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Pescasub Estrema: Profondità, Apnea e Superfucili

| 8 Settembre 2014 | 0 Comments

Profondità abissali, apnee interminabili e superfucili potentissimi sono i protagonisti di molti video di pesca sub estrema che circolano su Youtube. Molto spesso sono gli stessi autori che invitano il proprio pubblico a non emulare le loro gesta, nella consapevolezza che la ricerca della profondità da parte di chi non ha doti, preparazione ed esperienza necessari può rivelarsi fatale, ma non è solo sulle questioni legate alla sicurezza che vorremmo approfondire l’argomento, perché è chiaro a tutti che i fuoriclasse sono tali proprio perché fanno cose che non risultano alla portata di tutti. Chi vuole diventare un bravo pescatore ed acquisire una buona tecnica deve imparare a confrontarsi con prede smaliziate senza cercare scorciatoie: sotto questo profilo, bypassare le difficoltà aumentando le prestazioni, le profondità di esercizio o la gittata del fucile si rivelano elementi che ostacolano lo sviluppo delle capacità venatorie, presupposto essenziale per pensare di affrontare azioni di caccia più in profondità. 

Da qualche tempo a questa parte, navigando sulla rete ho notato il proliferare di video di pesca in apnea i cui protagonisti, quasi sempre dei forti apneisti, effettuano catture a profondità vertiginose, con tempi di apnea lunghissimi e impugnando dei super cannoni con almeno tre coppie di elastici. Sarà questa la nuova frontiera della nostra disciplina? Per fare carniere è davvero necessario pescare a profondità abissali con apnee da tre minuti e oltre, armati con fucili dalla gittata di 8 metri? Un tipo di pesca in apnea del genere può considerarsi non pericolosa per la generalità dei praticanti o deve ritenersi appannaggio esclusivo di pochi eletti?

A questi interrogativi ho tentato di dare delle risposte, attingendo alla mia esperienza personale, ormai (sic!) trentennale. Quando ero più giovane ho spesso pescato a quote abbastanza elevate, anzi devo dire di aver imparato a pescare prima a fondo e solo più tardi in poca acqua. Pescare molto in profondità significa insidiare prede meno smaliziate, meno abituate alla presenza del pescatore, in una parola prede più facili. Ma la vera tecnica di pesca, e l’ho provato sulla mia pelle, si acquisisce pescando a quote più modeste, dove di pesce ce n’è poco e quel poco sa leggere e scrivere.

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Per affinare la tecnica di pesca è utile confrontarsi con le smaliziate prede del basso fondale.

Mi ricordo che per emergere dal bacino delle selettive e qualificarmi per un campionato assoluto fui costretto a mettere in discussione le mie convinzioni sulla pesca e imparare a razzolare i pesci in poca acqua, ad inventarli dove non ve ne sono affatto. Ho quindi capito che molto spesso la profondità diventa, per chi ha le doti necessarie, una scorciatoia per la cattura di prede solitamente difficili e riservate a chi ha una grande esperienza ed una tecnica di pesca sopraffina. Ma attenzione: maggiore è la profondità e maggiori sono i rischi che si corrono, in uno sport che è già molto pericoloso. Inoltre, pescare a determinate quote presuppone la presenza di condizioni particolarmente favorevoli che non sempre è possibile trovare: in primis grande trasparenza dell’acqua e poca corrente, poi assenza di termoclino e di fumo sul fondo.

Mi è capitato di disputare delle gare in cui abbiamo pescato per 5 ore intorno e oltre i 30 metri, a ritmo elevato nonostante la profondità, ma ricordo che le condizioni erano tutte favorevoli ad una pesca di quel tipo e di pesce a quote inferiori ve ne era molto meno e quel poco era estremamente mobile. Pescare più a fondo era dettato da considerazioni tattiche e ancora oggi considero la pesca profonda solo un’alternativa, sempre per chi ha le necessarie capacità e preparazione, da attuare nel caso in cui a batimetriche inferiori non vi sia pesce. Sono solito dire che il pesce va insidiato dove si trova: se ce n’è a 5 metri conviene pescare lì, non andare a cercarlo nell’abisso.

