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Un cernia d’altri tempi

| 30 Novembre 2004 | 0 Comments

Mariano Satta con la preda

Sabato 28 Novembre 2004

Io e Franco Meledina avevamo da tempo pianificato una pescata nella zona di Vignola Mare, nei pressi di Santa Teresa di Gallura. Come sempre Franco si fa trovare sotto casa sua ad Olbia puntualissimo. La pescata viene impostata con partenza da terra e il viaggio di un’ora circa ci porta ad un ulteriore scambio di scelte e strategie.

Arrivati sul posto, un vento da ponente ci porta a iniziare la nuotata verso il bordo di sinistra in modo di riuscire a pescare lontanissimi da terra su delle secchette e sommi avvistati l’anno addietro.
Appena entrati in acqua decidiamo di partire in perlustrazione distanziati di un centinaio di metri, per portarci verso un lontano sommo conosciutissimo da entrambi. Impieghiamo circa un’ora di nuoto da terra per raggiungere il punto prefissato, e in quel momento iniziamo a scorrere il fondale a favore di corrente.
In una prima secchetta riesco a catturare un sarago maggiore in caduta su un fondale di circa 20 metri, e subito dopo Franco avvista due grossi dentici che non ne hanno voluto sapere di avvicinarsi all’aspetto. Scorrono delle ore, ed entrambi catturiamo un altro paio di saraghi. -Durante un mio aspetto si fa vedere una grossa Palamita, sugli 8, forse 10 chili, che come un missile mi passa davanti al fucile ma risulta impossibile da puntare e sparare. Informo Franco dell’avvistamento.

Le ore scorrono, e qualche altro pesce finisce a cavetto, ma la grande fatica di una pescata di 7 ore si fa sentire tutta. Nel rientrare verso terra accuso stanchezza alle gambe, e piano piano raggiungo l’auto pinneggiando controcorrente. Un mese di quasi totale inattività per dei motivi familiari si è fatto sentire.
Durante il viaggio di rientro pianifichiamo per una pescata/ricognizione nelle zone che vanno da Vignola Mare a Portobello di Gallura.

Domenica 29 Novembre 2004

Arriviamo a Vignola Mare verso le ore 7 del mattino, l’aria gelida si fa sentire mentre indossiamo le mute. Decidiamo di dividerci in due zone a scorrere. Franco decide di andare in perlustrazione da Vignola al parcheggio di Portobello ed io di perlustrare la zona davanti a Portobello, dove recentemente ho catturato una grossa Leccia da 23 chili.
L’obiettivo è quello di marcare pesce in zone prefissate, conosciute molto bene da entrambi: Franco deve visitare un lungo tratto di sottocosta per vedere se sono arrivate le spigole, e dopo metà tragitto deve passare in rassegna delle risalite non troppo lontane da terra, con tane di saraghi e corvine.
Io decido di visitare due secchette dove in precedenza abbiamo avvistato cernie, saraghi e corvine, ed un altro punto dove Franco aveva visto una cernia di circa dieci chili.

Mariano Satta e Franco Meledina con l’enorme cernione

Lasciato Franco effettuo lo spostamento in auto a Portobello ed entro in acqua anch’io. Rispetto alla zona di Vignola mi trovo con una forte corrente contraria e acqua sporca, ma punto deciso verso la tana della cernia da 10 chili, che raggiungo in un’ora circa di nuoto. Piano piano da galla passo in rassegna i grossi massi ma non avvisto niente, prendo fiato e m’immergo a scorrere in un lungo agguato, ma non vedo niente: il tentativo di insidiare la cernia è fallito.
Mentre eseguo dei tuffi d’ispezione delle tane sparo un grosso cappone che consola un po’ l’avvistamento mancato.

Decido di portarmi sulla secca che è stata teatro della cattura della grossa leccia, e dopo una ventina di minuti sono sopra i primi massi. Preparo accuratamente un tuffo poiché la visibilità dall’alto non mi consente di pescare a vista. Scendo e quando mi trovo sui ’15 avvisto un branco gigantesco di barracuda, sgancio il piombo mobile e raggiungo il fondo molto obliquamente, per poi appostarmi sui -20. Il grosso branco dei barracuda accenna ad allontanarsi, ma poi, incuriosito, esegue un mezzo giro fino a portarsi davanti al mio arbalete… saranno stati più di cinquecento pesci. Li osservo quasi incantato, e decido di spararne uno dei più grossi tentando la coppiola.
La sagoma sfilata del grosso viene trafitta dalla tahitiana ma la coppiola fallisce. Porto su il Barracuda e vedo che l’intero branco rimane sotto di me, decido di lasciarli stare rinunciando a spararne degli altri, uno l’ho considerato sufficiente per una eventuale cena.

Controllo gli anfratti e i budelli delle cernie avvistate nelle pescate precedenti ma, salvo i barracuda, il fondale si presenta deserto. Mi sposto ancora verso un altra secchetta dove catturo un grosso marvizzo ciliegia. Il vento e la corrente aumentano, e la stanchezza del giorno precedente inizia a farsi sentire. Giro di bordo e mi porto a scorrere il fondale puntando ad un eventuale incontro con Franco.
Arrivato all’altezza del parcheggio vedo una sagoma umana sopra una collinetta, l’effetto controluce m’impedisce di vedere se si tratti di Franco oppure no, così decido di puntare a terra pensando che anche Franco possa aver accusato stanchezza. Lo chiamo e lui mi corre incontro, stanamente con la muta indosso: mi informa che alcune ore prima, verso le tane delle corvine, aveva avvistato una grossa cernia stimata sui 15 chili, e che aveva fatto un tentativo di centrarla, ma l’asta non aveva trafitto il pescione.
Impossibilitato a vederla dentro la tana sui 20 metri aveva dovuto desistere, continuando la sua pescata con la cattura di una bella spigola e la perdita di un’altra.
Senza esitare decidiamo di andare a visitarla: visto che si tratta di un bel pescione, è preferibile tentarne la cattura che andar via con il rammarico di non aver almeno provato.

