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Viaggi di pesca: Diario Australia (4a parte)

| 10 Agosto 2003 | 0 Comments

Ritorna alla terza parte

04 Gennaio 2003

“Tutto accadde in quel vagone
Che portava a Frosinone
Io lo so che son piacente e conquisto facilmente”'”

Insieme al simpaticissimo Antonello, Alberto e Massimo, abbiamo portato avanti, nelle giornate, un alacre lavoro di ricostruzione del testo di questa “particolare” canzone di Pippo Franco degli anni 80, che parla di uno sfortunato amplesso, consumato in un treno, da parte di un uomo praticamente artificiale, con parrucca, dentiera, gambe di legno, mano ad uncino, protesi sessuale ecc. ecc.
Questo simpatico motivetto ci accompagnerà per tutto il viaggio.
Le giornate sono lunghe, ed in qualche modo ci impegniamo ad ammazzare il tempo: chi fa surf, chi legge, chi si esercita in improbabili esercizi di inglese, chi fa il bagno, chi ozia… cominciano anche a nascere piccole diatribe e discussioni su futili argomenti.
Ormai l’Italia è davvero un lontano ricordo.
La sera, poi, prima di andare a nanna, ci divertiamo con il nostro sport preferito, che è quello di posizionare a dovere le trappole per topi nel locale cucina. Questi animaletti di campagna, piccoli e agili, cercano di intrufolarsi nella nostra dispensa di continuo, e pertanto è necessario posizionare le tagliole a mestiere. Come cala il sole comincia la musica e si contano le catture. Arriveremo anche a catturarne una quindicina in una sola notte.
Fa davvero molto caldo e la temperatura supera abbondantemente i 40/42 gradi all’ombra già dalle prime ore del mattino. Sono ormai sei giorni che stazioniamo nel deserto cibandoci solamente di ciò che il mare ci regala…. e non senza problemi. Non l’avrei mai detto ma, un’alimentazione esclusivamente a base di pesce dopo un certo periodo comincia a dare i suoi problemi. Una sorta di orticaria ci assale ed alcune volte è anche fastidiosa, specie nelle ore più calde. Massimo ce lo aveva anticipato e così e stato.
Ora non solo dobbiamo combattere con le mosche calate in grosse quantità dal deserto circostante, ma siamo anche intenti a grattarci intensamente durante la giornata. Passerà nel giro di due giorni.
Fortuna che ieri la pesca ci ha regalato una grossa aragosta di oltre due chili che ci siamo divisi in parti uguali. Una vera squisitezza che ci ha dato l’opportunità di variare l’alimentazione.

All’accampamento, intanto, non siamo più soli. Due coppie di temerari australiani, con una bambina ed un piccolo cane al seguito, sono arrivati alla baracca con un fuoristrada gigante ed una barca di alluminio dotata di ogni sofisticata strumentazione. E’ stato facile fare amicizia ed entrare in confidenza con loro. Gli australiani sono un popolo molto allegro ed ospitale, ed avremo modo in seguito di averne ulteriore conferma.
Michele a parte, che conosce l’inglese come le sue tasche, tutti ci esprimiamo a gesti ed a mezze frasi nell’intento di fare conoscenza con queste quattro persone dai visi limpidi come l’acqua.
Belle persone davvero, che trasmettono serenità e calma e che condiscono i loro discorsi con sorrisi sinceri. Ma ciò che è più interessante è che i due tizi Jon e Shine sono due pescatori apneisti, arrivati sul posto per fare scorta di pesce da consumare durante l’inverno. All’interno del fuoristrada hanno posizionato un super congelatore di oltre 400 litri da riempire di pesce.
Loro non porteranno via i pesci interi ma conserveranno solamente i filetti e per riempire “l’armadio”, così gli “consigliamo” vivamente di avvalersi della nostra collaborazione.
E’ fatta!! Domani mattina andremo in oceano aperto a pescare insieme e così approfitteremo per pescare una bella quantità di pesce che non andrà certo sprecato ed avremo l’occasione, a detta loro, di fare incontri oltre ogni umana immaginazione. Avranno ragione.

