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Si puo’ sapere chi e’ il pescatore subacqueo?

| 30 Novembre 2007 | 0 Comments

Chi è il pescatore subacqueo? Sicuramente lo è chi si immerge con il fucile- Foto: A. Balbi

E’ sufficiente un’analisi superficiale della normativa vigente di interesse del pescatore in apnea per rendersi conto del grande stato confusionale dell’ordinamento giuridico, che inevitabilmente si riverbera su cittadino e organi di controllo, ugualmente confusi quando si tratta di stabilire l’esatta portata dei pochi, nebulosi precetti che riguardano la pesca subacquea, oggi meglio definita pesca in apnea.
Anche il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali è perfettamente consapevole dello stato di estrema incertezza generato dalle poche ed eccessivamente generiche disposizioni riguardanti la nostra disciplina e, cosa più importante, del fatto che questa incertezza si risolve in un alto tasso di illegalità. Lo dimostra una nota datata 15 novembre 2007 inviata alla FIPSAS dal Direttore Generale della Pesca e Acquacoltura dott. Francesco Saverio Abate, nella quale si legge: “Nello specifico l’attuale disciplina della pesca in apnea si limita a fissare il divieto generale di pescare in zone e tempi vietati dai regolamenti, decreti ed ordini legittimamente emanati dall’autorità amministrativa, nonché il divieto di pescare quantità superiori a quelle autorizzate. Il divieto è sanzionato (art. 26 comma 3) con sanzione amministrativa pecuniaria. Tale genericità non aiuta l’attività della pesca in apnea ma determina la pratica illegale di tale disciplina”.
Questa ricostruzione è certamente condivisibile, ma va integrata da due specificazioni: in primo luogo, la pratica illegale è prevalentemente indotta, e come tale risulta solo in minima parte imputabile alla negligenza o alla mala fede del cittadino; secondariamente, questa situazione di eccessiva genericità provoca non solo una diffusa illegalità (ossia confusione nel cittadino) ma anche una buona dose di contestazioni assolutamente fantasiose da parte degli organi di controllo, anch’essi incolpevolmente “in confusione”.
In un quadro caratterizzato da una normativa nazionale scarna e ormai decrepita, ridotta a vestito d’Arlecchino da numerosi interventi ministeriali, circolari, ordinanze di polizia marittima, normative comunitarie ed infine persino leggi regionali (ad oggi è impossibile tracciare una linea e stabilire se la pesca sportiva rientri o meno nella potestà legislativa esclusiva delle Regioni) e decreti assessoriali delle regioni a Statuto Speciale, salta agli occhi l’impossibilità di ricostruire persino una definizione univoca di “pescatore subacqueo”.

Chi si immerge in apnea senza fucile va comunque considerato pescatore subacqueo nel momento in cui raccoglie degli organismi marini? Foto: A. Balbi

In particolare, non si può stabilire con certezza se il pescatore subacqueo sia quello che pesca in immersione, ossia sotto il pelo dell’acqua, o se sia solo quello che utilizza il fucile subacqueo o attrezzi similari. Può sembrare una questione da poco, ma non lo è, a meno che non si considerino insignificanti i 1032 euro di multa in agguato per chi contravviene obblighi e divieti posti a carico di questo fantomatico e sfuggente personaggio. Vedremo meglio il perché di questa affermazione in seguito, intanto proviamo ad inquadrare la situazione normativa partendo da lontano, o meglio dall’inizio.

Nel nostro sistema normativo si definisce la pesca marittima come “l’attività diretta alla cattura o alla raccolta di organismi acquatici in mare, svolta dai soggetti di cui al comma 1, per finalità professionali o sportive” (D.lgs 153/2004 art 1 comma 2). I soggetti di cui al comma 1 sono gli imprenditori ittici, i pescatori e gli altri soggetti per i quali e’ responsabile, direttamente e unitariamente, lo Stato italiano secondo le pertinenti norme comunitarie ed internazionali.

Il Regolamento approvato con DPR 1639/68 ancora in vigore, poi, specifica che:

– sono prodotti della pesca gli organismi viventi o non, animali o vegetali, eduli e non eduli, catturati in mare (art 2)
– per “cattura” si intende ogni forma di raccolta di tali organismi (art 2 comma 2)

Una volta definiti e classificati in via generale gli attrezzi da pesca come quelli destinati alla cattura degli organismi di cui all’articolo 2 (si noti: vivi e non, animali o vegetali, commestibili o no), il regolamento suddivide la pesca marittima in tre categorie distinte, sulla base della finalità:

pesca professionale: è quella finalizzata al commercio del pescato, ossia la pesca a scopo di lucro, esercitata dai pescatori e dalle imprese di pesca
pesca scientifica: è quella finalizzata allo studio
pesca sportiva: è quella finalizzata al divertimento. La vendita o il commercio dei suoi frutti sono vietati sotto qualsiasi forma.

