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Ombre siciliane

| 2 Novembre 2007 | 0 Comments

Il briefing pre gara – Foto: A. Balbi

E’ facile esporre il proprio giudizio a posteriori e criticare una manifestazione ormai conclusa, ma il lavoro di giornalista prevede anche questo, se non altro per il rispetto che noi di Apnea Magazine dobbiamo a tutti i lettori che ci hanno seguito fedelmente durante la cronaca in diretta del Campionato Italiano di Pesca in Apnea 2007.
L’assoluto appena concluso ha portato con sé una coda di polemiche e molte ombre che evidenziano, se ancora ce ne fosse bisogno, i problemi reali di questo sport: dall’organizzazione alla logistica, dalla scelta dei campi di gara fino ai regolamenti.
Noi abbiamo sempre cercato di fare del buon giornalismo spesso con scelte impopolari, questo ci ha permesso negli anni di essere il punto di riferimento per tutti gli appassionati; è con questa convinzione e con la schiettezza che ci contraddistingue che proviamo a fare un’analisi delle molte ombre che hanno caratterizzato la kermesse siciliana.

Il primo appunto è sul briefing atleti del giovedì: completamente deludente. Gli organizzatori sono stati più attenti alle autocelebrazioni che a fornire le giuste indicazioni ai concorrenti; si è assistito all’ennesimo pianto greco creato ad hoc davanti ai vertici federali atto a ribadire l’annoso problema della mancanza di fondi. Premesso che situazioni di questo tipo non interessano agli atleti, ci sono sedi più opportune dove gli organizzatori avrebbero potuto a priori sindacare sul contributo erogato senza inquinare una riunione che avrebbe dovuto aiutare i concorrenti a recuperare le informazioni necessarie al regolare svolgimento della competizione, oltre che presentare i documenti d’iscrizione. Eppure di cose da dire ce ne sarebbero state, soprattutto riguardo alle limitazioni nel campo di gara più a ovest, per il quale un’ordinanza della Capitaneria di Porto interdiva un miglio di fascia costiera a ridosso dell’aeroporto palermitano Falcone-Borsellino. A questo nemmeno un accenno; basti pensare che i nostri inviati, muniti in modo autonomo della copia dell’ordinanza, hanno fatto più di trenta fotocopie per gli atleti sostituendosi alle lacune organizzative. Completamente assenti i punti GPS di delimitazione, e alle richieste sulle coordinate è stato risposto di cercarle nel sito federale.

Se da una parte la riunione è stata deludente, dall’altra c’è sempre una dimostrazione d’ignoranza da parte degli atleti: le loro domande dimostrano che pur partecipando alla manifestazione più importante dell’anno, ignorano completamente i regolamenti. Una lacuna che parte dai circoli di appartenenza e fa sì che pochi si preoccupino di leggere la circolare normativa, un documento che dovrebbe essere alla base delle loro conoscenze.

Un momento della pesatura – Foto: A. Balbi

In gara le cose non sono andate meglio. Durante le due giornate di competizione all’interno del territorio assegnato c’è stato un andirivieni di barche non autorizzate: chi ha pescato al bolentino, chi alla traina, chi addirittura ha calato o salpato centinaia di ami di palamiti, il tutto completamente indisturbati e fuori da ogni controllo.

Una situazione paradossale se pensiamo allo spazio condiviso con quaranta concorrenti impegnati a contendersi il titolo di Campione italiano. Come se non bastasse, per i più sfortunati che nella seconda giornata hanno scelto di pescare all’estremità orientale del campo di gara, c’è stato un concreto rischio investimento con numerosi yacht che sono sfrecciati a oltre trenta nodi in uno slalom atipico fra gommoni e palloni di segnalazione. Abbiamo assistito personalmente al passaggio di una grossa imbarcazione a folle velocità distante pochi metri dal gommone di Raffaele lo Prete e solo per circostanze fortunate non ci sono state conseguenze per lui e per il suo barcaiolo. La polizia con gli acquascooter ha cercato di arginare il fenomeno fermando e multando alcuni dei pirati con multe irrisorie che testimoniano, se ancora cene fosse bisogno, le lacune di una legge da rivedere, ma il fenomeno era talmente diffuso che due sole unità di controllo sono state del tutto insufficienti.

