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Scheda: Cosa E' La Sicurezza ?


Ospite Mariano Satta

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volevo chiedere una cosa:

 

Se si respira regolarmente per rilassarsi senza fare atti profondi prima di cominciare a prepararsi per il tuffo e poi si compiono alcuni atti respiratori lenti e profondi con le modalità descritte si incorre comunque nel pericolo dell'iperventilazione?

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Miglior contributo in questa discussione

volevo chiedere una cosa:

 

Se si respira regolarmente per rilassarsi senza fare atti profondi prima di cominciare a prepararsi per il tuffo e poi si compiono alcuni atti respiratori lenti e profondi con le modalità descritte si incorre comunque nel pericolo dell'iperventilazione?

 

Mi associo alla richiesta di precisazioni visto che tra gli intervenuti in questa discussione alcuni dicono che qualche atto respiratorio diaframmatico si può fare mentre altri affermano il contrario :bye:

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Ospite Mariano Satta
volevo chiedere una cosa:

 

Se si respira regolarmente per rilassarsi senza fare atti profondi prima di cominciare a prepararsi per il tuffo e poi si compiono alcuni atti respiratori lenti e profondi con le modalità descritte si incorre comunque nel pericolo dell'iperventilazione?

 

Mi associo alla richiesta di precisazioni visto che tra gli intervenuti in questa discussione alcuni dicono che qualche atto respiratorio diaframmatico si può fare mentre altri affermano il contrario :bye:

 

 

VEDIAMO CHI SI FA AVANTI E SE LA SENTE DI RISPONDERE

 

Ciao

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Ospite Mariano Satta
Mariano io mi fido della tua esperienza  :clapping:  :clapping:

 

 

 

PICCOLA RIFLESSIONE:

 

E' innegabile che io sia diventato un punto di riferimento per tanti...

Quindi da personaggio "pubblico" presto MILLE E PIU' ATTENZIONI rispetto a qualunque utente normale che partecipa attivamente alla vita del forum.

 

In sostanza nello scrivere mi trovo sempre tra due fuochi:

 

ATTENTO AL 100% a contenere quanti errori e possibile nei miei testi...

 

ATTENTO a trasmettere motivo di riflessione agli utenti affinchè "alzino la guardia" verso i pericoli del mare...

 

Questo lo faccio da sempre e ho iniziato da quando HO PERSO I MIEI PIU' GRANDI AMICI che in mare sono stati meno fortunati di Me.

 

Questo è il solo motivo VALIDO per cui dedico e presto tempo NELLE SCHEDE e in AM ...non sono in cerca di nessun PALCOSCENICO.

 

Quando vado a letto - mangio - lavoro - pesco ho sempre davanti ai MIEI OCCHI chi volevo bene e NON C'E' PIU'...

 

Detto questo "non voglio dimostrare a nessuno DI ESSERE INFALLIBILE se non rispettare ciò che mi sono promesso di fare quando ho dovuto VIVERE in prima persona AMAREZZE che non auguro a nessuno.

 

Se andate a leggere/verificare il mio intero STORICO, sia nella e-zine che nel forum, avrete modo di verificare la mia linea di condotta da sempre E' STATA UNA.

 

Al contrario mio c'è chi ha interessi "personali di palcoscenico e di denaro" sfruttando ciò che A.M. permette di fare...

 

Per quanto riguarda ciò che scrivo è difficile a trovarsi in mezzo a scrivere per i lettori e spiegare ANTICIPATAMENTE cosa s'intende scrivere o dove si voglia andare a parare...

 

 

Stando ad alcune considerazioni che sono venute fuori in questo trhad dovrei prima girare i testi pvt alla redazione > spiegare e portare a comprendere> rticevere un eventaule benestare > e poi mettere on-line....

 

Sarebbe il colmo che i testi "da forum" di chi è impegnato vengano filtrati e le cazzate NO.

 

Vi ricordo che io scrivo e pubblico nel forum e non nella e-zine...

 

.........sempre un piacere dialogare con Voi...........

 

Mariano

Modificato da Mariano Satta
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Ripeto quanto già detto e quanto credo condividano molti altri utenti e cioè che mi fido della esperienza di Mariano

 

non ho mai avuto modo di parlare con un esperto e la mia passione e la mia abilità sono sempre state limitate dall'impossibilità di ricevere consigli da chi aveva una esperienza superiore alla mia

 

personalmente è come se un calciatore alle prime armi potesse parlare con un professionista di serie A per capire dove si può sbagliare prima che l'errore sia commesso e quindi riflettere in maniera critica su ciò che si sta per fare

 

è una possibilità rara nel mondo di oggi che qualcuno sia disposto a dare consigli validi

in maniera gratuita

 

Grazie ancora Mariano

 

:bye::bye:

Modificato da Alex79ct
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...Abbassare il battito cardiaco è una manovra da evitare (aumenta l'apnea ma fa crollare la sicurezza)....

Possiamo avere la botte piena e la moglie ubriaca?

Una delle cose che contraddistingue i bravi pescatori e apneisti

dai principianti e che in acqua hanno in una calma straordinaria.

Dovuta al grande rilassamento che la respirazione lenta comporta.

Ma non è solo una questione di respirazione.

Quando un pescatore è in sintonia con l'elemento acqua non può che essere

rilassato e di conseguenza il ritmo cardiaco é lento.

Nel mio caso andare in acqua e rilassarmi, con tutto ciò che questo comporta,

è un tutt'uno. Se non fosse così non mi sentirei a mio agio.

Insomma vedo un pò di "conflitto d'interessi" in questa frase.

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Ospite Mariano Satta

Quando un individuo si immerge, anche se mantiene la testa fuori dall'acqua e continua a respirare, subisce delle modificazioni, o meglio, degli aggiustamenti cardiovascolari noti con il nome di riflesso d'immersione o "diving reflex".

 

DIVING REFLEX: Bradicardia aumento portata cardiaca - Aumento pressione arteriosa ·- - Vasocostrizione periferica

 

 

L'IMMERSIONE IN APNEA

 

Nell'immersione in apnea il subacqueo può contare soltanto sull'ossigeno presente nel suo organismo (nei polmoni, nel sangue, nei tessuti) all'inizio dell' "APNEA" (interruzione volontaria della respirazione).

 

Durante l'immersione, l'ossigeno gradualmente diminuisce e parallelamente aumenta l'anidride carbonica prodotta dall'attività metabolica dei vari tessuti del corpo umano.

 

Sarà proprio il graduale accumularsi di CO2 nel sangue a stimolare i centri bulbari cerebrali preposti alla respirazione, che a loro volta stimoleranno nel subacqueo la ripresa della respirazione attraverso le contrazioni diaframmatiche.

 

Queste contrazioni del diaframma vanno dunque considerate dal subacqueo come un utilissimo campanello d'allarme: infatti il nostro organismo non può tollerare tassi troppo elevati di CO2 (ipercapnia) e tassi troppo bassi di O2 (ipossia).