A questo punto abbiamo sufficienti elementi per stabilire chi sia il pescatore sportivo relativamente alla pesca marittima: qualunque soggetto di cui sia responsabile lo Stato italiano (art 1 D.lgs 153/04) che per diletto si dedica alla cattura di organismi viventi o non, animali o vegetali, commestibili o non, in ambiente marino.
Non abbiamo ancora chiarito chi sia il soggetto destinatario delle norme rivolte al pescatore subacqueo. Proviamo ad andare avanti per vedere se possiamo ricavare gli elementi necessari e sufficienti ad una sua definizione giuridica.

Un pescatore in apnea in azione – Foto: A. Balbi

Il regolamento di attuazione della L. 963/65 approvato con DPR 1639/68 dedica il III Capo alle Pesche speciali . Il capo si compone di tre sezioni, una per ogni tipo di pesca speciale. Si comincia con la pesca del corallo, poi si passa alla pesca del novellame ed infine si arriva alla Pesca subacquea.

A differenza delle altre forme di pesca sportiva, la nostra disciplina viene regolamentata insieme alla corrispondente attività professionale, con norme collocate all’interno della medesima sezione del medesimo capo. L’articolo 128 descrive l’attività di pesca subacquea professionale: “La pesca subacquea professionale è consentita esclusivamente a coloro che sono in possesso della specializzazione di pescatore subacqueo e può esercitarsi soltanto in apnea, senza l’uso di apparecchi ausiliari di respirazione. Di questi ultimi è consentita l’utilizzazione solo per finalità diverse dalla pesca o per la raccolta di corallo e molluschi”.
Sin qui si parla solo di attrezzi (bombole) che non si possono utilizzare. L’articolo seguente, il 128bis, riguarda invece l’attività di pesca subacquea sportiva: “La pesca subacquea sportiva è consentita soltanto in apnea senza l’uso di apparecchi ausiliari di respirazione. Di questi ultimi è consentita l’utilizzazione solo per finalità diverse dalla pesca. Il pescatore sportivo subacqueo non può raccogliere coralli, molluschi e crostacei”. Anche qui si chiarisce il divieto di utilizzare le bombole, ma non si fa alcun riferimento alla definizione della pesca subacquea e, di conseguenza, del pescatore subacqueo, nonostante gli si vieti la cattura di coralli, molluschi e crostacei [non è questa la sede per approfondire il discorso sui molluschi cefalopodi, magari ci torneremo in un altro articolo anticipando che ogni verbale subito per la cattura di polpi, seppie e calamari può anzi deve essere contrastato con un ricorso giurisdizionale].
L’articolo seguente 128ter è quello introdotto dal famigerato DM 249/87, che prevede la possibilità di trasporto di bombole e fucili a bordo dello stesso mezzo unicamente a fini di sicurezza, senza nulla aggiungere circa la definizione di pescatore subacqueo. L’articolo seguente, il 129, prevede una serie di limitazioni spaziali e temporali all’attività di pesca subacquea senza altre specificazioni, mentre l’articolo 130 detta una serie di obblighi di segnalazione in capo ad un non meglio precisato subacqueo. Tanto è generica la disposizione che sia la magistratura che il Comando Generale delle CCPP l’hanno ritenuta applicabile non solo al pescatore subacqueo, ma a chiunque effettui l’attività subacquea al di fuori degli spazi acquei riservati alla balneazione (per la verità, non senza acrobazie interpretative). La sezione dedicata alla pesca subacquea si chiude con l’articolo 131, che si limita a stabilire il divieto di tenere il fucile subacqueo in posizione di armamento, se non in immersione.

Le difficoltà interpretative si traducono in altrettante incertezze in fase di controllo ed applicazione delle norme – Foto: A, Balbi

Queste norme non completano il quadro normativo di nostro interesse. Pur essendo una pesca speciale, la pesca subacquea si divide comunque in professionale e sportiva. In qualità di pesca sportiva, la pesca subacquea resta quindi soggetta anche a tutte quelle norme previste per la pesca sportiva in genere che non risultino incompatibili con le norme specifiche della III sezione del III Capo, appena passate in rassegna. Ciò è confermato anche dalla norma di apertura del Capo IV dedicato alla Pesca sportiva, contenuta nell’articolo 137: La pesca sportiva si esercita alle condizioni e con le modalità stabilite nel presente capo; per quanto non espressamente previsto, si osservano le altre disposizioni sulla disciplina della pesca, in quanto applicabili.

