> il pescato - Pesca in Apnea - AM FORUMS Vai al contenuto

Messaggi raccomandati

Questo l'avevo scritto qualche mese fa. Credo che sia un buon racconto, per i miei standard almeno.

Avevo pensato di mandarlo al quel concorso dove c'era in palio un c4 ma poi boh, ho pensato che non c'entrava molto l'argomento. Certo se continuo a tenermelo nel cassetto, anzi nell'hard disk del computer, è un po' come suonarsela e cantarsela da soli. Quindi a chi potevo farlo leggere se non a voi? Mancava solo il titolo, che potrebbe essere "il pescato", o "l'ultima bugia del pescatore" o ancora "il giudice fatto di pesci". A vostra scelta.

 

Era da una vita che sognavo una casa come questa: non un villone, al contrario, una bianca piccola casa di pescatori dalle mura di pietra e con le pareti a calce; ma con i piedi in mare, come si dice. Alzarmi al mattino e iniziare la giornata andando a pescare è sempre stato il mio desiderio.

-Abbiamo quello che cerca, stia tranquillo. E' talmente vicina al mare che quando soffia il maestrale deve sprangare le finestre- mi aveva assicurato l'agente immobiliare, pentendosi immediatamente di quel che aveva detto: subito dopo, a volermi rassicurare, aggiunse che potevo stare tranquillo; comunque le camere erano ridossate.

Per comprarla ho chiesto un anticipo sulla liquidazione e, siccome non me l'hanno concesso, mi sono licenziato. E adesso finalmente eccomi qui: cioè i soldi ci sono, le carte anche. Soltanto non trovo più la casa. Doveva essere ai piedi di quel costone, ma non la vedo. Chiedo a un abitante del posto intento a ripulire la spiaggia dalle frange morte di posidonia.

− Mai saputo di una casa in vendita qui.− risponde senza alzare la testa.

E invece la casa è lì davanti. Allungo il passo sollevando montagnette di sabbia, senza perdere tempo a mandare a quel paese il rastrellatore di alghe. La porta è aperta. Appena entrato mi sembra di essere vissuto lì da una vita: le pareti spoglie e il pavimento irregolare sotto i piedi nudi, calpestato da secoli di passi. Ho appuntamento col proprietario, ed eccolo, proprio al centro del grande tavolaccio di legno.

È meraviglioso come i soldi ci facciano accettare tutto senza battere ciglio, anche le cose più pazzesche, se possono farci guadagnare qualcosa. Da un ceffo così mi sarei tenuto alla larga. Ma adesso c'è da fare l'investimento e i soldi non hanno odore, come si dice. È un essere mostruoso , una specie di pesce, anzi un uomo fatto di pesci, come quello ritratto dall'Arcimboldo. Se avete Internet, vi mostro cosa intendo.

http://nsm.uh.edu/~dgraur/Images/Arcimboldo.water.jpg

Chiedo uno sconto sul prezzo e l'ottengo senza nessuna discussione. Anzi, rifiuta il mio assegno.

−Al punto in cui siamo i soldi non servono più!- mi fa con un gesto di noncurante disprezzo .

L'uomo fatto di pesci mi passa il contratto da firmare. Firmo. Ecco, è tutto fatto, adesso sono io sono il nuovo proprietario. Forse è semplicemente questo il motivo per cui non posso andarmene?

Mi ha sempre fatto ridere una scena di Nosferatu, cioè Dracula, quella in cui Jonatah, la sua prima vittima, si trova nel castello ed è seduto a tavola, anche lui per trattare questioni immobiliari; ha capito perfettamente che quello davanti a lui è un vampiro, ma, anziché scappar via come il vento, resta seduto e si sforza di far conversazione. Perché resta lì come un idiota? Mi chiedevo. Anche se non ha possibilità di fuga deve perlomeno scattare in piedi. Solo adesso non rido più; capisco bene la situazione. Pensate di essere incolonnati in autostrada: non potete rientrare, dal finestrino vi entra uno sciame di api selvatiche, anzi no, meglio ancora, vi accorgete che sul sedile di fianco la mano di un pazzo ha deposto un groviglio di serpenti a sonagli e, dal suono minaccioso che proviene dal sedile dietro, capite che ce ne sono altri. Cosa fate? Vi dico cosa farei io, molto probabilmente: piuttosto che mollare la macchina in mezzo all'autostrada con la portiera aperta (soltanto immaginare il casino con l'assicurazione mi farebbe star male) resto lì irrigidito al volante a aspettare il morso fatale.