 

Al di sopra (per la CO2 ) e al di sotto (per O2 ) di questi valori si avrebbe la sincope respiratoria, con conseguente perdita di coscienza, detta appunto sincope da apnea prolungata.

 

Il rischio maggiore è attuare, prima dell'apnea, una iperventilazione (tecnica di respirazione forzata) troppo prolungata.

 

L'iperventilazione può essere praticata con metodi diversi e tende comunque ad abbassare il tasso alveolare ed ematico, e di conseguenza di tutto l'organismo, dell'anidride carbonica.

 

Il sangue quando lascia i polmoni, anche nella normale respirazione, è pressoché saturo di O2 : di conseguenza l'iperventilazione riesce ad aumentare la quantità di ossigeno a nostra disposizione per l'apnea di pochissimo e sono comunque sufficienti a questo fine pochi atti respiratori profondi.

 

Continuando l'iperventilazione sarà solo la CO2 a diminuire, O2 resterà costante.

 

L'inutilità e soprattutto la pericolosità di un'iperventilazione prolungata sta dunque nel fatto che, senza riuscire ad aumentare ulteriormente la durata dell'apnea, ritarda l'insorgere degli stimoli respiratori, riducendo sensibilmente il tempo che intercorre tra l'inizio delle contrazioni diaframmatiche e la sincope.

 

La regola per immergersi in apnea in sicurezza è quella di non compiere più di 4 /5 atti respiratori profondi ricercando mentalmente la massima tranquillità psicologica. E' infatti quest'ultimo il fattore di gran lunga più importante nel determinare la durata dell'apnea.

 

Da non dimenticare, inoltre, di avere sempre un compagno che veglia sul nostro operato: da questo ultimo aspetto può dipendere la nostra vita, che per non deve mai essere posta nelle condizioni di pericolo.

 

 

 

In primo luogo cos'è l'apnea.

 

L'apnea è la sospensione degli atti respiratori. Nel caso del subacqueo l'apnea è volontaria cioè determinata dalla volontà del soggetto. Durante la sospensione del respiro, il sangue continua a circolare attraverso i polmoni eliminando CO2 e togliendo ossigeno all'aria alveolare.

 

Ad un certo punto però il CO2 è salito notevolmente di concentrazione nell'aria alveolare per cui non ne è più possibile l'eliminazione e questo gas comincia ad accumularsi nel sangue. Contemporaneamente l'ossigeno continua a diminuire.

 

L'organismo non tollera a lungo queste variazioni sia di O2 che di CO2 e reagisce con segni d'intolleranza quali il desiderio impellente di respirare e frequenti contrazioni del diaframma. Ignorando volutamente questi segni, in breve tempo si manifesta la sincope.

 

La sincope è la perdita della coscienza con arresto repentino della respirazione ed, a volte, anche del battito cardiaco.

 

Ogni subacqueo, prima di un'immersione in apnea effettua l'iperventilazione preventiva: essa consiste in una respirazione profonda e controllata che dura per un certo tempo. L'iperventilazione preventiva determina non tanto un aumento della quantità di ossigeno quanto una notevole diminuzione di C02.

 

Aumentando O2 nell'aria alveolare dal 13 al 18% e diminuendo dal 5,5% all'1,2% la concentrazione di CO2, si allunga notevolmente il limite di insorgenza degli stimoli fisiologici all'interruzione dell'apnea.

 

Questi stimoli sono determinati in gran parte dall'azione del CO2 sui centri nervosi sensibili del seno carotideo che stimola il centro respiratorio ad interrompere l'apnea.

 

Nella discesa in profondità, la pressione dell'acqua agisce su tutta la superficie corporea e determina la riduzione di volume di tutte le cavità deformabili contenenti gas, prima fra tutti la cavità toracica.

 

Questa cavità può ridursi notevolmente con l'innalzamento del diaframma e l'abbassamento costale.

 

I record di profondità in apnea hanno smentito molte delle teorie formulate circa i limiti di profondità raggiungibili, per cui oggi è azzardato formulare ipotesi su questo argomento.

 

L'effetto dell'aumentata pressione si fa sentire anche sugli scambi gassosi tra polmoni, sangue e viceversa.

 

Si deve dire in primo luogo che alla pressione atmosferica il 98% dell'emoglobina è saturato: ciò significa che, nell'immersione in apnea, l'aumento di pressione non determina che un modestissimo aumento della quantità di ossigeno trasportabile dal sangue nell'unità di tempo.

 

In secondo luogo è da tener presente che il fattore determinante, il passaggio dell'O2 alveolare al sangue è la differenza tra pressione parziale dell'O2 alveolare e la pressione parziale O2 del sangue.

 

Qual è allora l'effetto dell'aumentata pressione ambiente sugli scambi respiratori se il sangue non può portare con sè più di una certa quantità di O2 che è quasi massima già in superficie?

 

L'aumento di pressione ambiente si traduce in un aumento della pressione parziale di O2. La pressione parziale di O2 è quella che ne determina il passaggio dall'aria alveolare al sangue.

 

Se il sangue non può aumentare la quantità trasportata, l'aumento di pressione parziale di O2 non potrà che consentire il mantenimento della saturazione di ossigeno del sangue per un periodo più lungo. In definitiva, tutto ciò si converte in un prolungamento del tempo in apnea.

 

In parole povere, in profondità l'apnea dura più a lungo.

 

Questo vantaggio però nasconde un pericolo mortale.

 

Se il nostro subacqueo, infatti, attende in profondità il manifestarsi impellente del desiderio di respirare, la pressione parziale di O2 nei suoi polmoni sarà vicina al minimo indispensabile a mantenere la vita (il limite minimo non è stato ancora raggiunto perché il centro respiratorio è molto più sensibile all'aumento del CO2 che alla diminuzione dell'O2, la diminuzione di pressione dovuta alla risalita farà scendere ulteriormente il suo valore, scatenando la crisi sincopale per mancanza di ossigeno a livello cerebrale.

 

Di solito la sincope colpisce negli ultimi metri o in superficie al primo atto respiratorio. Infatti l'espirazione abbassa ulteriormente la tensione di O2 compromettendo un equilibrio già compromesso.

 

Facciamo un esempio numerico per spiegarci meglio:

Il nostro subacqueo ha effettuato un'adeguata iperventilazione preventiva facendo scendere il CO2 dal 5,5% all'l,2%.

L'O2 alveolare è salito dal 13 al 18% con circa PpO2 di 171 mbar.

Ora s'immerge e scende a -15 m di profondità;

 

la PpO2 sale da 171 mbar a 171x 2,5 = 423 mbar

 

(2,5 = 1 bar + 1,5 bar dovute ai 15 m d'acqua).

 

Dopo un certo tempo il CO2 ha raggiunto livelli tali da stimolare i riflessi per l'interruzione d'apnea.

