Home » Altre discipline » Apnea » Davide Carrera

Davide Carrera

| 9 Febbraio 2002 | 0 Comments

Davide Carrera – Foto: Alberto Balbi

Una piccola premessa: ho avuto l’onore di essere chiamato come fotografo dei record di Umberto Pelizzari e Davide Carrera. Non poteva esserci occasione migliore per scambiare quattro chiacchiere con il neo campione mondiale e primatista di immersione a corpo libero Davide Carrera, che ha accettato con entusiasmo questa intervista per APNEA MAGAZINE.

AM: Ciao Davide, innanzi tutto complimenti per la splendida prestazione che chiude un anno particolarmente importante per la tua carriera. Abbiamo chiesto ad Umberto di commentare la tua performance e lui ha confessato di sperare che questo record rappresenti una sorta di passaggio di testimone ed ha aggiunto che vede in te il suo erede: senti questa responsabilità?

Davide Carrera: Stefania Pelizzari, sorella di Umberto, ha scritto una frase significativa sulla slitta di Umberto: “Nettuno ti saluta e ringrazia, gli mancherai”. Parlando con Umberto di questa simpatica scritta, lui mi ha guardato sorridendo e ha detto: “Ci sarà qualcun altro a tenergli compagnia”. E’ in questo senso che mi piace concepire il “passaggio di testimone”, nel fatto di tenere compagnia a Nettuno, una cosa che faccio molto volentieri.

Per quanto riguarda i record, ce la metterò davvero tutta per continuare a divertirmi e fare del mio meglio: quest’anno credo di aver ampiamente dimostrato di non essere certo il tipo che si risparmia! Se uscirà qualcosa di buono dai miei sforzi, tanto meglio; l’importante per me è continuare a divertirmi per quello che faccio..

Beh, quest’anno hai comunque spopolato!

Guarda, quest’anno il mio obiettivo era quello di entrare in squadra per partecipare ai mondiali.

Mi sono quindi impegnato molto per le selezioni, poi la vittoria ai campionati mondiali mi ha riempito di felicità e dopo il record non esiste aggettivo che possa descrivere quello che provo.

Tornando al record. Soprattutto in considerazione del fatto che è la tua prima prestazione mondiale, penso che la dedica sia fondamentale: a chi va il tuo pensiero?

In questi mesi di allenamento ho pensato spesso a questa cosa, al fatto di dover dedicare questo record a qualcuno in particolare, ma preferisco dedicarlo a tante persone, perché di amici per mia grandissima fortuna ne ho davvero molti e sono loro che mi hanno dato l’energia per fare quel che ho fatto. Per “amici” intendo quelli che sento veramente come tali, anche persone che magari ho visto due volte in vita mia ma che comunque mi hanno lasciato qualcosa, un’emozione o un’esperienza di vita.

Raccontaci un po’ in che cosa consiste l’immersione libera e la tua discesa record?

L’immersione libera consiste nello scendere e risalire con la sola forza delle braccia tirandosi sul cavo guida senza pinne.

Rispetto alle discipline più conosciute è quella più vicina all’assetto costante, perché si opera senza l’ausilio di zavorre, cosa che richiede un notevole sforzo fisico.

Va precisato però che, a parità di profondità, è più “facile” del costante, perché il consumo muscolare delle braccia è minore di quello delle gambe e quindi permette di raggiungere delle profondità maggiori.

I 91 metri sono stati una bella soddisfazione, anche perché la profondità in questa specialità è stata aumentata molto in questa stagione: la mia preparazione iniziale non prevedeva di superare i novanta metri, poi a settembre un ragazzo cecoslovacco molto forte ha portato il record proprio a novanta metri e così mi sono trovato a dover decidere se tentare di superare questa soglia quando ero già’in corsa. Mi sono detto: “Beh, ci sarà da lavorare di più ma si può fare”.

Sono evidentemente soddisfatto di questa scelta e penso di essere molto cresciuto sotto il profilo della determinazione e della fiducia nelle mie capacità in questo ultimo anno. Trovandomi a dover prendere una decisione del genere anche solo un paio di anni fa, probabilmente mi sarei arreso.

Foto: Alberto Balbi

La tua discesa?