Molto interessante è l’articolo 138, che elenca gli attrezzi da pesca consentiti per l’esercizio della pesca sportiva: alla lettera e) di tale articolo, infatti, si ritrova anche il fucile subacqueo insieme ai nattelli per la pesca di superficie ed alle canne per cefalopodi. Includendo il fucile subacqueo fra gli attrezzi consentiti per la pesca sportiva, la norma chiarisce che la pesca subacquea sportiva è una specie del genere pesca sportiva, ma non offre elementi decisivi per capire chi sia questo benedetto pescatore subacqueo.

L’articolo 139 vieta l’esercizio della pesca sportiva a distanza inferiore a 500 metri dalle unità in attività di pesca professionale, mentre il 140 stabilisce una serie di limitazioni all’uso degli attezzi per la pesca sportiva. L’unica regola che ci riguarda è contenuta nella lettera f), che, nel proibire l’uso di fonti luminose, fa salvo l’uso della torcia nella pesca subacquea.

Dopo l’articolo 141, abrogato integralmente, si arriva al noto articolo 142, che stabilisce i limiti di cattura per lo sportivo: “Il pescatore sportivo non può catturare giornalmente pesci, molluschi e crostacei in quantità superiore a 5 Kg complessivi salvo il caso di pesce singolo di peso superiore. Non può essere catturato giornalmente piú di un esemplare di cernia a qualunque specie appartenga”.

Tralasciamo gli ultimi due articoli del Capo IV, dedicati ai mezzi nautici utilizzabili per la pesca sportiva ed al regime delle manifestazioni sportive e agonistiche, che non aggiungono nulla al tema di cui ci stiamo interessando, e vediamo nel dettaglio l’articolo 142 appena citato. Come si può notare, il pescatore sportivo generico può catturare pesci, molluschi e crostacei , mentre abbiamo visto che per l’articolo 128bis il pescatore subacqueo non può raccogliere molluschi e crostacei.

La figura del pescatore subacqueo senza fucile è davvero necessaria per ricostruire il quadro normativo? Foto: A Balbi

A questo punto dovrebbe essere chiara l’importanza di una definizione univoca di pesca subacquea e di pescatore subacqueo, perché la disciplina giuridica della pesca sportiva in genere e di quella subacquea presentano differenze rilevanti anche in relazione alle specie catturabili.

Secondo l’interpretazione condivisa anche (sic!) da alcuni uffici marittimi delle CCPP (es: Ancona) la pesca subacquea sarebbe quella praticata sotto la superficie dell’acqua, senza alcun riferimento al tipo di attrezzo utilizzato. Spunta così fuori la figura del pescatore subacqueo senza fucile o attrezzi similari, cui sarebbe consentita la raccolta di mitili in quei compartimenti marittimi che ne disciplinano la raccolta da parte degli sportivi (senza attrezzi) in ossequio delle prescrizioni contenute nel DM 10 aprile 1997, che si compone di un unico articolo: Ai pescatori sportivi può essere consentito il prelievo, da effettuarsi senza l’ausilio di attrezzi, di mitili nel rispetto della normativa sanitaria vigente. 2. Le modalità di prelievo, entro il limite massimo di 3kg per persona, sono disciplinate con ordinanza del capo del compartimento marittimo, sentita la commissione consultiva locale della pesca marittima. Tralasciamo ogni considerazione su questo aspetto, rimandando il lettore a questo articolo per un’analisi specifica e concentriamoci sull’aspetto classificatorio.
Secondo questa interpretazione, che ovviamente va coordinata con tutto quello che abbiamo detto nel corso della nostra analisi, si ottengono alcune conseguenze bislacche, come ad esempio:

1) un bagnante che fa un tuffo e strappa un ciuffo di posidonia o raccoglie una conchiglia sul fondo sarebbe un pescatore subacqueo, come tale soggetto all’obbligo di segnalazione e a tutti gli obblighi e divieti propri di questa figura, ivi compresa la distanza minima di 500 metri dalle spiagge frequentate da bagnanti;

2) una persona che raccoglie ricci in un metro e mezzo d’acqua…. sarebbe un pescatore subacqueo, assoggettato come tale a tutti gli obblighi e divieti diretti a questa figura;

La figura del pescatore subacqueo senza attrezzi non spiega come mai la pesca subacquea senza altre specificazioni sia proibita a distanza inferiore a 500 metri dalle spiagge frequentate dai bagnanti. Questa distanza si giustifica solo per la pericolosità degli attrezzi utilizzati dal pescasub, in assenza dei quali non vi sarebbe ragione di allontanarlo a così grande distanza da costa. Perché il regolamento non ha specificato che la distanza opera solo per i pescatori subacquei che utilizzano il fucile subacqueo o attrezzi similari e non per gli altri?

