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Flavio Grisolia

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Risposte pubblicato da Flavio Grisolia

  1. Insomma, venendo dall'attivita di psub in mare, quello di tenersi alla larga dai propri limiti è un meccanismo innato, al quale io non voglio e non posso oppormi!

    Non c'è nulla di innato proveniendo dalla pescasub, dalla piscina, dal nuoto a da altro ancora... il tuo meccanismo di salvaguardia e sicurezza non è un derivato diretto dell'attività che fai ma è una tua disciplina mentale! Se la pescasub inducesse automaticamente alla sicurezza e ad un atteggiamento di autoconservazione innato non ci sarebbero gli incidenti che ci sono. E' evidente che la tensione per un evento eccezionale (e l'ultimo video che abbiamo visto in rete purtroppo ne è un triste esempio) ti può far saltare i meccanismi autoconservativi. Sei tu che scegli fin dove andare. Non è l'attività. Non è il mare e non è colpa della piscina. Non è la pescasub o l'apnea pura che impone una forma mentale. Sei tu che sei capace di scegliere fin dove arrivare. Se arrivo a fine vasca e mi impongo (sbagliando) di andare oltre che differenza c'è con l'arrivare alla fine del cavo e decidere di andare oltre (sbagliando) anche se forse non ne ho oppure se vedendo un pesce in lontantanza tiro l'apnea più di quello che devo (sbagliando) sperando che il pesce si avvicini? E' sempre il tuo cervello che decide.

    Non c'è nulla di innato proveniendo dalla pescasub, dalla piscina, dal nuoto a da altro ancora...

    Non sono d'accordo...

    Esistono le "abitudini", ossia quegli atteggiamenti che se ripetuti continuamente, negli anni, diventano automatici e che per questo prendono anche il nome di "automatismi".

    Penso che si possa essere d'accordo che nella pesca, non essendo l'apnea il fine ma solo il mezzo, ed essendo necessaria una grande lucidità mentale che non ci può essere con le contrazioni diaframmatiche e la crescente sofferenza che ne deriva, il momento in cui l'apnea viene interrotta sia generalmente più lontano dal b.o. rispetto a quello in cui ad interrompere l'apnea sia un apneista puro.

    Il concetto di limite dell'apnea, solitamente, è connesso alla finalità dell'apnea stessa...

    Ovviamente esistono le cattive abitudini (il pescatore ragusano recentemente scomparso, ad esempio, aveva probabilmente delle pessime abitudini e lo dimostra, oltre che una profondità operativa anomala per la stagione invernale [attorno ai 30m], anche e soprattutto il fatto che poco tempo prima della sua scomparsa, un amico l'avesse già "ripescato" mentre stava adagiato su un fondo di 15m, in sincope [ vox populi]) così come la possibilità che un automatismo possa essere "forzato", per vari motivi, ma posso assicurare che per chi ha sempre fatto apnea per pescare, prende pesci con una certa costanza (quindi è un pescatore capace) ed è poco avvezzo agli allenamenti in piscina, scegliere di non risalire non appena avverte la sensazione di fame d'aria (quindi ancora prima della prima contrazione diaframmatica) equivale ad una forzatura di un automatismo acquisito in anni ed anni di pratica...

    Concordo.

  2. La dinamica dell'incidente sembra ormai chiarita proprio dalle immagini. Il fucile è uno solo e c'e' un solo pesce. E' il montaggio fatto dai giornalisti, a proprio uso e consumo, a fare confusione.

    La tragica sequenza degli eventi in base a quanto mi hanno detto persone che hanno visionato il video originale ed in base a quello che si vede dal montaggio pubblicato su internet dovrebbe la seguente:

     

    Bruno spara una grossa ricciola sul relitto ed inizia la risalita. La ricciola si butta subito tra le lamiere e cerca di libersi, incastrando la sagola. Bruno interrompe la risalita ed anzi forse torna giù di qualche metro trazionando e liberando la sagola. La sagola si libera e la ricciola passa velocissima vicino a Bruno che inizia nuovamente la salita mentre la ricciola si fionda nuovamente sulle lamiere. Durante la risalita Bruno, molto probabilmente, va in sincope (chi ha visto il video integrale dice proprio negli ultimi metri) e molla il fucile che la ricciola si trascina sul fondo fin quando non si libera definitivamente.

