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Quote Pesca Tonno: ai Ricreativi lo 0,47%, ma il PD siciliano Insorge!

Sulla questione del Tonno Rosso la pesca ricreativa conosce da anni il suo destino, le quote di spettanza infatti sono state già pianificate fino al 2017 e quindi la pubblicazione del decreto ministeriale non fa altro che ratificare quello che già conosciamo. Quest’anno la quota a noi riservata cresce un po’, non per magnanime elargizioni quanto perchè a fronte della percentuale che rimane invariata, è aumentato il contingente nazionale portato dalle 2302 tonnellate dello scorso anno alle 2752 tonnellate di questo.

La novità stavolta è la polemica che sta montando, soprattutto nelle marinerie del sud italia e sapientemente cavalcata da alcuni politici locali, che, tanto per cambiare, cerca di buttare la croce addosso alla pesca ricreativa. Diciamo subito che il problema nasce dalla mancata redistribuzione delle quote di pesca, se non di tutte almeno di quelle 450 tonnellate di incremento previste per questa stagione. Nonostante le raccomandazioni della UE nulla è però cambiato: chi le deteneva pescherà per quanto spettante, mentre chi ne è sprovvisto resterà ancora a guardare senza poter partecipare alla spartizione della torta. Ma poichè “cane non morde cane”, molto meglio fare come l’assessore siciliano all’Agricoltura e Pesca Antonello Cracolici (PD) secondo cui l’esclusione della pesca artigianale è incomprensibile e inaccettabile “considerato che per la pesca sportiva sono state previste delle quote ammissibili. Si determina un paradosso: al pescatore artigianale che da decenni opera in mare viene negata la cattura del tonno, mentre al pescatore occasionale sportivo viene riconosciuta tale possibilità.”

tonnoPD

Probabilmente l’onorevole non è a conoscenza del fatto che la quota di spettanza della pesca sportiva è un misero 0,47% del contingente nazionale, 12,9 tonnellate da dividere tra 6000 licenze, 2,15 kg di tonno per autorizzazione che, al netto delle taglie minime previste (30 kg), significa 1 tonno (piccolo) ogni 13 imbarcazioni circa. E questo senza dimenticare che la quota della pesca ricreativa è sempre suscettibile di “esproprio” non appena la professionale avrà finito di fagocitare le sue spettanze. L’onorevole è però un altro dei troppi politici strenuamente convinti del fatto che la pesca professionale vanti un qualche diritto di prelazione (anche se dalle parole sembrerebbe più di vero e proprio possesso) sulla risorsa ittica; per cui anche a lui facciamo un breve ripasso rammentandogli che:

  • Il Mare ed i suoi pesci sono del Popolo italiano, che rinuncia ad una parte dei propri diritti di sfruttamento per cederli generosamente ai pescatori professionisti, al fine di consentire loro di lucrare su un bene comune svolgendo la funzione di servire il pesce sulle tavole degli italiani e sostenere le proprie famiglie.

Se gridare allo scandalo per 13 tonnellate scarse concesse a qualche decina di migliaia di dilettanti in tutto lo stivale – piuttosto che far notare che forse non è normale che l’intera quota di una regione sia nelle mani di poche decine di pescherecci, lasciandone a secco 3.800 con 8.000 lavoratori imbarcati – non sia demagogia non sappiamo proprio come definirla.

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