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La foca monaca, l’incontro più unico della mia vita

| 10 Aprile 2004 | 0 Comments

Mariano Satta raccoglie il racconto di Francesco Putzu, che testimonia uno degli ultimi avvistamenti di foca monaca in Sardegna.
L’incontro di Francesco con la foca monaca avvenne in data 26 Gennaio 1983 presso la Grotta del Fico a Capo Monte Santu, e da allora non si è più avuta alcuna testimonianza.
La foca monaca, specie mediterranea a rischio d’estinzione, ha sempre vissuto nelle grotte marine del Supramonte. In passato si contavano decine di esemplari, ma oggi è da considerarsi pressoché estinta.
Francesco Putzu, agonista del passato, è oggi istruttore Apnea Academy e Fipsas, e gode di grande stima nell’ambiente.

Francesco Putzu, protagonista dell’incontro con la foca monaca

Sognavamo e progettavamo una pescata nel golfo di Orosei. Il fascino del golfo ha sempre richiamato grandi attenzioni, si presenta nella parte orientale dell’isola con una cinquantina di chilometri di costa fatta di poderosi costoni calcarei, che si ergono altissimi dal mare. I bellissimi strapiombi sono di fronte al mare, ed appartengono al massiccio del Gennargentu, la parte montuosa più alta dell’isola.

Finalmente, riuscimmo a superare le difficoltà degli impegni lavorativi, e la sognata visita in quel luogo fantastico stava per realizzarsi. Decidemmo per il fine settimana nella giornata di sabato, era il 26 gennaio del 1983.
Ci ritrovammo al solito bar di mattina presto, e mentre facevamo colazione decidemmo la migliore strategia pianificando l’intera giornata di pesca.

La presenza del forte maestrale ci portava ad essere tanto speranzosi della riuscita quanto dubbiosi, ma la decisione ormai era stata presa.
Il viaggio fu lungo a causa della strada tortuosa, ma raggiungemmo il luogo prefissato intorno alle ore 9.
Appena usciti dalla galleria, Cala Gonone si presentò vista dall’alto, e finalmente ci trovammo davanti al luogo tanto ambito.
Il maestrale era presente, forti raffiche di vento e la presenza di spolverini ci portò a valutare il da farsi. Gli spolverini sono dei vortici che mulinellano verso l’alto e che sono causati dal forte vento; in Sardegna, sono caratteristici quelli del maestrale. Scrutammo l’orizzonte dal belvedere, e ci assicurammo della presenza del ridosso sperato sotto la parete. Il vento e gli spolverini, per fortuna, si presentavano lontani dalle pareti, a qualche centinaio di metri, la navigazione era possibile solo sotto le pareti, che creavano un vero riparo dalle intemperie.

Foca Monaca del Mediterraneo – Disegno: Mariano Satta

Varato il gommone ci dirigemmo verso Cala Mariolu,
una rinomatissima spiaggia di perle calcaree con una sorgente di freschissima acqua che sgorga dalle rocce: intorno, grande presenza di verde con lecci, ginepri, olivastri.
Giunti sul luogo parlai con Massimo, che voleva visitare un picco che si ergeva sui -20 metri: la sua speranza era rivolta ai predoni del mare, dentici e ricciole. L’altra parte del gruppo scelse la zona di Poltu Cuatu, subito dietro Capo Monte Santu.

L’acqua si presentava limpidissima, e nelle prime due ore catturammo alcune ricciolette e dei bei saraghi maggiori.
Un dolore lancinante all’orecchio mi impedì di proseguire le sommozzate fonde, così, segnalato l’inconveniente, ci spostammo più a riva. Incrementata la zavorra di alcuni chili ed impugnato l’arbalete al posto dell’oleopneumatico, rivolgemmo le attenzioni al sottocosta in cerca delle grosse spigole, sempre presenti in quel tratto. La zona ha sempre offerto catture di spigole grosse da sembrare dei sommergibili. Iniziammo la battuta nei pressi della grotta del Fico.

Massimo si portò nella batimetrica più fonda, io restai nel sottocosta ed avanzammo a fascia.
L’acqua in quel tratto si presentava un po’ torbida a causa di numerose sorgenti di acqua dolce, che sboccano sul fondale marino.