    Ha quasi certamente invertito la risalita per liberare la sagola ed è andato probabilmente in sincope ipossica, visto che non ha nemmeno tentato di liberarsi della cintura dei piombi; se avesse avuto delle contrazioni forti, vista l'esperienza, forse l'avrebbe fatto. Questo vuol dire una preparazione sbagliata all'immersione, con un' eccessiva ventilazione: aggiungiamoci poi il fatto di pescare da solo a un miglio dalla costa e a 28 m, su un relitto e il quadro nella sua negatività è completo.

    Che Dio abbia misericordia di lui. Un pensiero al dolore di chi lascia.

  3. Io per esempio non sento chiaramente le contrazioni. Più volte me lo sono chiesto in passato questa domanda cercando di capire ciò che in me corrispondesse a ciò che vien sempre definito "contrazioni", intese come più spasmi, piccoli ma ben distinti, del diaframma. Sento invece una, come dire, pressione/tensione crescenti nel diaframma, e tutta una serie di sensazioni che ormai conosco e che mi fanno capire di essere "in riserva". Gradirei tanto sentire altri pareri simili (o differenti) per far chiarezza anche su me stesso. Credo che affrontare umilmente questi temi senza tabù sia utile e necessario a tantissimi.

    Puoi fare una semplice prova a secco: espirando totalmente e restando in apnea, mettiti il palmo della mano all'altezza dello sterno, vedrai che da lì a breve comincerai a sentire le contrazioni, che non sono altro che un movimento del diaframma che assomiglia al singhiozzo.

  4. Qualcuno, mi pare il solito Chiesa, ha affermato che il 20% delle persone non avverte le contrazioni.

    Sarebbe interessante capire se parla dell'assenza di contrazioni in ogni situazione o se in una condizione specifica. Nel libro di Armando Lombardi la parte di fisiologia dell'apnea di Chiesa parla del passaggio da una fase di benessere ad una di sofferenza con comparsa della fame d'aria e delle contrazioni diaframmatiche con valori di PaCO2 dell'ordine di 46mm Hg. Dice anche che questa seconda fase è variabile da soggetto a soggetto senza specificare altro. L'allenamento comporta risarmio di O2 e una riduzione dell'acidosi (se aumenta il consumo metabolico aumenterà anche la produzione di CO2).

    Da quel che ho capito si intende assenza in ogni condizione di contrazioni; ho un amico che ha esattamente questa situazione.

  5. Vare stai dicendo una cosa molto importante e cioè che la comparsa dei sintomi e i sintomi stessi sono influenzati da cosa si sta facendo e soprattutto dal tipo di preparazione che abbiamo fatto; venendo perciò alla tua domanda iniziale. è evidente che i segnali che avrò a fine apnea tra un percorso ipercapnico e un massimale saranno molto diversi.

    Infatti io percepisco le due cose in maniera molto differente, il mio post era proprio per capire se per tutti ci fossero sensazioni analoghe alle mie, cosa che a parte una persona, finora avete confermato tutti. La mia domanda scaturisce anche dal fatto che a differenza di alcuni amici con cui mi alleno io ci metto molto prima di sentire le contrazioni. Quando ho cominciato a fare pesca e poi apnea ero preoccupato perché pensavo di non sentirle, pensavo di andare avanti senza accorgermente. Di rischiare senza rendermene conto. Ho un amico che sente usualmente il primo accenno di contrazione a 25m di dinamica, poi prosegue tranquillo sapendo che le "vere" contrazioni arrivano molto dopo; io invece percepisco inizialmente la fame d'aria, una lieve sensazione di disagio all'altezza della gola, e mi è capitato di chiudere 75m senza sentire le contrazioni. C'è stato un periodo in cui ero in dubbio se io non riuscissi proprio a percepirle e dovessi ascoltare altri segnali. Poi quando ho cominciato a fare qualche allenamento con recuperi più brevi ho finalmente capito come percepisco le contrazioni. Le avevo anche io, ma non ero mai arrivato alla vera soglia per percepirle. Per questo all'inizio mi sentivo molto stranito e l'ipercapnico è stato un modo per togliermi il dubbio che io non sentissi le contrazioni diaframmatiche. Questa variabilità personale nella percezione dei segnali è quello che mi ha spinto ad aprire un post sul confronto delle sensazioni.

