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Dall’Europa l’ennesimo Attacco alla Pesca Sportiva

| 31 Gennaio 2019

Il voto espresso, lo scorso 10 gennaio, dalla Commissione per la Pesca del Parlamento Europeo, ha fatto si che prendesse corpo l’ennesimo attacco frontale nei confronti della pesca sportiva. L’occasione è stata la presentazione della relazione della deputata spagnola Clara Aguilera Garcia, sulla proposta della Commissione di un piano pluriennale per le attività di pesca che sfruttano gli stock demersali nel Mar Mediterraneo occidentale.

La Commissione ha adottato degli emendamenti che puntano palesemente a discriminare qualsiasi forma di prelievo hobbystico, in favore di quello professionale. E benchè l’organo europeo sia il primo a dover ammettere che ben il 93% degli stock ittici analizzati risulta sovrasfruttato e a rischio di imminente collasso, non trova di meglio da fare che puntare il dito contro i pescatori ricreativi.

Tra i vari emendamenti, quello che ha provocato la sollevazione (il n° 8) degli sportivi recita: “Poiché la pesca ricreativa può avere un impatto significativo sulle risorse ittiche, il piano pluriennale dovrebbe fornire un quadro per garantire che siano condotte in modo compatibile con gli obiettivi di quel piano. Gli Stati membri dovrebbero raccogliere dati sulle catture di pesca ricreativa. Qualora tali attività di pesca abbiano un impatto significativo su tali risorse, il piano dovrebbe prevedere la possibilità di decidere misure di gestione specifiche che non rechino pregiudizio al settore della pesca professionale.

Il mantra è sempre lo stesso: sono tutti perfettamente coscienti che lo sfruttamento commerciale è l’unico e il solo responsabile della desertificazione dei nosti mari, ma guai anche solo a provare a ridimensionarlo e porgli un freno. E poi la ciliegina sulla torta è sempre la solita, si vuole far passare il concetto che la pesca professionale sia l’unica a dover disporre degli stock ittici, quasi ne fosse proprietaria per diritto divino.

Peccato che, a sostenere che la pesca sportivo/ricreativa sia un’attività a basso impatto e ad alto valore, soprattutto per le ricadute economiche positive che genera in termini di indotto e occupazione nelle comunità costiere, non siano i ricreativi ma diversi studi commissionati dai ministeri dei membri dell’UE, e persino dal parlamento Europeo stesso.

Tra quelli dei paesi UE possiamo citare quello realizzato dal Ministero dell’Agricoltura Spagnolo nel già nel 2003 metteva nero su bianco (pagina 101) che: “La spesa generata dalla pesca ricreativa nel Mediterraneo spagnolo, supera in modo significativo il valore aggiunto generato dalla pesca professionale. La pesca sportiva rappresenta tra 550 e 650 milioni di euro all’anno contro i 380 milioni di euro che rappresentano la pesca professionale.”

Superfluo far notare che, quanto al prelievo, alla pesca ricreativa lo studio spagnolo riconoscesse un impatto assolutamente risibile, in gran parte ricondotto (rapporto di 5 a 1) alla pesca d’altura al Tonno Rosso, che poi nel paese è stata vietata ai ricreativi a partire dal 2015.

Decisamente più recente, del 2017, è lo studio commissionato dal Parlamento Europeo nel quale si conclude che: “L’impatto economico totale della pesca ricreativa marina ammonta a 10,5 miliardi di euro, sostenendo quasi 100.000 posti di lavoro”.

E se la pesca sportiva produce ricchezza e fa girare l’economia, non si può dire altrettanto per la filiera professionale, i cui costi per gli stati in termini di sussidi hanno raggiunto livelli assurdi, dell’ordine di diversi miliardi di euro, ma senza i quali la pesca commerciale sarebbe un settore in perdita sistematica e inesorabilmente destinato al fallimento.

Alla luce di questi dati, non certo prodotti dai pescatori sportivi, abbiamo o no il sacrosanto diritto di essere trattati al pari della pesca professionale e dell’acquacoltura, in un piano di politica comune della pesca? Ci resta solo da sperare che il Consiglio, la Commissione e il Parlamento non ratifichino passivamente le assurdità introdotte dalla Commissione Pesca…

AGGIORNAMENTO 21 FEBBRAIO 2019

Molti degli emendamenti discriminatori proposti ed adottati dal Parlamento per la pesca ricreativa sono stati cancellati o profondamente riformulati. È stato sancito che il Consiglio debba prendere in considerazione criteri ambientali sociali ed economici quando stabilisce limiti alla pesca ricreativa; inoltre agli Stati Membri è richiesto di raccogliere dati sulla pesca ricreativa dove appropriato.

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