanato con circolare 6227201 del 23/07/1987.

          4 Arbatax 28/06

          5 Numerose ordinanze, cfr ad es Savona 42/06

          6 Arbatax 28/06

          7 Si tratta di una previsione di cui si propone l’introduzione. In considerazione della competenza delle CCPP in materia di sicurezza della navigazione e uso delle coste, riteniamo che non sussista alcun impedimento all’adozione di un simile divieto.

          8 Nell’ottica di garantire la massima certezza del diritto possibile –forse ancor più importante quando si parla di attività ludico-turistica- si richiede un piccolo sforzo agli uffici locali CCPP, che avendo una particolare competenza per i controlli delle attività hanno anche un quadro chiaro delle aree e relativi divieti. Poter conoscere tutte le aree a vario titolo interdette alla pratica subacquea attraverso la lettura di un singolo atto è certamente utile, soprattutto nella stagione turistica.

          9 Numerose ordinanze. Se si considera l’immersione una specie del genere “balneazione”, come appare logico, il divieto è consequenziale.

          10 Cfr nota 7

          11 La formulazione proposta è quella che, a nostro avviso, rispecchia più fedelmente il disposto degli artt. 130 e 128 ter DPR 1639/68, anche alla luce dei chiarimenti ministeriali.

          12 Numerose ordinanze. Cfr ad es Arbatax 28/06, d alla cui previsione è stato però eliso il riferimento alla distanza di rispetto che le imbarcazioni dovrebbero mantenere rispetto al segnale di uomo immerso, in quanto erroneamente quantificata in 70 metri (anziché 100).

          13 Cfr Ord 79/2002 Gaeta. Le parti in rosso sono aggiunte al fine di adeguare la previsione con le indicazioni del Comando Generale CCPP del maggio 2003 (unità propulse a vela soggette al medesimo obbligo di mantenere la distanza di almeno 100 metri dai segnali di uomo immerso) e a garantire maggiormente la tutela del sub, individuando uno specifico obbligo di accertarsi delle sue condizioni qualora ci si accorga di aver inavvertitamente violato la zona di rispetto di 100 metri dalla bandiera segnasub.

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          Doc 5 - Proposta di regolamentazione della pesca in apnea nelle AMP

           

          OGGETTO: Proposta per l’esercizio della Pesca in Apnea nelle A.M.P. dell’Arcipelago Toscano.

           

           

          La Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee – F.I.P.S.A.S. – Associazione con personalità giuridica di diritto privato, è riconosciuta dal C.O.N.I. ed è la sola autorizzata a disciplinare e gestire in Italia l’attività sportiva della pesca nelle sue diverse discipline nonché riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio quale Associazione di Protezione Ambientale: la F.I.P.S.A.S. persegue da anni la tutela e l’incremento del patrimonio ittico nazionale ed il miglioramento dell’ambiente naturale.

           

           

          La pesca in apnea rientra a pieno titolo tra le proprie discipline sportive e trova, all’interno dell’organizzazione federale, un riscontro tecnico, didattico e culturale tale da garantire ai propri tesserati l’esercizio di questa attività sportiva in modo sicuro, selettivo e compatibile con l’ambiente marino.

           

           

          L’obbligatorietà del possesso di un brevetto federale per la pratica della pesca in apnea garantisce da anni ai pescatori tesserati alla nostra Federazione la selezione del pescato e le condizioni di assoluta sicurezza e di rispetto per le norme vigenti.

           

           

          Per le ragioni sopra esposte si fa invito a voler valutare la possibilità di consentire l’esercizio della pesca in apnea nelle zone C delle A.M.P. dell’Arcipelago Toscano a tutti i pescatori in possesso dei seguenti requisiti: tessera e brevetto federale (che si configura come una patente) per la pesca in apnea.

           

           

          In ordine ed a supporto di questa richiesta si invia in allegato la documentazione relativa a quanto prodotto dalla scrivente Federazione in riferimento all’esercizio della pesca in apnea nelle A.M.P., compreso un codice di comportamento ed un progetto di autoregolamentazione.

           

           

          In attesa di cortese riscontro, si porgono i più cordiali saluti.

           

           

           

          Firmato

           

          Il Segretario Generale

           

          Pasqualino ZUCCARELLO

           

           

           

           

           

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          Doc 6 - DOSSIER AMP E PESCA IN APNEA

           

          Questo documento nasce con l'intento di diventare un contenitore di informazioni sulla discriminazione nei confronti della pesca in apnea.

          Più precisamente, si prefigge l'obiettivo di allargare gli orizzonti con indagini, suggerimenti, testimonianze, in modo da proporre spunti di lavoro.

          Non è assolutamente un documento scientifico o politico, bensì un breve ma interessante spunto riflessivo sul quale costruire un lavoro più approfondito.

