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Pesca del Tonno: il Re e’ caduto!

| 1 Maggio 2009 | 0 Comments

Quando un pescatore in apnea, guardando l’orizzonte alla fine di una dura e infruttuosa uscita invernale, si sofferma a immaginare quello che vorrebbe fosse il pesce della vita, tante specie di pinnuti gli affollano la mente: le ricciole e le lecce, come pure dentici giganteschi e cernie mastodontiche.

Ma il mare è tutto fuorché prevedibile e talvolta, anche quando si pensa ottimisticamente di aver già raggiunto l’apice delle catture possibili, arriva l’occasione più unica che rara, quella che tantissimi, a prescindere dalla bravura venatoria, non avranno mai, quella che bisogna saper sfruttare appieno se non si vuole che il suo incubo perseguiti a lungo i sogni a venire.

E’ una mattina e sono davanti al pc a sbrigare delle cose urgenti; il giorno prima sono uscito a pescare ma il venerdì 17, per quanto non sia superstizioso, ha dato i suoi frutti riservandomi un sonoro cappotto senza neppure un avvistamento degno di nota. Il sabato è giornata di pesca di alcuni amici che il giorno prima avevo ragguagliato sulle condizioni da me riscontrate: la desolazione primaverile non è una novità, tutti gli anni è così.

 

Sono le 10.30 spaccate quando squilla il cellulare. Leggo il nome sul display, chi mi sta chiamando dovrebbe essere a pesca, conoscendolo mi viene il sospetto che abbia fatto il ‘botto’ e che mi stia chiamando per sfottermi del cappotto del giorno prima. Vabbè, mi tocca!
Dopo la prima frase rimango sbigottito, mi urla che ha sparato ad un tonno mostruoso e che adesso gli stanno andando dietro con il gommone. Mi descrive brevemente la scena: gli è arrivato vicinissimo e adesso l’animale si sta portando dietro due palloni segnasub senza inabissarsi, con nuoto lento e costante, nessuna reazione esplosiva. E’ preso tra branchia e guancia, non è trapassato ma l’asta ha una tenuta da spada nella roccia.

Dopo queste notizie so già come andrà a finire, nonostante il pessimismo del mio amico lo rassicuro e gli raccomando di fare delle foto belle grandi appena lo avrà issato a bordo; qualche bonario improperio e lascio lui e il suo compagno a godersi il campeggio nautico al traino del bestione.

Alle 13.01 arriva una nuova chiamata. Hanno fatto presto, forse troppo, rispondo molto fiducioso anche se un piccolo dubbio mi prende, dubbio che viene spazzato via in un lampo appena apprendo che il tonno, ormai vinto e con cinque aste in corpo, giace esanime legato al fianco del gommone. Non sono riusciti in alcun modo a issarlo dentro il battello, nemmeno in due; credo che questa volta abbiano davvero fatto una cattura eccezionale.

E’ quasi sera quando raggiungo il capannone dove avverrà la pesatura e la macellazione del magnifico predone. All’ingresso, sullo spiazzo, vedo il gommone sul carrello: se non fosse che i gavoni del piano di calpestio traboccano sangue e che c’è un odore di pesce pungente non si intuirebbe nulla.
Girato l’angolo, schermato da un crocchio di una decina di persone c’è il superbo animale che viene issato su una gruetta per poterlo appezzare. E’ semplicemente spaventoso, molto più lungo di una persona e pesante almeno quanto due; mai visto nulla di simile in nessuna rivista di pesca, tanto meno dal vivo, di sicuro uno dei pesci più grandi mai catturati in Italia da un pescatore in apnea.

Ma ora facciamoci raccontare tutti i dettagli di questa indescrivibile esperienza dai diretti interessati: Antonio Berretta e Giampaolo Soggia.

Antonio, descrivici in breve il tuo curriculum di pescatore in apnea e quello del tuo compagno Gianpaolo.

Prima di tutto siamo amici già da una quindicina di anni, tra noi non c’è alcuna competizione; siamo due pescatori come tanti che, a causa del lavoro, limitano le uscite solo al fine settimana. Generalmente impostiamo le nostre battute su fondali di media profondità, facciamo di rado qualche puntata un po’ più fonda, nel limite delle nostre possibilità.
Peschiamo sia in tana che all’aspetto, e ogni tanto qualche bel pesciotto viene fuori.
Abbiamo fatto anche qualche gara e, tra l’altro, la zona teatro della cattura ci porta fortuna visto che in coppia una volta abbiamo vinto e un’altra siamo arrivati terzi. Guardacaso il giorno in cui abbiamo catturato il tonno stavamo proprio andando a ricontrollare alcuni segnali trovati in preparazione negli anni passati.

