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La Pescasub stermina il Dentice: storia di come si costruisce un pregiudizio

Questo articolo, noioso per i più e a cui tanti preferiranno un rilassante video di pesca, nasce con l’intento di spiegare come un pregiudizio nasce, si alimenta e si diffonde fino a diventare verità acquisita senza che nessuno abbia più da domandarsi in base a quali dati siano state elaborate certe conclusioni. Per combattere il nemico è necessario contrastarlo sul suo terreno e spuntare le sue armi dialettiche. Mai come oggi la pesca in apnea è in bilico e rischia di scomparire, diventa quindi obbligo anche del semplice appassionato conoscere e diffondere la verità ovunque si renda necessario.

Probabilmente non sarà capitato a molti pescatori di sentir parlare dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, meglio nota con il suo acronimo IUCN; si tratta di una organizzazione non governativa internazionale con sede in Svizzera e numerosi comitati nazionali sparsi in tutto il globo e che ha come obiettivo quello di “persuadere, incoraggiare ed assistere le società di tutto il mondo nel  conservare l’integrità e la diversità della natura e nell’assicurare che qualsiasi utilizzo delle risorse naturali sia equo ed ecologicamente sostenibile”. Una mission apprezzabile e meritoria, che però in qualche occasione ha dimostrato di non poggiare su solide basi scientifiche, come ci si aspetterebbe da chi si vanta di collaborare con diverse migliaia di scienziati, quanto più su pregiudizi facilmente confutabili.

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I grossi dentici sono appannaggio di pochi (foto A.Balbi)

Nel caso specifico della pesca in apnea, la pietra dello scandalo è costituita da una relazione riguardante lo stato di conservazione dei pesci nel Mar Mediterraneo. Pubblicato nel 2011 si proponeva di contribuire allo sviluppo di protocolli di ricerca sugli aspetti più importanti riguardanti la conservazione e la gestione delle varie specie di pesci del mare nostrum. Tutto bene almeno fino a quando non si arriva ad affermare che:

1- “Sette specie di pesci presenti nella regione mediterranea sono elencabili come vulnerabili. […] Tordo Marvizzo (Labrus viridis) e dentice (Dentex dentex) hanno evidenziato cali compresi tra il 30 e il 50% della popolazione mediterranea a causa della pesca in apnea sportiva.

In seguito sul dentice si provvede a ricarare la dose:

2- “Il Dentice (Dentex dentex) è una specie fortemente sfruttata; la principale minaccia è riconducibile alla pesca subacquea. Il Dentice è un predatore la cui popolazione non è in grado di ricostituirsi velocemente. Attualmente, la sua classificazione nella regione Mediterranea è “specie vulnerabile”.

Il cerchio si chiude con alcune argomentazioni e suggerimenti di misure severamente protezionistiche:

3- “Questo pesce dalle grandi dimensioni (100 centimetri max. TL) è molto ricercato dai pescatori in apnea per le sue ottime carni ed è molto ricercato anche per il fatto che si trova comunemente in acque relativamente poco profonde, tra i 15 e i 50 metri di profondità.

4- “La FAO ha riferito che le quantità pescate di questa specie sono in calo costante e negli ultimi 15 anni, si è passati da un picco di 7000 tonnellate nel 1990 a meno di 1000 tonnellate nel 2005. Le raccomandazioni per il recupero di questa specie includono la creazione di una taglia minima di cattura e una restrizione della pesca subacquea in alcune aree “critiche”.

Non possiamo negare che le tesi sostenute dalla IUCN siano molto forti che potrebbero portarsi dietro delle ricadute socio/economiche forse trascurabili sul piano globale, ma sicuramente deleterie in contesti medio piccoli che magari sul turismo venatorio hanno costruito attività che danno da mangiare a tante famiglie. Potremmo facilmente bollarle come semplici idiozie, ma non possiamo trascurare che i governi che ricevono simili esortazioni spesso non hanno alcun interesse a tutelare la pesca sportiva, considerata come uno scomodo competiror che erode la capacità di profitto di quella professionale. Inoltre richieste in questa direzione sono già state avanzate nella vicina Corsica e si sono già concretizzate nella storica moratoria sulla cernia e in quella per la corvina introdotta a gennaio 2014. Per il dentice la discussione è in  pieno fermento ma non c’è da attendersi nulla di buono. E allora, piuttosto che voltarsi dall’altra parte con una risata di scherno alla pseudoscienza, è vitale confutare – dati alla mano – gli assunti pregiudizievoli che questo studio tenta di far passare come evidenze scientifiche.

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I diversi dentici di Franco Villani all’Assoluto 2012, quasi un record (foto D. Serra)

IFSUA, ben conscia che chi ha in carico la protezione di una qualunque specie animale non dovrebbe farsi influenzare dall’impatto socio economico che una eventuale restrizione del suo prelievo potrebbe generare, e nel rispetto meticoloso del metodo scientifico, ha analizzato tutta la (scarsa) letteratura disponibile sull’argomento. Il certosino lavoro di analisi non solo non ha fatto emergere alcun riscontro alle tesi della IUCN, ma ha anzi portato alla luce argomenti – questi si scientifici! – diametralmente opposti a quelli della relazione, confermando se mai ce ne fosse ulteriore bisogno, che trattasi al massimo di opinioni e preconcetti personali.