Quando sento paroloni come il destino o il fato penso a cosa semplici come questa: ho messo la freccia a destra, ma non posso rientrare.

−Lei è in errore. - la voce dell'uomo fatto di pesci conferma i miei pensieri − Non vendiamo nessuna casa. Non c'è nessuna casa. Lei continua a vederla perché è nella sua testa, è solo un desiderio che non è riuscito a realizzare. Perché, vede, Lei adesso è morto.−

−Come morto?− domando al giudice fatto di pesci, perché il venditore si rivela in realtà essere un giudice, lo so come so il mio nome, come so che sta dicendo la verità. Come sapevo che sparando a quel pesce non sarei mai risalito in tempo.

−E non si tocchi le palle in mia presenza, per favore!− Poi un altro gesto con la mano a significare: "Andiamo andiamo, non mi faccia perdere tempo!".

−Aspetti!− Farfuglio. Che diamine, nessuno si rassegna a essere morto! Così attacco con le giustificazioni.

− La mia fidanzata ne morirà.

Il giudice fatto di pesci controlla sul foglio che avevo firmato, dove scopro, c'è scritta tutta la mia vita.

−No. Non ci risulta nessuna fidanzata.

−Mia madre mi aspetta!

−Quella invece l'hanno tutti.

−Mi scade la rata dell'affitto. Ho lasciato debiti in giro ovunque!

−Problema secondario rispetto alla situazione in cui si trova ora.

−Mi lasci almeno tornare per buttare i dvd porno che ho lasciato nel comodino.

−No. Non mi risulta alcuna specifica per un motivo come questo.− dice consultando un altro modulo. E' totalmente sprovvisto di senso dell'ironia.

Le giustificazioni non servono. Provo allora a salvarmi con la tecnica delle Mille e una Notte, detta anche della rava e della fava: allungare il brodo.

La luce del tramonto sul mare invade la stanza con mille barbagli, alzo un braccio a proteggermi gli occhi, mentre penso a cosa dire. Con uno schiocco un pesce balza fuori dalla superficie ramata.

−Però, che posto meraviglioso!

−Questo lo lasci dire ai turisti da cartolina. Lei sa bene perché quel pesce ha saltato.

−Per non farsi divorare.

−E cosa pensa?

−Penso...Quando vedo un pesce saltare io penso subito a quello più grande che lo insidia da sotto.− rispondo prontamente.

−Bene.- Gli occhi gli si illuminano come perle nere. - Finalmente incontro una persona che conosce lo spirito del cacciatore.

A mostrare ciò che si è appena detto, d'un tratto il paesaggio cambia. Mi afferra per i capelli e vengo trascinato sott’acqua: un branco di tonni insidia dal basso una palla di sarde schiacciandole contro la superficie. Sul fondo come in cielo gronghi, murene e gabbiani si disputano i resti della carneficina. E giù, più in basso ancora, vegetano esseri molli, esili, stellati e putrescenti. E in testa non ho più capelli, ma lunghi e intrecciati filamenti di alga laminaria. E questo paesaggio da cartolina in realtà non è che un posto dove tutti lottano per divorare e per non essere divorati. Per quel che ne so i nostri antenati dovettero essersi messi in salvo da un inferno simile strisciando fuori dall'acqua.

Il paesaggio cambia ancora. Adesso siamo in superficie dove è calata una gelida notte invernale. Il vento polverizza le onde. Si vedono dei pescatori su un barchino come quelli che si usavano cent'anni fa. Le onde sono ripide come crepacci liquidi. Il barchino arranca nella tempesta braccato da raffiche di vento che tessono sulla superficie ragnatele di ghiaccio e ululano come una muta di cento lupi bianchi selvaggi. D'un tratto il barchino sparisce. Questione di un secondo ed è come se non fosse mai esistito.

Continuo a girare, a girare e a girare ancora, e adesso sono lanciato al galoppo sui fondali di mille mari cavalcando un cavallo fatto anch'esso di pesci, zoccoli d'incrostazioni e denti di cane: sono sepolto qui sotto da cinquemila anni. Quante cose possono vedere gli occhi di un annegato. Ma per descriverle ci vorrebbe un linguaggio fatto di silenzi.