A noi le cose non sono andate meglio: al termine delle due giornate di gara ci sono stati concessi quindici minuti per fare le foto che ci sarebbero servite per corredare gli articoli. Non è difficile immaginare che in quindici minuti dalla sirena finale non si riescono a radunare nemmeno i concorrenti, figuriamoci poi mettere le prede a cavetto e fotografare gli equipaggi uno a uno; in questo tempo avremmo dovuto anche eseguire alcuni scatti subacquei con le prede migliori. Un’assurdità.

Spero che con l’avvento in Federazione di Marco Bardi (un collega oltre che pescatore), seppur con il ruolo di Direttore Sportivo, s’inizi a capire l’importanza della stampa di settore e soprattutto della necessità di compiere un lavoro che, all’indomani della competizione, resta l’unico veicolo pubblicitario per questo tipo di eventi. E’ triste trovarsi nelle condizioni di dover scegliere se fotografare i carnieri o fare le foto subacquee, soprattutto considerando che noi di Apnea Magazine eravamo gli unici regolarmente accreditati dalla Federazione per eseguire servizi del genere. Le immagini trasmettono emozioni, stati d’animo e riportano il lettore a vivere l’avvenimento, non possono essere relegate solo alla pesatura o alla premiazione; quindici minuti per fare un lavoro che rimane l’unico visibile dal pubblico mi sembra irrazionale. Sarebbe auspicabile che la Federazione iniziasse a capire l’importanza dell’informazione e del lavoro svolto sul campo, prendendo atto che i tempi sono cambiati e che un tipo di giornalismo nuovo (quello on-line) ha necessità e potenzialità differenti. Non vogliamo essere avvantaggiati, ma solo messi nelle condizioni di poter fare il nostro lavoro al meglio e nei tempi necessari, attraverso una collaborazione utile a permettere il miglioramento a livello d’immagine che merita la pesca in apnea.

Trofei in cerca di vincitori – Foto: A. Balbi

Gli episodi più incresciosi si sono avuti all’arrivo dei concorrenti presso il circolo che ha ospitato (a pagamento) i gommoni dei partecipanti.

Un nutrito gruppo di sostenitori presenti in banchina (capaci di alzarsi nel cuore della notte per affrontare centinaia di chilometri animati solo dalla passione per i propri beniamini) giunti da varie parti della Puglia, della Calabria e della Sicilia, si sono visti trattare come ospiti indesiderati. Quello che doveva essere il momento di festa con l’arrivo dei concorrenti e la consegna dei propri carnieri è diventato un attimo di tensione tra le maestranze del circolo e i tifosi; infatti, il pubblico pronto con le macchine fotografiche è stato malamente apostrofato e poi cacciato dalla zona di arrivo. Un episodio increscioso di maleducazione che ha creato attimi di tensione stemperati solo dall’intelligenza dei tifosi, che hanno permesso finisse tutto senza litigi.

Quando abbiamo chiesto spiegazioni, si è fatto riferimento alle norme di sicurezza della legge 626, norme che pochi minuti dopo sono state palesemente ignorate alando con una gru semovente alcuni motoscafi proprio sulla testa dei concorrenti mentre consegnavano i carnieri; stesse norme trascurate durante i giorni della nostra permanenza eludendo tutte le dotazioni di sicurezza necessarie per svolgere quel tipo di lavoro (caschi, guanti, cuffie eccetera).

L’elenco delle ombre potrebbe essere ancora lungo, ma servirebbe a poco, chi c’era si è accorto di tutto e internet è una piattaforma con la quale bisogna fare i conti in tempo reale: si è già parlato di tutto, dalla mancanza di un semplice megafono o un microfono per le operazioni di pesatura al percorso di guerra da compiere per mangiare un boccone, fino all’impossibilità di comprare anche un solo bicchiere d’acqua presso la struttura del circolo perche di fatto era già chiusa; un entourage di oltre 300 persone forse non era sufficiente per giustificare una momentanea apertura’ [ne dubitiamo!].

Se l’organizzazione e la Federazione hanno le loro colpe, gli atleti come abbiamo visto in precedenza non sono da meno.

E’ il secondo anno consecutivo in cui si assiste a una cerimonia di premiazione vergognosa. I primi tre classificati hanno disertato il podio e la coppa offerta dalla famiglia Nicolicchia in ricordo del compianto Pippo, è stata data a Stefano Bellani unico atleta presente. La commozione del campione del mondo nel ricevere il trofeo dalle mani del figlio di Pippo è stato un momento toccante di una cerimonia da dimenticare.