Andiamo all’auto, dove lasciamo parte delle attrezzature. Porteremo lo stretto indispensabile: un pallone, il 90 di Franco, il mio 80 e un siluro gonfiabile. Una lunga camminata di circa un chilometro e arriviamo davanti al punto dell’avvistamento. Tra noi non parliamo, la concentrazione è massima ed entrambi ci conosciamo più che se fossimo fratelli. Come dobbiamo procedere lo sappiamo benissimo entrambi, le azioni e il comportamento sono ormai nel nostro DNA.

Aggancio il pallone al mio piombo mobile e con una breve nuotata siamo sul luogo dell’avvistamento della grossa cernia. Un lungo pietrone a forma di biscotto di fianco ad un sommo è l’unico punto in grado di ospitare la cernia, e su quello concentriamo le nostre attenzioni. Il primo tuffo lo esegue di diritto Franco, con la sua immensa classe raggiunge il fondo dei -20 e s’infila tutto dentro il ‘biscotto’, vedo solo le pinne fuori e sento la fucilata, mi tengo pronto e dopo alcuni secondi esce dalla tana con l’asta in mano, Capisco che ha sparato la Cernia e che la sua asta non aveva fatto presa.
Come risale m’informa che la Cernia è in fondo al budello, e che serve un tiro lungo per colpirla. Prendo fiato e vado giù col mio 80 caricato sulla tacca più potente. A circa tre metri sgancio il piombo mobile e m’infilo agile dentro il budello, accendo la mia ormai inseparabile minimicra, illumino a giorno la tana e vedo la cernia a coda in su che offre tutto il groppone, ma non vedo la testa. Giro il fuile e sparo cercando la spina dorsale, tiro forte l’asta e faccio in modo che l’aletta, limata ad unghia, faccia presa sulle carni in prossimità della spina dorsale. Appena messa intravedo la grossa cernia dare uno scossone, ha accusato abbondantemente il colpo. Una volta risalito mi faccio aiutare da Franco per mettere in trazione il siluro, ci aiutiamo col mulinellino del fucile. Data la grossa stazza del pescione, decido di avvolgere il saolino del mulinello sull’impugnatura del fucile come se fosse un arrotolatore. Iniziamo un su e giù di continui tuffi, tirando a colpetti vediamo che piano piano guadagniamo dei centimetri col pescione, ma non riusciamo a veder il testone, comunque dopo un’ora circa si vede che la cernia si è un po’ indebolita.

Franco esegue un altro tiro dall’ingresso principale ma anche questa volta la sua asta si sfila. Decidiamo di cambiare strategia e dividerci la tana, io sull’ingresso principale e Franco da una spaccatura laterale. Dopo due tuffi Franco spara nuovamente la cernia sul groppone, lo scopo e quello di far sollevare la testa alla cernia. Dopo tanti tuffi suoi e miei riusciamo nell’intento di vedere la testa.

Franco Meledina con l’enorme cernia

Eseguo un tuffo ben preparato, mi infilo nel budello e nel pulviscolo della tana la vedo quasi tutta di lato, la stimo sui venti chili ma mi curo più della sua posizione nella tana che del suo effettivo peso. In risalita indico a Franco di aumentare la trazione del pallone che immediatamente esegue. A galla lo informo che se avessimo avuto un altro fucile sarei riuscito a toglierla dalla tana. Franco non se lo fa ripetere due volte: scende, innesta il fucile nell’asta conficcata sulla cernia, gira e tira sfilandogli l’asta dal corpo. Arrivato a galla gli chiedo di caricarmi il suo fucile ed io mi preparo per una lunga apnea ricercando la massima rilassatezza e concentrazione sull’azione da compiere.

Scorrono lunghi secondi mentre Franco riarma il fucile ed io sto attento a non iperventilare. Mi passa il fucile, due lunghi e lenti fiati e giù determinato.
Mi faccio cadere a foglia morta, sgancio qualche metro lontano dalla tana il piombo mobile, infilo il fucile nel budello e con la massima calma entro nella tana, vedo il testone e decido di sparare alla cernia davanti all’occhio un po’ sotto, in corrispondenza del muso, affinché l’aletta faccia presa oltre il muso o dentro la sua bocca.
Scocco il tiro e l’asta colpisce esattamente il punto prefissato, tiro il sagolino del fucile in trazione, la cernia si muove e scoda in avanti. Mollo la trazione e tiro il sagolino dell’asta sul muso. La cernia indemoniata esegue un giro dentro la tana, la tiro forte verso l’uscita e lei, possente, sbatte da un lato e dall’altro. Con forza la tengo, esco dalla tana e punto a risalire. Volgo lo sguardo verso la superficie e vedo Franco venirmi incontro, mollo il pescione e riemergo aggrappandomi al pallone’tutto ok.

Dopo qualche secondo Franco è al mio fianco, si assicura che io stia bene e lancia un grido liberatorio di gioia: “E’ più di trenta chili!!”. Il resto è solo gioia e fatica per portarla all’auto, informiamo le mogli via telefono data l’ora tarda (erano passate più di sette ore totali di pesca, di cui almeno due lavorando assiduamente la grossa cernia).

Al peso la cernia risulterà 36 chili, sicuramente una delle più grandi mai catturate da un pescatore in apnea nel nostro mare.

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