E’ superfluo ribadire ai nostri lettori quanto la cattura del dentice sia appannaggio di pochi e allenati apneisti, quindi preferiamo provare a rispondere alla domanda “quanti dentici catturano davvero i pescasub?”.  In Spagna la FECDAS (federazione catalana per le attività subacquee) ha censito in 9 anni di gare (2006-2014 compresi) 127 dentici catturati per un peso complessivo di 167 kg, a fronte di 154 competizioni ufficiali disputate, cui hanno preso parte 5.346 atleti. In Francia la FNPSA ha svolto un lavoro analogo registrando 5 (cinque!!) dentici catturati in tutte le gare disputate sulle coste mediterranee francesi dal 2004 al 2015. Sempre in Francia la (FCSMP) che raggruppa pescatori amatoriali, ha stimato (sulle dichiarazioni delle catture) che tra il 2009 e il 2012 il dentice abbia rappresentanto il 3% delle catture dei suoi associati, con una media annua di 0,7kg procapite. Al netto del livello medio/alto dei pescatori che hanno partecipato a questi 3 censimenti, si può affermare con buon approssimazione che il prelievo del dentice da parte dei pescasub in Mediterraneo sia pari all’1,35% di quanto catturato dai professionisti.

Questa percentuale, già ridicola di per se e in costante diminuzione di anno in anno, stona con le percentuali di cattura delle marinerie professionali delle stesse località che invece registrano un’impennata dal 2006 al 2009. Senza dimenticare che spesso i dati si limitano alla sola pesca artigianale e allo strascico, tralasciando nuove e massive tecniche di prelievo basate sull’esca viva che permettono ad ogni imbarcazione di prelevare quotidianamente anche 50 esemplari con peso medio sui 4kg durante i montoni riproduttivi, oltrechè ovviamente il mercato nero.

Dentex MASSACRESi cerca strenuamente di regolamentare la pesca industriale dei membri dell’europa, eppure a pochi chilometri dalle nostre coste, dove non è più europa ma sempre mediterraneo, le regole nemmeno esistono, e i danni li paghiamo tutti…#ApneaMagazine #AMvideo #Pescasub #PescaSubmarina #PescaInApnea #Spearfishing #ChasseSousMarine

Posted by Apnea Magazine on Mercoledì 11 marzo 2015

Tornando per un attimo all’universo della pesca sportiva non possiamo non sottolineare come la pesca di superficie, già solo per il nettamente maggiore numero di praticanti e per la possibilità di operare a quote impensabili in apnea, limitando fortemente il disturbo sui pesci, è statisticamente molto più impattante rispetto a quella in apnea, per quanto minimamente confrontabile con il prelievo professionale. Una conferma empirica la si può avere semplicemente andando su Google Immagini e digitando le parole “pesca dentice” in una lingua qualsiasi. Si potrà immediatamente verificare quanto le immagini dei pescatori di superficie siano di gran lunga più numerose delle immagini di pescatori in apnea. La differenza è veramente enorme.

Nessuno di noi nega che la pescasub, come qualsiasi altra attività di prelievo delle risorsa ittica, abbia un certo impatto sulle specie bersaglio; e che questo può aumentare o diminuire a seconda di diversi fattori tra cui la profondità, la posizione geografica e le abilità necessarie per la sua cattura; ma è ovvio che quando si effettuano valutazioni sull’impatto ambientale di una disciplina sportiva, tutte le variabili devono essere chiaramente identificate e analizzate per evitare, o almeno limitare, conclusioni distorte. Inoltre bisogna tenere in considerazione le ricadute sociali, economiche ed anche ecologiche che potrebbero scaturire da una conclusione sbagliata, che potrebbe innescare danni irreparabili.

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Le tecniche di pesca con la canna sono indubbiamente più catturanti (foto web)

Bisogna sottolineare gli “impatti ecologici”, perchè se i responsabili ed i politici dovessero prendere dei provvedimenti sul dentice basandosi sulla relazione dell’IUCN, potrebbero essere adottate delle misure contro un’attività che la scienza dimostra non essere affatto la causa dell’attuale stato di conservazione del Dentex Dentex. Nel frattempo, le vere cause di depauperamento dello stock continuerebbero ad agire indisturbate con tutti i devastanti effetti che ciò comporterà. Accorgersi dell’errore dopo anni potrebbe rivelarsi tardivo e inutile.

Se vi è un solo paradigma, accettato oggi da tutti, riguardante i problemi ecologici del 21° secolo, è quello che afferma che “non possiamo aspettarci di individuare un’unica causa responsabile delle fluttuazioni di una specie animale, ma bensì che bisogna riconoscere il potenziale impatto di tutte le possibili cause e lavorare insieme per comprendere come tutti i fattori interagiscono tra di loro per portare all’effetto finale sulla consistenza delle popolazioni animali (Marengo et al. 2014)”.

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