Le motivazioni di questa disfatta sono molteplici: in primo luogo il ritardo della cerimonia (pur sapendo che c’erano problemi con i voli e i traghetti), iniziata oltre le 19.30 invece che alle 18.30 come previsto, in secondo luogo gli atleti che non conoscono il regolamento, nel quale uno speciale articolo indica come termine della manifestazione la conclusione della cerimonia di premiazione e, quindi, l’obbligo di partecipazione da parte dei concorrenti.

Mi permetto di dare alcuni consigli: rigidità da parte degli organi competenti nel fare rispettare la circolare normativa – se necessario con interventi rilevanti come l’estromissione dalla classifica – e comprensione da parte del comitato organizzatore nella gestione delle tempistiche, compatibilmente con i tempi regolamentari dall’esposizione delle classifiche a eventuali ricorsi. Se a Bosa nel 2006 ci poteva essere la scusa del recupero nella giornata di riserva, a Cinisi gli atleti avrebbero potuto rientrare la domenica come nel caso di un eventuale recupero e rendere onore alla federazione, agli organizzatori e soprattutto al pubblico che merita rispetto con una premiazione degna di questo nome.

Vorrei terminare con alcune riflessioni.

E’ vero che i fondi federali a favore di queste competizioni sono drasticamente diminuiti, ma nessuno obbliga le società a organizzare un campionato. E’ triste pensare che solo tre circoli sparsi tra Sicilia Puglia e Sardegna siano in grado di sobbarcarsi questa responsabilità, ma nel momento in cui se ne prende l’onere e l’onore, si assumono degli impegni concreti che non possono essere rinnegati a posteriori adducendo problemi economici. La mancanza di sponsor è visibile e incontrovertibile, ma un campionato come quello di Cinisi ‘ povero di prede e con alcune lacune organizzative – non aiuta certo a stimolare investimenti. Siamo certi che questa non sia la strada giusta. Abbiamo assistito ai commenti stizziti dell’architetto Ferrari, titolare della Effesub, rispetto a questo campionato; analisi che in molte parti ci ha trovato concordi. Un caparbio imprenditore locale come Roberto Clemente titolare di SeaPlanet (principale sponsor dell’evento) non può sobbarcarsi da solo una kermesse di questa magnitudine e la defezione delle aziende leader verso la più importante competizione nazionale è un chiaro campanello d’allarme. Occorre tirare il freno e guardarsi intorno per cercare le motivazioni che hanno portato il nostro sport a versare in queste condizioni e prendere provvedimenti organizzativi e federali per ridare smalto alle competizioni. Lo scrivo con una punta di speranza per tutti i tifosi e per gli organizzatori.

In ultimo, prima di affrontare la questione ‘Micaletti’, vorrei trasferire il voto che il presidente Azzali ha dato all’organizzazione: un dieci molto politico e del tutto immeritato. Questo giudizio va a tutti i tifosi che pazientemente hanno affrontato centinaia di chilometri per amore di questo sport ai quali non è stata data nemmeno la possibilità di fotografare i loro beniamini. Stesso voto che in modo del tutto personale attribuisco a Vincenzo Solli, che con tenacia e caparbietà ha cercato di arginare le lacune organizzative e logistiche. Certo non è andato tutto male e il nostro articolo di cronaca lo dimostra, ma bisogna trovare gli stimoli e l’umiltà per guardarsi indietro e far si che queste ombre siciliane si facciano più tenui e così, come quando il sole è allo zenit, spariscano.

Dettaglio di una delle ricciole

Il caso Micaletti

Apnea Magazine cerca da sempre di fare un giornalismo intelligente, basato sui fatti, onesto nelle intenzioni e negli effetti, che non serva altra causa se non quella della verità accertabile, e scritto in modo comprensibile per i suoi lettori chiunque essi siano, senza esprimere giudizi a priori, ma scoprendo la realtà delle cose. Questo ci ha spinto ad andare un po’ più a fondo della questione ‘pesce mal conservato’ della prima giornata di Vito Micaletti. Chi si aspetta accuse da parte nostra rimarrà deluso, non è nel nostro stile se non con prove incontrovertibili che oggi non ci sono; ci siamo chiesti però se fosse giusto leggere commenti e ipotesi ‘internettiane’ senza cercare di andare oltre. L’unico modo era mettersi in contatto con chi quei pesci li ha giudicati mal conservati e farci raccontare la sua verità.