    Qualcuno, mi pare il solito Chiesa, ha affermato che il 20% delle persone non avverte le contrazioni. E' comunque sintomatico che l'aumento della preparazione diminuisca l'intensità delle contrazioni. Ancora la settimana scorsa sono arrivato a 66 m senza sentirle, avendo aumentato volutamente i tempi di recupero. Il pericolo se si forza, è la sincope ipossica, che arriva direttamente senza samba. Per quanto mi riguarda ho notato gli stessi sintomi premonitori, sia durante la statica, che un percorso ipossico, che un massimale con lunga preparazione: consistono fondamentalmente in un calore diffuso al petto, che poi tende a irradiarsi verso il collo e la testa, seguito subito dopo da un progressivo intorpidimento generale. In queste condizioni le contrazioni sono molto flebili, quasi non avvertibili, anzi è facile per l'abitudine praticamente non farci neppure caso. D'altra parte, in questa situazione, non ci si deve assolutamente basare su di esse, in quanto ormai si viaggia verso una rottura per mancanza di ossigeno, che avverrò certamente prima di quella per CO2.

  6. Sicurezza significa non arrivare alla samba e non arrivare alla sincope! Fino lì non ci sono dubbi e non c'è nessuna didattica o scuola che afferma il contrario. In nessun corso verrà mai detto il contrario. Se poi ognuno decide di suo spontanea volontà di rischiare penso che sia una sua responsabilità, ma questo succede in motocicletta, in montagna, in tanti sport in cui puoi deliberatamente alzare l'asticella del rischio, ma non ci sarà mai nessuno che te lo impone. Ma non sarà mai l'istrutture di un corso a dirti questo. In un corso base o avanzato si insegna altro. Se qualcuno vuole andare oltre è una sua scelta e non una imposizione. Alzare deliberatamente il fattore di rischio è una cosa che succede anche nella pesca in apnea altrimenti non si apiegherebbero tanti incidenti anche di giovanissimi con una lunga sequela di morti ogni anno. Ma non è in un corso di apnea che ti insegnano a tirare l'apnea pur di prendere un pesce. Invece in questo topic c'è la continua illazione che certi corsi/didattiche/istruttori/ vogliano portarti a rischiare la pelle.

    Nella fattispecie se faccio un allenamento ipercapnico su distanze medie so benissimo che percepisco le contrazioni molto più distintamente di quello che mi succede quando faccio una statica molto lunga, ma questo non significa che io esca dalla statica solo quando percepisco lo stesso tipo di contrazioni che ho nell'allenamento ipercapnico in dinamica. Mi sembra che ad un certo punto ciascuno debba avere la consapevolezza di se stesso senza dare colpe ad altri se ha sbagliato. Ci sono fior di campioni di pesca che hanno avuto incidenti. È stata colpa dell'allenamento in piscina per cui ho aperto il topic? Non penso proprio.

    Vare stai dicendo una cosa molto importante e cioè che la comparsa dei sintomi e i sintomi stessi sono influenzati da cosa si sta facendo e soprattutto dal tipo di preparazione che abbiamo fatto; venendo perciò alla tua domanda iniziale. è evidente che i segnali che avrò a fine apnea tra un percorso ipercapnico e un massimale saranno molto diversi.

  7. Buongiorno,

     

    sono rimasto favorevolmente impressionato dalla presentazione che in un video, Francesco Natoli (Ciconat) fa delle vostre pinne al carbonio; in particolare mi ha molto incuriosito l'angolazione data dalla scarpetta alla pala: si tratta di un vostro progetto o è un qualcosa di già esistente sul mercato? Quali sono le condizioni di vendita?

     

    Grazie e auguri di buon Natale.