 

La PpO2 alveolare è ancora 133 mbar più che sufficiente ai fini vitali, ma siamo a -15 m. (La press. parziale dell' O2 è scesa da 423 a 133 mbar perché l'ossigeno viene consumato in continuazione per mantenere la vita).

 

Il sub risale. Appena emerso è colto da sincope; infatti la PpO2 è scesa a 53 mbar insufficiente all'ossigenazione cerebrale:

 

PpO2 133 mbar : 2,5 = 53 mbar

 

 

La violenta inspirazione, d'altro canto, stimola le determinazioni nervose disseminate sulla pleura e nell'apparato respiratorio provocando l'inibizione riflessa del centro respiratorio.

 

L'inibizione riflessa sommata all'anossia (Anossia = mancanza di O2 nel sangue), determinano la sincope. Perciò non si devono mai attendere in profondità i segni dell'impellente necessità di interrompere la apnea e, giunti in superficie, non respirare mai con violenza.

 

 

Terapia: respirazione artificiale.

 

 

QUESITI MEDICI - APNEA

 

Domanda:

Come si manifesta la sincope da apneista,( arresto respiratorio, arresto cardiaco, ...) e come intervenire su un caso di sincope.

 

Risposta:

Per definizione "sincope" è un termine che significa arresto cardiorespiratorio. Se si tratta di sincope da apnea prolungata (sia da ipercapnia che da ipossia in risalita), la manifestazione iniziale è arresto respiratorio seguito rapidamente da arresto cardiaco. In questi casi non c'è annegamento (invasione d'acqua nelle vie respiratorie).

 

In altri e più rari casi ci può essere un intervallo maggiore fra l'arresto respiratorio e l'arresto cardiaco ed il quadro è più simile a quello del pre-annegamento.

In tutti i casi l'intervento di primo intervento è lo stesso:

 

Controllo ABC e sostenimento delle funzioni vitali con CPR secondo necessità. La somministrazione di ossigeno è essenziale, anche durante le fasi di CPR.

Non essendo possibile, sul campo, distinguere fra una sincope vera e propria ed un quadro di pre-annegamento è sempre indispensabile il trasporto immediato presso una struttura sanitaria per gli accertamenti e le cure del caso.

 

Domanda:

Pelizzari raccomanda tempi di espirazione doppi dell’inspirazione. Così facendo non si espelle troppa CO2, con effetto simile all’iperventilazione?

 

Risposta:

L’iperventilazione forzata e prolungata è cosa diversa dalla espirazione più lenta dell’inspirazione. Il rapporto 1:2 fra tempi di inspirazione ed espirazione, consigliato da Pelizzari, è molto vicino a quello della ventilazione spontanea. L’espirazione lenta previene il raggiungimento del "volume di chiusura" (una sorta di spasmo da ipervelocità del flusso aereo, che impedisce il corretto e completo svuotamento) e garantisce un buon ricambio di gas. Naturalmente, qualsiasi tipo di ventilazione spinta, se sufficientemente prolungata, porterebbe ad un eccessivo abbassamento della CO2, con i ben noti rischi. Il punto è quanto far durante la ventilazione (o iperventilazione) pre-apnea e quanto "spingere" l’espirazione allo "spasimo".

 

 

IPERVENTILAZIONE E SINCOPE

 

L'immersione in apnea è il tipo di attività subacquea maggiormente praticata nel nostro paese. Infatti, assieme al gran numero di persone che praticano la caccia subacquea in apnea troviamo coloro che per diletto vanno a curiosare sotto la superficie del mare senza far ricorso all'ARA.

 

Naturalmente, anche per il neofita, il primo approccio con l'idrospazio avviene in apnea, anche se si tratta della variante più rischiosa dell'immersione subacquea. Sappiamo infatti che la sincope rimane, purtroppo, il pericolo, maggiore nella pratica dell'apnea.

 

In una statistica, elaborata sui dati relativi all'anno 1987, lo M.D.S.A., associazione di medici subacquei, ha evidenziato che il 94% delle morti durante immersione subacquea avviene per sincope anossica.

 

Tali dati del resto coincidono con quelli presentati dal prof. Mauro Ficini nel 1978 al 2° congresso della Società Italiana di Medicina Subacquea ed lperbarica.

 

In tale occasione fu addirittura dimostrato, dall'associazione "Stefano Cocchi", come il rapporto tra eventi mortali o di estrema gravità, tra incidenti con ARA e in apnea, sia in favore di quest'ultima in misura di 1 a 52: cioè a dire che per ogni incidente con autorespiratore se ne verificano 52 in apnea. Sempre nella comunicazione del prof. Ficini si cita una statistica americana in cui la presenza dell'uomo in acqua occupa il 1° posto, come rischio, rispetto ai traumi della strada, in funzione dei tempi di permanenza.

 

A distanza di tanti anni le statistiche non si sono modificate di molto, nel senso che, in base al numero di praticanti (in continuo aumento) e al perfezionamento delle didattiche, gli incidenti sono aumentati invece di diminuire.

 

Il termine apnea in Medicina significa arresto dei movimenti respiratori; tale arresto è in genere involontario, di carattere riflesso, conseguente a stimoli meccanici, chimico-farmacologici e neuropsichici che possono agire sia a livello delle vie respiratorie (ostacolo meccanico alla respirazione) sia a livello dei centri nervosi che controllano la respirazione (depressione respiratoria di tipo centrale).

 

Nel gergo subacqueo, al contrario, quando si parla di apnea ci si riferisce ad un atto volontario mediante il quale il sub smette di respirare per un periodo di tempo la cui durata è legata alle riserve di Ossigeno e al quantitativo di Anidride Carbonica che viene prodotta nel corso dell'immersione.

 

La volontarietà dell'atto termina nel momento in cui i livelli dei due gas avranno raggiunto valori tali da stimolare chimicamente i centri nervosi del respiro. E' ovvio che la durata dell'apnea è influenzata da alcune variabili individuali come la capacità polmonare, il consumo di ossigeno e l'adattamento ambientale.

 

In ogni caso il tempo di permanenza sott'acqua è sempre molto limitato per la facilità con cui si raggiunge il "breack-point" dell'apnea.

 

Il metodo che consente di allontanare nel tempo la comparsa dello stimolo respiratorio e di prolungare, quindi, la permanenza sul fondo prende il nome di iperventilazione.

 

Tale metodica di respirazione si basa sull'esecuzione di una serie di atti respiratori lenti e prolungati mediante i quali, favorendo la fase espiratoria, si ottiene un "washing out" (lavaggio) ematico e polmonare a cui consegue una notevole diminuzione delle percentuali di Anidride Carbonica (CO2) ed un lievissimo incremento (meno dei 25%) della pressione parziale dell'Ossigeno (O2), oltre all'allontanamento di una parte del sangue intrapolmonare che consentirà, con l'ultimo atto respiratorio, di aumentare il volume di riempimento gassoso polmonare.