Del resto in Australia, la legge consente di pescare una quantità pro capite di prede elevata a patto, però, che vengano rispettate le misure minime.
L’appuntamento è all’alba, io al solo pensiero non riuscirò a dormire tranquillo, sono eccitatissimo come un principiante. Colazione rigorosamente a base di the e pane, poi via in oceano.
Jon e Shine sono seriamente intenzionati. Vorrebbero portare a terra un grosso esemplare di tonno pinna gialla, e del resto sono forniti di tutti i mezzi per tentare una cattura del genere.
I loro arbalete artigianali in legno sono disumani: lunghi oltre due metri, montano un’asta doppia aletta da 13 mm. Elastici da 22mm con ogiva rigorosamente fatta a mano. Il mulinello è in alluminio e non contiene sagola ma vera e propria scotta.
In testata, spunta una vistosa baionetta in acciaio affilata come una lama di rasoio e lunga circa 15 cm, che servirà per scoraggiare l’attacco degli squali più affamati. Il portapesci, una catenella a maglia piccola, è montato direttamente sotto l’impugnatura in modo da tenere sempre sotto stretto controllo il pescato. Il cabinato che ci porterà in mezzo all’oceano è davvero comodo. Completamente in alluminio, di una navigabilità eccezionale, è dotato di un motore di 150 cavalli, gps ed ecoscandaglio e completamente gavonato.
Siamo pronti per partire vestiti ed equipaggiati di tutto punto. Massimo ha montato sul suo arbalete un’asta da 6,5 mm, mentre io rimango fedele alla mia da 6 mm. Cerchero di sparare ai pesci in modo da fulminarli immediatamente. Navighiamo per circa mezz’ora e ci troviamo abbondantemente oltre la zona di sicurezza. Jon ci informa che i posti sono assolutamente vergini e pertanto è necessario essere sempre a stretto contatto per eventuali emergenze causate dagli squali.
Siamo adesso alla ricerca di un ciglio che da 10 metri scende a 20, dove dovrebbe stazionare un branco di tonni avvistati, nello stesso periodo, negli anni precedenti. La ricerca del posto non è facile, anche perché prendere mire a terra è praticamente impossibile. Dopo circa 15 minuti di ricerca individuiamo il ciglio con l’ecoscandaglio, che segnala anche una grossa quantità di pesce.
Io sono gasatissimo ed entro in acqua per primo. Sotto di me nuotano indisturbate tre testuggini giganti e mi diverto ad osservarle e seguirle. L’acqua non è limpidissima e c’è una visibilità variabile dai 10 ai 15 metri. Sono assolutamente rilassato.

Nuoto ancora per un po’ verso terra, le testuggini scompaiono e sotto di me intravedo una grossa quantità di macchie bianche che si muove. Penso sia la mangianza che staziona sul ciglio ma mi dovrò immediatamente ricredere. Mi ventilo con calma e compio la mia prima apnea.
Quelle centinaia di macchie bianche non sono altro che le bocche di un branco enorme di pesci angelo e corvine giganti mischiati. Saranno oltre duecento esemplari che, come faccio la capovolta, si dirigono all’interno di una caverna posta sulla verticale del ciglio. Lo spettacolo è unico.
Questa enorme palla di pesce si apre alla mia discesa, parte entra nella fenditura e parte si posiziona di fronte a me non consentendomi di vedere oltre. Le corvine sono davvero enormi ed alcune superano abbondantemente i 10 chili. Si avvicinano con assoluta tranquillità.
Finisco l’apnea, risalgo ed avverto Massimo che il ciglio è sotto di me e mi preparo per la successiva immersione. Siamo in aperto oceano a qualche miglio di distanza dalla costa e l’incontro con animali oltre misura è assicurato.
Mi ventilo con calma e scendo di nuovo in mezzo al branco di pescioni.
Questa volta rivolgo lo sguardo verso terra, lasciandomi alle spalle i pesci ed immediatamente arriva un fittissimo branco di tonni pinna gialla misti a spanish maccarel tutti tra i dieci ed i trenta chili.
Ho il fiato rotto ed il battito cardiaco accelerato. I pesci sono nervosi e sfilano di fronte a me a grande velocità compiendo repentini cambi di direzione. Non riesco a mettere sotto mira i tonni che pure offrono una considerevole sagoma e scocco un tiro d’imbracciata al tonno più vicino. E’ un pesce di oltre venti chili che colpisco a centro corpo leggermente basso. La reazione è disarmante, nel giro di tre secondi ho quasi terminato gli oltre cinquanta metri di sagolino nel mulinello. Arrivo in superficie, stringo la frizione e comincio a fare un vero e proprio sci nautico trainato dall’animale. Ne avrò per circa due minuti fino a che l’animale si strapperà dall’asta lasciandomi con un palmo di naso. Recupero tutto e ricarico il fucile non prima di aver raddrizzato alla bene e meglio l’asta, notevolmente imbarcata. Peccato, l’animale morirà, sull’aletta rimarranno parte delle interiora.

Mi avvicino al gruppo, li informo del branco e mi sposto di circa venti metri verso sud. Mi ventilo e di nuovo giù. Rivolgo lo sguardo verso il blu profondo e dopo circa venti secondi ecco un mostruoso carangide che si avvicina lentamente. Mi schiaccio sul fondo e lo attendo, lui si avvicina e mi porge tranquillo il fianco. Miro alla testa e sparo. Fulminato. L’asta entra appena dietro l’occhio forandogli il punto vitale. Il carangide supera abbondantemente i 25 chili. A fatica lo isso sull’imbarcazione e risistemo il fucile. Mi dirigo verso Massimo. Scambiamo due chiacchiere e noto che lui è un po’ in affanno. Tutto qual ben di Dio e la paura dell’arrivo di uno squalo oltre misura lo rendono ansioso.
Che strano… proprio lui che mi ha iniziato agli squali solo qualche giorno prima.

