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Nuoto Pinnato: bilanci mondiali da Palma di Mallorca

| 14 Luglio 2010 | 0 Comments

Nella giornata della prima vittoria della Spagna ai Mondiali di calcio, un altro Mondiale molto meno celebrato si è chiuso a Palma di Mallorca. Si tratta di quello giovanile di nuoto pinnato andato in scena tra mercoledì 7 e domenica 11 Luglio scorsi nella piscina di Son Hugo e nella baia di Calanova della bella capitale maiorchina. Andiamo di seguito a tracciare un bilancio dell’evento e a scoprire le indiscrezioni provenienti dal settore dopo questa esperienza.

Il via della finale dei 100 np maschili – Foto: N. Negrello

L’organizzazione
Nel complesso, quello di Palma di Mallorca può dirsi un Campionato Mondiale discreto. Il metro di giudizio, però, è quello delle ultime manifestazioni internazionali che di certo non avevano brillato per l’organizzazione. A Eger nel 2008 e a San Pietroburgo nel 2009 per esempio, se la parte agonistica e quindi tutto ciò che riguardava la piscina e le gare, aveva ben funzionato, tutto il resto era stato di livello assai scadente: alloggi tutt’altro che confortevoli, cibo scadente, difficoltà logistiche legate agli spostamenti… in Spagna la situazione si è invece capovolta.

Oleksandr Odynokov in azione – Foto: N. Negrello

L’albergo che ha ospitato gli atleti verrà infatti ricordato come uno dei più accoglienti mai visitati dal nuoto pinnato. Grande polo turistico, la capitale maiorchina da questo punto di vista non ha smentito le attese, tant’è che il consueto ed esagerato prezzo imposto dall’organizzazione di ogni campionato alle delegazioni, in quest’occasione è sembrato se non giustificato almeno accettabile.
Purtroppo il rovescio della medaglia è rappresentato dalla gestione della gara vera e propria dove, specie nella prima giornata e durante il fondo, l’organizzazione spagnola ha spesso peccato. Citiamo per esempio la tragicomica prima cerimonia di premiazione del campionato, quella dei 100 np femminili vinti dalla colombiana Grace Fernandez Castillo, con la speaker in totale confusione nel rispettare il protocollo di consegna delle medaglie e l’ancora più incredibile momento dell’inno: cd non preparato, minuti di imbarazzo generale fino alla decisione della delegazione colombiana di cantare in prima persona!!! Si tratta solo dell’episodio più emblematico di tanti piccoli grandi problemi che hanno contornato la tre giorni di gare in piscina. Tra gli altri ricordiamo la gravissima mancanza dell’organizzazione che non forniva acqua agli atleti sugli spalti, costringendo le squadre a procurarsela autonomamente (spesso dovendo uscire dall’impianto dato che il bar non era funzionante e rimanevano solo scomodi e costosi distributori), e il problema al cronometraggio elettronico nella terza giornata (questo dovuto a una serie di coincidenze sfortunate non imputabili a nessuno) che ha causato notevoli ritardi al programma. Lacunosa anche la gestione del percorso per le prove di fondo in mare, con il posizionamento delle boe e dell’imbuto d’arrivo cambiati dopo ogni gara e addirittura spostati durante una prova!

Monopinne pronte a scattare – Foto: N. Negrello

Nell’opinione di chi vi scrive tuttavia, pur essendo tutti questi dei problemi gravi, tanto più perchè sarebbero facilmente risolvibili, la riuscita o meno di una manifestazione internazionale di questo livello non dovrebbe basarsi su queste basi.
Il primo punto che dovrebbe determinare il successo dell’evento è il numero dei partecipanti. In questo senso Palma di Maiorca ha lasciato un’impressione abbastanza positiva. 23 sono stati i paesi presenti in Spagna con delegazioni in certi casi anche abbastanza numerose. Erano ben rappresentati tutti i continenti salvo l’Oceania, altro fatto più che positivo per un campionato juniores,
Il secondo punto è il livello medio degli atleti e pure questo si può considerare buono. Le finali sono state di spessore, tantissimi i record del mondo (addirittura assoluti nel caso dei 200 pinne femminili con la Laukkanen) ma tutto sommato anche nelle batterie non erano presenti troppe carneadi come a volte capitato in passato.

