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1996: Nazionale pesca sub in Sudafrica

| 21 Agosto 2014 | 0 Comments

Nel 1996 la nazionale italiana di pesca in apnea venne invitata a partecipare al campionato nazionale del Sudafrica, che al tempo era disputato con una formula open, aperto cioè alla partecipazione di atleti di altre nazionalità. Dopo quattro edizioni consecutive nel Mediterraneo, tre delle quali vinte da Renzo Mazzari, il mondiale del Perù del ’94 aveva chiarito le difficoltà della pesca in oceano e la necessità, per i nostri ragazzi, di fare esperienza in quella dimensione, pertanto l’invito destò immediatamente il nostro interesse. Al tempo ero affiancato al Capitano Elvio Bortolin, che, accingendosi al difficile impegno del mondiale di Gijon, spiegò di non poter andare e chiese a me di scegliere gli atleti e guidare la trasferta. Dopo attenta valutazione scelsi Stefano Bellani, Maurizio Ramacciotti e Beniamino Cascone, che stava vivendo un ottimo momento di forma: secondo all’assoluto del ’95, si sarebbe ripetuto vincendo quello del 2006, in programma a Cagliari nel mese di ottobre.

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Da sx: Maurizio Ramacciotti, Beniamino Cascone, Roberto Borra e Stefano Bellani – Foto archivio R. Borra

PREDATORI O PREDE?

L’oceano sudafricano è particolarmente ricco di prede di mole, che richiamano inevitabilmente i grossi predatori, squali in testa, tanto che l’edizione precedente della gara era stata annullata proprio per l’infestazione di squali. Questo aspetto non ci faceva ovviamente piacere, ma rappresentava l’altra faccia di una medaglia complessivamente allettante, perché  la prospettiva di fare grosse catture stuzzicava irresistibilmente l’indole venatoria dei nostri atleti.

PESSIMO INIZIO

incidente-002La trasferta, purtroppo, cominciò nel peggiore dei modi. Giunti all’aeroporto prendemmo delle auto a noleggio per percorrere i quasi 300 chilometri che ci separavano dalla semispecie di villaggio turistico e ci mettemmo in moto su un’arteria piuttosto trafficata. Neanche a metà strada, verso le 10 di mattina, Bellani e Cascone andarono a schiantarsi con la loro auto su un furgone intento in un’improvvisa e pericolosa inversione di marcia. Il furgone andò a finire nella scarpata – non c’erano protezioni – mentre i nostri restarono in mezzo alla strada. Io e Ramacciotti ci precipitammo a controllare: i due erano bloccati nell’auto con gli occhi spalancati, in stato di shock. A prima vista non c’erano sangue né ossa rotte, solo contusioni: Stefano aveva preso un brutto contraccolpo al polso destro, mentre Beniamino aveva accusato l’impatto della cintura, ed aveva spalla e petto doloranti. Il conducente del furgone, finito fuori strada, risalì dalla scarpata – che per sua fortuna scendeva piuttosto dolcemente – con la faccia coperta di sangue, ma anche per lui non c’erano conseguenze gravi. A quel punto arrivò la polizia, ma da un’altra auto scese un tizio che ci venne incontro e ci chiese se eravamo italiani: era un connazionale che viveva e lavorava in Sudafrica, aveva notato le nostre divise con la bandiera italiana e fortunatamente si era fermato. Ci fu molto utile da subito, perché parlò lui con i poliziotti, che vestivano abiti borghesi, circolavano su un’auto anonima e sfoggiavano pistoloni alla Challagan, ispirando ben poca fiducia. Caricò Bellani e Cascone e li portò all’ospedale più vicino, mentre noi andammo al posto di polizia, una baracca in legno e muratura che svettava su un agglomenrato di case e baracche. La facciata era crivellata da colpi di mitra, sembrava d’essere in un film. Lì sbrigammo le formalità con la polizia e verso sera ci riunimmo ai due incidentati, che anche all’esame dei medici erano risultati solo ammaccati. Ripartimmo alla volta del villaggio e dopo un viaggio avventuroso, segnato da incontri di ogni tipo e da una costante sensazione di pericolo, giungemmo infine a destinazione.