Sebbene concentrati al massimo, non avvistammo niente, neanche una pinna. Per un attimo pensai che la causa di quel deserto fosse da imputare alle ricciole incontrate in precedenza. Trovai strano vedere quel luogo così deserto: solitamente si presentava ricco di varie specie, in particolar modo di grossi saraghi pizzuti.

Cambiai strategia effettuando dei lunghi aspetti, ma niente da fare, niente di niente, il fondale si confermava sempre più deserto. Spazientito, decisi per qualche altra sommozzata, soprattutto perché la pescata volgeva alla fine, erano giunte ormai le quattro del pomeriggio e ci rimaneva sì e no un’oretta di luce. Presi fiato effettuando una decina di atti respiratori, e una volta giù andai ad effettuare la mia ennesima posta su una bella distesa di posidonie, con lo scopo di mimetizzarmi quanto più possibile.

Foca Monaca delle Hawaii – Foto credit: Chad Yoshinaga

“Finalmente” gridai dentro me stesso, quasi subito una grossa sagoma grigia mi puntò dalla mia sinistra. “Accidenti! Che ricciola! E che fregatura, avevo lasciato il supersten per i grossi calibri sul gommone’ non ce la farò mai ‘deve essere molto grossa’ deve essere almeno cinquanta chili e con l’arbalete che impugno non le torcerò un baffo”. Questo è ciò che pensai in quegli attimi rivolgendo lo sguardo alla grossa sagoma. Puntai il fucile nella direzione del pesce che andava a materializzarsi e dopo alcuni secondi mi resi conto: si trattava di una foca che, tranquilla, mi veniva incontro.

In una frazione di secondo mi balenarono in mente mille cose: “Che faccio?????”. Lentamente mi lasciai portare in superficie, cercando di non fare movimenti bruschi che la potessero spaventare. La foca proseguì mantenendo la stessa direzione, ed io ebbi modo di ammirarla in tutto il suo splendore. In quel momento era davanti ai miei occhi, vedevo perfettamente il suo muso, i suoi grossi occhi rotondi, e distinguevo perfettamente i suoi baffi appuntiti.
Non so per quanto tempo me la trovai davanti, secondi, minuti’anche adesso, a distanza di tempo, non saprei valutare.
La foca monaca si avvicinò tantissimo, fino a toccarmi, mi fissò per un attimo. In quel momento pensai “Mi conosce?”.
La foca monaca fece un’accurata ispezione, e con la stessa calma con cui era arrivata si allontanò, e mentre io la osservavo stupito andar via, lei si girò per un’ultima volta a guardarmi e poi, dopo avere girato un roccione bianco, sparì dalla mia vista.

Mi pareva di aver assistito ad un film, sembrava impossibile di avere incontrato la rarissima foca monaca. Ebbi un attimo di smarrimento, e non sapendo cosa fare pensai “La inseguo? No, no risposi a me stesso, è meglio non spaventarla’”.
Sollevai il viso dall’acqua e gridai in direzione del mio compagno e mentre urlavo vidi Massimo che si agitava e tentava di segnalarmi qualcosa, sbraitava e agitava il fucile fuori dall’acqua.

“LA FOCA, LA FOCA..MASSIMO, DEVE ESSERE VICINO A TE” gridai, mentre gli andavo incontro.
Seppi dopo che aveva visto la foca, ma da lontano, mentre in quel momento urlava per l’avvistamento di un pescione con una strana andatura. Lo raggiunsi in poche pinneggiate, ci trovammo viso a viso entrambi agitati per le grandi emozioni appena provate, gridavamo entrambi quasi senza capirci. Io gridavo e lui pure, come razzi pinneggiammo nella direzione della foca cercando di rivederla, ma purtroppo l’incontro era terminato.

Risalimmo sul gommone, per ironia della sorte quel giorno avevo con me la Nikonos che difficilmente porto dietro quando vado a pescare. Arrivarono gli altri compagni di pesca con dei bellissimi carnieri di orate, spigole ed una bella cernia.
Raccontammo la nostra avventura, ed io in particolare raccontai l’eccezionale e rarissimo incontro, loro in un primo momento non ci cedettero ma poi, esausti per il nostro accanimento, abbozzarono un consenso.
Il fatto di non essere creduti più di tanto non ebbe importanza’ noi avevamo visto la rarissima foca monaca.

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