La mia discesa è stata parecchio impegnativa per le condizioni del mare,’sembra quasi che al mare non piacciano i record’ ogni volta che si deve fare un record o che Umberto ha fatto un record ci sono state condizioni di mare non proprio semplici, e anche per me, c’era corrente molto forte , che ha reso il tuffo piu’ difficile, pero’ è un po’ un gioco con il nostro amico mare che si diverte a farcela trovare dura per poi provare piu’ soddisfazione nel raggiungere lo scopo

Non si puo’ non notare sul tuo viso una luce diversa quando parli di mare, raccontaci il tuo rapporto con il Sesto Continente.

E’ un grande amico,’ questa mattina ho regalato una maglietta a cui tenevo tantissimo ad un amico che ci ha aiutato tanto in questo ultimo periodo, il comandante del peschereccio che ci ha portato a fare gli allenamenti e il record, su questa maglietta c’è una frase di giovanni verga, ‘” il mare gli brontolava la solita storia la sotto, in mezzo ai faraglioni, perché il mare non ha paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare ‘” ed è proprio così, il mare è bello stare ad ascoltarlo, perché ha sempre qualche cosa di interessante da dire, basta aprire bene le orecchie.

Conosciamo tutti benissimo il pensiero profondo di Umberto pelizzari, in tanti anni di carriera glielo abbiamo chiesto migliaia di volte, mentre penso che noi di Apnea Magazine siamo i primi a fare questa domanda a Davide Carrera: cosa pensi laggiu’ dove il turchino diventa nero e ti ritrovi solo con te stesso?

Si pensa a tante cose, dagli amici che credono in te alla forza del mare, sono tanti pensieri comunque positivi che ti fai passare per la testa quando sei sotto.

Il pensiero più ricorrente in questi ultimi due mesi, comunque, è stato quello di un ragazzo di nome Alessandro che faceva il cameriere sopra la spiaggia dove, da ragazzo, lavoravo come aiuto bagnino.

Lui era appassionato di atletica, e così al mattino ci trovavamo in spiaggia molto presto per andare a correre e fare allenamento assieme.

Questo ragazzo era molto generoso e lavorava per portare a casa un po’ di soldi alla famiglia, composta, dopo la morte dei suoi genitori, dai suoi fratelli e sorelle. Qualche anno dopo si è ammalato di una brutta malattia da cui è riuscito ad uscire, credo come come pochi pochi altri. Ne è uscito con la testa, con una grossa volontà, con determinazione, grinta e soprattutto con un forte attaccamento alla vita. Quando ero sotto pensavo ad Alessandro e mi dicevo: “Cavolo, lui é uscito da una malattia così, vuoi che io non esca da un tuffo in fondo al mare?”

Parte del tuo record appartiene ad Umberto oppure…. è tutto tuo?

Beh, questa è proprio una domanda alla quale non è facile rispondere senza rischiare d’ essere fraintesi. Sicuramente da Umberto ho imparato tantissimo, sott’acqua ma ancor più fuori dall’acqua.

Mi ha dato molto e grazie a lui sono cresciuto come persona e come uomo, ho imparato a vedere la vita da una certa prospettiva; sono felicissimo di avere passato bellissimi momenti con lui e spero di poterne passare altrettanti…..

Però – e sono certo che Umberto non se la prende per quello che vado a dire – questo Record, non per essere egoista, è tutto mio, perché vi assicuro che me lo sono sudato!

Come ti senti e quali sono i tuoi programmi per il futuro.

Mi sento molto bene, mi sto divertendo e quindi continuo sicuramente ad allenarmi come ho fatto in questi anni. Potrei dire che ci ho preso gusto: al di là del primato, quella di Capri è stata un’esperienza fantastica. Due giorni prima del record, facendo un consuntivo del passato recente, mi dicevo che anche se il record fosse andato male, sarebbe stato comunque un periodo fantastico. Il 2001, infatti, è stato un anno di preparazione passato in mare; nei due mesi prima del tentativo di record, dedicati all’allenamento specifico e quindi alla profondità pura, ho avuto la possibilità di di passare molto tempo con me stesso, cercando di capirmi e di conoscermi sempre meglio. Questa sicuramente è una cosa che ti fa crescere e che ti lascia molto….

Riguardo i programmi futuri, ho intenzione di tentare un altro record il prossimo autunno, questa volta nelle acque di casa ad Andora, dove ho le mie radici di apneista e dove ho tantissimi amici che mi aiuteranno nell’impresa. Fare un record in “casa” sarà bello per tutti.

Foto: Alberto Balbi

Allora che fai, al prossimo tentativo attacchi il primato di “Pelo” tentando di superare il maestro?

No, no, no, non potrei mai! Prima di battere il record di Umberto aspetterò che lo faccia qualcun altro e poi, comunque, sono quote da brividi e ci sarà da allenarsi a lungo.