     

    Ciao Flavio ,le pinne che usa Cico ,sono in composito ,non in carbonio ,questo a differenza del carbonio ,da una risposta più fluida affatica meno la gamba .L'inclinazione a 27 gradi l'ho presa da una pinna Australiana molto usata in Oceano ,io non ho inventato nulla . Questa inclinazione ti permette di aumentare considevolmente le prestazioni ,sia in superfice che sott'acqua facendoti risparmiare parecchio ossigeno .

    Le sole pale costano 220 euro , 300 euro montate su scarpetta Mares o Patos e spedite .

    Questo prezzo è un'offerta per gli iscritti a AM .

    E' possibile usare una scarpetta della Dessault? Che tipo di composito è?

  8. Buongiorno,

     

    sono rimasto favorevolmente impressionato dalla presentazione che in un video, Francesco Natoli (Ciconat) fa delle vostre pinne al carbonio; in particolare mi ha molto incuriosito l'angolazione data dalla scarpetta alla pala: si tratta di un vostro progetto o è un qualcosa di già esistente sul mercato? Quali sono le condizioni di vendita?

     

    Grazie e auguri di buon Natale.

  9. Omissis....

    Ci sentiamo in privato.. :)

    Grazie Luigi a presto ti contatto ed anche al caro Prof. Vlad.

    Tiz

    Grazie delle informazioni! E' una vita che mi porto appresso sto problema e ultimamente mi ero convinto che si trattasse di reflusso gastrico; ora spero finalmente di togliermi di dosso questo fastidio, che tra le altre cose con ogni probabilità poteva anche allarmare i pesci, per questo mio frequente tossire. :thumbup:

  10. A me continua a sfuggire un concetto.

    Mi sembra ormai assodato che chi incorre in un incidente non abbia deliberatamente ascoltato i segnali del proprio corpo o non abbia avuto modo di conoscerli: insomma come la si rigira sempre una responsabilità del soggetto.

    Ora, quello che mi chiedo ed é ció a cui voleva arrivare la mia (ritenuta) sciocca domanda è questo: ma se neanche la medicina è scienza certa in grado di associare un'unica causa ad un sintomi e non è in grado con certezza di garantire il risultato del proprio intervento a causa delle infinite variabili del corpo umano, mi spiegate come si puó sostenere che i segnali che lancia il corpo all'apneista siano sempre inequivocabili e che alla loro presenza corrisponda sempre una determinata conseguenza immutabile?

    Spero che questa riflessione meriti una risposta...

    Io parlo per me e premetto che certe cose non mi sognerei certamente di insegnarle a un corso di apnea. Inoltre mi riferisco solo e unicamente ad allenamenti in piscina.

    La mia prima esperienza di andare oltre le contrazioni risale ad oltre trent'anni fa e si risolse in una leggerissima samba, consistente nella parziale difficoltà in uscita di aggrapparmi al bordo della piscina. Da allora non ci ho più tentato sino alla prova di dinamica, fatta diversi anni fa per il conseguimento del brevetto di 3° livello. Dopo il raggiungimento della misura (75m), volli tentare di superarla spinto dall'entusiasmo e lì forzai, uscendo apparentemente cosciente, ma di fatto completamente bloccato, respirazione compresa; bastò però che l'istruttore mi toccasse perché tutto per me rientrasse nella normalità, praticamente non rendendomi assolutamente conto di quanto successo. Fu in seguito usciti dalla piscina che mi venne spiegato che ero andato in "samba" pur senza movimenti scomposti. Ho analizzato molte volte quanto mi era successo e sono arrivato infine a decifrare quali furono i segnali che il mio corpo mi aveva segnalato e io volutamente non avevo ascoltato. Da allora mantenendo un allenamento in piscina piuttosto costante, ho sempre di più affinato questa sensibilità, arrivando a provarli quasi in ogni seduta, senza mai aver il benché minimo incidente. Nella fattispecie, parlo di dinamica naturalmente, non sono altro che quelli descritti nei due casi e che trovano una spiegazione fisiologica nel testo di Wikipedia che ho evidenziato. Spero di averti risposto.

  11. Dall'articolo "La fisiologia dell'immersione in apnea" di Ferruccio Chiesa:

     

    " Il tempo intercorrente tra la fine delle contrazioni diaframmatiche e il black-out è variabile, da soggetto a soggetto, mediamente tra 20 e 40 secondi."

