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Itinerari di pesca sub: Brindisi, Punta Riso

| 8 Settembre 2001 | 0 Comments
Veduta della diga di Punta Riso – Brindisi

Esistono luoghi particolari sulle coste del Mediterraneo che esulano dalle classiche catalogazioni applicabili alle diverse tipologie di fondali, per così dire, standard.

Mi riferisco a posti dotati di un fascino del tutto speciale, rappresentato non solo e non tanto dalla presenza delle specie catturabili (che può essere più o meno nutrita), quanto dall’imprevedibilità degli incontri che vi si possono effettuare. Si tratta di porzioni di costa o di fondali marini che hanno subito, per diversi fattori – siano essi ambientali o industriali – profondi mutamenti nella loro morfologia e nell’ecosistema completo che le caratterizza, a danno, spesso, della loro forma originaria e della loro “purezza strutturale”.

Gigantesche piattaforme al largo delle coste, canali di espulsione di acqua marina utilizzata per il raffreddamento meccanico delle grandi centrali elettriche, relitti di ogni genere, ma soprattutto dighe e moli dalle forme, dimensioni e peculiarità eterogenee, costituiscono gli inquietanti scenari di pesca abituali per tutti quei cacciatori subacquei che preferiscono sacrificare le sensazioni che possono trasmettere fondali puri e incontaminati a vantaggio delle potenti scariche di adrenalina che li attraversano quando realizzano incontri realmente straordinari.

Tra questo ristretto gruppo di siti va certamente annoverata la ormai famosa diga di Punta Riso, che delimita il lato nord dell’avamporto di Brindisi.

L’apice della popolarità di questo frangiflutti è stato toccato lo scorso settembre, quando fu teatro della cattura di quel tonno di ben 258 chili che, secondo notizie non confermate, dovrebbe costituire la preda più grossa mai catturata nel mediterraneo in apnea.

Ma procediamo con ordine e valutiamo le diverse possibilità di caccia offerte da questo molo in funzione delle stagioni e dei punti caratteristici.

Per prima cosa occorre puntualizzare che la morfologia della diga e del fondale può risultare sensibilmente diversa a seconda della distanza dalla costa.

Altra veduta della diga

Laddove il ciglio della strada poggia direttamente sulla punta rocciosa (Punta Riso), il fondale assume i connotati caratteristici del resto della costa Nord della città, con un piccolo bassofondo puntellato di scoglietti affioranti che taglia improvvisamente sui sette-otto metri con una parete fessurata, digradando poi dolcemente fino ai 12, dove lastre bianche, spoglie e di modeste dimensioni muoiono su una vasta distesa di sabbia.

Questo fino al “Ruben Cafè” (ex Picnic), un caratteristico locale brindisino posto direttamente alla base della piccola salita che delimita l’inizio della barriera artificiale.

Ci troviamo sul primo punto “caldo” del nostro percorso: il fondale regolare appena descritto esplode improvvisamente in una punta sommersa di medie dimensioni che domina un fondale sicuramente suggestivo dal punto di vista morfologico, ma – purtroppo – ormai completamente spoglio di vegetazione per via del sovrasfruttamento ad opera soprattutto dei “datterari” che, in questo punto, si incontrano facilmente alla domenica mattina mentre compiono spavaldamente il loro abituale scempio alla luce del sole!

Sulle rocce basse al confine con la sabbia, in particolar modo da maggio a ottobre, non è raro imbattersi in sparuti branchi di denticiotti che spesso raggiungono dimensioni interessanti e a volte decisamente notevoli. Molto nutrita la presenza di fitti branchi di mormore, che però raramente costituiscono obiettivi meritevoli di attenzione da parte del pescatore subacqueo. Pochi ma presenti i saraghi (specialmente fasciati), mentre è raro l’avvistamento di orate di taglia.

Il bassofondo è sovente frequentato da branchi di cefali e salpe di taglia fuori dal comune, mentre spigole sornione sgusciano tra i flutti creati dalle rocce soprattutto a inizio e fine stagione.

Procedendo verso levante, ecco che finalmente esordiscono i primi blocchi di roccia naturale che segnalano l’inizio della nostra diga. Nulla di particolarmente interessante, a parte cefali e salpe, ma proprio in questo punto è avvenuto il mio primo indimenticabile incontro con la preda più emozionante del Mediterraneo : un tonno rosso di mezzo quintale che, indifferente, mi ha scrutato a 6-7 metri di distanza proseguendo il suo cammino, apparentemente senza mai muovere la coda.

La potenza di questi superbi animali e la loro stupefacente idrodinamicità infatti, consente loro di spostarsi con impercettibili movimenti del corpo, procedendo quasi per inerzia, come maestosi alianti tra le nuvole. Stenterete a crederci ma mi trovavo in 6 m. d’acqua!

Procedendo rasenti i blocchi cubici potremo insidiare, a maggio e settembre, qualche sarago discreto da fulminare mentre sguscia da una spaccatura all’altra.

