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Incidenti da elica: la legge c’è, ma è sbagliata

| 12 Luglio 2015 | 1 Comment

Sardegna, luglio 2015: uno yacht ancorato a poche decine di metri dalla riva, una piattaforma poppiera ideale per i tuffi e molti bagnanti che approfittano dell’inatteso trampolino per un po’ di divertimento. Era successo anche il giorno prima, senza problemi, ma poi qualcosa è andato storto: una bambina di soli undici anni che insieme al padre si stava divertendo è in qualche modo finita tra le eliche, che non le hanno lasciato scampo.

La tragedia di  Santa Margherita di Pula presenta una dinamica molto diversa dalla generalità degli incidenti da elica che con grande determinazione – ma risultati insoddisfacenti -combattiamo sin dalla nascita di Apnea Magazine, nel lontano 2001. Allo stesso tempo, però, ripropone in modo prepotente il problema della sicurezza di bagnanti e subacquei, rispetto al quale le istituzioni hanno fatto poco.

Sub e incidenti da elica

Le imbarcazioni che non mantengono una distanza di almeno 100 metri dal segnale di uomo immerso rappresentano il principale pericolo per i pescatori in apnea.

Nel 2002 segnalammo al Comando Generale delle Capitanerie di Porto che, forse per una svista, il regolamento approvato con DPR 1639/68 contemplava unicamente l’obbligo per il subacqueo di mantenersi costantemente entro 50 metri da una bandiera rossa con striscia diagonale bianca, posta su un galleggiante (la boa segnasub) o issata sull’eventuale imbarcazione di appoggio. Per i diportisti non prevedeva nulla, né l’obbligo di mantenersi ad una distanza superiore ai 50 metri né, tantomeno, una sanzione per l’eventuale violazione.

Facemmo notare che il vero pericolo era costituito dalle eliche delle imbarcazioni e che, se anche era comprensibile punire il subacqueo imprudente che si esponeva al rischio di essere investito (peraltro, con una sanzione pesante, l’equivalente in lire degli attuali 1000 euro) non aveva alcun senso non prevedere obblighi e sanzioni per chi tale pericolo lo può generare anche in presenza di segnale e che risulta soggetto attivo del reato nel momento in cui il pericolo si concretizza.

Le Capitanerie di Porto mostrarono sensibilità verso il tema e ben presto (2003) si risolsero a caldeggiare l’adozione di ordinanze locali che prevedessero l’obbligo di navigare a distanza non inferiore a 100 metri dal segnale di uomo immerso. Il comando generale non poteva obbligare gli uffici periferici ad attenersi a tale direttiva, in quanto la legge attribuisce a questi ultimi il potere regolamentare secondario, ma non mancarono episodi di adesione all’invito e nelle giurisdizioni in cui vennero introdotte norme di questo tipo la violazione della distanza di rispetto dalla boa segnasub diventò un fatto illecito e sanzionabile, sebbene con un importo molto inferiore rispetto a quello previsto per le violazioni del subacqueo. Se nel momento in cui avevamo effettuato la richiesta la violazione avrebbe potuto integrare un reato ai sensi dell’articolo 1231 del Codice della Navigazione, la legge di riordino della nautica da diporto 172/2003 datata 8 luglio (due mesi dopo la circolare del Comando Generale) degradò il reato a semplice illecito amministrativo.

Per arrivare ad una norma valida sull’intero territorio si sono dovuti attendere ancora altri 5 anni: solo nel 2008, infatti, venne approvato il regolamento di attuazione del Nuovo Codice della Nautica da Diporto (DM 146/2008), che all’articolo 91 comma 5 finalmente stabilì che “Le unita’ da diporto, da traffico o da pesca in transito devono mantenersi ad una distanza non inferiore ai cento metri dai segnali di posizionamento del subacqueo“. Ma anche con l’introduzione di questa norma… non si è fatto tutto il possibile per ridurre al minimo il rischio di incidenti, perché l’assetto sanzionatorio resta totalmente squilibrato.

Mentre il sub (pescatore in apnea o subacqueo con le bombole) che viola gli obblighi di segnalazione rischia un salasso da 1000 euro, il diportista che “fa la barba” alla boa rischia, al più, un quinto di tale somma. Certo, se investe il subacqueo può trovarsi sul banco degli imputati per lesioni o, nei casi più gravi, omicidio colposo… ma nella stessa evenienza il subacqueo rischia di finire, rispettivamente, all’ospedale o al cimitero. Alla luce di questa considerazione, si fanno presto i conti: dovendo violare le norme sulla sicurezza dei subacquei, conviene sempre essere alla guida di un mezzo e mai in acqua, anche se la situazione di pericolo non sfocia in un incidente: delirante.

In un paese in cui chiunque, italiano o straniero, può noleggiare un’imbarcazione e andarsene per mare, ci si attenderebbe un’attenzione maggiore rispetto a questo tema, visto che ci sono in ballo la vita e l’incolumità delle persone: chi distrattamente o per ignoranza si avvicina troppo ad una boa dovrebbe essere sanzionato molto più di un sub che non si segnala come prescritto dalla legge, perché in caso di incidente è solo il sub che rischia la pelle, ritrovandosi a pagare una “pena naturale” molto pesante, se non definitiva. Invece in Italia accade che al sub che si espone al rischio di farsi investire si affibbino 1000 euro di multa, mentre a chi rischia di affettarlo solo 200.

Storie di ordinaria quotidianità: un pescatore in apnea viene puntato da un gommone

Storie di ordinaria quotidianità: un pescatore in apnea viene puntato da un gommone

Si deve poi considerare che mentre la violazione del subacqueo generalmente si protrae per un significativo lasso di tempo, offrendo maggiori possibilità di controllo efficace, quella del diportista è poco più che istantanea. Se nessun controllore si trova nei paraggi e coglie con lo sguardo il breve istante in cui l’imbarcazione transita a distanza insufficiente dal segnale, non accade nulla. Questo aspetto dovrebbe suggerire un ulteriore aumento degli importi relativi alle sanzioni per i diportisti negligenti, in quanto l’effetto deterrente della sanzione non può non fare i conti con la concreta possibilità di farla franca, certamente molto elevata nel caso di chi transita a breve distanza dal sub.

Infine, sarà bene ricordare che nel caso specifico del pescatore in apnea la legge e le ordinanze prevedono che debba mantenersi a distanza siderale dalla costa, parliamo di 500 metri dalle spiagge frequentate dai bagnanti e non meno di 100 dalle scogliere a picco…. tutte zone in cui il traffico nautico è molto intenso nella bella stagione.

Considerando che generalmente le imbarcazioni possono transitare a distanze inferiori dalla costa, il quadro è completo: chi di voi ha avuto la pazienza di arrivare fino in fondo a questo articolo, avrà senz’altro chiare le ragioni della nostra indignazione e della totale sfiducia nella capacità dei nostri legislatori di offrire una valida soluzione all’annoso problema della sicurezza delle immersioni. Invece di inventarsi finte soluzioni come la Linea di Boe, un altro balzello ammantato di finti buoni propositi e adottato nell’interesse esclusivo di una minoranza di cittadini, i nostri politici potrebbero limitarsi a fare il necessario per migliorare la situazione:

  1. ribaltare l’attuale assetto sanzionatorio
  2. riconsiderare i requisiti per la guida di un mezzo nautico
  3. assicurare un’efficace campagna di sensibilizzazione unita a controlli a tappeto

E voi che ne pensate?

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Category: Articoli, Editoriali

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