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Improvvisando in una zona sconosciuta – II° parte

| 23 Maggio 2004 | 0 Comments

 

Un sub con uno splendido dentice

Nella prima parte dell’articolo abbiamo visto quali domande dobbiamo porci quando ci accingiamo ad una battuta in un luogo sconosciuto, prendendo in esame quegli elementi che possono suggerirci delle scelte strategiche già prima dell’ingresso in acqua. In questa seconda parte dell’articolo dedicato all’improvvisazione, passiamo ad analizzare indicazioni ed elementi che vengono in considerazione una volta in acqua.

Trovate le dovute risposte e memorizzate le 7 regole a terra, possiamo avventurarci nella zona sconosciuta in cerca delle nostre prede. Appena si mette il viso in acqua, bisogna subito far fuoriuscire tutta l’aria intrappolata nella muta durante la vestizione; potremo farlo immergendoci in posizione verticale e muovendoci per facilitare la fuoriuscita delle bolle dal cappuccio, principale via d’uscita dell’aria. In tal modo si eviteranno le sacche d’aria ed eventuali gorgoglii improvvisi, che immancabilmente si verificano nel momento meno opportuno e che potrebbero allertare i pesci durante le nostre azioni. Se non si è esagerato con le sostanze lubrificanti, l’effetto ventosa del neoprene sulla pelle sarà immediato, a beneficio di termicità e confort. A seguire, effettueremo delle brevi sommozzate per trovare il giusto assetto e per favorire la respirazione. Con queste operazioni si fa del vero stretching, che velocizza quel processo comunemente indicato con l’espressione “spezzare il fiato”.

Appena saremo pronti per iniziare l’azione di pesca vera e propria, dovremo prendere in considerazione una serie di elementi.

Come si presenta l’acqua? Trasparenza e torbidità.

La prima verifica da fare riguarda lo stato di trasparenza o torbidità dell’acqua. Se l’acqua è trasparente è preferibile un’arma lunga (arba 90/100, oleo 96); al contrario, se l’acqua è torbida preferiremo un’arma medio-corta (arba 90/82/75, oleo 71). Valutata la trasparenza o torbidità, inizieremo il nostro tragitto procedendo “a fascia”, cioè parallelamente alla costa.

E’ importante verificare la temperatura dell’acqua?

Sicuramente. Se siete dotati di un orologio con termometro o un computer da polso, avrete modo di verificare questo fattore e, durante il percorso, a seconda delle stagioni, dovrete prestare attenzione alla presenza di eventuali variazioni consistenti della temperatura dell’acqua. A volte, uno sbalzo termico di due gradi in meno porta una zona a desertificarsi, esattamente come un’innalzamento della temperatura porta la stessa zona a caratterizzarsi per una maggiore presenza di pesce. Gli sbalzi sono dovuti solitamente alla presenza di rivoli d’acqua dolce, sorgenti sottomarine, sbocchi di rigagnoli piovani eccetera, ed influiscono enormemente sulla possibile presenza del pesce. In pieno inverno, la temperatura dell’acqua di mare si stabilizza su valori minimi di 13° circa, e le temperature inferiori sono dovute a fattori climatici e meteo. Oltre all’acqua dolce, che rimane “quasi” separata dall’acqua salata, dando luogo ad un effetto visivo caratteristico e ben riconoscibile, le differenze termiche sono correlate al tipo di costa e alla profondità dei fondali: ad esempio, le grandi cale naturali subiscono degli sbalzi termici superiori a qualunque costa a picco. Solitamente, lo sbalzo termico è dovuto all’influenza del vento e del sole; nel primo caso, soprattutto con mare mosso, si ha un raffreddamento anche consistente della superficie dell’acqua, mentre in assenza di vento e con tempo soleggiato la temperatura s’innalza, specie in condizioni di mare calmo. Maggiore è la profondità lungo le coste, minore sarà lo sbalzo termico; maggiore sarà l’estensione delle grandi cale con bassa profondità, maggiore sarà lo sbalzo termico. Questo insieme di fattori fa sì che generalmente avremo più probabilità d’incontrare prede di rango al di fuori delle cale: il pesce, infatti, si concentrerà maggiormente negli scogli isolati, nelle punte, nelle franate.

Prediligere la tecnica mista aumenta le chances di successo

Le maree influiscono sulla presenza del pesce?