Il discorso del presidente Ferrero alla cerimonia inaugurale – Foto: N. Negrello

Il terzo punto, e qui arrivano le noti dolenti, è rappresentato dalla mediatizzazione dell’evento. Per l’ennesima volta, ci troviamo a raccontare di un campionato che non ha avuto alcun eco mediatico. Le notizie sui giornali spagnoli sono state praticamente nulle e ciò è abbastanza grave, per non parlare dei passaggi televisivi, oseremo dire quasi inesistenti. Per quanto riguarda il web solo Apnea Magazine era presente a Palma di Mallorca con un proprio inviato. Ma ciò che è grave è che l’organizzazione stessa, pur dotandosi di un ufficio stampa, non abbia diramato alcun comunicato in inglese, limitandosi a pubblicare scarne news in spagnolo e una manciata di foto. Tuttavia questo aspetto continua a sembrare di secondo piano anche ad alto livello nella CMAS che assegna l’organizzazione dei campionati su criteri che con la meritocrazia poco hanno a che vedere. Finché la confederazione non porrà tra i propri standard alcuni minimi, difficilmente sarà possibile fare un salto di qualità. Apnea Magazine in collaborazione con AlterSport Finspirit dimostrò l’anno scorso con la diretta in streaming da San Pietroburgo come per fare un lavoro di qualità professionale non siano necessarie risorse esagerate. Invece quest’anno in piscina non era disponibile neppure un accesso wifi e difficilmente a Kazan dove si svolgeranno i Campionati Europei Assoluti la situazione sarà diversa.
Se a questo si aggiunge che nei prossimi anni le competizioni internazionali, a quanto pare, continueranno ad essere assegnate a località semisconosciute per questioni meramente politiche e di interesse personale, difficile è sperare in qualche novità significativa. Se ciò è quello che la CMAS desidera… arrivederci a Kecskemet!

Il via della 4×3000 femminile – Foto: N. Negrello

Il fondo
Disguidi organizzativi a parte, la velocità in piscina dallo stretto punto di vista agonistico, ha lasciato un’ottima impressione negli occhi dei presenti. Altrettanto non si può dire del fondo. Sono ormai diversi anni che tale specialità non riscuote particolare attenzione da parte di molti paesi e le squadre iscritte si contano sulle dita a volte addirittura di una sola mano! A Palma questo trend negativo non è stato invertito ed anzi è stato decisamente deludente veder allineate al via solo cinque staffette femminili e sei maschili. Abbastanza strana è stata l’assenza della Germania che pur vanta una buona tradizione e soprattutto negli ultimi anni a livello assoluto è sempre stata protagonista sia nel settore maschile che in quello femminile. Anche la Grecia che in genere ha sempre partecipato non si è presentata, ma ciò che più stupisce e fa riflettere è la mancanza della squadra spagnola, paese organizzatore! Perchè se da un lato può essere comprensibile l’assenza di paesi lontani che devono fronteggiare trasferte costose migliaia di euro, non è assolutamente giustificabile che la nazione ospitante non allinei i propri atleti in tutte le specialità, anche se questi non sono competitivi. Si è parlato negli anni scorsi di porre in concomitanza le prove di piscina e fondo per aumentare la possibilità di medaglia di paesi emergenti… ci auguriamo che tale balzana idea non venga mai messa in pratica perchè allo stato delle cose il vero rischio è di ritrovarsi senza neppure un podio completo!

L’esultanza di Francesca Fusco – Foto: N. Negrello

Il mondiale dell’Italia
Al mondiale azzurro è mancata solo una cosa: la medaglia d’oro dei 200 np di Roberta Mastroianni. Vista l’assenza della colombiana Fernandez Castillo, assurdamente non iscritta dalla propria federazione in questa distanza, era la favorita numero uno. Nello sport si vince e si perde; in altre occasioni è andata bene, in questa il bronzo sa di sconfitta, ma di certo il valore della campionessa romana non ne esce intaccato. Forse si poteva sperare anche in una medaglia della 4×200 femminile che non ha nuotato al massimo delle sue potenzialità e dove il solo decimo che separa dal bronzo brucia parecchio, ma anche in questo caso nulla si può rimproverare alle ragazze azzurre. Inoltre queste delusioni sono state compensate da un paio si piacevolissime soprese.

Il podio dei 200 np femminili – Foto: N. Negrello

L’oro di Francesca Fusco non si può considerare tale, dato che era la campionessa europea uscente e, nonostante una fortissima concorrenza, si sapeva delle sue possibilità. Certo la ciliegina sulla torta rappresentata dal record del mondo giovanile non può che lustrare tutta la spedizione italiana. L’avevamo un po’ azzardato prima dei mondiali e siamo felici di aver visto bene per quanto riguarda invece la medaglia di Giona Cristofari nei 50 np e di Sarah Sanvito nei 1500, due bronzi, specie il primo, inaspettati e perciò ancora più belli, cosiccome quelle di Alessandro Zonta e Benedetta Marcarelli più facilmente pronosticabili ma non per questo meno difficili da conquistare.
Tra punte di eccellenza assolute e prove in linea con le aspettative, nel complesso tutta la squadra ha ben figurato raccogliendo tra piscina e fondo dieci podi e il sesto posto nel medagliere.

