Alcuni giorni fa abbiamo dato notizia di una preoccupante moria di cernie in Corsica, sembra quasi certo che si tratti dello stesso tipo di virus che a fasi alterne sta interessando diverse zone dei nostri fondali, colpendo peraltro specie differenti. Approfittando della nostra diretta conoscenza con il biologo-pescasub Antonio Terlizzi, fra i primi ad occuparsi insieme ai suoi collaboratori del problema, arrivando ad isolarne la causa, abbiamo raccolto il suo parere e ci siamo fatti dare alcuni consigli nel caso in cui ci capiti di avvistare un pesce morto o moribondo con i sintomi della malattia.
Questo fenomeno, ampiamente documentato per i pesci d’allevamento, può avere pesanti implicazioni ecologiche nel momento in cui eventi patologici legati alla presenza del virus si dovessero verificare nell’ambiente naturale. Questa eventualità appare tutt’altro che remota, dal momento che studi recenti hanno evidenziato elevate percentuali di positività al virus (che non significa evento patogeno, che invece si manifesta periodicamente) in pesci selvatici appartenenti ad un gran numero di specie. Particolarmente allarmanti sono i risultati di una studio preliminare condotto da noi nel 2012, che mostrano come il virus sia presente anche in aree poste sotto regime di protezione. Qualora tra i soggetti positivi si dovesse innescare un focolaio infettivo, la compromissione della funzionalità riproduttiva associata alla patologia potrebbe portare in breve tempo al declino della popolazione e quindi, nel caso di popolazioni protette, alla compromissione degli sforzi di protezione.
Per quanto se ne sappia non sussistono pericoli di zoonosi (trasmissione del virus all’uomo) e non esistono soluzioni per la cura di questi esemplari affetti da patologia. Rimane tuttavia un fenomeno da non sottovalutare. Non più tardi di qualche anno fa a Santa Maria di Leuca si sono contati oltre 200 esemplari moribondi, se si moltiplicano per quanti esemplari possono aver contratto la patologia e la cui morte passa inosservata in mare, si può facilmente avere una stima della portata potenziale dell’impatto.
Nel caso in cui ci si imbattesse in esemplari morti o moribondi, con i chiari sintomi della patologia (pesce rinvenuto a galla, talvolta ancora vivo, con la vescica natatoria espansa,gli occhi opacizzati e la pelle in cattive condizioni, clicca per vedere il video del comportamento di un pesce moribondo) si può per prima cosa spedire una foto georeferita via e-mail. In secondo luogo sarebbe bene avere il campione: per ottenerlo è sufficiente congelare il pesce intero, se piccolo, oppure solo la testa se è un esemplare che supera i 2 kg, provvederemo noi in seguito all’invio del corriere per il recupero.”
PER LE SEGNALAZIONI:
Prof. Antonio Terlizzi antonio.terlizzi@unisalento.it
Associate Professor in Zoology
Lab. Zoology and Marine Biology
Dept. of Biological and Environmental Science and Technologies (DiSTeBA)
University of Salento