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Storia di una Sincope: Gli Enormi Dentici di Lozari

| 23 Dicembre 2019

Con questo racconto, prosegue il nuovo progetto editoriale orientato alla sicurezza in mare. La sincope, ancora oggi, è un tabù di cui non si parla volentieri. Non si raccontano le proprie disavventure anche per paura di essere giudicati, in maniera sprezzante, da chi si sente infallibile. Eppure le esperienze degli altri ci possono insegnare tanto, soprattutto perchè sott’acqua c’è molta più fortuna e meno consapevolezza di quello che pensiamo.

Che ti sia o ti abbiano salvato, che abbia salvato o perso un amico, puoi raccontarci la tua storia, scrivendoci una e-mail ad apneamagazine15@gmail.com. La pubblicheremo (anche in anonimo se preferisci) perchè possa essere d’aiuto per tutti.

di Luca Limongi

È un racconto piuttosto lungo ma credo valga la pena leggerlo, soprattutto se siete persone che vivono il mare anche sotto la sua superficie…ma forse è un po’ per tutti.

Era la mia prima estate da maggiorenne e, con la mia fidanzata del tempo, avevamo organizzato una fantastica vacanza tra Corsica e Sardegna. Partiti in macchina da Torino e traghettati sull’isola Corsa, ci fermammo al nord in un campeggio a Lozari, prima di Ile Rousse. Il posto era fantastico, poco affollato, con un mare strepitoso, e anche senza imbarcazione immaginavo catture fantastiche.

Mi alzavo all’alba, attraversavo la strada litoranea e, passando sotto le alte piante di eucalipto, osservavo civette, conigli e i tanti animali che girovagavano tranquilli sulla fascia a ridosso del mare. Entravo in acqua al limite della spiaggia dove iniziava la zona rocciosa, caratterizzata da un colore misto di rosso e arancio, davvero bellissimo.

Alla Ricerca di Dentici e Ricciole

La visibilità era eccezionale e il fondale molto luminoso grazie alle chiazze di sabbia bianchissima. Il mare era davvero diverso da quello a cui ero abituato, le catture non si fecero attendere e nei giorni seguenti cominciai anche a regalare qualche pesce ai vicini di tenda.

La Corsica però era famosa per i dentici e le ricciole, prede difficili che ancora non ero riuscito a catturare dove pescavo abitualmente, quindi cominciai a ragionare su come modificare le mie battute di pesca per finalizzare una cattura importante. Con l’auto iniziai a percorre la costa rocciosa cercando il punto più interessante e lo individuai quasi subito.

Il Posto Giusto

La costa rocciosa in quel punto diventava più “selvaggia” e, per poter raggiungere il mare, occorreva percorrere un piccolo e ripido viottolo. Era una stradina abbastanza scomoda da percorrere con l’attrezzatura in spalla, soprattutto nella fase di ritorno in salita, ma il mare sottostante era incredibile, con lunghe lame di roccia che sprofondavano nell’acqua cristallina.

Quello era il posto giusto, ne ero sicuro! Il giorno dopo la mia fidanzata mi accompagnò in auto durante il pomeriggio, per poi venirmi a riprendere prima di cena. Entrato in acqua le lame di roccia alternate a sabbia e posidonia erano ricche di vita, saraghi, occhiate, qualche tordo e migliaia di castagnole e altri piccoli pesci nuotavano sul fondo.

Cominciai a dare qualche tuffo di riscaldamento godendomi lo spettacolo, ma con l’idea ben precisa di puntare alla cattura della grande preda. Mentre mi ventilato in superficie, su un fondale profondo 8 o 10 metri, cominciai a notare che i pinnuti sotto di me avevano un comportamento strano: pian piano si schiacciano sempre più verso il fondo, quasi incollati ad esso.

Un Branco da Sogno

In un attimo apparve quello che avevo sempre sognato: un immenso branco di grossi dentici cominciò a cacciare in modo frenetico le piccole castagnole, ignorando completamente la mia presenza. Il cuore cominciò a battere a mille e cercai di preparare il tuffo al meglio, anche se l’agitazione stava prendendo il sopravvento.

Effettuai la capovolta e, mentre raggiungevo il fondo a poca distanza, il branco di grossi dentici si apri sotto di me lasciandomi poggiare proprio al centro di uno spettacolo incredibile. Ero completamente in balia della mia vista, pesci di 5,6,7 e anche 10 chili sfrecciavano in tutte le direzioni in caccia di un piccolo pesce da predare.

Dopo un attimo di smarrimento cercai di inquadrarne uno, era veramente grosso, forse oltre 6 chili. Mirai in tutta fretta e il colpo andò a segno ma troppo basso, il pesce con una reazione violentissima si liberò dell’asta e fuggi verso il largo. Ero incredulo e ritornai a galla in preda a una delusione insopportabile, sia per aver perso la preda che per averla ferita inutilmente.

Altro Tentativo, Altra Delusione

Mi calmai, pian piano riarmai il fucile e cominciai a nuotare lentamente nella direzione verso cui avevo visto allontanarsi il branco. Con mio grande stupore ritrovai i grossi pesci poco più avanti, il fondale era di circa 15 metri e, seppur un po’ allarmati dal precedente tiro, continuavano a nuotare sotto di me, in modo diverso da prima, ma abbastanza tranquilli per tentare nuovamente la cattura.