Anche sui tempi di apnea mi sono reso conto, con l’esperienza, che molto spesso effettuare apnee lunghe è controproducente – oltre che pericoloso – e comporta poi tempi di recupero in superficie altrettanto lunghi e, di conseguenza, grandi perdite di tempo. Mi spiego meglio: se ci appostiamo sul fondo all’aspetto e dopo i primi 30 – 40 secondi non vediamo nulla, sarà molto difficile che qualche preda arrivi in seguito. Quindi conviene risalire e tentare un nuovo appostamento un po’ più in là. Alla fine della pescata avremo effettuato un numero di aspetti maggiore, avremo esplorato un più ampio tratto di fondale ed avremo quindi avuto maggiori probabilità di incontrare qualche preda. Per esperienza ho appreso che tuffi da 1,30 minuti, alla portata di qualunque pescatore in apnea, sono spesso sufficienti per effettuare la cattura anche di prede di rango. Tempi superiori servono solo molto a fondo o se siamo alle prese con prede particolarmente smaliziate all’aspetto o all’agguato. Quindi, in sintesi, tirare tutte le apnee non ha molto senso né sotto il profilo della sicurezza (maggiori rischi di sincope e taravana) né sotto quello della capacità di fare carniere.

Pescando in poca acqua è necessario curare ogni dettaglio di attrezzatura e tecnica.

Dulcis in fundo, vorrei affrontare l’argomento dei super cannoni oggi molto in voga: a mio avviso anche la ricerca della potenza estrema, che si traduce in gittata estrema, ottenibile con i moderni fucili con tripli circolare, doppio roller, paranco e quant’altro, molto spesso è solo un’altra scorciatoia per arrivare alla cattura di prede difficili senza avere l’esperienza e la tecnica sufficienti.

Se fossimo in grado di arrivare più vicini al pesce, o a farlo avvicinare maggiormente quando si pesca all’aspetto, un fucile tradizionale sarebbe più che sufficiente per mettere a pagliolo la nostra preda. Per fare questo occorrono molti anni di esperienza, di affinamento dell’acquaticità e della tecnica venatoria: ha senso utilizzare fucili che colpiscono il bersaglio a 6 metri, quando con la giusta tecnica si potrebbe scoccare il tiro a 2 metri?

Personalmente non sono mai stato un amante dei cannoni, non ho quasi mai usato nemmeno la doppia gomma perché indurisce lo sgancio e rende l’arma meno precisa, appesantisce il fucile nel brandeggio e risulta controproducente in caso si debba effettuare un tiro in tana. I fucili più potenti che tengo in gommone, compreso un roller, sono quelli che utilizzo meno perché meno versatili. Li adopero solo in situazioni di pesca ben precise come il tuffo sulla secca dove è probabile l’incontro con la ricciola o la grossa cernia, insomma con la preda di mole che giustifica l’uso di cannoni simili. Ma nella grande maggioranza delle situazioni, mentre magari si razzola in medio fondale insidiando prevalentemente pesce bianco, imbracciare un cannone sarebbe d’impaccio perché ci costringerebbe a sacrificare il brandeggio, la praticità di caricamento, la versatilità e l’estrema precisione di un comune fucile monogomma.

In sintesi, quindi, credo che la pesca a grandi profondità, le lunghe apnee ed i super fucili, protagonisti di tanti video di pesca in circolazione, debbano essere considerati solo come delle opzioni, delle variabili della pesca in apnea, (le prime due variabili estremamente pericolose e non alla portata di tutti) e sicuramente non la regola, perché la pesca in apnea in realtà è cosa ben diversa dalla grande prestazione apneistica effettuata con un cannone in mano.

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