 

E' chiaro che per riportare i valori della CO2 a livelli tali da stimolare i centri del respiro l'organismo impiegherà un tempo più lungo, sufficiente a ritardare di svariate decine di secondi (fino a 120) la comparsa del punto di rottura dell'apnea.

 

Contemporaneamente, però, l' O2 viene consumato per i normali processi vitali e l'organismo viene presto a trovarsi in una situazione di ipossia che si protrae fino alla riemersione.

 

Se la permanenza sul fondo si protrae oltre i limiti del punto di rottura dell'apnea, il sommozzatore andrà inevitabilmente incontro a quel pericoloso evento che viene comunemente definito sincope anossica da apnea prolungata.

 

Per meglio comprendere gli intimi meccanismi che entrano in gioco nel provocare uno stato sincopale in un subacqueo apneista è opportuno riassumere a quali modificazioni va incontro l'organismo nel corso dell'immersione.

 

Quando un individuo si immerge, anche se mantiene la testa fuori dall'acqua e continua a respirare, subisce delle modificazioni, o meglio, degli aggiustamenti cardiovascolari noti con il nome di riflesso d'immersione o "diving reflex".

 

La circolazione dei sangue si modifica quantitativamente a causa della comparsa di bradicardia (diminuzione del ritmo cardiaco) e vasocostrizione periferica (diminuzione del calibro arterioso principalmente alle estremità), quest'ultima interessa inizialmente il distretto circolatorio periferico superficiale e successivamente, per effetto dello stress termico, la muscolatura.

 

Se poi all'immersione si accompagna la sospensione dell'attività respiratoria, s'instaurerà una ulteriore diminuzione della frequenza cardiaca (bradicardia) e della portata ematica del cuore.

 

Diversi studi hanno dimostrato una relazione direttamente proporzionale tra la temperatura dell'acqua e la frequenza cardiaca. Si è visto che è sufficiente che la cute del viso entri in contatto con l'acqua fredda, indipendentemente dal fatto che il sub sia in Apnea o no, per provocare una diminuzione graduale della frequenza cardiaca.

 

Tale evento si verifica in conseguenza della stimolazione dei recettori cutanei del nervo trigemino presenti nella regione frontale, nelle zone periorbitarie e sulle regioni zigomatiche.

 

La finalità degli eventi descritti è quella di ridurre marcatamente il consumo di O2 in alcuni distretti del corpo a favore delle richieste metaboliche cerebrali e cardiache (riflesso di conservazione dell'ossigeno).

 

Con l'aumento della pressione idrostatica interverranno poi ulteriori modificazioni a carico della circolazione per una sorta di ridistribuzione della massa ematica nel circolo polmonare e negli organi endotoracici: il blood-shift.

 

Per controbilanciare l'incremento della pressione sul torace il sangue si "accumula" nei polmoni grazie ad una "aspirazione " dai territori periferici. Tale fenomeno accentuerà ulteriormente la bradicardia e porterà ad un aumento della gettata cardiaca.

 

 

 

ADATTAMENTI CARDIOVASCOLARI ALL'IMMERSIONE:

 

DIVING REFLEX: Bradicardia aumento portata cardiaca - Aumento pressione arteriosa ·- - Vasocostrizione periferica

 

BLOOD SHIFT: centralizzazione della circolazione con vasocostrizione periferica per favorire il rifornimento di O2 e il metabolismo nei territori cerebrali e cardiaci. Il rallentamento della frequenza, sé da una parte provoca un notevole risparmio di O2, dall'altra espone il subacqueo al rischio di una sincope aritmica o da scarsa perfusione cerebrale.

 

 

E' evidente, da quanto finora esposto, che maggiore sarà il tempo di permanenza in immersione e maggiori saranno i rischi che il subacqueo corre. Ciò che caratterizza l'evento sincopale nell'immersione in apnea è la mancanza di O2 alle cellule nervose.

 

Si parla infatti oggi di sincope anossica proprio per indicare quella situazione in cui processi metabolici cerebrali vengono a mancare per deficit energetico, cioè di O2.

 

Al contrario non si ritiene più valida la definizione di sincope ipercapnica, in quanto l'aumento della CO2, oltre ad essere inevitabile, fa parte delle manifestazioni consequenziali nell'evoluzione del quadro clinico.

 

Abbiamo visto che gli adattamenti cardiocircolatori sono conseguenza, oltre che delle variazioni di pressione anche dello stress termico, delle sollecitazioni apneiche e psichiche.

 

A carico dei gas respiratori si hanno modificazioni in conseguenza degli aumenti pressori (legge di Boyle Mariotte) (1):

(1) A temperatura costante il volume di un gas è inversamente proporzionale alle pressioni cui è sottoposto sia per il variare dei coefficienti di diffusibilità gas/sangue durante le varie fasi dell'immersione.

 

Infatti al termine dell'iperventilazione il subacqueo presenterà, nel suo organismo, dei valori di CO2 molto bassi (15 mmHg) e valori di O2 lievemente più alti, comunque tali da consentire un notevole miglioramento dell'ossigenazione ai tessuti.

 

Nel corso della discesa verso il fondo, poi, per effetto della legge di Boyle i gas intrapolmonari vengono compressi e la loro pressione parziale aumenta proporzionalmente con la profondità raggiunta.

 

Per effetto della legge di Henry(2):

(2) Un gas si diffonde in un liquido e/o in tessuto in maniera direttamente proporzionale alla pressione che lo stesso gas esercita sulla superficie del liquido e/o del tessuto. la compressione dei gas intrapolmonari sarà seguita da un aumento della loro diffusibilità nei compartimenti a concentrazione minore.

 

Così l'Ossigeno, oltre ad essere legato all'Emoglobina sarà presente nel sangue in forma libera e raggiungerà i tessuti con maggiore facilità (principio su cui si basa la ossigenoterapia iperbarica), dando al subacqueo una sensazione di operatività ottimale e di possibilità di permanenza sul fondo quasi illimitata.

 

Contemporaneamente l'Anidride Carbonica avrà dei valori molto bassi per effetto della iperventilazione, che ha provocato una vera e propria decarbonizzazione del sangue arterioso.

 

La permanenza sul fondo poi porterà ad una diminuzione, da consumo, dell'Ossigeno.

 

A questo punto si possono verificare due evenienze:

 

L'aumento della pressione parziale dell'anidride carbonica precede quello dell'ossigeno. In questo caso il subacqueo raggiunge il "break-point" dell'Anidride Carbonica prima che l'Ossigeno scenda a valori critici, avverte le contrazioni diaframmatiche (provocate dall'aumento della CO2) e comincia la risalita.

 

Nel corso dell'emersione la diminuzione della pressione si ripercuoterà sulle pressioni parziali dei gas del sangue, provocando la caduta dei valori dell'Ossigeno, che, inoltre, va incontro ad ulteriore consumo per il lavoro muscolare che il sub effettua per raggiungere la superficie.

 

Così, a pochi metri dalla superficie, la concentrazione di ossigeno nel sangue raggiungerà valori talmente bassi da provocare la perdita di coscienza del sub per anossia cerebrale (sincope in risalita).

 

La deficienza d'Ossigeno interviene prima dell'aumento dell'Anidride Carbonica ("break-point" dell' O2). In questo caso il deficit quantitativo e qualitativo dell'ossigenazione cerebrale avrà come conseguenza una diminuzione della eccitabilità delle cellule nervose, a cui seguirà una brusca perdita di conoscenza senza alcun sintomo premonitore.

 

Proprio per la mancanza di un campanello d'allarme, come le contrazioni diaframmatiche, la perdita di coscienza avviene quasi sempre mentre il sub è ancora sul fondo.

 

Va comunque sottolineato come, indipendentemente dalle definizioni (sincope in risalita, da apnea prolungata, "rendez-vous" dei sette metri etc.), il momento scatenante è sempre rappresentato dall'acuta mancanza di ossigeno nei territori cerebrali.

 

Infatti, il tessuto nervoso - dal punto di vista metabolico - ha un'autonomia limitata, per cui, se la portata ematica diminuisce drasticamente o vi è un deficit di ossigenazione, si andrà incontro, inevitabilmente, ad una perdita transitoria o duratura dello stato di coscienza.

 

Se il recupero dell'infortunato non è immediato si verificherà, successivamente, un'inondazione di acqua nei polmoni, che comprometterà ulteriormente le capacità di ripresa del subacqueo.

 

Al contrario, un soccorso immediato, una volta riportato il sub in superficie, consente quasi sempre una valida ripresa dell'attività cordiorespiratoria senza alcuna conseguenza.

 

 

 

sincope da apnea prolungata

 

 

IPOTERMIA

 

 

L'argomento è dedicato a quei subacquei incalliti che non rinunciano ad andar per mare neanche nei mesi più freddi dell'anno. Indubbiamente avventurarsi in mare nella stagione fredda obbliga ad alcune precauzioni per evitare di incorrere in malanni conseguenti ad eccessivo raffreddamento.

 

Tra gli accorgimenti fondamentali da adottare il primo posto spetta indubbiamente all'adozione di un abbigliamento adeguato, che porterà all'interposizione di un discreto strato di lana tra il corpo e l'ambiente atmosferico nel corso dei nostri spostamenti all'asciutto; altra utile precauzione sarà quella di indossare, durante la navigazione per raggiungere i siti di pesca, giacche e pantaloni in tela cerata,che hanno la caratteristica di mantenere gli abiti asciutti ed evitare la termodispersione.

 

FATTORI FAVORENTI L'IPOTERMIA

 

Malattie neurologiche

Traumi Cranici

Intossicazioni da farmaci

Abuso di bevande alcoliche

Malnutrizione

Età avanzata

 

In caso di utilizzo di una imbarcazione per le uscite invernali di pesca subacquea avremo cura di portarci degli abiti asciutti di ricambio, assieme ad una coperta e a degli asciugamani.

 

Altrettanto importante una buona scorta di bevande calde ben zuccherate (the o cioccolato) e di sostanze ad elevato contenuto calorico - zuccherino (miele, cioccolato, ecc..), in grado di fornire un adeguato apporto calorico. Particolarmente indicati a tale scopo sono alcuni prodotti farmaceutici, comunemente definiti integratori calorici, che presentano nella loro composizione alcuni elementi naturali (miele, pappa reale, ginseng ecc..) che hanno la capacità di aumentare la resistenza e l'adattamento dell'organismo alle situazioni di stress fisico.

 

L'uso di bevande alcoliche è tassativamente vietato, in quanto tali sostanze hanno un effetto vasodilatatore, anche a livello dello strato cutaneo, effetto che favorisce la termodispersione e, quindi,il raffreddamento del corpo.

L'immersione subacquea, sia in apnea che con mezzi autonomi di respirazione, se effettuata nei periodi freddi richiede l'osservanza di alcune regole che possiamo definire "fondamentali".

 

Innanzitutto qualsiasi immersione deve essere pianificata e programmata meticolosamente, tenendo presente che i tempi di permanenza in acqua dovranno essere inferiori rispetto alla stagione calda, questo vale principalmente per quanti s'immergono con A.R.A.; infatti le basse temperature provocano un fenomeno, definito "vasocostrizione da freddo", in conseguenza del quale si ha un maggior ristagno di sangue a livello periferico con conseguente maggiore accumulo di azoto in immersione e minore eliminazione in fase di risalita e decompressione, con conseguente pericolo di comparsa di fenomeni embolici, pericolo accentuato dalla permanenza, in decompressione, nella fascia dei primi metri, strato dell'acqua più freddo nel periodo invernale.

 

Sarà buona norma adottare mute che consentono di combattere la termodispersione indossando sotto la muta, indumenti caldi; i pescatori sub dovranno invece utilizzare mute umide di adeguato spessore (5-6 mm), meglio se a bordi stagni; anche l'uso di un sottomuta non è da disdegnare, così come guanti e calzari che proteggeranno le estremità, noto "tallone di Achille" di tutti i sub.

 

Al termine di ogni immersione, sia in apnea che con A.R.A., è buona norma

assumere sempre una bevanda calda ben zuccherata per un adeguato reintegro delle calorie perse.

 

Altro accorgimento importante è quello di informare sempre chi rimane a terra del luogo dove si è diretti e della presumibile ora di rientro, meglio ancora dotare la propria imbarcazione di una apparecchiatura ricetrasmittente VHF in banda marina sempre efficiente, oltre al telefono cellulare.

 

Detto tutto sulle precauzioni da prendere per andar per mare in inverno esaminiamo il pericolo più grave a cui si può andare incontro in seguito all'esposizione del nostro corpo alle basse temperature.

 

 

IPOTERMIA: Si definisce con questo termine una patologia, quasi sempre di carattere accidentale, caratterizzata da abbassamento della temperatura corporea ed insufficiente produzione di calore mediante i processi metabolici e suscettibile di provocare quadri clinici di estrema gravità sino all'arresto cardio-respiratorio.

 

Questa patologia, può essere conseguenza, principalmente, di una prolungata esposizione ad ambiente freddo, oltre che di alcuni tipi di malattie che alterano i meccanismi di termoregolazione corporea.

 

Come è ovvio l'ipotermia da esposizione si osserva con maggior frequenza in montagna, specialmente in quelle situazioni in cui l'infortunato rimane per molte ore a temperature atmosferiche prossime o inferiori ai 0° C.

 

Altra situazione in cui si presentano quadri di ipotermia da esposizione è quella conseguente ad immersione in acqua fredda, in soggetti non adeguatamente protetti. Recenti statistiche hanno dimostrato che l'ipotermia accidentale, unitamente alla patologia traumatica e all'annegamento, è responsabile di numerosi decessi ogni anno.

 

In condizioni di riposo l'organismo produce all'incirca 3000 kilocalorie (1680 con i processi metabolici e 1320 con l'attività muscolare); i centri più attivi per la produzione del calore sono rappresentati oltre che dai muscoli, dal fegato e dal rene.

 

La temperatura corporea,in condizioni di normalità si mantiene su valori di circa 37° C., anche se la temperatura ambientale subisce notevoli variazioni.

 

Il mantenimento di un equilibrio termico adeguato, all'abbassarsi delle temperatura, è regolato da una serie di meccanismi fisiologici che hanno la finalità di diminuire la perdita di calore oltre che di incrementarne la produzione.

 

La perdita di calore è ostacolata da un meccanismo di tipo vascolare che, in condizioni di bassa temperatura, reagisce diminuendo l'afflusso di sangue verso le zone cutanee (vasocostrizione periferica), fenomeno che provoca diminuzione della conduttività termica e quindi del trasferimento di calore dagli organi interni verso i distretti cutanei superficiali.

 

Il rallentamento della circolazione è poi anche legato alla aumentata viscosità del sangue indotta dal freddo. Altro meccanismo fisiologico di compenso, in situazioni di bassa temperatura, è rappresentato dall'aumento di produzione di calore ottenuto attraverso un incremento dei processi metabolici mediante l'esercizio fisico e il brivido.

 

Come detto precedentemente il corpo umano già in condizioni di riposo produce 1320 kcal. tale valore può aumentare anche di 10 volte durante l' esercizio fisico; altra reazione al freddo è rappresentata dall'aumento del tono muscolare a direzione centripeta a cui consegue la comparsa di brividi e successivo incremento dell'attività metabolica (fino a cinque volte il normale).

 

Purtroppo sia l'attività fisica che la comparsa di brividi sono risposte di tipo svantaggioso ai fini della conservazione del calore; perché se è vero che da un lato provocano aumento di produzione di calore a livello metabolico, dall'altro provocano una pari, se non superiore, perdita cutanea del calore prodotto.

 

Infatti l'aumento dell'attività muscolare che si ottiene con l'esercizio fisico o con il brivido provoca un pari aumento del flusso di sangue verso il distretto cutaneo a cui consegue blocco della vasocostrizione e aumento della velocità di perdita di calore.

 

Detto tutto sui fenomeni fisiologici che portano alla produzione di calore ed al suo mantenimento nell'organismo, esaminiamo ore cosa succede ad un individuo colpito da ipotermia, gli effetti di questa sui processi vitali ed il suo trattamento.

 

 

 

IPOTERMIA IN ARIA

Molto frequente in montagna, dove può svilupparsi con estrema rapidità, tale quadro è riscontrabile di frequente anche in coloro che, per avaria del fuoribordo e vestiario scarsamente isolante, passano la notte in mare su imbarcazioni prive di cabine.

 

Infatti di notte l'ipotermia si può instaurare con estrema rapidità favorita da alcuni fattori quali: notevole abbassamento della temperatura atmosferica, abiti umidi o bagnati (perdita per conduzione), vento (perdita per convenzione), vestiario scarsamente isolante. Alla diminuzione della temperatura corporea seguirà diminuzione della produzione di calore con conseguente rapido raffreddamento fino alla comparsa di ipotermia.

 

 

IPOTERMIA DA IMMERSIONE

 

Si tratta di un quadro di estrema gravità che ha subito un notevole incremento negli ultimi anni in seguito allo sviluppo di diverse attività ricreative che hanno come luogo di svolgimento l'ambiente acqua.

 

E' di frequente osservazione nei praticanti la disciplina del Windsurf, del Rafting, della canoa ed anche nei diportisti nautici che amano le uscite invernali.

 

Nelle discipline precedentemente elencate l'ipotermia è evento patologico che si presenta con maggior frequenza rispetto all'annegamento, in quanto nella maggior parte dei casi il malcapitato indossa il giubbetto salvagente, ma perde calore per le basse temperature dell'acqua, per il prolungarsi dei tempi di permanenza in acqua e di recupero sul natante.

 

Infatti, a parità di temperatura, in acqua il corpo umano perde calore con una velocità 25 volte maggiore rispetto all'aria. La velocità di raffreddamento di un individuo immerso e non adeguatamente protetto è condizionata da una serie di fattori, quali la temperatura dell'acqua, il movimento del corpo e la massa adiposa.

 

TEMPERATURA DELL'ACQUA: già a 20° C. il bilancio termico è in negativo, nel senso che la perdita di calore supera di gran lunga la produzione.

 

Considerato che le temperature medie invernali nei nostri mari si aggirano attorno ai 10° C., il tempo di sopravvivenza in acqua è limitato tra i 90 e i 120 minuti; tali tempi saranno di gran lunga inferiori se l'immersione avviene in fiumi e laghi di montagna, le cui temperature non superano mai i 5-7° C.

 

MOVIMENTO DEL CORPO: il movimento aumenta invariabilmente la perdita di calore, sia per contatto diretto, che per un aumento del flusso di sangue verso i distretti cutanei periferici con blocco della vasocostrizione.

 

TESSUTO ADIPOSO: questo strato di tessuto grasso rappresenta una efficace barriera isolante, per cui i soggetti "grassi" cederanno calore molto più lentamente, raffreddandosi in tempi più lunghi rispetto ai soggetti magri.

 

 

 

Tabella 1: IPOTERMIA DA ESPOSIZIONE

 

In ARIA = BASSA TEMPERATURA ABITI BAGNATI VENTO

 

In ACQUA = AUMENTO PERDITA DI CALORE (fino a 25 volte rispetto all’aria)

 

AUMENTO VELOCITA' DI RAFFREDDAMENTO (tempi di permanenza lunghi).

 

 

 

QUADRO CLINICOIl rilievo principale è, come ovvio, il progressivo abbassamento della temperatura corporea; la sintomatologia sarà diversa a seconda della durata e della profondità dell'ipotermia. Si può comunque affermare, in accordo con la letteratura scientifica internazionale, che temperature corporee superiori ai 33 ° C. provocano sintomi lievi e sfumati, poiché i meccanismi di termoregolazione rimangono ancora efficienti.

 

a 33° C. si hanno manifestazioni di carattere neurologico, con difficoltà nell'articolazione della parola e rallentamento dei processi ideativi;

a 30° C. compare senso di stupore, accentuazione dei sintomi precedentemente descritti, accompagnati da brividi squassanti e diminuzione dei riflessi;

a 27° C. compare stato di coma con abolizione dei riflessi.

 

La circolazione risponde all'insulto ipotermico con una vasocostrizione iniziale a livello cutaneo (pelle fredda e violacea), successivamente diminuisce la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa. Anche l'apparato respiratorio risponde alla bassa temperatura diminuendo sia l'ampiezza che il numero degli atti respiratori con conseguente comparsa di ipossia (poco ossigeno nei tessuti), fenomeno questo che è comunque ben tollerato dall'organismo grazie alla bassa temperatura corporea.

 

 

 

TRATTAMENTO

 

 

Il primo presidio terapeutico da intraprendere in un infortunato ipotermico è il riscaldamento. Tale intervento può essere effettuato, in ambiente extraospedaliero, riscaldando l'infortunato in maniera lenta e progressiva, avvolgendolo in coperte o in fogli di alluminio termoriflettente (metodica di autoriscaldamento).

 

E' importante non procedere ad un riscaldamento rapido con mezzi quali acqua calda, borse di acqua calda e via dicendo, in quanto si andrebbe inevitabilmente incontro ad un grave quadro definito "shock da riscaldamento" o "after drop" degli autori americani.

 

Questo shock è la diretta conseguenza di un troppo rapido riscaldamento a livello cutaneo, riscaldamento che provoca la ricircolazione del sangue "sequestrato" e raffreddato, a livello dei distretti cutanei, dal fenomeno della vasocostrizione con conseguente ritorno al cuore e agli altri organi di notevoli quantità di sangue freddo; così, subito dopo la fase di riscaldamento, si assiste ad una repentina caduta delle temperatura centrale con delle conseguenze addirittura catastrofiche.

 

E' comunque fondamentale per la salvaguardia della vita dell'infortunato il trasferimento, in tempi ultrarapidi, in un Centro di Rianimazione Ospedaliero, essendo l'ipotermia un quadro clinico di estrema gravità suscettibile di compromettere in modo irreversibile le funzioni vitali del malcapitato di turno.

 

La sincope ipossica è un’improvvisa perdita di coscienza, prodotta da una caduta della pressione parziale dell’ossigeno nel sangue (PaO2) al di sotto di livelli critici (PaO2<25-30 mm. Hg.).In modo pittoresco, gli americani la chiamano shallow-water blackout: si perché è proprio come se improvvisamente andasse via la corrente al cervello; ma in realtà questo termine venne applicato per la prima volta nel 1940 per indicare l’improvvisa perdita di coscienza di operatori subacquei, che utilizzavano respiratori ad ossigeno a circuito chiuso, per abnorme incremento della PCO2 (pressione parziale dell’anidride carbonica nel sangue).

 

La sincope ipossica si determina generalmente durante la risalita, solitamente a 5-3 metri dalla superficie, perché proprio a queste quote si producono le maggiori variazioni relative della PaO2.

 

Dalle testimonianze raccolte in sopravvissuti ad episodi sincopali emerge che pochi secondi prima della perdita di coscienza – troppo tardi per porvi rimedio - si manifestano alterate percezioni sensoriali (suoni, colori) e parestesie (formicolii) cutanee. Ma diamo una rapida occhiata alle leggi di fisica ed ai meccanismi fisiologici in gioco, nel corso di un’immersione.

 

Innanzi tutto bisogna far luce su di un equivoco piuttosto comune: nel corso dell’immersione l’aumentare della pressione facilita il passaggio dell’ossigeno nel sangue, da ciò il benessere (poi vedremo di che si tratta) sperimentato dal sub in profondità.

 

In realtà la quantità di ossigeno “sciolto” nel sangue, cioè in soluzione, è del tutto trascurabile ai fini della respirazione. L’ossigeno si lega all’emoglobina ed il meccanismo fondamentale è l’equilibrio che si determina tra le pressioni parziali di esso nel passaggio del sangue attraverso gli alveoli.

 

Quindi la pressione parziale dell’ossigeno nell’aria determina la pressione parziale dell’ossigeno nel sangue arterioso e quest’ultima la percentuale di saturazione in ossigeno dell’emoglobina. Questa relazione tra pressione parziale dell’ossigeno e percentuale di saturazione dell’emoglobina è caratterizzata da una curva.

 

.

 

Tutti gli eventi che spostano la curva di dissociazione verso destra © determinano una minore affinità dell’emoglobina per l’ossigeno, quindi una maggiore cessione di questo ai tessuti (aumento della PaCO2, caduta del pH, aumento della temperatura per attività muscolare).

 

E questi, come si può facilmente intuire, sono tutti meccanismi utili al fine dell’immersione in apnea. Come pure quello prodotto da una sostanza contenuta nei globuli rossi (2,3-difosfoglicerato), che, in condizioni di ipossia, sposta a destra la curva e, pur determinando quindi bassi livelli di saturazione dell’emoglobina, la rende più ripida, assicurando maggiori livelli di PaO2 e rendendo ancora possibile la respirazione dei tessuti.

 

Beh ... siamo diventati quasi dei pesci? Tutto è concertato perché noi si possa stare in immersione quanto più a lungo possibile; ma vediamo cosa succede quando si esagera.

 

Iniziamo con una bella iperventilazione: tanti bei respiri lunghi, fino a quando quasi ci gira la testa (è quello che succede quando si riesce a smaltire molta CO2) e giù verso il fondo.

 

Questo è il primo atto di un possibile dramma:

 

- abbiamo aumentato di molto poco le nostre riserve di ossigeno (sì perché come abbiamo visto, al livello del mare la nostra emoglobina è satura in ossigeno completamente);

 

- abbiamo fatto spostare verso sinistra la curva di dissociazione, per effetto della ridotta quantità di CO2 nel sangue, con conseguente difficoltà dell’emoglobina a lasciare andare l’ossigeno verso i tessuti che ne hanno bisogno);

 

abbiamo ritardato l’insorgere di quei segnali che ci dicono che siamo proprio in rosso (il punto di rottura dell’apnea si manifesta per una PaCO2 tra 55 e 60 mm.Hg.).

 

Sul fondo poi, i meccanismi che abbiamo visto sopra lavorano tutti per assicurarci la migliore saturazione possibile dell’emoglobina: da ciò nasce il benessere che talora avvertiamo, ma sono in gioco anche altri importanti meccanismi di adattamento psicologico, siano essi l’agone per una cattura che l’immergersi in uno stato meditativo.

 

Ci tratteniamo, così, qualche secondo di più, ma alla fine, gli stimoli per riprendere a respirare diventano impellenti e ritorniamo su.

 

E proprio in questa fase ci può essere l’epilogo di un’immersione impostata male.I polmoni tornano a riespandersi e la PO2 cade drammaticamente: il gioco delle pressioni parziali che tendono all’equilibrio tra sangue ed alveoli, e della saturazione in ossigeno dell’emoglobina lavora all’inverso di quanto successo in immersione, mentre l’ossigeno è stato fisicamente consumato: la PaO2 negli ultimi metri subisce le maggiori variazioni relative e può scendere a livelli incompatibili con il funzionamento delle cellule cerebrali … e .... va via la luce.