Parliamo di apnea: come testimonia il fiorire di corsi specifici, questa disciplina è in grande espansione. Come vedi lo sviluppo dell’apnea, orientato verso nuovi record o verso l’agonismo, con l’introduzione di gare specifiche magari a squadre come i campionati mondiali di Ibiza?

Sono molto contento che in questi ultimi cinque anni le gare a squadre abbiano avuto un incremento deciso,fino a pochi anni fa l’apnea al di fuori dei record era praticamente sconosciuta.

Queste gare, invece, hanno prima di tutto creato una grande famiglia di apneisti, che quando si ritrovano si scambiano opinioni, idee e consigli; inoltre le competizioni servono ad invogliare i giovani ad allenarsi per un fine e ad avere un obiettivo da raggiungere nell’arco dell’anno.

Del resto, con i record si stanno raggiungendo quote sempre maggiori e di certo non si potrà andare avanti all’infinito. O meglio: saranno sempre più rari e difficili, quindi sempre più significativi, anche perché il valore dei recordmen sarà necessariamente sempre più elevato.

La tua risposta introduce la prossima domanda. Con il fatto che, in linea generale, l’apnea profonda sta raggiungendo quote molto impegnative, non basta più allenarsi qualche mese prima del record per raggiungere il risultato: abbiamo visto ai recenti campionati mondiali di ibiza che gli atleti di punta hanno alle spalle preparatori atletici che li seguono tutto l’anno. Cosa ne pensi?

Mi fa molto piacere, perché comunque prima l’apnea era considerata uno sport di secondo piano, fatto da persone che avevano il proprio lavoro e che perciò potevano dedicavare all’ allenamento solo alcune settimane esprimendosi comunque ad alti livelli. Al giorno d’oggi, invece, bisogna dedicarcisi professionalmente, su tutti i fronti: tanto dal punto di vista fisico che da quello mentale. Occorre ottimizzare alimentazione e preparazione fisica per e trascorrere molte ore in mare. Questo stato di cose sicuramente contribuisce ad innalzare il livello delle prestazioni e di conseguenza a dare spessore alla nostra disciplina e può portarla in breve ad essere considerata uno sport vero e proprio.

Come ti sei avvicinato all’apnea?

Ho iniziato a fare apnea da bambino come molti, giocando con gli amici a raccogliere le conchiglie. Ho sempre avuto un po’ quello che definiscono il fattore “Ulisse”, cioè il voler vedere cosa c’è oltre, la voglia di spingersi un po’ più in là: questo aspetto della mia personalità mi ha portato già da ragazzino ad incrementare un po’ le quote, provando piacere e soddisfazione nello scendere di volta in volta un metro in più, poi ho incontrato Umberto e ciò mi ha permesso di continuare questa grande avventura.

Come hai incontrato Umberto Pelizzari?

Umberto l’ho conosciuto nel ’94 all’Isola d’Elba, dove ero andato apposta per conoscerlo e per vedere i suoi allenamenti. Poi abbiamo sempre mantenuto un contatto fino al ’96, quando Genoni cominciò a fare i record per proprio conto: allora sono entrato a fare parte della squadra come assistente di superficie. Da quel momento ho passato molto tempo con Umberto, soprattutto durante gli allenamenti invernali: stando assieme a lui ho avuto la fortuna di imparare veramente moltissime cose.

Foto: Alberto Balbi

Quanto ha influito sul livello generale dell’apnea italiana la presenza di un grande campione come Umberto?

Sicuramente tantissimo, perché Umberto in questi anni ci ha insegnato tutto quello che c’é da sapere al giorno d’oggi sull’apnea: in undici anni di professionismo ha potuto fare tantissima esperienza e quindi capire tante cose sull’apnea, che poi ha trasmesso generosamente a tutti noi.

Cosa significa per te l’ apnea?

L’apnea significa godere, in forma artistica, il fatto di stare bene e provare delle forti emozioni e delle stupende sensazioni. Ti assicuro che lo faccio solamente per le belle sensazioni che mi fa provare.

Se un giorno dovessi viverla come un semplice “lavoro”, preferirei abbandonare tutto e continuare a fare apnea per il piacere puro e semplice.

Ti abbiamo visto in piscina e in mare testare nuovi materiali, soprattutto ti abbiamo visto delfineggiare con un monopinna, che sorprese hai nel cassetto?