           

          1. VALUTAZIONI GENERALI

           

          IL PARERE DEL PESCATORE IN APNEA

          Il pescatore sportivo in apnea ama l’ambiente in cui svolge la propria attività, che risulta tanto più emozionante e gratificante quanto più l’ambiente è ben conservato e ricco di vita, e per questo non può essere che favorevole ad ogni iniziativa volta alla tutela del Mare1. Quando però le azioni di tutela risultano inefficaci e discriminatorie, è naturale che si ponga una serie di interrogativi: perché nelle Aree Marine Protette italiane si consente la pratica di ogni forma di pesca ad esclusione della pesca in apnea e di quella professionale ritenuta distruttiva? Così facendo, la pesca in apnea sportiva, paradossalmente, risulta equiparata alle forme più distruttive della pesca professionale a strascico e con reti da circuizione2.

          Su quali basi scientifiche poggiano queste scelte? Perché in alcuni parchi marini di altre nazioni dell’Unione Europea la pesca in apnea sportiva è consentita? Perché le AMP all’estero risultano efficaci, producono reddito e richiamano l’afflusso turistico, mentre quelle italiane appaiono fallimentari?

          Prima di inoltrarci in una serie di analisi è opportuno spiegare in poche parole in cosa consista l’attività della pesca in apnea.

           

          PESCA IN APNEA IN BREVE

          La pesca in apnea si distingue dalle altre forme di pesca sportiva non solo per l’ambiente in cui si svolge e l’attrezzo utilizzato, ma principalmente per la sequenza che la caratterizza: individuazione della possibile preda e tentativo di cattura. Per questa ragione, nessuna altra forma di pesca professionale o sportiva può vantare una selettività di così alto livello. Inoltre, il pescatore in apnea dispone di una manciata di secondi per portare a termine l’azione di pesca –il tempo della sua apnea-, fatto che limita fortemente anche le sue profondità operative e, conseguentemente, le zone di mare in cui gli è possibile operare. A queste difficoltà si aggiunge il fatto di avere a disposizione un’unica possibilità di cattura, rappresentata dall’unico colpo disponibile: è proprio per queste difficoltà che la pesca in apnea regala emozioni e stimoli unici ai suoi praticanti.

          Non disponendo di vantaggi tecnologici, il pescatore in apnea riesce a vincere la difficile sfida con la preda solo se impara a conoscere in modo approfondito l’ambiente marino ed i suoi abitanti. Nel tentare la cattura di un pesce, il pescatore in apnea sviluppa un profondo rapporto con il mare, maturando una grande esperienza diretta sulle sue condizioni e sulla presenza e distribuzione delle specie ittiche.

           

          COMPATIBILITA’ DELLA PESCA IN APNEA

          In questo documento si cercherà di evidenziare come il pescatore sportivo in apnea sia stato discriminato ed escluso dalle AMP sull’onda emotiva e senza alcuna base scientifica. Il prelievo è regolamentato dalle normative vigenti, che impongono taglie minime ed un limite giornaliero ad ogni pescatore sportivo3, ma gli unici dati disponibili circa il prelievo del pescatore in apnea -raccolti dalla FIPSAS nell’ambito delle competizioni di alto livello4- testimoniano un prelievo medio individuale notevolmente inferiore al limite legale dei 5Kg. Se questi dati vengono confrontati con quelli della pesca professionale, poi, è agevole concludere che la pressione esercitata dai pescatori sportivi in apnea rappresenti una frazione infinitesimale del totale, risultando del tutto trascurabile. Sotto il profilo del prelievo, quindi, non ci sono argomenti utili a giustificare una regolamentazione più stringente per la pesca in apnea. Se poi si considera la notevole selettività di questa forma di pesca, si ottiene conferma del suo alto grado di compatibilità con le esigenze di tutela del mare, sicuramente maggiore di quello che caratterizza altre forme di prelievo attualmente tutelate e promosse5.

           

          VALUTAZIONI ECONOMICHE

          Intorno al settore della pesca in apnea nazionale gravitano numerose realtà produttive che rappresentano l’eccellenza a livello mondiale. Si calcoli che approssimativamente l’intero comparto Italiano produce ogni anno, da alcuni decenni, almeno il 75% del totale di attrezzature per la pesca in apnea di tutto il pianeta. Ad ogni fiera espositiva internazionale ci sono decine di espositori Italiani, mentre è alquanto raro incontrare in Italia produttori esteri. Sempre a livello nazionale ci sono circa 400 negozianti specializzati in attrezzature subacquee, spesso a gestione familiare, che garantiscono sostentamento all’intero nucleo familiare. Inoltre, attorno al settore gravitano più riviste specializzate di livello nazionale e siti internet noti in tutto il mondo. Da non trascurare è lo spostamento in massa di numerosi appassionati di pesca in apnea Italiani, che sempre più frequentemente scelgono di trascorrere le vacanze all’estero, dove la pesca sportiva in apnea è consentita ed è più gratificante per la migliore conservazione dei fondali. Intere famiglie si spostano per più giorni soprattutto in Corsica, Grecia, Spagna, Croazia. Tutte zone dove l’esistenza di Aree marine protette non impedisce il regolare svolgimento dell’attività sportiva di pesca, anzi ne promuove la moderna pratica sportiva, basata sulla selettività.