Ecco cosa abbiamo chiesto a Roberto Borra:

A bocce ferme su internet si sono scatenate pesanti polemiche sulla vicenda Micaletti, posto in classifica a zero punti al termine della prima giornata per aver presentato prede “mal conservate”. Nel momento della pesatura, il carniere è stato accolto da atleti e pubblico presente con una reazione netta, un misto di mugugni ed espressioni di disapprovazione, segno inequivocabile che qualcosa non andava. Del resto, le ricciole erano di taglia tale da non poter passare inosservate.

Il carniere di Micaletti fotografato sul campo di gara, prima della consegna – Foto: A. Balbi

In seguito, però, persone non presenti sul posto hanno scritto che i pesci sarebbero stati catturati la mattina stessa e che quindi sarebbero stati freschissimi, ma che per colpa dell’organizzazione sarebbero poi stati dimenticati al sole, sulla banchina, per “tre o quattro ore”. Il pescato sarebbe stato recuperato ormai inesorabilmente cotto dal sole soltanto in seguito alle richieste dello stesso Micaletti, il quale sarebbe -secondo questi difensori- incolpevole. Ancora, si è scritto che Micaletti avrebbe presentato un ricorso poi rigettato e che avrebbe chiesto a gran voce di eviscerare le prede. Potrebbe spiegarci come sono andate le cose, visto che era direttamente coinvolto nelle operazioni di pesatura?

Roberto Borra – Credo che ormai tutti sappiano che non ho una grande passione per i forum e che quindi non seguo né partecipo a certe discussioni, ma in tutta onestà trovo assolutamente singolare che si voglia polemizzare su questa vicenda. Il regolamento prevede che gli atleti che presentano prede “mal conservate” vengano collocati a zero punti nella classifica di giornata e nel caso specifico non vi sono dubbi che le prede fossero mal conservate, lo dico con la serenità di giudizio maturata nel sovrintendere alle operazioni di pesatura di tante manifestazioni a carattere nazionale ed internazionale. La dicitura “mal conservate” serve proprio a togliere di mezzo ogni questione sulla buona fede dell’atleta, e la misura non implica alcuna accusa di aver barato, ma si limita a sanzionare la presentazione di un carniere con prede mal conservate. Premesso che la storia del carniere abbandonato in banchina dall’organizzazione dopo la consegna non mi consta e che, conoscendo l’ambiente e lo zelo degli atleti in simili circostanze, mi pare alquanto improbabile, devo rilevare due elementi che tolgono, come si suol dire, il vin dai fiaschi. In primo luogo, la gara è terminata alle 12:40 ed il carniere di Micaletti è stato pesato alle ore 15, circa due ore dopo considerando il tempo tecnico per il rientro in porto, pertanto è assolutamente da escludere che il pescato possa essere stato lasciato al sole per “tre o quattro ore”. A prescindere da questo aspetto, poi, questa versione dei fatti non spiega come mai all’interno dello stesso carniere vi fossero prede mal conservate e prede ben conservate: se tutto fosse dipeso dall’abbandono del pescato sulla banchina, a regola tutti i pesci si sarebbero dovuti rovinare e non solo alcuni. Per quanto riguarda il presunto ricorso, anche qui devo dire che non mi risulta affatto che Micaletti ne abbia presentato alcuno, né che questo sia stato rigettato. Sulla richiesta di eviscerare le prede, invece, posso solo dire che non avrebbe chiarito alcunché, perché i pesci puzzavano ed erano evidentemente mal conservati; aprendoli non si sarebbero acquisiti ulteriori elementi a favore, al massimo si sarebbe peggiorata la situazione. Personalmente non mi sento di esprimere alcun giudizio sulla vicenda né ritengo opportuno fare illazioni ed andare oltre i fatti: alcune prede del carniere di Micaletti erano mal conservate, e per questo si è semplicemente applicato il regolamento e collocato l’atleta a zero punti nella classifica parziale. Questi sono fatti incontestabili ed incontestati nei modi e nelle forme previste, pertanto reputo la questione chiusa.

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Category: Agonismo, Articoli, Pesca in Apnea

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