    Ed è sempre uguale nello stesso soggetto?

    Spero tu stia scherzando...

    Flavio chiedere è lecito, rispondere è cortesia... ;)

    Ed allora Come si fa a capire quando saranno 20 i secondi o 40?

    Dovresti chiederlo a Chiesa non a me: ti garantisco che non gli ho fatto da cavia.

  12. Il problema quando si fa un massimale è chi comanda e come. Sappiamo, o meglio conosciamo quali differenze ci sono tra un massimale in statica, in dinamica, in costante o in in dispnea (rigorosamente in piscina)? La mia esperienza personale mi dice che, tranne naturalmente la statica, è sempre l'ipercapnia. Voi che ne dite?

     

    Purtroppo debbo contraddirti ma quando fai un massimale normalmente si ha una forte ipossia, infatti, a meno che tu non faccia un massimale a velocità sostenuta andrai prettamente in ipossia. A mio parere ciò che rende di più in termini di metri e performance secca sono gli allenamenti ipossici. Gli allenamenti ipercapnici sono ottimi per imparare a gestire le contrazioni, la fase di sofferenza, tolleranza al lattato, ed è adatto per lo più a coloro che pescano fino a 10/15 mt con tuffi brevi.

     

    @Vare, andre se vuoi allenarti molto sulla fase di sacrificio consulta il tuo istruttore per programmare magari qualche allenamento in espirazione FRC, un'ottima cosa è fare statica + dinamica partendo alla prima contrazione. Idem per allenarti a secco, un ottimo allenamento è fare apnee statiche sempre in espirazione. L'espirazione deve essere passiva ossia in FRC, questo tpo di allenamento ti aiuta in maniera pazzesca a rilassarti durante le contrazioni, a sperimentare nuove sensazioni. Per quanto riguarda il cardiofrequenzimetro il polar rs100 (dovrebbe essere questo il modello base), va benissimo per allenarti anche in acqua, inoltre la fascia wearlink è compatibile con il computer subacqueo galileo e regge fino a 200 mt.

    Le sensazioni che provo a fine apnea sono diverse tra un percorso ipossico e uno dinamico, fatto generalmente alla velocità di 1m/sec. Questo coincide con quanto afferma Chiesa negli articoli citati; potrebbe comunque trattarsi di un impressione soggettiva: comunque per non uscir dal tema o suscitare nuove polemiche, credo sia meglio lasciar cadere il discorso.

  13. Per capire il perché delle polemiche che da sempre queste discussioni generano, non si può dimenticare che questa è una sezione comunque appartenente ad un forum di pesca in apnea. Forse per i più è difficile non pensare all'apnea in funzione della pesca.

     

    Alla luce di questo domando: tutte queste metodiche di avvicinamento o raggiungimento del proprio limite, influenzano poi in qualche modo l'apnea finalizzata alla pesca? E in che modo?

     

    :bye:

    Io vivo al mare, vado a pescare e vado regolarmente in piscina. Ho visto coi miei occhi esperti e dotati pescatori, andare in affanno in due metri di acqua dolce; il perché è presto detto, tecnica insufficiente e scarso autocontrollo fisico ed emotivo. Usciti dal loro schema solito, vanno in difficoltà e a volte addirittura in affanno. La piscina mi ha permesso di conoscermi meglio e di comprendere in parte i miei limiti. Inoltre l'affinamento tecnico e l'allenamento che ne ricavo, mi permettono una migliore gestione dell'apnea in mare. Pescando so a priori, di non dover entrare mai per nessun motivo nella fase di sofferenza, a meno di non trovarmi in acque veramente basse e in presenza di una preda che lo meriti: comunque sempre molto distante dai livelli che ho sperimentato in piscina. Considero l'aspetto la tecnica più subdola e pericolosa, poiché se mal gestita può causare una sincope ipossica, il cosiddetto black-out; forse è per questo che anche in acqua bassa, difficilmente arrivo a due minuti, pur avendo un massimale di statica di cinque. Chi veramente rischia, non è chi fa cento metri in dinamica, sfiorando i propri limiti, ma chi pesca a 25/30 m in mare e poi in piscina ne fa a fatica 50.

