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Intervista a Riccardo Molteni: San Teodoro 1988, un Assoluto perfetto! (4a parte)

| 21 Settembre 2015 | 0 Comments

Anche per la seconda frazione le condizioni meteo marine sono perfette. Ho un gran bel pensiero: devo fare il primo tuffo sulla grossa cernia a 32/33 metri e, la cosa, non è proprio una passeggiata. Ma non c’è altra soluzione. La grossa cernia a coefficiente e le belle zone circostanti sono un punto di assoluta priorità. Mentre ci dirigiamo verso il centro del campo gara cerco la massima concentrazione e rilasso il mio corpo. Spero di non dover condividere il posto con nessun altro anche perché, avere un Mazzarri, un Cottu o un Bardi alle calcagna, non è il massimo della vita.

m88-4-2aAl via mi dirigo a manetta verso la zona che si trova ai bordi della secca di San Teodoro e più mi avvicino al punto più realizzo che sono solo, bene! Arrivo, scendo in acquea e impugno il 110 preparandomi ad un tiro in caduta. L’assenza di corrente e l’acqua limpida mi consentono, già a metà discesa, di scorgere il serranide fuori dalla sua tana. Più mi avvicino e più lo vedo accostarsi alla lastra, è veramente grosso. Lo punto piuttosto da distante, cercando un avvicinamento poco diretto, ma, nonostante tutto, il pesce si appiattisce, la sua schiena larga una quarantina di centimetri si stringe fino a diventare quasi la metà (solo le cernie sono capaci di questo contorsionismo) e, di taglio, si va ad infilare in una feritoia della lastra. Osservo dall’esterno il punto in cui si è eclissato il pesce e non mi capacito di come sia possibile che ci sia passato. Mi avvicino con calma ma non vedo nulla. Risalgo.

Nuovo tuffo per andare a vedere dove si è andato a mettere. Ho sempre il 110 in mano e con la torcia comincio a scrutare l’antro ma non vedo nulla. Provo da un altro buco sempre nei pressi ma niente. Torno in superficie e mi faccio passare il Medisten: serve una ricerca più approfondita ed il 110 diventerebbe ingombrante. Ancora una volta mi ventilo e scendo sul punto. Scruto dentro un’altra feritoia, finalmente, vedo il testone della cernia. Faccio una riflessione tipica di questi momenti: “Riesco a fulminarla e tirarla fuori da questo buco?”. Penso proprio di sì e così lascio partire la fucilata che fulmina il pescione. Accendo la torcia e la cernia è immobile e bianca, quindi risalgo con il morale alle stelle. Avviso il mio secondo di ciò che è successo e mi preparo per tirare fuori il pesce. Altra sommozzata ed, una volta raggiunta la pietra, comincio a tentare l’estrazione. Afferro la sagola e tiro. La cernia viene ma, una volta che la testa arriva nei pressi dell’apertura, si blocca. Tiro più forte ma nulla. Decido di usare il raffio. Markus me lo passa e pochi minuti dopo sono sul fondo per cercare di lavorare il cernione. Il pesce si muove verso l’esterno ma, ad un certo punto, il labbro che avevo agganciato cede. Lascio tutto sul fondo e risalgo a riposarmi.

m88-4-1aFaccio un altro tuffo per capire meglio la situazione e mi accorgo con sgomento delle reali dimensioni della cernia: sarà almeno 28/30 chili e da quel buco non uscirà mai. È chiaro che bisogna trovare un altro punto da dove estrarla. Inizio una serie di discese volte a trovare una zona circostante dove poter operare con successo. I tuffi si susseguono con ritmo e regolarità finché, da un altro passaggio, la vedo piuttosto bene. Decido di rispararla da questo punto, tirarla indietro, girarla ed estrarla.

Mi faccio passare un altro medisten, entro nello spacco ed assesto un colpo preciso al pesce. Lo tiro e vedo che viene. Lo sposto con facilità. In superficie dico al barcaiolo che è fatta ed al prossimo tuffo la dovrei portare in barca. Detto, fatto e, nell’immersione successiva aggancio il pesce col raffio e dopo un paio di strattoni lo estraggo: ma non è lei! È un’altra cernia (che poi risulterà di 13 kg.). Sono basito ma allo stesso tempo soddisfatto. A questo punto fisso un tempo e lo comunico al mio secondo: lavorerò il pesce ancora per un’ora, dopodiché inizierò il giro degli altri segnali.

In quell’ora le proverò tutte. Tenterò in tutti i modi di far uscire quel gigantesco cernione dal suo rifugio ma, alla fine ed a malincuore, rimarrà per sempre nel suo budello. Sono passate circa due ore di gara quando faccio il secondo spostamento su una zona con saraghi e corvine sul filo dei soliti 30 metri.

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Category: Interviste, Pesca in Apnea

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