−C'è una prova da superare.− dice il giudice alla fine toccandomi la spalla.

Il sangue mi si gela. Conosco il trucco. C'è sempre una prova da superare in storie come questa. All'inizio sembra una cavolata quello che si deve fare, ma poi, per stupidità, distrazione o per troppa sicurezza, qualcosa va storto. Succede sempre. Ed è la fine.

Il giudice sembra capace di leggermi nel pensiero.

−Se passerà la prova sarà libero di tornare da dove è venuto. La avverto però, non credo che lei abbia alcuna possibilità di riuscita. E se dovesse fallire…

Per un istante una fila di denti trasparenti e lunghi come spilli balena nella penombra, la mandibola scatta e si richiude come una serratura, un’autentica dentatura da vipera di mare o di qualche altro predatore del profondo.

− Sappiamo che lei è, anzi era, un pescatore. - dice − E allora mi racconti di com'è arrivato fin qui. Dovrà raccontare senza mentire. Questa è la prova.

Mi si chiede di confessarmi, insomma, una cosa che non ho mai fatto in vita. Ma no, non mi tiro indietro! Sono un duro, io; mai pianto, né quando mio padre mi pestava, né quando è morto. Il coraggio non c'entra. Secoli di eredità mi spingono come baionette nella schiena ad andare avanti e a gettarmi nella mischia. Sempre avanti. Lo facevano i miei trisavoli: lanciarsi fuori dalle trincee e gettarsi al macello confessandosi soltanto con una bottiglia di vino; lo facevo anch’io, scendendo dall'auto per attaccar lite per un parcheggio. L'ho fatto per un pesce solamente. E il valore che diamo alla vita è un artificio recente e ancora circoscritto a pochi luoghi. Non è poi così strano dimenticarsene in un momento. Basta spostarsi di latitudine o andare indietro di qualche decennio per scoprire che siamo il frutto di secoli di carneficine. Mors tua vita mea. L'istinto di sopravvivenza e la spinta autodistruttiva sono due facce della stessa medaglia. E infine cos'ho da perdere? Questa è la domanda che muove tutto. Tutto e niente. Questa è la domanda!

Mi prendo alcuni secondi di riflessione... o erano secoli? −, poi con calma inizio il racconto. Non trascuro niente e cerco di omettere il meno possibile, ma piuttosto che inventare qualche particolare preferisco non dire nulla e aspettare la domanda successiva del giudice.

Racconto dell'entusiasmo che mi ha preso quando ho avvistato il pesce, una bella cernia, la planata sul fondo, la luce cupa come non avevo mai sperimentato prima, l'attimo di esitazione, perché, sì ho pensato che forse avrei dovuto risalire per ritentare dopo, eventualmente. E se il pesce nel frattempo s’intana e sparisce? E allora giù dritto a foglia morta. Avanti, sempre avanti! Tendo i muscoli del collo, prendo la mira e appena tiro capisco che tutto andrà storto. Il pesce colpito si avvita sull'asta una o due volte prima di sparire sotto un lastrone. Mi avvolgo il nylon intorno alla mano e tiro con rabbia; il cuore mi pulsa nelle tempie. Alzo gli occhi, la colonna d'acqua sopra la mia testa è un luminoso, barcollante palazzo di quindici piani dalle fondamenta liquide. Inizio la risalita con le gambe di piombo e la certezza che solo un miracolo potrebbe farmi arrivare in cima. So che devo fare tutto il contrario di quel che il corpo mi suggerisce fraudolentemente: rallentare, invece di sparare verso l'alto; restare tranquillo, invece di preoccuparmi. Finezze che mi farebbero guadagnare qualche metro, alcune piastrelle in più sul fondo di una piscina, mentre qui la superficie è lontana più di una vita.

−E poi?- domanda il giudice.

−E poi non lo so. Ho visto una gran luce nera, migliaia di bolle d'aria salire e scappare via da me. Ho sentito dei discorsi tra le lacrime, tutti parlavano bene di me. E ho capito che ero morto.

−Cosa dicevano?

−Che è stata una fatalità, che ero un subacqueo molto esperto e prudente. Le bugie penose degli amici. Quello che le diceva una volta mi aveva salvato ripescandomi per il cappuccio della muta che ero già più di là che di qua... cioè più di qua che di là. Da allora si è rifiutato di uscire in mare con me, e penso che abbia fatto anche bene. A momenti rischiava pure lui di finire sotto.

Il giudice fatto di pesci ha trascritto tutto quello che ho detto e ha controllando la mia dichiarazione parola per parola confrontandola con la copia che aveva lui della mia vita.

−Bene!− dice infine alzandosi.

Si è spostato nell'angolo in ombra della stanza, occultandosi completamente e lasciandomi in controluce: c'è un altro abbagliante tramonto. Dev'essere trascorsa una notte e un giorno intero da quando sono qui. Solo ora mi accorgo che il sole era sorto a Ovest e sta calando invece a Est sull'orizzonte. Le pareti e il pavimento della stanza sono rosso fuoco. Sento la voce del giudice echeggiare dall'angolo in ombra e domandarmi.

−E il pesce?

−Il pesce cosa?

−La cernia. Quant'era grande?

−Più o meno così.− rispondo e, a indicarne la misura, allungo le braccia verso le due estremità del tavolo, dove la luce taglia l'ombra. Che fesseria! Senza perdere mai d'occhio l'angolo in ombra dove è acquattato il predatore, sposto il braccio destro impercettibilmente, a cercare di ridimensionare la mia smargiassata. Forse non si è accorto di nulla. No, naturalmente! Le zanne trasparenti tintinnano scintillando nell'ombra. Sento il suo fiato sul collo, un orribile tanfo di pesce marcio. E' veramente la fine!

Modificato da zefiro
Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Un racconto per certi versi triste ed inquietante,potrebbe essere la storia di tutti noi,poi il fatto di ingrandire le prede credo faccia parte del DNA di ogni pescatore.... :rolleyes: per me il titolo è L'ultima bugia del pescatore.

Complimenti :thumbup: FRANCO

Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Simo,

sono senza parole.

Non riesco a capire come sia possibile che le tue visioni, così folli, così inspiegabili, siano al tempo stesso così dentro di noi, dentro di me.

Come un ricordo così forte che non ricordi quando e se "è successo" davvero!

Così come non so chi mi abbia insegnato a masticare per mangiare, a succhiare per bere ... non lo so, ma so che è così.

L'avrei immaginato anche io così, quel momento, ma non sarei stato altrettanto capace a scrivere.

Ti dico solo "bravo" e ti ringrazio dell'emozione.

Lucio

Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Sono affascinato ed emozionato! Non riesco a dire altro!!

Sei bravissimo Simone!!! Grazie delle scariche di emozione che mi hai regalato!!

:clapping::clapping::clapping:

 

P.S.: mi hai fatto venire voglia di scrivere qualcosa anche a me!! ;) Vado a farlo nella sezione adatta Acque Basse!! :bye:

Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

piu' che un racconto sulla pesca, mi pare un labirinto di parole.

di sicuro sei bravo a scrivere, avrei comunque preferito passare questi dieci minuti a fissare il mare che con le sue onde morde la spiaggia.

hai condiviso con gli altri qualcosa di tuo e questo e' lo spirito del forum, certo e' che vediamo piu' post, su chiacchere che su pescate...

e' il mio parere, e come tale lo voglio condividere, non vuole in nessun caso essere una critica personale.

Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
:clapping::clapping::clapping::clapping::clapping:

 

bello...... e in un certo qual modo profondo

ci ho avvertito qualcosa di già letto, di già visto ma è normale, a livello inconscio certe storie sublimano

comunque bravo bravo bravo!!!!!!!!

 

 

concordo con te teo :thumbup: grande Simone :clapping::clapping::clapping: .

Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Partecipa alla conversazione

Puoi pubblicare ora e registrarti più tardi. Se hai un account, accedi ora per pubblicarlo con il tuo account.

Ospite
Rispondi a questa discussione...

×   Hai incollato il contenuto con la formattazione.   Rimuovere la formattazione

  Sono consentiti solo 75 emoticon max.

×   Il tuo collegamento è stato incorporato automaticamente.   Mostra come un collegamento

×   Il tuo contenuto precedente è stato ripristinato.   Pulisci editor

×   You cannot paste images directly. Upload or insert images from URL.

Caricamento...
×
×
  • Crea Nuovo...