          Il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ha invece spiegato che la pesca in apnea indurrebbe atteggiamenti elusivi dei pesci, penalizzando l’attività di escursionismo subacqueo, su cui le AMP puntano fortemente. Un ragionevole contemperamento di interessi implicherebbe almeno un’equa ripartizione delle aree fruibili alle categorie con interessi configgenti, ma ad oggi la soluzione adottata prevede la soppressione integrale di ogni diritto a praticare la pesca in apnea, mentre in altre AMP Internazionali accade praticamente il contrario.

           

          VALUTAZIONI GIURIDICHE

          La normativa nazionale e comunitaria riconosce la pesca in apnea come una forma di pesca sportiva, al pari di altre forme di pesca di superficie. Il recente regolamento CE n° 1967/2006 entrato in vigore a fine gennaio 2007, qualifica la pesca subacquea come pesca sportiva, imponendo agli stati membri di regolamentarla e di proibire la pesca notturna e quella con apparecchi ausiliari di respirazione. In Italia tali limitazioni sono operative da oltre un quarto di secolo.

          A livello nazionale, l’art 138 lett. E) del DPR 1639/68 annovera il fucile subacqueo tra gli attrezzi consentiti per la pesca sportiva; l’art. 142, come accennato, detta limiti di prelievo validi per tutti gli sportivi, inclusi gli apneisti, mentre gli art. 128Bis e 129 stabiliscono limitazioni specifiche e più stringenti per la sola pesca in apnea. A fronte di un simile inquadramento giuridico, appaiono arbitrarie e difficilmente comprensibili tutte le discriminazioni fondate sulla presunzione di un maggiore impatto della pesca in apnea rispetto alle altre forme di pesca sportiva o sulla natura degli attrezzi utilizzati dai suoi praticanti6.

          L’attuale sistema normativo appare subdolo: la legge quadro sulle aree protette proibisce, in linea di principio, ogni tipo di attività impattante all’interno dei confini dell’area protetta (art. 19 L. 394/91), ma poi consente “deroghe” a questa disciplina generale, in virtù delle quali gli attuali regolamenti ammettono nelle zone B e C praticamente ogni attività di pesca professionale e sportiva, ad esclusione della pesca in apnea. Anche l’escursionismo subacqueo può danneggiare l’ambiente e provocare disturbo alla fauna7, ma viene incluso anch’esso fra le eccezioni alla regola.

           

          BASI SCIENTIFICHE

          Su quali basi scientifiche si fonda lo studio di compatibilità della pesca sportiva? E quello sulla pesca in apnea? La risposta, a quanto ci risulti, è: nessuno. Nel Libro Bianco sulla Pesca in Apnea predisposto dalla FIPSAS, il biologo marino dott. Antonio Terlizzi attesta che la pesca in apnea risulterebbe esclusa dalle AMP in virtù dell'applicazione del cosiddetto "principio cautelativo", secondo il quale un'attività sospettata di essere dannosa viene proibita in via cautelare, in attesa che evidenze scientifiche confermino (o smentiscano) i sospetti. In pratica, in assenza di risultanze scientifiche che attestino la sua dannosità, la pesca in apnea sarebbe proibita per precauzione. Il problema è che anche per le altre forme di pesca sportiva e professionale e, in genere, per le attività impattanti ammesse nelle AMP mancano prove scientifiche della loro non pericolosità. A rigor di logica, ciò dovrebbe suggerire un'identica applicazione del principio cautelativo, con conseguente proibizione di tutte le forme di pesca e disturbo dell’ambiente, fatto che invece non si verifica.

          FUNZIONALITA’ DELLE AMP

          La totalità dei ricercatori concorda con l’idea che le AMP, per essere funzionali, debbano avere dimensioni limitate, zonazioni appropriate ed un sistema di controllo del territorio capillare ed efficace. A conferma di questo assunto, si consideri che una delle poche AMP esemplari del nostro paese è quella di Miramare, un fazzoletto di 30 ettari di mare ben gestiti dal WWF; ad ulteriore conferma, è facile verificare come alcune aree ricomprese in zone A di AMP italiane, come ad esempio Pianosa nell’AMP delle Isole Tremiti -11 miglia al largo dal nucleo principale- siano divenute, di fatto, vere riserve di bracconaggio, martoriate da ogni tipo di pesca illegale.

           

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          #sdfootnote1anc2. L'ESEMPIO

          RISERVA MARINA BOCCHE DI BONIFACIO IN CORSICA

           

          Si prenda come riferimento la riserva marina delle Bocche di Bonifacio, sicuramente quella di maggiore successo nel mare Tirreno, peraltro frequentata e conosciuta da un gran numero di subacquei Italiani. Non c'è bisogno di scienziati per immergersi e notare le ricchezze di quei fondali, eppure le regolamentazioni sono diametralmente opposte a quelle Italiane1.