Ci sono pescatori in apnea che fanno al tonno una pesca mirata, appartenete a questa categoria o il tuo è stato un incontro che potrebbe definirsi casuale?

Ne stavamo parlando proprio il giorno prima con un amico che tu conosci benissimo. E’ una pesca che vorremmo provare, ma bisognerebbe dedicare troppo tempo e alla fine ne parliamo spesso ma non lo facciamo mai, siamo troppo pigri. Però di certo l’aspetto non lo stavo facendo ad un tonno!

Avevi mai fatto precedenti catture o avvistamenti di tonni, magari più piccoli? E come è avvenuta questa sensazionale cattura?

Ne avevo visto solo uno piccolo, anni fa, lo stesso giorno in cui avevo strappato una grossa leccia, poi più niente.

La cattura è avvenuta nel modo migliore che un pescatore possa sperare. L’ho preso fuori da uno spiaggione, al largo, ma sempre in poca acqua, in una zona dove il fondo degrada dolcemente.
Ho preparato benissimo il tuffo e mi sono poggiato all’aspetto su un fondo di poco più di 13 mt, certo che non ero a tonni, puntavo a qualcosa di decisamente più piccolo!

Dopo circa 45 secondi, da lontano, ho visto un testone che mi puntava; mi è sfilato di fianco ed era enorme, stavo quasi pensando di non sparare perché era ciclopico ma poi l’istinto, la pazzia o entrambi, hanno prevalso.
Ho mirato subito dopo la branchia e il tiro, dal basso verso l’alto, è entrato proprio nella sua parte terminale. Pensa che da morto, nonostante l’asta non fosse riuscita a trapassarlo, abbiamo faticato non poco per estrarla!

Appena sparato mi sono pentito, ma poi la prima sfuriata è stata meno potente di quanto immaginassi, meno di quella di un dentice di 10 kg che ho preso ad ottobre, e molto meno di quella di una leccia di 20 che mi aveva fatto fare sci nautico da subito.
Ha fatto una trentina di metri e sembrava quasi fulminato, si è messo di fianco a sbattere e scivolare verso il fondo, poi è ripartito e ho iniziato a fare un po’ di traino lungo; da qui in poi è iniziata la battaglia vera e propria.

Chiamavo il mio amico ma non mi sentiva; per fortuna, essendo in poca acqua e visto che era sparato di lato, sono riuscito ad indirizzare il pesce verso il pallone e, con non poca fatica, sono riuscito a collegarlo al fucile e ho mollato tutto.
Risalito in gommone ho urlato a Gianpaolo di aver sparato un tonno enorme e lui mi ha risposto ‘Lo immaginavo, le urla erano troppo forti, visto che non lo fai mai!’.
Dopo aver recuperato un’altra boa e averla attaccata direttamente al dyneema, per escludere il mulinello e stare piu’ tranquilli, abbiamo iniziato a seguirlo in mare aperto.

Lo abbiamo seguito per circa tre ore, poi siamo scesi entrambi in acqua per cercare di salparlo e portarlo ad una quota umana, rispetto ai 60/70 metri di fondo che era riuscito a raggiungere, in modo che Gianpaolo potesse piazzare il secondo colpo.
Così è stato, colpo chirurgico anche se non risolutivo, poi gli abbiamo sparato altri due colpi e, dopo tanta fatica, lo abbiamo portato a galla e legato al gommone.

Un’immagine bellissima quando abbiamo cercato inutilmente di issarlo a bordo, ha tolto il testone fuori dall’acqua e abbiamo ammirato tutta la sua maestosità.

Cosa si prova a vedersi puntare così vicino da un pesce così grande? C’è stato un istante in cui hai pensato che era una follia sparargli?

Diciamo che sono un tipo che non si emoziona per un pesce e mi dispiace, ma forse questa è stata anche la nostra fortuna. C’è stato un momento in cui non volevo sparare, ma che fosse la pazzia della vita – lo continuo a ripetere a tutti – me ne sono reso conto solo quando lo abbiamo pesato e misurato.

Sò che non è morto fulminato, quanto è durato e come è stato il combattimento?

Il primo colpo è stato sparato alle 9.30 di mattina, l’abbiamo issato a bordo dopo le 13; riassumerei il combattimento con una sola parola: estenuante!

Hai mai avuto l’impressione che lo avreste perso o hai mai pensato di tagliare tutto?