Sì ho iniziato ad usare la monopinna perche ho visto ad Ibiza che gli atleti più profondi utilizzavano tutti la monopinna. I loro tempi, sia in discesa che in risalita erano molto minori dei nostri ed in effetti, dopo poche settimane di prova ho avuto delle belle sensazioni. Prima di esprimere un giudizio e paragonare i due tipi di pinna, però, voglio allenarmi ancora molto.

Il mondiale di ibiza ha scatenato polemiche che erano già nell’aria dopo i fatti di Nizza. Nei record di Capri si è vista la prima conseguenza concreta: nessun giudice A.I.D.A. era presente per l’omologazione del tuo record e di quello di Pelizzari.

Questo ha generato molte polemiche nell’ambiente freediving internazionale, soprattutto da parte di chi ritiene che ogni volta che un atleta fa un record senza l’omologazione dell’A.I.D.A. l’apnea internazionale fa un passo indietro. Come vedi questa posizione e qual è, secondo te, la soluzione che possa dare all’apnea agonistica la credibilità che merita.

Noi abbiamo notato alcune scorrettezze che i giudici francesi hanno commesso soprattutto verso le nostre atlete femminili e, in generale, in questi ultimi anni. Lo abbiamo notato con molto dispiacere, perché noi credevamo molto in questa associazione, anche perché è proprio l’A.I.D.A. che in questi hanni ha permesso all’apnea di svilupparsi e vederla “perdere colpi” per qualche persona un po’ disonesta ci ha rattristato.

Speriamo che si possa ristabilire un rapporto costruttivo con l’A.I.D.A. e che vengano allontanate le persone che ne fanno parte non per passione ma solo per politica.

Per il momento, noi abbiamo deciso di non dare più molta importanza a questa associazione, sperando che si rendano conto che quello che è successo nuoce solamente ad una immagine pulita del nostro sport.

Tempo fa ero a Villefranche ad allenarmi con Gaspare Battaglia e abbiamo incontrato un fotografo francese che diciamo è all’interno dell’A.I.D.A.

Abbiamo parlato un po’ con lui e sicuramente questo inverno andremo ad allenarci con la nazionale francese per mantenere vivo il rapporto con gli atleti francesi – vi assicuro che dopo Ibiza si è stretto particolarmente – e sfrutteremo l’occasione per poter parlare di questi problemi, sperando di trovare una soluzione.

Per quanto riguarda i record, con le omologazioni siamo nella confusione più totale: al giorno d’oggi chi omologa i record in verità sono i media prima di qualsiasi altra associazione!

Comunque si spera che dell’omologazione dei record possa occuparsi al più presto un’ associazione seria che, evitando favoritismi e sospetti, si guadagni una buona credibilità.

Foto: Alberto Balbi

Una parola sul fronte della didattica, dove anche tu sei impegnato in prima linea?

Sono un istruttore Apnea Academy, che è un’associazione che ha permesso all’apnea di avere una didattica. Questo, ai fini della sicurezza, è molto importante: bisogna insegnare a fare apnea in sicurezza, l’A.A. si fonda su questo principio.

I nostri corsi sono sempre gremiti, a testimonianza del fatto che la gente comincia a considerare l’apnea uno sport puro, che come altri – ad esempio le arti marziali – aiuta a trovare anche un equilibrio ed un benessere interiore. Cosa che, in una società frenetica e consumista come la nostra non può fare che bene.

Secondo te questo incremento dei corsi di apnea pura è dovuto al fatto che la gente comincia a mettere il fucile in cantina?

Sicuramente la pesca subacquea non sta attraversando un grande periodo e ci dovrà essere un sicuro rinnovamento dei regolamenti per adeguarsi ai tempi.

Per quanto mi riguarda, contrariamente ad altri penso che il pescatore subacqueo sia una sorta di ecologista: impara a conoscere il pesce, le sue abitudini, i suoi segreti, ne condivide l’ambiente.

Pratica un tipo di pesca molto selettiva, proprio perché nel mare ci vive e impara a rispettarlo, come un indiano pellerossa imparava a rispettare la natura ancora prima di cacciare il bisonte.

Grazie Davide per la tua disponibilità e per la grande lezione di vita che mi hai dato, prima nei magnifici giorni di Capri e adesso a parlare del “mio” mare, spero che di questa chiacchierata ti rimanga un buon ricordo come resterà indelebile dentro di me. Sono sicuro che i nostri lettori avranno imparato un po’ di più a conoscere ed apprezzare il grande campione che sei.

Category: Altre discipline, Apnea

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *