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Uno Studio Rivela: La Pesca a Strascico è più Intensa Dentro le Aree Marine Protette

| 3 Gennaio 2019

Molti di noi lo hanno sempre pensato, ma senza dei dati concreti si poteva al massimo parlare di una sensazione, peraltro limitata aree marine protette italiane, non tutte ma la gran parte. Oggi però la conferma arriva da uno studio scientifico condotto da ricercatori canadesi e tedeschi, e pubblicato su Science, che ha preso in esame ben 727 riserve marine in tutta l’Unione Europea.

L’assunto di partenza dell’indagine è tanto semplice quanto “eretico” agli occhi dell’ambientalismo militante: “Le aree marine protette sono sempre più utilizzate come strumento principale per conservare la biodiversità. Ciò è particolarmente rilevante in alcuni luoghi pesantemente sfruttati come in Europa, dove le AMP coprono il 29% delle acque territoriali, ma con effetti sconosciuti sulla pressione della pesca e sui risultati di conservazione.”

In buona sostanza, fino ad oggi ci si è preoccupati di recintare ampie porzioni di mare, nel tentativo di impedire o limitare le attività di pesca, ma senza poi andare a verificare in concreto quali siano stati gli effetti di questa politica.

Risultati Sconfortanti

Lo studio ha preso in esame soltanto la pesca a strascico industriale, certamente una delle più distruttive, ma non l’unica praticata, anche all’interno delle riserve marine. E contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non si parla affatto di pesca illegale, o almeno non solo, visto che ci sono ampie zone nelle quali è consentito strascicare anche dentro le riserve. Le premesse non sono delle migliori e i risultati dello studio non hanno fatto che confermare che le Aree Marine Protette, e stavolta non solo quelle di casa nostra, sono spesso così sfruttate da essere di fatto quasi inutili dal punto di vista della protezione ambientale.

Lo studio infatti evidenzia come nel 59% delle 727 Aree Marine Protette prese come campione, sia legalmente possibile pescare a strascico e che: “l‘intensità media di questa pesca nelle riserve marine analizzate è almeno 1,4 volte maggiore rispetto alle aree non protette.” Arriviamo quindi al paradosso per cui, la presenza di alcune delle specie più colpite da questa tecnica, come alcuni tipi di squali e di razze (spesso poi rigettati perchè dal quasi nullo valore commerciale!), si è ridotta del 69%.

In pratica sono pesci più comuni nelle zone dove tutto è permesso, che non in quelle dove ci si adopera per la loro tutela. L’abstract infatti si conclude affermando che: il diffuso sfruttamento industriale delle AMP mina gli obiettivi di conservazione della biodiversità a livello mondiale, sollevando preoccupazioni circa la crescente pressione umana nelle aree protette in tutto il mondo.”

In Italia

Tornando per un attimo alla realtà di casa nostra, bisogna specificare che in quasi tutte le nostre AMP è permessa la pesca a strascico, anche se in settori teoricamente ben delimitati. Tuttavia i controlli sono sempre difficili, anche e soprattutto perchè l’attività di pesca viene condotta di notte. Resta quindi solo l’analisi dei tracciati radar (sotto una certa stazza neppure quello) e il dubbio che certi “sconfinamenti” possano nascondere un prelievo illegale.

Ma che cosa rischia un professionista colto a transitare in zone nelle quali non dovrebbe neppure navigare? Il più delle volte nulla e ve lo dimostriamo allegando il rinnovo di una autorizzazione (clicca per visualizzarlo) concessa nel 2016 dall’AMP delle Isole Egadi (un documento riservato che avevamo ricevuto qualche tempo fa) nel quale potete leggere con i vostri occhi come ad una motonave, che già più volte ha violato le regole vigenti nel parco, la licenza venga rinnovata sebbene con una fantomatica “riserva”.

Il caso è emblematico perchè l’AMP che comprende Favignana è ciclicamente osannata come esempio di lotta allo strascico illegale (quello legale è autorizzato solo in zona D) grazie ad un progetto, in varie fasi, che ha portato all’installazione di diversi dissuasori fin dal 2012. Purtroppo però il problema, di certo ridimensionato, appare lontano dalla soluzione definitiva, come testimonia la rivolta dei piccoli pescatori artigianali che spesso denunciano di ritrovarsi le attrezzature distrutte dal passaggio delle paranze illegali nell’immediato sottocosta.

Certo non sempre la fanno franca, ma leggere di un professionista a cui viene sospesa la licenza per essere un recidivo, come accaduto pochi giorni fa a Livorno, è davvero un evento più unico che raro!

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