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Ottavio Micalizzi: una promessa mantenuta

| 30 Settembre 2005 | 0 Comments

Ottavio Micalizzi è un campione della scuola siciliana. Alla ribalta del panorama agonistico da diverso tempo, è uno dei pochi pescatori in apnea italiani che negli ultimi anni ha piazzato una serie di risultati positivi agli assoluti. Questa sua regolarità non solo ha richiamato l’attenzione degli addetti ai lavori, ma ha anche suscitato l’interesse del C.T. Maurizio Ramacciotti, che lo ha voluto con sé in Nazionale nella recente Coppa Euro Africana per nazioni, facendolo gareggiare come titolare al fianco del campionissimo Nicola Riolo e del neocampione italiano Sandro Mancia.
Atleta completo, Ottavio ama molto pescare all’aspetto con fucili lunghi sia pesce bianco che pelagici. Come gran parte degli agonisti, però, deve fare di necessità virtù: anche in tana e al razzolo se la cava egregiamente. Da quest’anno è passato al Team Omer, con grande soddisfazione del Team manager Marco Bardi. Ma seguiamolo in questa intervista in cui ci racconta l’ Assoluto di Giugno e la recente esperienza in Nazionale.

Ottavio Micalizzi sul campo gara dell’Assoluto 2005 – Foto © Alberto Balbi

Ottavio, ci racconti in breve questo ultimo Assoluto?

Beh, francamente vi parlerei volentieri solo della prima giornata [lo dice sorridendo] perché la seconda frazione è stata quasi un incubo.

Nella prima manche sono partito al lato sud del campo gara, in una zona dove in preparazione avevo trovato del movimento. Non c’era la tana zeppa di pesce, ma ero riuscito ad individuare alcuni punti interessanti, dove ero convinto di poter pescare a buon ritmo e, soprattutto, per almeno tre ore.

Dopo i primi tuffi non avevo visto una coda. Dopo mezz’ora di continue discese su un fondale medio ho avuto conferma che stavo vagando nel deserto, quindi ho preso la saggia decisione di spostarmi di gran carriera più a nord. Dopo un’ora e mezzo di nuoto ho raggiunto un gruppo consistente di concorrenti in un punto ricco di spaccature e piccoli cigli.

Armato di Tempest 50 e fiocina, al primo tuffo ho trovato subito un’orata che ho messo a pagliolo. La cattura mi ha caricato ed allora ho passato al setaccio gran parte della zona nelle due ore rimanenti, tirando su un carniere di tutto rispetto: 8/9 pesci e tre specie che mi hanno consentito di raggiungere il quarto posto parziale.

La seconda frazione l’ho dovuta inventare, perché conoscevo davvero poco il campo gara. All’inizio ho deciso di seguire i più forti e mi sono messo a pescare sulla secca senza prendere un pesce. Per la verità ho strappato un sarago ed in un buco difficile ho incastrato un’asta. Ho capito ben presto che era una giornata storta.

Allora mi sono messo di buona lena a ‘pedalare’ verso terra, alternando tuffi ricognitivi. In uno di questi ho strappato un bel tordo che ormai avevo fra le mani. Arrivato vicino a terra, entro i limiti imposti dl regolamento, mi sono fatto passare il 115 col doppio elastico dal mio secondo ed ho cominciato a fare lunghi aspetti nei punti più interessanti. Nell’ultimo posto, a circa due minuti dalla fine, ho visto un pesce venirmi incontro senza capire che cosa fosse. A quel punto non era importante valutare la specie ma prenderlo, così con un bel tiro ho insagolato un tordo in peso che mi è valso 1305 punti e la dodicesima piazza finale. Sapete come sarei arrivato senza il labride? Sedicesimo!

Tutto sommato, un po’ di fortuna non guasta: la pesca è così, lo sappiamo tutti. Spesso bastano pochi grammi per passare dal dolore alla gioia o viceversa.

Che attrezzatura hai usato?