  14. Ciao Flavio! Ti ringrazio per la risposta. Comprendo la tua ritrosia nell'affrontare certi argomenti, però mi dispiace non poterne parlare perché alla fine un post che parla di un determinato allenamento può essere di danno per qualcuno alla stregua di uno dei tanti video che raccontano di catture con agguati e aspetti portati a profondità (per moltissimi) siderali. Mai nessuno se l'è presa con i video per l'ipotetica mania emulativa che possono scatenare. Penso ben più delle ripetute ipercapniche, in cui alla fine ti rimane solo la fatica e neppure l'ombra di un pesce.

    L'anno passato ho frequentato il corso avanzato di apnea con didattica AA, durante il quale ho trovato molta disponibilità a discutere per lungo tempo di fisiologia e allenamento. Questo mi ha spinto a proseguire oltre nel cammino, mi sono dato altri obiettivi (che non è detto che arrivino ma lo spero) e a continuare con loro l'allenamento. Proverò l'apnea a secco, non ho lo stepper ma ho un tapis roulant se va bene ugualmente. Tra l'altro mi interesserebbe molto provare anche ad usare il cardiofrequenzimentro in acqua per visualizzare gli andamenti ma purtroppo non ne ho uno adatto alla subacquea.

    Grazie

    Andrea

    Un tapis roulant va benissimo e per quanto riguarda il cardiofrequenzimetro ho notato che usandolo in acqua bassa i risultati non sono molto diversi che a secco. Se per corso avanzato di AA intendi il 3° grado va bene, altrimenti il mio consiglio e di continuare fino al suo raggiungimento, poiché è proprio qui che si incominciano a raggiungere livelli impegnativi e si gettano le basi per gestirli. Per tua conoscenza vorrei informarti di alcuni articoli mi pare di Ferruccio Chiesa sulla rivista Pescare Apnea, che purtroppo ha cessato di essere pubblicata; in essi si distingueva chiaramente tra "samba" e "black out", argomentando il tutto in maniera seria e rigorosa; mi riprometto di cercarli in soffitta dove probabilmente son finiti. Sempre restando nell'ambito di condizioni limite, questa voltà però rivolte all'allenamento ipossico ti segnalo un vecchio articolo apparso su AM, a mio avviso molto istruttivo su alcuni parametri forse un po' troppo scontati: http://www.apneamagazine.com/articolo.php/981 :bye:

  15. vedo che disappunto che la mia discussione e l'argomento che volevo fosse affrontato è stato solo un pretesto per andare a polemizzare su altri argomenti, sui cui vi sarete scontrati precedentemente e di cui sono all'oscuro. Io non ho parlato di mare, non ho parlato di pescasub, non ho parlato di assetto costante etc.

    Si percepisce chiaramente che qualcuno fa polemica solo per il gusto di fare polemica, ignorando l'argomento per cui ho aperto il topic. E infatti rispondete a tutt'altro.

    Ho SOLO parlato di allenamento in piscina e apnea dinamica.

     

    Se vi volete scornare facendo finta di ignorare ciò che realmente è stato scritto, apritevi un topic per conto vostro. Anzi, mandatevi messaggi privati e lasciate vivere un topic che invece state uccidendo a forza di polemica.

     

    Per me i moderatori possono anche chiudere la discussione.

    Di professori e istruttori nella mia carriera scolastica e professionale ne ho avuto tanti, di professori del suddetto genere ne faccio simpaticamente a meno.

    Ciao Vare,

    comprendo il tuo disappunto e lo condivido. In effetti la tua era una domanda specifica e sicuramente di grande interesse generale. Non entro nel merito di certi commenti, su cui in realtà molto ci sarebbe da dire in negativo, ma evito per non alimentare una dispendiosa polemica. Io per primo però devo ammettere di avere una certa ritrosia ad affrontare argomenti del genere; innanzitutto per la paura che male interpretati possano essere di danno a qualcuno, questo anche a causa della soggettività di certe esperienze, poi non lo nascondo, per una certa gelosia di un qualcosa che, come nel mio caso è comunque costato anni e anni di attività mirata e quindi sacrifici. Detto questo prima di entrare nello specifico ritengo basilari due cose: la prima è che per agire in situazioni al limite delle proprie possibilità, è assolutamente necessaria una visita annuale presso un centro medico sportivo, con elettrocardiogramma sotto sforzo con cicloloergometro, (assolutamente no con il classico scalino) la seconda è che comunque si abbia perlomeno un brevetto di 3 livello di apnea, meglio se di AA.