Mi preparai con molta calma e, giunto sul fondo, cominciai a osservare il carosello di pesci a non molta distanza da me. Alcuni grossi esemplari si staccarono dal branco e cominciarono a nuotare decisi nella mia direzione, con fare quasi aggressivo. Sembrava più per intimorirmi che per loro curiosità. Nuovamente un grosso esemplare arrivò a tiro, ma il risultato fu esattamente come il precedente e anche questa volta la cattura fallì.

Mentre Stava per Arrivare a Tiro…

Ero matto, incazzatissimo con me stesso e non riuscivo a capacitarmi di quello che stava succedendo. Oramai rassegnato alla disfatta, armai nuovamente il fucile e senza troppa convinzione cominciai a nuotare, forse nella speranza di vedere da galla uno dei pesci feriti, magari morto sul fondo.
Incredibile: erano ancora sotto di me! Mi ero spostato verso il largo al limite con la distesa di sabbia e le sagome scure che nuotavano sul fondo erano inconfondibili, una parte del branco era ancora lì.

Ricomincai a preparare il tuffo, determinato a effettuare la cattura tanto agognata. Raggiunsi il fondo a 19 metri e mi appostati nella posidonia al fianco a una bassa lama di roccia. I grossi dentici erano più lontani e diffidenti di prima e cominciarono a controllarmi a distanza. Il tempo passava e io cercavo di nascondermi sempre di più tra gli steli. Mostrai per un attimo la mia testa al branco, per poi nasconderla subito e un grosso esemplare cominciò a puntarmi deciso, era enorme!

Allineai l’asta pronto a sparare ma mentre lui stava per giungere a tiro, ebbi una sensazione bruttissima, mi resi conto che ero andato oltre. Mi staccai subito dal fondo e cominciai una risalita decisa verso la superficie, che vedevo lontanissima. Giunto a metà del percorso cominciai a sentire irrigidirsi le gambe e, subito dopo, la vista cominciò ad essere difficoltosa, mentre sentivo piccole quantità d’acqua entrare nella mia bocca.

“Non Devo Morire, Non Devo Morire, Non Devo Morire!”

Il mio pensiero andò subito alla mia fidanzata, che probabilmente a quell’ora era sulla scogliera a guardare il mare per vedermi riemergere vicino alla mia boa segna sub. Furono attimi, ma il tempo sembrava non passare mai e la superficie era sempre lontanissima. Sentivo il corpo sempre più rigido e le forze che mi stavano abbandonando. Ricordo come fosse ora, ho la pelle d’oca mentre sto scrivendo, che pensai “non devo morire!”. lo pensai con forza e continuavo a ripeterlo per non perdere i sensi: NON DEVO MORIRE, NON DEVO MORIRE, NON DEVO MORIRE, NON DEVO MORIRE!

Mi accorsi dell’uscita dall’acqua del mio volto, ma ormai vedevo nero e stavo per svenire mentre l’acqua cominciava a entrare copiosa nella mia gola. L’unica cosa giusta che feci quel giorno fu curare con attenzione l’assetto e, essendo positivo in superficie, riuscii a restare a galla con la bocca poco sopra il pelo dell’acqua, quei pochi attimi che mi bastarono a far entrare un po’ di aria fresca insieme all’acqua che mi stava riempendo la gola.

La vista cominciò a tornare e, mentre bevevo e tentavo di respirare, cercavo di ripetermi ancora più forte che non volevo morire. Cominciai a riavere il controllo del mio corpo e tutto torno alla normalità, mi resi conto che ero vivo per miracolo. Mi guardai intorno e, alzati gli occhi sulla scogliera, vidi l’auto e lei che mi aspettava. Guardai anche il fondo, e i dentici erano ancora lì che nuotavano tranquilli sulla sabbia bianchissima. Li guardai per qualche minuto, da galla, pensando a cosa era successo, e poi mi diressi verso riva.

Il Ritorno in Acqua e un Incontro Mozzafiato

Quella sera non raccontai nulla dell’accaduto e la mattina dopo, all’alba, tornai in acqua nello stesso punto per togliermi la paura, ero terrorizzato di non riuscire più a immergermi. Giunto sul punto mi accorsi che le condizioni era completamente cambiate e sembrava di nuotare nel deserto. Preparai con calma il tuffo e giunto sul fondo cominciai a guardare in lontananza in cerca di qualche pinnuto.

Dopo pochi secondi ebbi la fortuna di vivere uno degli incontri più belli di sempre: una grossa ricciola, ben oltre i 40 chili, mi sfilò davanti, leggermente fuori tiro, da sinistra verso destra, lentamente, scrutandomi con il suo grosso occhio bovino. Rimasi estasiato e, mentre svaniva in lontananza, mi staccai dal fondo per risalire.

Arrivai in superficie euforico con un sorriso esagerato e la felicità nel cuore. Non effettuai altri tuffi e decisi di tornare a riva. Il mare mi aveva donato un regalo immenso. Tornai in campeggio e raccontai cosa mi era accaduto il giorno prima consapevole che avevo rischiato di rovinare non solo la mia vita.

Sono passati 24 anni, dopo quell’incidente fortunatamente ho conosciuto persone che mi hanno accompagnato nel modo giusto durante la mia crescita di pescatore e apneista, ma sono consapevole che sono vivo per pochi secondi, grazie a un grosso colpo di fortuna.

Dobbiamo ragionare quando siamo in acqua, essere lucidi, non mettere a fuoco solo la preda ma tutto quello che ci circonda e ogni particolare di quello che stiamo facendo, anche il nostro corpo ci parla, ascoltiamolo.

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Category: Articoli, Medicina e biologia, Pesca in Apnea

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