           

          La riserva naturale Bocche di Bonifacio costituisce la parte Francese dell'omonimo parco internazionale, che sul versante italiano comprende il parco de La Maddalena.

           

          Nel versante Corso si distinguono tre zone di protezione crescente:

           

          *

           

          Il primo livello riguarda un'area di circa 80.000 ettari(zona C)

          *

           

          Il secondo livello costituisce le zone di protezione rinforzata di circa 12.000 ettari (zona B) 13% del totale

          *

           

          Il terzo livello costituisce le zone di non prelievo di circa 1.200 ettari(zona A). 1,3% del totale.

           

           

           

           

          IMMERSIONI IN APNEA:

           

          le immersioni in apnea sono autorizzate sulla totalità del territorio, compresa la zona di protezione rinforzata (zona B) e le zone di non prelievo (zona A).

           

           

          PESCA IN APNEA:

           

          La pesca in apnea è autorizzata sulla totalità del territorio, ad esclusione delle zone di protezione rinforzata (zona B) e delle zone di non prelievo (zona A)

           

          e presso gli allevamenti di pesca.

           

          Come sull'insieme del litorale, la pesca in apnea è subordinata a dichiarazione (presso gli uffici degli affari marittimi) secondo le disposizioni dell'articolo interministeriale del 1 Dicembre 1960.

           

          Essa può essere quindi esercitata solo con l'utilizzo di fucili con arpione (unica punta) e senza l'utilizzo di mezzi di propulsione individuale del subacqueo sia di superficie che subacquei (scooter o acquascooter). E' altresì vietato prelevare tutte le specie di cernie e di crostacei.

           

          Nelle zone interdette, tutte le armi per la pesca in apnea, non possono essere introdotte se non scariche e collocate dentro appositi contenitori chiusi.

           

          La pesca del riccio non è consentita dal 1° dicembre al 31 Marzo ed è limitata a 3 dozzine al giorno per ogni persona. Essa è interdetta in apnea nelle zone di protezione rinforzata (zona B) .

           

          IMMERSIONI CON AUTORESPIRATORE

           

          L'immersione con autorespiratore è autorizzata dentro la riserva naturale, comprese le zone di protezione rinforzata (zona B) .

           

          Essa è interdetta nelle zone di non prelievo (zona A) e negli allevamenti di pesca.

           

          In ogni caso, nell'interesse della riserva e dopo il giudizio di un comitato di consultazione, il prefetto marittimo può bloccare tutte le disposizioni di controllo relative all'esercizio delle immersioni con bombole.

           

          COMPORTAMENTI RACCOMANDATI:

           

          *

           

          Voi state entrando in un universo molto sensibile e fragile. Rispettatelo!

          *

           

          Quando ancorate la vostra imbarcazione, accompagnate l'ancora molto lentamente fino al fondale e verificate che questa non provochi alcun danno alla flora ed alla fauna del fondale.

          *

           

          Costituite dei gruppi di 5 persone al massimo

          *

           

          Prima di immergervi con le bombole, assicuratevi che il vostro equipaggiamento vi permetta di spostarvi senza alcun contratto con il fondale, senza fare movimenti bruschi.

          *

           

          Se vi capita di entrare in una grotta o sotto un grande masso, evitate di provocare degli accumuli di bolle sul tetto della grotta in quanto tutto questo porterebbe alla morte degli organismi che ci vivono.

          *

           

          Fotografi e subacquei notturni, non abusate dei vostri sistemi di illuminazione artificiale.

          *

           

          Non cercate di accarezzare e di toccare i pesci, i crostacei, le conchiglie e tutto quanto vi capiterà di incontrare. Accontentatevi di ammirarli.

          *

           

          Non date da magiare ai pesci.

          *

           

          Quando salperete la vostra ancora aiutatevi con un paracadute ascensionale che la solleverà dal fondo senza bisogno di trascinarla.

           

           

          CONSIDERAZIONI:

           

          *

           

          Sembra evidente che le autorità Francesi nelle aree marine protette pongano maggiori precauzioni all'attività di escursionismo subacqueo. Pur non vietando l'attività, infatti, si preoccupano di fornire indicazioni comportamentali specifiche.

          *

           

          L'unica immersione consentita in zona A, di massima protezione, è quella in apnea, che almeno permette al cittadino di fruire dei vantaggi ottenuti. Le limitazioni riguardano solo il divieto di prelievo, che viene esteso ad ogni forma possibile. In ogni caso, le zone di non prelievo sono molto limitate, ben controllate e distribuite in modo strategico.

          *

           

          La pesca in apnea, come altre attività, vengono consentite e regolamentate nella totalità della zona C, che rappresenta l'85,83% dell'intera superficie dell'area protetta.