FINALMENTE ARRIVATI

Fummo accolti a braccia aperte dagli organizzatori e finalmente riuscimmo a riposarci e mangiare, ma il morale era a terra e sia Bellani che Cascone erano sempre più doloranti, tanto che chiedemmo del medico di gara, che gentilmente visitò gli atleti, confermando che non avevano niente di serio. Il giorno seguente alle 7:30 ci ritrovammo per mettere a punto i vari aspetti della gara. Ci spiegarono che la nostra imbarcazione si trovava a Coffee Bay, raggiungibile dopo circa 35Km di strada prevalentemente sterrata: ci sentimmo mancare. Viste le condizioni di Bellani e Cascone, chiesi il permesso di poter caricare loro i fucili almeno nella prima della quattro prove, ciascuna della durata di sei ore, e l’organizzazione non fece problemi. Alcuni atleti della regione Natal che non partecipavano alla competizione ci offrirono un grande supporto con un atteggiamento leale e fraterno, davvero lodevole.

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AIUTO INASPETTATO

Nella prima giornata di gara i ragazzi del Natal ci aiutarono a riconoscere le prede valide e a valutarne il giusto peso. Ci trovavamo all’interno di in una zona protetta con regole rigide e controlli molto severi, per questo gli organizzatori si profusero in mille raccomandazioni sulla assoluta necessità di non violare alcuna norma. Il regolamento gara prevedeva tre tipologie di prede: quelle vietate, quelle valide di peso non inferiore a 1 Kg e non superiore a tre e quelle di peso superiore a tre chilogrammi. Era possibile catturare un massimo di due prede per specie ed il pesce doveva essere presentato già eviscerato, per evitare che a qualcuno venisse in mente di imbottirle per aumentarne il peso. Le specie valide costituivano la grande maggioranza, fatto che ci rincuorò.

SI APRONO LE DANZE

Al primo impatto con i fondali sudafricani, Ramacciotti riuscì ad ingranare, mentre i due infortunati incontrarono qualche difficoltà. Al termine delle sei ore di gara pulimmo e separammo le prede, per poi consegnarle in sacchi chiusi e sigillati. Il pescato complessivo era notevole e ci vollero tre ore per giungere al termine della pesatura, ma alla fine venne stilata la classifica. Con nostro stupore, constatammo che l’Italia figurava al terzo posto su un totale di 17 squadre, con Ramacciotti al sesto posto individuale, seguito da Cascone all’ottavo e da Bellani al diciassettesimo.

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LA SVOLTA

Forti della breve ma intensa esperienza della prima giornata, i ragazzi trovarono nuovo entusiasmo e al mattino seguente anche la faticosa trasferta sulla strada sterrata fu affrontata con uno spirito decisamente migliore. Cascone e Bellani stavano riassorbendo le contusioni e fin dalle prime battute di gara notai che iniziavano a tenere un buon ritmo. Riuscivano a caricare i fucili da soli, anche se con un po’ di sforzo, ma erano autonomi e non dovevano più perdere tempo per tornare alla barca ad ogni cattura. Una volta rientrati a terra vedemmo spuntare una jeep dal nulla: erano i ranger dell’area protetta, che si misero a controllare i pesci dei concorrenti e ad ispezionare lo spiaggione con meticolosità. A un certo punto spuntò un pescetto sottomisura: apriti cielo e spalancati terra, per poco non ci multano tutti! I ranger erano inflessibili e visibilmente contrariati dal ritrovamento, alla fine ci accompagnarono alla base per lamentarsi con gli organizzatori, minacciandoli di interrompere la competizione in caso di ulteriori violazioni. La vicenda ci colpì molto, ma in ogni caso la giornata si concluse con un trionfo per i nostri colori, proiettando l’Italia al secondo posto a squadre grazie alla vittoria secca di Bellani, il settimo posto di Ramacciotti ed il sedicesimo di Cascone. Il morale schizzò alle stelle e un circolo virtuoso iniziò ad alimentare la carica e la determinazione dei ragazzi, resi ancor più contenti dal fatto che il giorno seguente li attendeva una giornata di riposo, a base di aragoste e relax.