La risposta per il bassofondo può essere solo una “SI”. I movimenti di marea, combinati alla forza del mare e del vento, innescano la cosiddetta “catena alimentare”. Nel nostro Mediterraneo abbiamo la grande fortuna di movimenti di marea doppi, che si alternano in cicli di sei ore. Quando la marea è alta, la forza del vento combinata a quella del mare difficilmente produce effetto, esattamente come non produce effetto la bassa marea in assenza di vento ed onde che frangono.
Se durante un movimento di marea la costa è battuta da piccole o grandi onde, la presenza del pesce è molto probabile. I migliori movimenti di marea sono quelli detti “medi”, cioè le fasi intermedie dove le onde, col loro frangere, strapperanno dal fondo i micro e macro organismi che innescano la catena alimentare. Durante questi movimenti di marea combinati al frangere delle onde faranno la loro comparsa i piccoli pesci, che andranno a nutrirsi dei piccoli organismi in sospensione, attirando a loro volta i predoni del mare. Inoltre, i micro organismi assicurano approvvigionamento anche ad altre specie non predatrici, ma di sicuro valore venatorio.

Dove è preferibile passare in rassegna il fondale?

Come accennato, la miglior strategia da adottare nelle zone sconosciute è quella di procedere a fascia, cioè parallelamente alla costa. E’ importante essere sufficientemente allenati e preparati nelle tecniche miste (come il razzolo), e dovremo saperci adattare a ciò che il posto sconosciuto ci offre. Nel passare in rassegna il fondale, è importante procedere a zig-zag, cioè alternando ispezioni più o meno vicine alla costa. Questa alternanza ci porterà ad adottare preferibilmente la tecnica mista di aspetto ed agguato, che offrirà molte probabilità di successo. E’ inutile darsi alla sola pesca in tana o al solo aspetto, bisogna restare concentrati senza dare nulla per scontato e rimanendo aperti ad ogni eventualità. L’improvvisazione la farà da padrona, e prestaremo attenzione alle tane solo in quei casi in cui il fondo presenta una morfologia particolare e risulta meritevole di attente ispezioni (es: franate, coralligeno, massi e pietre, lastre di arenaria).
E’ importante pescare anche a “vista”, cioè tentare di cogliere quei segni che possono rivelare la presenza di prede o le prede stesse nei pressi delle tane: solo dopo l’avvistamento di prede o segnali che ne denuncino la probabile presenza potremo dedicarci alla pesca in tana pura, altrimenti è preferibile procedere con la tecnica mista.

Daniele Colangeli del Team Sporasub durante una battuta improvvisata nel Golfo di Follonica

Perché prediligere la tecnica mista aumenta le chances di successo?

Come spiegato nei precedenti articoli di tecniche pure, la polivalenza è la caratteristica principale che distingue il vero pescatore in apnea. Dedicarsi ad una sola tecnica offre tante garanzie di successo nelle condizioni ideali… ma anche di insuccesso in tutti gli altri casi. Conoscere le tecniche permette di adattarsi ad ogni situazione, aumentando enormemente le probabilità di cattura.

Come si possono avere garanzie di successo?

In mare nulla è scontato, non si possono avere garanzie. Se avremo valutato attentamente tutti i fattori presi in esame in questo articolo, però, le probabilità di successo segneranno un’impennata notevole, e le chances di cattura aumenteranno moltissimo rispetto a qualunque entrata in acqua effettuata senza la preventiva verifica di tutti questi importanti fattori. E’ la combinazione di tante regole che ci guida verso i pesci e le catture.

Dopo avere valutato tutto, quali altri fattori sono determinanti?

Nella parte conclusiva di questo articolo, possiamo ammettere che senza “istinto e determinazione” difficilmente riusciremo a vedere un pesce. L’abilità di un buon pescatore, infatti, sta anche nel vedere i pesci dove gli altri non li vedono. La differenza non è dovuta ad un fluido magico o solo ad una naturale predisposizione, ma sta rincipalmente nella capacità di osservare ed individuare i segni che indicano la probabile presenza di pesce. Una concentrazione di mangianza, ad esempio, deve portarci alla massima allerta, esattamente come un movimento di marea combinato alla presenza di onda che frange o la presenza del “termoclino”. Se troviamo un sommo che si innalza dalla profondità e in acqua si presenta una omogeneità di temperatura, sarà difficile catturare qualche predatore; a volte, nello stesso punto, è sufficiente uno sbalzo termico di 1°/2° gradi ed ecco che possono presentarsi anche i dentici.
La determinazione ci deve guidare nell’intera pescata: paragonando la nostra battuta ad una partita di calcio, non dobbiamo mai dimenticare che si fa goal anche in “zona Cesarini”. Mai desistere e mantenere la concentrazione fino all’ultimo minuto sono fattori a dir poco “determinanti”. Poi, chiaramente, spetta a voi premere il grilletto al momento giusto.

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