           

           

          3. INDAGINE E SVILUPPI

           

          COSA E' ACCADUTO IN ALTRE AMP

           

          Dopo anni di attuazione delle AMP non si conosce uno studio realistico sugli effetti derivanti dalla loro istituzione. L'unico esempio lampante, al momento, è quello di alcune amministrazioni locali interessate da un parco marino che si lamentano della privazione dei loro diritti sovrani sul territorio. La regolamentazione nazionale in deroga all'Ente gestore non permette più alle amministrazioni locali di gestire il proprio territorio in modo autonomo. Si denota perdita di popolazione e scarsi obiettivi economici, al contrario di quanto veniva decantato prima dell'istituzione.

           

          Finché l'AMP è qualcosa di unico e di ben gestito può davvero produrre un interesse, ma quando le zone si moltiplicano come è accaduto, l'interesse si distribuisce in molte aree. Dopo il gettito della comunità Europea chi finanzierà tutto questo? Quale Governo si prenderà la responsabilità di chiedere ai cittadini un ulteriore balzello economico? Pagare le tasse per ottenere divieti? E' futuristico?

           

           

          GESTIONE E SVILUPPO.

           

          Molti subacquei Italiani si spostano con frequenza nelle riserve marine di Corsica e Spagna. Queste riserve funzionano molto bene sia sotto il profilo di protezione, economico, culturale e di servizi. In Italia non si riscontra uniformità di traguardi. Non è che forse il sistema Italiano delle AMP, ha qualche limite? Per quale ragione un turista dovrebbe pagare di più per avere molto meno di quanto può ottenere all'estero?

          ALCUNI LIMITI DELLE AMP

           

          Individuando le AMP solo in base a siti di particolare interesse morfologico, non si possono ottenere risultati degni di nota per l'intera tutela del patrimonio.

           

          Mentre si protegge la zona rocciosa di una costa o di una isola, subito al largo di essa c'è la necessità che interi branchi di pesci (ricciole – orate - acciughe- pesci pelagici) possano riprodursi. Proprio nella fase di riproduzione queste specie fondamentali per la catena alimentare si concentrano in branchi e sono facile preda della pesca professionale con le reti di circuizione che non lasciano scampo ad un potenziale riproduttivo di enorme interesse. Allora non sarebbe più opportuno e strategico allargare le AMP a zone di interesse più al largo che oltretutto non pongono limitazioni al comune cittadino? Così facendo si potrebbe permettere a tutta la pesca sportiva e alla piccola pesca artigianale, ma anche a chiunque voglia immergersi, di usufruire dei vantaggi derivanti da aree protette al largo.

           

           

          SPUNTI E PROPOSTE

           

          Dato che proibire la pesca in apnea all'interno di ogni centimetro quadrato di area marina protetta non è una scelta necessitata e dato che non esistono impedimenti di alcun tipo ad una regolamentazione dell'accesso dei pescatori sportivi in apnea in tutte le aree in cui è consentito il prelievo, si tenta adesso di tracciare una serie di linee guida per la regolamentazione di questa attività:

           

           

          1.

           

          PERMESSO DI PESCA: L'accesso dei pescatori sportivi qualificati (tesserati FIPSAS, meglio se in possesso di brevetto federale di pescatore in apnea) potrebbe essere subordinato al rilascio di un permesso a pagamento, che garantirebbe l'acquisizione di risorse economiche da parte dell'Ente Gestore e consentirebbe di tracciare e quantificare l'accesso dei pescatori sportivi all'interno dell'AMP.

           

           

          2.

           

          LIMITAZIONI ALLE CATTURE: La pesca sportiva nelle AMP dovrebbe essere compiutamente regolamentata. La cattura di specie sofferenti o meglio ancora nei periodi riproduttivi, potrebbe essere proibita a tutti i pescatori, sportivi e professionali. Per quanto riguarda la pesca sportiva in apnea, un limite di cattura espresso in numero di prede –fatte ovviamente salve tutte le norme vigenti- potrebbe favorire una selezione ancora più accorta delle catture e garantire una maggiore compatibilità del prelievo;

           

          3.

           

          ACQUISIZIONE DATI: Tutto il prelievo operato dalla pesca (professionale e sportiva) nelle AMP dovrebbe essere misurato. A tal fine, sarebbe opportuno introdurre appropriati obblighi di annotazione delle catture da parte di tutti i soggetti che operano un prelievo, al fine di misurare con precisione la pressione di pesca e verificare l'apporto quantitativo di ogni singola tipologia di prelievo. Ai fini qualitativi invece permetterebbe una ricerca scientifica sullo stato di crescita, sulla taglia media e sulla presenza delle specie ittiche.

           

           

          4.

           

          CONTROLLO: La presenza dei pescatori in apnea potrebbe garantire un migliore controllo del territorio. Una volta concordato un metodo per avvertire le autorità preposte, il pescatore in apnea potrebbe diventare un efficace segnalatore di anomalie o di illeciti, lasciando comunque alle autorità il compito di intervenire.