    A questo punto invito tutti coloro che hanno questi requisiti a munirsi di cardiofrequenzimetro e stepper e fare un'apnea tirata a secco, con la dovuta assistenza ( meglio se in prossimità di un letto o divano) e verificare cosa succede. Non voglio fare l'ermetico, ma questa credo sia la prima tappa per addentrarsi in quel complesso meccanismo che siamo e trarne un qualcosa di costruttivo, sia per le nostre prestazioni che per la nostra sicurezza.

  16. Salve, da anni sono sempre stato un vostro cliente per ciò che concerne

    i fucili oleopneumatici. Titolo la discussione Mirage che peccato, perchè

    non si comprende come una Azienda come la Mares, per me leader nel

    settore, non abbia sviluppato negli anni questo fantastico fucile.

    Mancanza di capacità tecnica,non credo.

    Un vero peccato,se notiamo come il mercato dei fucili vada sempre

    verso la ricerca delle prestazioni.

    Così assistiamo al proliferare di mega Arbalete,che per potere essere

    veramente prestazionali devono essere settati con super mescole e

    fusti di lunghezza oltre i 100, per non parlare poi dei prezzi!

    Fanno forse impressione le famose 30/40 atm. di cui il vostro fucile

    poteva vantare? E che dire di quegli Arba che per avere gittata e energia

    cinetica sufficienti devono ricorrere a machiavellismi impressionanti?

    Forse sarò nostalgico, ma citando una frase non mia, un pò di "ritorno

    al passato" con nuova tecnologia sarebbe gradita,e non credo solo a me.

    Non mi piace pensare promiscuo,quindi a quei sistemi che per quanto originali,

    non sono il progetto di un fucile,ma bensì una elaborazione fine a se stessa.

    Non sono contro gli Arbalete,lo posseggo anche io, ma so cosa è un Mirage.

    Saluti GP

    Se mi è permesso voglio portare una testimonianza a proposito. Sono entrato in Mares nel 1982 come caporeparto montaggio fucili e all'epoca il Mirage era appena uscito di produzione. I motivi mi dissero erano legati all'impugnatura, alla macchinosità del caricamento e non ultimo dal prezzo. Probabilmente anche una maggior delicatezza d'insieme rispetto ai più spartani Sten. Sono comunque convinto che una sua rielaborazione oggi, avrebbe forse più successo di allora.Chissà....

  17. acqua 23° C e acqua velata pesce davvero pochissimo,

    Tanto per darvi l'idea l'altro ieri per photo shotting,ho portato a pesca a Punta Baffe e Punta Manara un certo Jody Lot

    eravamo in 3 ho preso 3 pesci io e jody punto un grosso dentice a Manara e ha cappottato :D

    Facciamo il prossimo mondiale a Sestri L....Comunque il Suunto dà 21°

  18. Simo ti ringrazio per l'articolo bellissimo (che avresti anche potuto evitare di firmare, come t'è stato già detto :D ).

    Non ti nascondo che, a fine lettura, resta un po' di amaro in bocca (almeno nella mia), perché da quel racconto emerge lo spirito di quella che per me era la vera pesca subacquea, cioè una cosa che ormai s'è persa e che probabilmente non tornerà mai più (almeno nelle competizioni).

    Ci siamo snaturati per...cosa?

    Il mare continua ad impoverirsi di giorno in giorno nonostante le gare a suon di cernie siano scomparse e ci siamo castrati: è segno evidentissimo che "il male" non siamo mai stati noi...

    Quella era CACCIA SUBACQUEA, oggi c'è la PIA; abbiamo l'etica e la coscienza ambientale, in due parole: ci hanno fatto il lavaggio del cervello!!

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