La soddisfazione per una cattura attesa a lungo. Il pescatore in apnea chiede solo di potersi dedicare alla propria passione nel rispetto delle leggi dell’uomo e del mare. Foto: G. Volpe

L’articolo 18 della Legge 963/65 intitolato “Pesca subacquea” offriva un buon punto d’appoggio alla tesi che vorrebbe identificare il pescatore sportivo subacqueo con il soggetto che pratica la pesca marittima sportiva con fucile subacqueo o attrezzi similari, recitando: “La pesca con il fucile subacqueo o con attrezzi similari è consentita soltanto ai maggiori di anni sedici. Il regolamento stabilisce le cautele e le modalità da osservarsi nella detenzione ed uso del fucile subacqueo o attrezzi similari”. Come si vede, l’articolo dedicato a questa specialità è incentrato sul fucile subacqueo o attrezzi similari, ed essendo intitolato espressamente alla “pesca subacquea” sembra stabilire un legame inscindibile tra questa forma di pesca ed il fucile subacqueo. Purtroppo, la norma è stata abrogata dal D.Lgs 153/2004, non sappiamo con quanta consapevolezza del legislatore delegato né con quali finalità, ma crediamo che la ricostruzione suggerita dal suo tenore sia quella preferibile.

Secondo la ricostruzione della pesca subacquea come la pesca sportiva praticata con il fucile subacqueo, colui che si immerge senza fucile resterebbe un raccoglitore a mano, ossia un generico pescatore sportivo. Quindi un bagnante che fa un tuffo e strappa un ciuffo di posidonia o raccoglie una conchiglia sarebbe, secondo questa ricostruzione, un pescatore sportivo, al pari di chi raccoglie un granchio sullo scoglio, un riccio o un’attinia nel bassofondo e così via.

Anche questa ricostruzione, però, ha i suoi difetti innegabili. In primo luogo, renderebbe in parte aggirabili una serie di divieti, a partire da quello di raccolta di molluschi e crostacei: se chi pesca senza fucile è un normale pescatore sportivo, allora sarebbe sufficiente raccogliere con le mani le aragoste, i batti batti, i coralli (sempre che se ne trovino a quote accessibili in apnea) e i molluschi per essere perfettamente in regola. Questo effetto viene comunque limato dalla dinamica dei controlli in mare: trovando un pescatore armato di fucile con coralli, molluschi o crostacei nel retino gli organi di controllo potrebbero sempre applicare la sanzione, in quanto il possesso del fucile qualifica il pescatore sportivo come “subacqueo” e, conseguentemente, la presenza del fucile risulta incompatibile con quella di molluschi e crostacei. Resterebbe la possibilità di immergersi senza fucile per tentare la cattura di queste prede proibite al pescatore subacqueo, ma onestamente non ci pare proprio che questo genere di raccolta manuale possa rappresentare un pericolo concreto per la salute della fauna marina. A meno che non si voglia spaccare il capello in quattro, senza fare altrettanto per altre forme di pesca sportiva… ad esempio come il palamito, rispetto al quale non si è ancora capito come si possa sempre rispettare il limite dei 5 Kg, o anche e soprattutto professionale, come strascico e cianciolo. Se è comprensibile che si vieti la raccolta di molluschi (non cefalopodi) e crostacei al pescatore in apnea, che comunque si immerge con il fucile per prendere di mira principalmente i pesci, non ci sembra fondamentale, per la tutela delle risorse ittiche, proibire all’apneista o a chi fa snorkeling di raccogliere gli organismi marini in cui eventualmente si imbatta, sempre nel limite delle misure minime e del limite massimo di pescato stabiliti dalla normativa vigente.

Per chi ha avuto la pazienza di giungere sino a questo punto nella lettura (complimenti sinceri!) provo adesso a tirare le somme: questa lunga disquisizione su un aspetto tutto sommato secondario ci dimostra come la disciplina giuridica della pesca in apnea sia totalmente inadeguata ed ormai giunta al classico capolinea. Ci auguriamo che l’Amministrazione voglia prendere in seria considerazione l’ipotesi di elaborare una disciplina organica, che possa assicurare a tutti i cittadini la possibilità di dedicarsi a questa fantastica disciplina nel pieno rispetto di poche norme chiare ed inequivocabili, facendo tesoro degli errori del passato per evitare di ripeterne di analoghi in futuro.

Così facendo si otterrà un duplice vantaggio: da una parte, si favoriranno quei cittadini onesti che vogliono praticare la pesca in apnea nel rispetto delle leggi dell’uomo e del mare, e dall’altra si semplificherà la vita agli organi di controllo, evitando loro abbagli e conseguente contenzioso, una perdita di tempo e denaro in parte evitabile con una disciplina giuridica strutturata, figlia di una migliore tecnica normativa.

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