           

           

          4. TESTIMONIANZE

           

          INTERVISTA ALESSANDRO GIANNI'

           

          Su concessione del giornale di Bordo Siena. (sintesi dell'intervista)

           

          Alessandro Giannì è il responsabile per Greenpeace della "Campagna Mare".

           

          *

           

          Può indicarci quali sono gli obiettivi primari che questa campagna si pone per la tutela del nostro ecosistema marino?

           

          L'obiettivo è quello di dare un futuro al mare e quindi a noi stessi.

           

          Sembra quasi che molti si stiano convincendo che l'umanità potrà sopravvivere al collasso degli ecosistemi: l'ipotesi non è né credibile né verosimile. Tuttavia, al momento di prendere decisioni, gli organi politici continuano a far prevalere gli interessi economici a breve termine di elites ristrette, a danno del resto dei cittadini.

           

          *

           

          Greenpeace propone l'istituzione di una rete di Aree Marine Protette di altura che si differenziano notevolmente dal concetto di AMP alla quale siamo abituati. Di cosa si tratta?

           

          Le Riserve Marine sono un concetto che si è imposto a seguito del cosiddetto "approccio ecosistemico". In breve, la tutela delle singole specie (o dei singoli habitat) non può funzionare, perché queste specie o habitat non vivono in isolamento, ma fanno parte di ecosistemi complessi, che conosciamo solo in parte. Oltre alla gestione corretta (per quanto noto e possibile) di quella parte degli ecosistemi che l'uomo "utilizza", è quindi necessario preservare porzioni ragionevoli di ecosistema dall'impatto antropico, appunto perché non sappiamo scientificamente quello che stiamo facendo. In particolare, le proposte che Greenpeace ha presentato, riguardano le acque extraterritoriali. La proposta è di una rete di riserve marine d'altura (no-take/no dump zones: nessun prelievo, nessun rilascio pericoloso) che copra il 40% dell'alto mare.

           

          *

           

          In Italia attualmente si contano numerose AMP e altre di prossima istituzione che vanno a coprire una superficie costiera vastissima. Al di là di quanto affermano le fonti ufficiali sembra che i risultati ottenuti siano più teorici che reali, tanto che molti Enti Parco hanno palesato difficoltà di gestione. Il "modello Italiano" funziona veramente?

           

           

          al riguardo è interessante un Rapporto del Parco Internazionale delle Bocche di Bonifacio che confronta le AMP del versante Corsica con quelle del versante Sardegna. Nelle aree in Corsica c'è stato un aumento della biomassa (peso) delle specie ittiche di importanza "alimentare" di c.a. 6-8 volte in 10 anni, con alcune specie, come la cernia e la corvina, che mostravano aumenti ben maggiori (la corvina, oltre 70 volte!). Con periodi e regimi di tutela comparabili, nel versante Sardo l'aumento di biomassa è stato di... 0,2 volte! Il Rapporto dice che la colpa è del bracconaggio: in Corsica non c'è, in Sardegna si. Questione antropologica (i Sardi sono più cattivi dei Corsi?) o di efficienza?

           

           

          5. CONCLUSIONI

           

          UN SACROSANTO DIRITTO

           

          Alla luce di tutto quanto esposto, il pescatore sportivo in apnea si sente derubato di palesi diritti senza motivazioni concrete. Quando chiede chiarimenti sulle ragioni di un trattamento così duro verso la forma di pesca sportiva più selettiva in assoluto, ottiene spesso risposte inaccettabili e poco comprensibili.

           

          Nelle AMP si consentono tutte le forme di prelievo eccetto quelle della pesca industriale e della pesca sportiva in apnea. Si tratta di argomentazioni di sicuro impatto emotivo, ma prive di ogni fondamento logico, giuridico e scientifico. Analoghe considerazioni valgono per la solo supposta impossibilità di ammettere la pesca in apnea sulla base delle leggi 974/82 o 394/91, che stabiliscono sì un generale divieto, ma anche la possibilità di deroghe per tutte le attività impattanti e quindi anche per la pesca in apnea. Sul fronte degli interessi economici in gioco, di fronte al proliferare di AMP la dimensione del fenomeno è tale da intaccare gli interessi di un intero settore produttivo, che peraltro nobilita il nome del nostro paese con prodotti d'avanguardia molto apprezzati in tutto il mondo. L'esistenza di un conflitto di interessi tra i pescatori in apnea sportivi ed i gestori dei Diving merita una regolamentazione capace di un contemperamento e non la semplice soppressione dei diritti dei pescatori in apnea. La solo supposta dannosità della pesca in apnea, da cui si deduce una sua totale incompatibilità con le finalità istitutive delle AMP, non può continuare ad essere motivo di proibizione integrale nella zona C delle AMP, almeno finché questo principio cautelativo non troverà applicazione nei confronti di tutte le attività potenzialmente impattanti.

           

          A MISURA DI UOMO

           

          Le AMP dovrebbero essere a misura d'uomo, luoghi in cui ci siano delle regole ma dove l'uomo continui ad avere il suo ruolo, mantenga le proprie tradizioni, difenda per primo il territorio.