Gli australiani pescano a strettissimo contatto, si sorvegliano a vicenda. Scendono uno alla volta tenendo con due mani il loro bazooKa e posizionandosi in piedi sul fondo ispezionando di continuo a 180°.
Io mi sposto di una ventina di metri e scendo di nuovo con lo sguardo rivolto verso la coppia australiana. Appena mi sono poggiato sul fondo arriva deciso, di muso, uno squalo martello di sei metri abbondanti. Un mostro, una macchina da guerra, un animale raccapricciante. E’, o meglio dovrebbe essere, terrificante. Mi punta deciso ed io mi comporto di conseguenza. Mi stacco dal fondo e lo punto deciso anch’io, assumendo il classico atteggiamento dominante, quando siamo quasi a contatto lui cambia traiettoria ed io risalgo.
Mai visto sino ad ora un animale del genere. Ha una gobba imbarazzante che lo rende più cattivo ed idrodinamico degli altri squali ed è di colore grigio molto scuro. Non ho parole, ma ho il quadro della situazione chiaro. Il tonno strappato, con le sue vibrazioni, unite a quelle del carangide, ha fatto il suo effetto. Mi dirigo verso Jon e Shine e gli racconto l’accaduto, mentre sotto di noi aleggia la presenza di un’ ulteriore ed imbarazzante sagoma stimata intorno ai quattro metri. Loro hanno da poco catturato due bellissimi esemplari di Blue Diff, l’equivalente oceanico della nostra orata, la loro preda preferita, e sono tallonati in maniera pressante da uno squalo tigre. Quello che ho appena visto sotto di noi.
Brevissima riunione e si decide di risalire sull’imbarcazione per ragioni di sicurezza. Lo squalo tigre, al contrario degli altri squali, può attaccare senza alcun preavviso.
Io però effettuo l’ultima apnea e sono stranamente ed assolutamente tranquillo.
Mi poggio sul fondo di sabbia a circa 20 metri e mi arriva dritto sparato un dentice rosso di oltre sei chili che fulmino all’istante. Bella cattura e bel tiro. Recupero tutto e mi dirigo spedito verso la barca.
Da sopra l’imbarcazione i presenti si sbracciano ed indicano verso nord. Io mi giro e guardo.
Una decina di pinne di oltre due metri escono dalla superficie dell’acqua per poi riscomparire.
Non possono essere squali, sono troppo grosse le pinne. La mia curiosità è fortissima e non posso far altro che dirigermi verso gli animali. Li attendo mettendomi sulla loro traiettoria.
Il dubbio è immediatamente fugato.

Sotto di me passa una famiglia di orche, sei o sette esemplari davvero meravigliosi con i piccoli al seguito. Un branco compatto che nuota tranquillo a mezz’acqua. Mi immergo e le seguo. Una si gira di fianco e mi guarda con il suo occhione. Sono al settimo cielo. Ho i brividi e sono tutto eccitato. Non ho mai visto nulla del genere se non in televisione. Spero che l’apnea non termini mai e la tiro per circa due minuti al seguito degli animali…..vorrei che non se ne andassero mai.
I due minuti più intensi che abbia mai trascorso in apnea in tutta la mia vita.
Sono cetacei di oltre 10/12 metri meravigliosi e possenti, di una idrodinamicità unica. Vedo nitidi i loro colori, questo stacco forte tra il bianco ed il nero, i loro occhi, le loro pinne monolitiche, le loro poderose mascelle, la coda tornita al meglio da madre natura. Dimentico di risalire, estasiato. Per un istante sono un pesce pilota al loro seguito, ma la mia natura di uomo mi invita a risalire per respirare e sono costretto a tornare in superficie. Non dimenticherò mai, fino a che vivrò, questi pochi istanti di estasi suprema di totale fusione con l’elemento liquido in compagnia di questa meravigliosa famiglia.
Rimarrete a vita nei miei ricordi e che il mare vi conservi e vi moltiplichi. Sempre.
Risalgo in barca ancora in trance e cerco di raccontare l’accaduto. Jon e Shine ridono e sono contenti e posso condividere con gioia le sensazioni che anche loro hanno vissuto prima di me.
Sono completamente appagato, non ho più bisogno di nulla, potrei anche non scendere di nuovo in acqua se non per un semplice bagno.
Siamo tutti euforici.
Ci dirigiamo verso terra e prima di rientrare faremo una sosta su di un cappello di roccia poco distante da riva. Metteremo a pagliolo un’altra quindicina di bei pescioni ma questa è una storia da poco.
Ora, a freddo, so di non aver mai vissuto tanto intensamente il mare come quell’ora passata in mezzo all’oceano.
In totale fusione con l’elemento liquido ed in compagnia dei miei simili. I mammiferi.
Ringrazio Dio per avermi dato la possibilità di vivere un’emozione così forte ed unica che non mi stancherò mai di raccontare.
Un’emozione senza precedenti.

Sommario Diario di Viaggio in Australia di Alessio Gallinucci:

1° Parte

2° Parte

3° Parte

4° Parte >> sei qui

5° Parte

6° Parte

7° Conclusione

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Category: Articoli, Pesca in Apnea, The Box

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