La Colombia, la bella faccia del mondiale
C’è una nazione che più di tutte ha stupito in questo mondiale: è la Colombia. Non è solo una questione di risultati, anche se questi sono stati a dir poco strepitosi. Nove medaglie d’oro (di cui tre nelle quattro staffette!) e tanti altri podi, sono l’espressione di un movimento in crescita da anni e ormai arrivato al livello delle nazioni leader del nostro sport. Sprint, fondo, velosub… il secondo posto nel medagliere… la Colombia è una potenza del nuoto pinnato. Ma come detto, ciò che più piace di questa nazione non sono i risultati agonistici ma il modo in cui vengono ottenuti: pochi mezzi e tanta passione. E’ incredibile sapere come siano gli stessi atleti con l’aiuto del proprio allenatore a pagarsi gran parte della trasferta, che per quest’occasione è durata oltre un mese visto lo stage in altura effettuato in Sierra Nevada prima della competizione. Se è vero che le medaglie poi sono assai ben pagate e perciò l’investimento probabilmente quest’anno è stato proficuo, è anche vero che proprio di investimento si tratta, fatto però senza garanzia di successo e dopo anni e anni di lavoro con risultati meno prestigiosi ma non per questo meno importanti. Già circolano le classiche voci sul doping, per alcuni il solo modo di spiegare questa crescita. I tecnici colombiani hanno tenuto a precisare come la stessa federazione colombiana, all’insaputa degli allenatori e degli atleti, abbia contattato la WADA per dei controlli incrociati sangue-urine a sorpresa durante gli allenamenti. Pur non potendo garantire sull’onestà di nessuno,

La plurimedagliata squadra colombiana – Foto: N. Negrello

crediamo che Colombia stia diventando insomma un modello, da improvvisati dello sport a campioni di caratura mondiale. E sempre con il sorriso sulle labbra e la gioia di vivere che distingue i sudamericani. Nel 2011 i CMAS World Games avranno luogo proprio a casa loro, un paese che per queste manifestazioni da il meglio di sé anche a livello di partecipazione popolare. Incrociamo le dita perché il successo sia di tutti!

Le bipinne
Stentano a decollare. Il loro scopo, fin dall’introduzione, non era di alzare il numero dei partecipanti alle manifestazioni internazionali e quindi nell’alto livello, piuttosto di aumentare la base di praticanti su scala locale. In certi paesi ciò sta avvenendo, Italia in primis. Ma in molti altri paesi questo obiettivo è ben lontano dall’essere raggiunto, anzi, le bipinne continuano ad essere viste di traverso.
A Palma di Mallorca è arrivata la notizia della volontà di un noto produttore di mono di far omologare le proprie pinne.

Scarsa partecipazione nelle distanze pinne – Foto: N. Negrello

Al di là del fatto che si parli addirittura di aprire alla vetroresina anche in questo settore, ciò che desta notevoli perplessità è che l’idea alla base della reintroduzione delle bipinne fosse quella di garantire la massima reperibilità dei materiali. Non a caso i regolamenti prevedono che per poter essere omologate le pinne debbano essere prodotte su larga scala e non artigianalmente. Ciò fino ad oggi è stato solo in parte vero: le pinne ungheresi non si possono di certo considerare un prodotto industriale e industrializzato, tant’è che da qualche mese è addirittura impossibile procurarsele! Quale direzione intende prendere la CMAS? Ritornare al modello delle monopinne o provare a persistere sulla strada aperta soli 3 anni fa?

Costumi integrali
E’ un’indiscrezione ma a quanto pare la CMAS ha stretto un accordo con una nota casa italiana per la produzione di costumi integrali da competizione. Gli estremi dell’accordo non sono ancora noti, ma sembra che almeno la prossima stagione sarà ancora permesso nuotare con qualsiasi costume (di vecchia generazione) mentre dal 2012 potrebbe essere introdotta l’esclusiva con un costumone monomarca a prezzo concordato ed unico nel mondo (attorno ai 200 ‘). Ogni riflessione è rimandata a quando si conosceranno i dettagli dell’operazione.

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