Come si fa a non averla? Dopo il primo colpo, saliti in gommone, ci siamo guardati in faccia e abbiamo detto come qualcuno in un video famoso: ‘Addesso l’unica cosa da fare è aspettare’, ogni tanto controllavamo la reazione del pesce, quando sembrava che stesse mollando riprendeva subito la sua corsa lenta ma inesorabile.
Io sono un tipo che se le cose non sono certe al 100% non si esalta ma neanche demorde, sino all’ultimo c’era l’incertezza, ma il primo tiro è stato perfetto, non si sarebbe mai liberato.

Su forum e riviste si discute, ormai sempre più spesso, di come settare e allestire l’arbalete perfetto a seconda del tipo di preda da insidiare; il tuo come era equipaggiato e per quali prede principalmente?

Il mio fucile è un 106 monogomma in legno, pieno di ammaccature, che l’acqua dolce l’ha vista, forse, tre volte in vita sua, ma sull’allestimento sono meticoloso.
Elastici buoni da 20mm ambra, più corti del normale, asta da 6.5mm doppia aletta con tre pinnette, alette strette in modo che rimangano aperte dopo lo sparo, limate e chiuse da un o-ring, punta affilatissima rifatta dopo ogni pescata, nylon nero da 160 con sleeves, sostituito ogni 2/3 uscite e dyneema da 180 kg nel mulinello. Quest’ultimo è un modello universale, ma in fondo deve solo contenere sagola e non essere usato per sfiancare il pesce come fanno i nostri cugini che pescano con la canna.

Per quanto abbiate fatto le cose con metodo, hai mai avuto la percezione che stavate rischiando più del dovuto? E in generale, quanto pensi che possa diventare pericoloso questo tipo di pesca?

Ho letto molto sui tonni e non posso che essere d’accordo con un tizio che ha scritto che del tonno si può capire la forza solo quando gli si spara, e ti posso assicurare che ci siamo accorti che è davvero inimmaginabile.
Abbiamo rischiato e anche molto, non è possibile non rischiare con un animale così, ma eravamo sempre consapevoli di quello che stavamo facendo.
Mentre cercavamo di salparlo ci trascinava sotto anche due metri nel tentativo di inabissarsi, alla fine, quando sembrava quasi arrivato, abbiamo dovuto mollare tutto perché non ce la facevamo più a tenerlo, eravamo fisicamente allo stremo. Bisognava stare attentissimi alle sagole, ogni mossa era prima di tutto liberarsi dalle sagole, il coltello sempre a portata di mano. I dolori muscolari mi sono durati tre giorni e non sono propriamente una persona sedentaria.

L’esperienza è stata sicuramente importante, ma quanto ha influito la presenza del compagno di pesca? Se fossi stato da solo pensi che si sarebbe risolta alla stessa maniera?

Il compagno di pesca è tutto: senza di lui questa cattura non sarebbe potuta avvenire, perlomeno in questo modo, e poi è bello aver condiviso un’emozione che ci porteremo dietro per sempre.
Mi auguro che chi leggerà questo articolo riesca a provarne parte.
E’ una cattura fatta in coppia, collaborando, soffrendo ed esultando, scaricando una forza che non sai di avere, l’adrenalina può fare brutti scherzi.
E adrenalina ce n’era veramente tanta.

Se pensi che eravamo a diverse miglia da terra, col tonno sanguinante, nel blu a non so quanti metri di profondità, e l’unico pensiero che ci veniva in mente era quello di cercare di fare il più presto possibile per concludere la cattura, le forze si stavano esaurendo.

Gianpaolo adesso raccontaci le tue emozioni.

Ho seguito tutto sin dal momento del tallonamento col gommone, cercando di spronare e assistere in tutto e per tutto il mio compagno, fino a quando sono diventato protagonista in prima persona.
Quando Antonio ha sparato al tonno mi ero appena allontanato dal gommone per iniziare a pescare, quindi, di fatto, ho dovuto fare il primo tuffo nel blu con un tonno che si intravedeva appena sotto le pinne e di cui non percepivo le reali dimensioni: non è stato semplice.
Metabolizzare il tuffo senza alcun riferimento se non il bestione che si trova a 20/25 mt e forse più, ventilarsi col cuore che batte all’impazzata, cercare di trovare la giusta concentrazione, inizia a diventare un’impresa azzardata.

Com’è stato il primo tuffo e quali emozioni hai provato?