           

          Un parco "tutto divieti", non è effettivamente qualcosa da "vivere", ma qualcosa di "perduto". Un posto che diventa inesistente perché nemmeno avvicinabile quindi non produce altro che una mancata ricchezza.

           

          Ci sono modi di proteggere e sviluppare interessanti risorse economiche di cui la pesca sportiva diventa protagonista specialmente nei periodi di bassa stagione, quando il turismo tradizionale è inesistente. La pratica della pesca sportiva permette:

           

          1. All'uomo di vivere il territorio e la propria cultura;

           

          2. Risorse economiche in entrata per una migliore gestione dell'area;

           

          3. Maggiore controllo del territorio e delle anomalie attraverso una proficua alleanza con una categoria di sinceri amanti del mare e della natura;

           

          4. Nuove possibilità di ricerca scientifica e di valutazioni biometriche.

           

           

          PER CONCLUDERE

           

          Alla luce di tutto quanto esposto, non ci rimane altro che tutelarci cominciando a far sentire anche la nostra voce tramite organizzazioni di categoria. Da essere un potenziale alleato delle AMP ci ritroviamo paradossalmente a combatterle. Tutto questo ci costringe a sostenere in massa ogni appoggio politico che difenda la nostra causa e che possa mettere fine a questa ingiustizia che, senza ragioni, priva degli onesti cittadini di una parte importante della loro esistenza.

           

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          Documento 7 Regolamento per l'esercizio della pesca in apnea nelle AMP (proposta)

          La pesca in apnea nella Zona C delle Aree Marine Protette è consentita a tutti i possessori del brevetto di pescatore in apnea federale con le seguenti limitazioni:

           

           

          1. La pesca in apnea è consentita, qualora previsto, nel seguente periodo stagionale ………, nei giorni …….
          2. Divieto di pescare pesci di peso inferiore ai 300 gr.;
          3. Divieto di pescare Cernie di qualsiasi tipo;
          4. Divieto di pescare la Corvina;
          5. Divieto di pescare più di un esemplare di gronco o murena di peso inferiore ai 2 kg.;
          6. Divieto di pescare più di un esemplare di cefalopode;
          7. Divieto di pescare più di 5 prede anche se di specie differenti;
          8. Divieto di pescare più di 5 kg. di pesce, fatta eccezione per un singolo esemplare di peso superiore ai 3 kg. ed il restante pescato compreso entro i 5 kg.;
          9. Divieto di utilizzare aste con più di una punta;
          10. Divieto di utilizzo di torce o altri illuminatori in acqua;
          11. Divieto di utilizzo di pasture o richiami meccanici;
          12. Divieto di utilizzo di acquascooter;
          13. Divieto del traino o “paperino”

           

           

           

           

           

           

           

           

           

           

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          Doc 8 - Codice Etico

           

          CODICE DI COMPORTAMENTO DEL PESCATORE IN APNEA

           

           

           

           

          1. Impara a conoscere e ri-conoscere il mondo sommerso
          La conoscenza dell'ambiente marino ti offre l'occasione di immergerti con la possibilità

           

          di individuare e valutare la fauna e la flora marina.

           

          1. Immergiti sempre in condizioni di sicurezza
          Prima di immergerti controlla il funzionamento della tua attrezzatura. Mantieni sempre il collegamento con la BOA SEGNA SUB. Evita di immergerti in condizioni fisiche precarie

           

          e senza l'assistenza di almeno un compagno di pesca. Acquisisci la conoscenza degli standards di sicurezza attraverso un corso federale di Pesca in Apnea.

           

          3. Rispetta l'ambiente marino.

           

          Esegui un'azione di pesca selettiva, rispettando le specie stanziali come la Cernia e la

           

          Corvina, privilegiando le specie di passo, limitando la cattura a pesci superiori ai 300 gr.

           

          di peso, per un massimo di 5 kg.

           

          Non asportare nulla dal fondo. Mantieni inalterato l'equilibrio ambientale. Ricorda che un

           

          subacqueo moderno deve essere "eco-compatibile".

           

          1. Recupera i rifiuti
          Ricordati che il mare va rispettato anche dalle imbarcazioni: recupera e porta a terra i rifiuti

           

          che produci a bordo o che trovi in mare, usa l'imbarcazione nel modo più silenzioso possibile, valuta bene dove gettare l'ancora.

           

          1. Rispetta le A.M.P.
          Evita di immergerti nelle A.M.P. dove esiste il divieto della Pesca in Apnea.

           

          1. Segnala situazioni di inquinamento marino
          Se osservi particolari cause di inquinamento come versamento di idrocarburi, discariche abusive, condotte fognarie difettose, segnala la loro presenza alle autorità preposte.

           

          1. Denuncia la pesca illegale
          Denuncia ogni forma di pesca illegale sia con l'uso di attrezzi individuali, sia con le reti, sia con l'A.R.A.