Muta mimetic med da 5mm, le pinne ICE con pala trasparente [appena messe sul mercato] boccaglio morbido zoom pro e fucili excalibur e T20. Sugli excalibur fino a 90 centimetri monto elastici d 16mm e asta da 6,5 monoaletta; sul T20 da 100cm utilizzo elastici da 20mm, mentre sul T20 115cm monto doppio elastico da 20mm ed asta doppia aletta da 6,5mm. Ho anche un Tempest 50cm con regolatore che uso in tana con la fiocina.

Successivamente è arrivata la convocazione e l’Europeo a squadre in Portogallo…

Certo, una convocazione inattesa anche se ci speravo veramente. Vorrei ringraziare il CT Ramacciotti per aver creduto in me ed avermi concesso questa grande responsabilità. Gareggiare per i colori della propria nazione è qualcosa che ti regala emozioni che vanno al di là di qualsiasi altra sensazione agonistica. Sei al mille per mille, non molli mai, non senti la fatica ed ogni pesce che butti in barca è un trofeo. Davvero incredibile!

Il carniere della prima giornata dell’assoluto – Foto © Alberto Balbi

Ci racconti la gara?

Vorrei partire facendo alcune premesse: siamo arrivati sul posto solo tre giorni prima della gara ed abbiamo preparato per due sole giornate. Gli Spagnoli erano lì da almeno 10 giorni e con una decina d’atleti. I Portoghesi addirittura non sono neanche scesi in acqua, tanto bene conoscevano il posto.

Detto ciò, con solo un paio di giornate a disposizione, abbiamo sacrificato il campo di riserva (quello a sud) per dedicarci esclusivamente alla ricerca nello specchio d’acqua del campo dato per ufficiale (a nord). Con i miei compagni abbiamo visitato le zone a terra e al largo: io facevo il sottocosta, dato che le mie caratteristiche mi portano spesso a pescare all’agguato ed all’aspetto, mentre Nicola e Sandro cercavano sommi più al largo.

Nel bassofondo ho trovato qualche sarago e qualche cefalo più un paio di tordi, pesci comunque nervosi, mentre i miei compagni avevano segnato un grongo fondissimo ed un paio di mostelle. Su una punta anche Ramacciotti aveva marcato due belle mostelle.

La morfologia del fondale cambiava da nord a sud. Infatti, a nord si presentava molto roccioso con pochissime laminarie, mentre a sud si trovavano diverse zone di roccia e laminaria fitta, che al largo facevano delle punte interessanti.
Sottocosta c’era acqua torbida, in medio fondo migliorava un po’ per poi diventare semioscurità al largo, oltre i venti metri (due soli metri di visibilità).

Alla partenza io e Riolo ci siamo buttati sottocosta a nord in 2 o 3 metri d’acqua a fare l’agguato: Nicola ha preso due saraghi ed io un tordo ed un cefalo. Poi ci siamo spostati fuori sul grongo che stazionava a 29 metri, ma la visibilità nulla ed una corrente pazzesca ci hanno fatto desistere. Allora siamo tornati sul gommone e ci siamo diretti verso le mostelle segnate dal CT Ramacciotti in una decina di metri d’acqua.

Arrivati sul punto, ci siamo trovati al fianco dei Portoghesi. Mancia, che aveva dato il cambio a Nicola, si è buttato subito sulla tana ed io mi sono diretto sottocosta. Con una velocità record, in quattro tuffi Sandro ha soffiato le tre mostelle di 2 chili l’una circa agli esterrefatti Portoghesi ed io ho arpionato 3 cefali ed uno scorfano.

Fatto ciò siamo tornati sul grongo sperando che la corrente fosse diminuita. Mancavano venti minuti alla fine delle mie 4 ore di gara quando ho sparato ad un grongo di una dozzina di chili in piena testa con la fiocina. E’ stato come sparare ad un ippopotamo: una reazione allucinante, una forza mostruosa. L’ho messo in tensione per poi doppiarlo con la tahitiana, ma dopo un po’ ho dovuto desistere e dare il cambio a Nicola. Anche loro hanno provato ad estrarre il serpentone, ma senza esito.