Mentre scendevo cercavo di mettere a fuoco, non riuscivo davvero a capire né la reale dimensione né a che distanza poteva trovarsi, anche perchè, mentre io scendevo, lui cercava sempre di recuperare qualche metro. Quando gli sono arrivato a tiro, ho fatto la scelta, pensiamo giusta, di sparare il secondo colpo nella parte vicino alla coda.
Quando sono riemerso, la prima cosa che ho detto è stata ‘Anto’, hai sparato a un mostro!’
Da quel momento mi sono sentito più sicuro che la cattura potesse andare a buon fine.
Per fortuna poi avevo portato fucili a sufficienza, nonostante gli sfottò di Antonio che ne porterebbe sempre al massimo un paio, e ho assicurato altri due colpi, uno sul testone e un altro sul fianco sinistro.
Con 4 aste in corpo continuava a puntare verso il blu; quello è stato uno dei momenti più duri di tutta la pescata perché in quella situazione ti accorgi quanto il pescatore in mare sia piccolo in confronto ad un tonno, in un ambiente del tutto estraneo.
In quel momento, l’unica soluzione era portarci dietro tutte le sagole e raggiungere il gommone che avevamo lasciato scarrocciare; dopo una trentina di metri di faticosissimo nuoto in superficie, siamo riusciti con immane sforzo ad ancorarci al maniglione e ad avvolgervi le sagole dei fucili.

Alla fine Antonio ha scoccato un ultimo tiro.
A quel punto ci siamo resi conto che avevamo compiuto un’impresa quasi impossibile.
Lo abbiamo affiancato a un tubolare del gommone, legandolo per la coda e la bocca, perché è stato impossibile issarlo a bordo.

Abbiamo deciso di riprovarci raggiungendo la spiaggia; dopo aver levato le aste e riordinato il campo di battaglia dentro il gommone, siamo riusciti a farlo scivolare dentro dallo specchio di poppa, aiutati dalla forza della disperazione.
Abbiamo rimesso in moto con destinazione, finalmente, il porto.

Antonio, alla luce di questa esperienza, quali consigli ti senti di dare a chi dovesse fare un simile incontro?

Io non sono nessuno per dare consigli agli altri, e credo nemmeno Gianpaolo, però ti posso assicurare che se mi dovesse ricapitare un animale così grosso, non so se sparerei ancora. A noi è andato tutto bene, ma posso solo dire che è una forza della natura impressionante, che il pescatore subacqueo è nulla al suo confronto: è il Re indiscusso del mare.
Un conto è andarlo a pescare attrezzati di tutto punto, diverso è vedertelo spuntare mentre cerchi pesci ‘normali’.

Ma alla fine i “numeri” di questo gigante del mare quali erano?

Era più lungo di due metri, 2.22 per l’esattezza, per un peso spanciato di 141 kg, è stato pulito in mare; da quello che hanno detto gli esperti, un pesce superiore ai 150kg, diciamo 155 kg.

Dopo un simile exploit o si appende l’arbalete al chiodo o si ritrova l’entusiamo di un tempo, voi che farete?

Al mio amico Gianpaolo posso dire di avergli fatto il regalo di matrimonio, visto che si deve sposare a breve, e proprio quel giorno era indeciso se venire a pesca. Del resto un grande regalo lo ha fatto anche lui a me, non certo quello di matrimonio però, visto che sono già sposato e padre di un figlio anche più bravo del papà!
Abbiamo vissuto un’avventura fantastica, personalmente ho deciso di appendere l’arbalete sopra il camino, perché ne voglio prendere uno più grosso!!!
Ci auguriamo che tutti i pescatori subacquei, amici e no, possano provare anche solo la metà delle emozioni che abbiamo provato noi.

Ringraziamo soprattutto Apnea Magazine e il suo forum che, con i consigli di pescatori sicuramente più bravi ed esperti di noi, ci ha dato la possibilità di poter portare questa cattura a buon fine.

Nota di redazione

Malgrado ci siano pescatori in apnea che, nei periodi opportuni, si dedicano con costanza e attrezzature specifiche alla pesca dei tonni, la loro cattura rimane un fatto comunque poco comune.
Al contrario di quanto accade in oceano, dove esistono organizzazioni che raccolgono i record per le catture dei grandi pelagici, tonni compresi, in Mediterraneo manca un registro ufficiale.

Quello catturato lungo la costa orientale della Sardegna dai protagonisti di questo articolo rientra tuttavia a pieno titolo tra i più grossi di cui si abbiano notizie certe.
In cima a questa classifica, assolutamente ufficiosa e priva di riscontri certi, c’è un tonno di 258kg, pescato da Alessandro Manca a Punta Riso (Brindisi). Seguono:
Carlo Gasparri (180 kg)
Antonio Berretta / Giampaolo Soggia 141 kg (eviscerato)
Giuseppe Tortorella (125)
Emanuele Zara (120 ca)
Stefano Bellani (115)

 

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