           

          1. Informati sulle leggi vigenti in materia di pesca in apnea
          Leggi le ordinanze di balneazione. Cerca informazioni su Internet e sulla stampa.

           

          Rivolgiti alla FIPSAS.

           

          1. Partecipa attivamente alla difesa del mare
          Aderisci alle operazioni di "pulizia dei fondali". Collabora alle iniziative di censimento di specie ittiche.

           

          1. Promuovi il rispetto per l'Ambiente Marino
          Anche Tu offri il tuo contributo per trasmettere agli altri la passione ed il rispetto per l'ambiente sommerso. Invita i tuoi amici a partecipare a questa avventura che è la pesca in apnea, frequentando i corsi di pesca e diventando pescatori responsabili e preparati.
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          Grazie Giorgio.

          Un conto è rendersi conto che ci sono dei problemi e abbaiare alla luna, un conto è mettersi a lavorare, raccogliere quante più informazioni possibili in maniera organica e comprensibile ai nostri interlocoturi per poter poi proporre qualcosa di concreto. Certo poi le conclusioni e le proposte sono opinabili, ma se prima non si conosce a fondo la situazione (vedi il lavoro informativo fatto a monte), non ha alcun senso criticarle.

           

          Luca

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          Conclusioni e proposte sono certamente opinabili. I documenti qui sopra non sono farina del sacco di 1 individuo, ma rappresentano sempre una sintesi di diversi pensieri. Poi c'è da considerare lo strumento che si intende utilizzare... la nostra opinione "proporre ciò che si ritiene ineluttabile significa mettersi nella migliore condizione per tutelarsi; attendere che le cose vengano calate dall'alto significa subirle integralmente" è condivisa anche da illustri consiglieri del settore Mare della FIPSAS.... ma non da tutti. Altrimenti la proposta di permesso riguarderebbe tutti. Tra l'altro, l'idea di una licenza unica per acque interne e mare, senza distinzioni di attrezzi se non a scopo informativo, mi trova perfettamente d'accordo ed è una proposta di un consigliere nazionale del settore Mare. Il costo sarebbe quello della licenza acque interne, e buona parte dei soldi dovrebbero essere destinati a ripopolamento, posa di barriere e dissuasori eccetera, insomma alla tutela del Mare.

           

          La disinformazione è ormai totale, ed anche chi sa finge di non sapere. Secondo te è possibile che uno che sa tutto delle cose federali e le combatte a spada tratta vada in giro a raccontare che la proposta dei parchi regionali in Calabria viene da un consigliere federale e quindi dalla FIPSAS quando è sufficiente andare sul sito FIPSAS per vedere che questo Diego Tommasi non figura nell'elenco degli attuali Consiglieri? Pensi che non sappia che questo signore ha abbandonato il mandato a metà dello scorso quadriennio e che da allora non ha alcun rapporto con i vertici federali? Pensi che non sappia che questo signore ha fatto il salto "politico" finendo nei verdi di Pecoraro? Pensi che non sappia che le sue proposte in qualità di Assessore sono state approvate all'UNANIMITA' dal consiglio regionale? Eppure si va in giro a scrivere che sta roba la produce la FIPSAS, e ci sono tesserati che senza leggere nulla fanno illazioni e arrivano a pensare che la FIPSAS affiderà allo stesso Assessore la difesa delle proprie ragioni in sede di elaborazione dei regolamenti che disciplineranno le varie attività all'interno dei parchi. C'è chi giura che una legge non precisata prevede che nelle more della realizzazione dei regolamenti si applicheranno le norme dell'AMP di Capo Rizzuto con conseguente divieto della pesca in apnea, quando gli atti pubblicati in home page (proposte di legge e legge regionale sulle aree protette) dicono cose ben diverse. Può anche darsi che questo signore abbia ragione, magari ci sono "leggi" che ignoro... ma dove stanno i riferimenti?

           

          Come sempre si chiacchiera infarcendo ogni discorso di disinformazione, e in questo caos si insinuano persone a caccia di rivalse personali, in nome delle quali sarebbero pronti a vendere la propria madre. Tra offese personali e retorica degna del Duce questi arruffapopolo hanno gioco facile nel cavalcare la demagogia più spicciola, sempre gradita alle masse disinformate. Mai che questi soggetti andassero oltre le dichiarazioni di principio! Mai che tirassero fuori i riferimenti agli atti, alle leggi, ai regolamenti, alle ordinanze. Mai! Poi artriva il furbetto del quartierino che mi accusa di propinare "fuffa dialettica". Pori locchi!

           

          Joefox

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          Mai che questi soggetti andassero oltre le dichiarazioni di principio! Mai che tirassero fuori i riferimenti agli atti, alle leggi, ai regolamenti, alle ordinanze. Mai!

          Allora si che ci sarebbe sa sganasciarsi! :laughing:

           

          zitto fuorviatore della storia!! :devil:

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