PASSIONE ASSOLUTA

Bellani con due grosse prede - Foto archivio R. Borra

Bellani con due grosse prede – Foto archivio R. Borra

La mattina della terza prova fummo costretti a rimandare ogni intento bellico: un improvviso vento da sud ovest aveva gonfiato il mare, rendendo eccessivamente pericoloso il rientro delle imbarcazioni sulla spiaggia. In quella zona non esistono porticcioli per i pescatori e le barche venivano messe in acqua con un trattore, lungo un corso d’acqua che sfociava in una sacca di bassofondo costellato di scogli. Un paletto poco più al largo segnalava il piccolo corridoio sicuro, l’unico punto in cui non si correva il rischio di schiantarsi su uno scoglio, così le barche – ad esempio, la nostra era di nove metri con due fuoribordo da 50 cavalli ciascuno – prendevano il largo dando tutta manetta e facendo la barba al palo. Al rientro, poi, si doveva aspettare l’onda giusta, dopodichÈ di compieva la medesima operazione a ritroso, terminando la corsa a manetta direttamente sulla spiaggia. Vi lascio immaginare gli sguardi intrisi di stupore e preoccupazione della nostra delegazione, già messa a dura prova dal trasferimento sulla costa, che culminava con un passaggio radente su una serie di curve con le ruote del veicolo a non più di venti centrimetri dal precipizio sulla scogliera, ovviamente senza alcuna protezione.

DOPPIO PODIO

Il giorno seguente, 13 giugno, il vento era calato ed il mare si presentava più calmo, così la terza prova ebbe luogo senza intoppi. Bellani ormai carburava a pieno ritmo e concluse al quarto posto individuale, seguito da Cascone all’undicesimo e Ramacciotti al dodicesimo. L’Italia si confermava al secondo posto a squadre, ma con soli 3180 di distacco. La quarta ed ultima giornata della competizione filò liscia, con i nostri ragazzi che ormai iniziavano a capire le dinamiche comportamentali delle prede: la classifica finale sancì un doppio podio per gli azzurri, con Bellani secondo individuale e Ramacciotti terzo. Cascone, che aveva sofferto maggiormente i postumi dell’incidente, si attestò comunque all’undicesimo posto finale su 57 concorrenti. Durante la cerimonia di premiazione il Presidente dell’organizzazione ci ringraziò per la partecipazione al campionato e ci congedammo con il rituale scambio di gadget delle rispettive federazioni.

UNA NUOVA STAGIONE

Al rientro dalla trasferta confezionai una relazione per la federazione, nella quale inclusi i dettagli della trasferta e alcune considerazioni finali sulla necessità di predisporre un apparato organizzativo più curato in vista dei futuri impegni agonistici. A breve avrei preso la guida della Nazionale, ma credo di poter affermare che già quella trasferta in Sud Africa segnò l’inizio di una nuova stagione della Nazionale, segnata da un approccio più metodico alla preparazione, dalla più stretta collaborazione con medici e strutture del CONI e dalla predisposizione di una macchina organizzativa sempre più efficiente, indispensabile per mettere gli atleti nelle migliori condizioni per dare il massimo ed eccellere.

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PESCA SUB E SUDAFRICA

In Sud Africa le gare di pesca in apnea vengono vissute con uno spirito molto diverso dal nostro, la carica agonistica come la concepiamo noi non esiste. I concorrenti sono di tutte le età, anche se mediamente più attempati dei nostri, e affrontano con grande serenità ogni fase della competizione. Come accennato, alcuni locali, soprattutto ragazzo di nome Julius, furono di grande supporto, dimostrando una grande lealtà sportiva e un rimarchevole spirito di ospitalità. Durante la prima giornata Julius si accorse che i nostri palloni erano totalmente inadeguati al mare e alle prede del posto, così si offrì di comprarcene di adeguati, che erano fatti di tela gommata rossa, a forma di parabordo, ed erano corredati di ganci e sagoloni adeguati alla mole delle prede.
Tutto era sorprendente in quella regione sperduta sulla costa orientale della Repubblica Sudafricana, a sud del Leshoto. Nella Wild Coast (Costa Selvaggia) la gente di colore viveva in capanne di fango, al cui esterno si notavano i mattoni di scorta per le riparazioni, che, a giudicare dal loro numero, dovevano essere frequenti. I bianchi inglesi, invece, abitavano in raggruppamenti di villette costruite in parte in muratura ed in parte in plastica e cartongesso. Il paesaggio è spettacolare e l’Oceano è ricco di prede di grosse dimensioni, un’occasione unica per maturare esperienza sotto ogni profilo, non solo puramente tecnico.

 FOTOGALLERY (Foto Archivio Roberto Borra)

 L’articolo è apparso nel mese di luglio del 2008 sul numero 78 di Pesca in Apnea e ve lo proponiamo corredato da una fotogallery arricchita da scatti inediti. 

Sudafrica 1996

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