Vi assicuro che sparare questi bestioni a quasi 30 metri nell’oscurità è veramente difficile, perché non vedi bene come sono messi e non riesci a lavorali come si deve. Comunque, tutto intorno Nicola ha catturato altri due gronghi (poi risultati fuori peso) e Sandro altri 3 grossi serpentoni e 2 corpulente mostelle. Un grongo di circa 20 chili, in particolare, lo hanno lavorato almeno mezz’ora per portarlo su.

La gara è terminata con Mancia che, all’ultimo tuffo, ha colpito l’ennesimo grongo di almeno 18 chili. Dopo una breve lotta Sandro è stato costretto a tagliare la sagola per non perdere il fucile.

Noi con una ventina di prede ci sentivamo ben messi. La gara è stata ottima e solo il carniere degli Spagnoli ci ha fatto capire che stavamo lottando per il secondo posto. Avevano una trentina di pezzi tra i quali otto enormi gronghi catturati in una parete tra i 6 ed i 9 metri di fondo!!

Alla pesatura ci hanno scartato tre cefali per appena 5 grammi e due gronghi, ma i rimanenti 17 pesci hanno fatto tremare i locali, che comunque sono riusciti a soffiarci l’argento per 370 grammi. Nel team c’era soddisfazione per la prova, e tutti abbiamo concordato sul fatto che la gara è stata difficile ma che abbiamo pescato bene. Lo stesso CT si è complimentato per la nostra prestazione.

L’atleta Omer Micalizzi alla partenza della seconda giornata dell’assoluto – Foto © Alberto Balbi

Ma con che armi sparavate ai gronghi? Come mai ne avete lasciati almeno due incastrati?

Sparare ad un grongo può sembrare una cosa piuttosto semplice, ma non è così. Soprattutto se l’animale è grosso, profondo e nel torbido. In questi casi è importante capire come è messo il serpentone, ma con due metri di visibilità era impossibile. Noi cercavamo la testa e sparavamo con un oleo da 70 e fiocina lateralmente. Ma la reazione era spropositata e questi serpenti s’incastravano in tana, facendo più forza d’una cernia. Abbiamo provato a colpirli anche con la tahitiana, ma la situazione non migliorava. Gli unici tre catturati, rispettivamente di 20, 15 e 10 chili li abbiamo neutralizzati grazie ad un tiro dall’alto verso il basso con la fiocina, portato tre dita sopra gli occhi. Non li fulminavi neanche così, ma la razione era veramente minore e ti permetteva un maggior controllo del pesce durante la lavorazione. Dopo 10-15 minuti riuscivi a stanarli. Ma ripeto: erano pesci difficilissimi.

Hai qualche episodio curioso da raccontarci?

Sì, curioso ed alla fine determinante. Ad un certo punto, mentre sto facendo un agguato, trovo una buca e mi ci lascio cadere per terminare il tuffo con un aspetto. Da sotto la pancia partono due scorfani di 7/8 etti, uno destra ed uno a sinistra. Risalgo e chiedo il corto e la fiocina. Scendo e colpisco il primo, ma del secondo non c’è traccia. L’acqua torbida non agevola la mia ricerca ed il pesce si salva. Con quel pesce, il più semplice del mondo, saremmo arrivati secondi. Ma alle volte anche le cose più semplici’

Che armi utilizzavate?

All’agguato utilizzavamo arbaletes da 75/95 cm e per la tana un oleo da 70 con la fiocina ed un arbalete, della medesima misura, con la fiocinella e/o tahitiana.

Sei contento Ottavio?

Sono contentissimo. E’ un’esperienza indimenticabile che spero di ripetere. Ringrazio tutti e ringrazio molto anche Voi per quel che fate per il nostro sport. Apprezzo il vostro lavoro, soprattutto per la puntualità e la qualità. Vi seguo appena posso, sempre con entusiasmo. Grazie ancora ed un abbraccio a tutti.

Grazie a Ottavio per la disponibilità ed un grosso in bocca al lupo ad uno degli atleti più costanti degli ultimi anni. Ad maiora!

Category: Articoli, Interviste, Pesca in Apnea

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