 

 

Ciao

 

fonte>http://www.cedifop.it/appunti/sincope.htm

Modificato da Mariano Satta
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Penso che la sicurezza nel corso di una battuta di pesca sia collegata ad un numero elevato di fattori e pertanto non si può trovare una regola generale che vada bene per ogni occasione.

Fermo restando il principio che l'iperventilazione è una tecnica sbagliata e da non effettuare, nessuno può essere sicuro che applicando una determinata forma di ventilazione non incorra in una sincope o altro incidente semplicemente perchè l'insorgere di tali fenomeni non dipendono solamente dal modo in cui ci siamo ventilati.

Se non ricordo male Gianfranco aveva aperto tempo fa un post in cui spiegava in maniera molto dettagliata tutte le reazioni cui è soggetto il corpo umano nel corso di una battuta di pesca distinguendo tra soggetti in differenti stadi di allenamento.

Un saluto a tutti

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...Abbassare il battito cardiaco è una manovra da evitare (aumenta l'apnea ma fa crollare la sicurezza)....

Possiamo avere la botte piena e la moglie ubriaca?

Una delle cose che contraddistingue i bravi pescatori e apneisti

dai principianti e che in acqua hanno in una calma straordinaria.

Dovuta al grande rilassamento che la respirazione lenta comporta.

Ma non è solo una questione di respirazione.

Quando un pescatore è in sintonia con l'elemento acqua non può che essere

rilassato e di conseguenza il ritmo cardiaco é lento.

Nel mio caso andare in acqua e rilassarmi, con tutto ciò che questo comporta,

è un tutt'uno. Se non fosse così non mi sentirei a mio agio.

Insomma vedo un pò di "conflitto d'interessi" in questa frase.

 

 

Ciao Max

concordo con la tua lettura del problema,

Io, consapevole dei vari risvolti connessi alle tecniche di ventilazione, non cerco mai, tramite la tecnica di respirazione di aumentare e/o migliorare la mia prestazione; utilizzo la respirazione solo per trovare la concentrazione e il completo rilassamento.

Mi alleno quotidianamente a rilassarmi, sfruttando tecniche imparate da didattiche specifiche e altre personalizzate, questo mi consentirà, in acqua di rilassarmi molto prima, molto meglio e soprattutto veramente.

Cerco in sostanza uno stato più mentale che stato fisico.

 

E poi la pesca non è mica l'apnea pura dove tutto si esaurisce in un tuffo........lo stato che cerco lo voglio al primo tuffo per poi ritrovarlo al tuffo successivo, strusciapanza o profondo ( :laughing: ) che sia.

 

Mi astengo da qualsiasi considerazione di carattere medico-scientifico perchè c'e solo da imparare e perchè l'argomento a oggi non è certo esaurito.

 

Il mio unico metodo per stare "sicuro" sta solo nelle mie scelte, tuffo per tuffo imponendomi di non prendere mai sottogamba nulla compresi i tuffi in poca acqua.

 

A casa mi aspettano. ;)

Sempre.

 

:bye:

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Ospite Mariano Satta
Ciao Max

concordo con la tua lettura del problema,

Io, consapevole dei vari risvolti connessi alle tecniche di ventilazione, non cerco mai, tramite la tecnica di respirazione di aumentare e/o migliorare la mia prestazione; utilizzo la respirazione solo per trovare la concentrazione e il completo rilassamento.

Mi alleno quotidianamente a rilassarmi, sfruttando tecniche imparate da didattiche specifiche e altre personalizzate, questo mi consentirà, in acqua di rilassarmi molto prima, molto meglio e soprattutto veramente.

Cerco in sostanza uno stato più mentale che stato fisico.

 

E poi la pesca non è mica l'apnea pura dove tutto si esaurisce in un tuffo........lo stato che cerco lo voglio al primo tuffo per poi ritrovarlo al tuffo successivo, strusciapanza o profondo ( :laughing: ) che sia.

 

Mi astengo da qualsiasi considerazione di carattere medico-scientifico perchè c'e solo da imparare e perchè l'argomento a oggi non è certo esaurito.

 

Il mio unico metodo per stare "sicuro" sta solo nelle mie scelte, tuffo per tuffo imponendomi di non prendere mai sottogamba nulla compresi i tuffi in poca acqua.

 

A casa mi aspettano. ;)

Sempre.

 

 

 

A.M. forum SICUREZZA: Il pensiero di Gianfranco Ciavarellahttp://www.apneamagazine.com/img_am/artapn0136.jpg

 

EMOZIONI IN PESCA:

 

TUTTA LA PARTE RELATIVA ALLE EMOZIONI LA SI COMBATTE SOLO CON L'ESPERIENZA E CON NIENT'ALTRO.

Ai voglia a fare pranayama alla ricerca del Karma e pinzellaccheri vari se non hai esperienze su una ricciolona alla prima volta che ti capita il cuore farà Yo-Yo fra la gola ed il culo!

 

********************************************************************

 

A quanto detto da Gianfranco "AGGIUNGO":

 

REAZIONI PSICOFISIOLOGICHE:

 

L'emozione, specialmente quando intensa, può provocare alterazioni somatiche diffuse.

 

Può determinare l'accrescere delle pulsazioni cardiache, l'aumento della sudorazione, l'aumento del ritmo respiratorio e l'affanno, il tremore degli arti.

 

L'emozione ha altresì effetto sugli aspetti cognitivi, può causare diminuzioni nella capacità di concentrazione, confusione, smarrimento, allerta, e così via.

 

L'emozione altera anche la sfera comportamentale dell'individuo.

 

continua.....

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Ospite Mariano Satta

L'ANSIA E LA PAURA:

 

L'ansia sembra avere una componente cognitiva, una somatica, una emozionale e una comportamentale.

 

La componente cognitiva comporta aspettative di un pericolo diffuso e incerto.

 

Dal punto di vista somatico, il corpo prepara l'organismo ad affrontare la minaccia (una reazione d'emergenza):

 

la pressione del sangue aumenta,

 

la frequenza cardiaca aumenta,

 

la sudorazione aumenta,

 

il flusso sanguigno verso i più importanti gruppi muscolari aumenta

 

e le funzioni del sistema immunitario e quello digestivo diminuiscono.

 

Esternamente i segni somatici dell'ansia possono includere pallore della pelle, sudore, tremore e dilatazione pupillare.

 

Dal punto di vista emozionale, l'ansia può essere causa di:

 

senso di terrore o panico,

 

nausea e brividi.

 

Dal punto di vista comportamentale, si possono presentare sia comportamenti volontari che involontari, diretti alla fuga o all'evitare la fonte dell'ansia.

 

Comunque l'ansia:

è un'emozione comune come la paura, la rabbia, la tristezza e la felicità, ed è una funzione importante in relazione alla sopravvivenza.

Modificato da Mariano Satta
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