Oltrepassata la punta rocciosa che anticipa un passaggio artificiale dove le piccole lance dei pescatori professionisti tagliano il tragitto che li riporta direttamente nel porto interno, caratterizzata dalla presenza di spigole durante le mareggiate, giungiamo finalmente nella zona più interessante dell’itinerario: la porzione dell’antimurale caratterizzata da enormi e suggestivi tetrapodi di cemento armato. Questi massi ciclopici accatastati creano ambientazioni subacquee assolutamente uniche e, per certi versi, inquietanti, soprattutto quando, situazione frequente, la visibilità non supera gli otto-dieci metri. Inizialmente i blocchi di cemento muoiono sulla sabbia a 12 metri di profondità, ospitando talora discrete orate e qualche sparuto branco di mormore. Ma la zona più interessante esordisce un centinaio di metri dopo, allorquando la morfologia del fondale muta drasticamente, dal momento che i tetrapodi poggiano adesso su una massicciata artificiale di massi naturali dalla forma irregolare che, a loro volta, cadono dai 9 ai 13-15 metri su roccia piatta e scura. E’ questa la zona più interessante per le catture, per così dire, “normali”, quali saraghi, spigole e rare orate, che verranno insidiati all’agguato o entro le gallerie formate dal sovrapporsi dei massi, preferibilmente all’alba. Da dicembre a gennaio e a ottobre, invece, dovremo resistere alla tentazione di effettuare “stragi” di cefali, presenti a migliaia, e limitarci a qualche cattura, o attendere l’incontro con prede di maggior caratura, come le spigole. Tagliando verso nord in questo punto potremo trovare un fondale di grotto naturale sui 16-18 metri, ove i più esperti insidiano orate e qualche dentice.

E’ necessario tenersi a dovuta distanza dalla punta della diga

Proseguendo verso est la presenza di sparidi andrà via via decrementandosi, così come per i branchi di cefali, mentre resterà probabile l’incontro con il branzino.

Tuttavia, in particolare a settembre-ottobre, questa carenza sarà sopperita dal progressivo incremento delle opportunità di cattura dei grandi predatori pelagici, le quali saranno massime nel punto in cui la massicciata terminerà lasciando spazio a alti e ripidi muraglioni di cemento. Branchi di lecce, ricciole o lampughe di modeste dimensioni ci sfioreranno con indisponente disinvoltura, mentre noi saremo concentrati su eventuali prede di mole che potranno materializzarsi improvvisamente nel torbido con le sembianze di una grossa ricciola, una leccia o di un tonno titanico.

E’ difficile consigliare una tecnica di pesca adeguata in questi frangenti data l’eccezionalità dello scenario di caccia. E’ ovvio che, per quanto concerne ricciole o lecce, il cui incontro in questo punto, in particolar modo nelle giornate di maltempo che scoraggiano i cannisti meno irriducibili ad avventurarsi sui muraglioni per insidiare le lampughe, non è affatto raro, la tecnica più appropriata resta l’aspetto, da condurre sui 15 metri di profondità nell’acqua spesso torbida.

Discorso completamente diverso per i “signori della diga”, i grandi tonni.

Il comportamento di questi meravigliosi predoni al cospetto del sub assume sfaccettature estremamente differenti in funzione dei diversi scenari.

Può succedere che ci scrutino con il loro occhio bovino a distanza di sicurezza ma con atteggiamento attento, o può capitare che si avvicinino e che, una volta avvertito il pericolo, scodino improvvisamente con uno schiaffo secco seguito da una folta schiumata. Ricordo ancora il tonfo esplosivo che produsse un esemplare sul quintale che si era avvicinato spavaldo sotto le mie pinne prima di rendersi conto del serio pericolo che stava correndo.

Generalizzando, tuttavia, possiamo serenamente affermare che in nessun caso il tonno si mostra curioso nei confronti del sub (come accadrebbe per ricciole o lecce) ma piuttosto, per così dire, “interessato”.

Si tenga presente inoltre che i grossi tonni che accostano nei pressi del frangiflutti sono esemplari isolati, staccati dal branco, e quindi decisamente guardinghi. I territori di caccia di queste macchine da guerra, infatti, sono localizzati su fondali intorno ai 40 metri di profondità, ove sovente si lasciano osservare da cannisti e semplici turisti dalla terraferma nelle loro evoluzioni circensi necessarie ad addentare le scaltre e numerosissime lampughe.

Avendo la fortuna di incappare in una situazione simile, probabilmente, le generalmente scarse probabilità di cattura aumenterebbero considerevolmente in virtù della frenesia alimentare che potrebbe indurre qualche esemplare, distratto dall’azione di caccia, a disinteressarsi del pericolo e a mostrare momentaneamente il fianco al sub. Ma si tratta evidentemente di occasioni del tutto eccezionali.

Concludendo, la speranza è che gli elementi forniti in questo articolo contribuiscano a rendere più chiaro il quadro della situazione lungo questo celebre antemurale.

Si tratta, evidentemente, di semplici spunti sulla morfologia della diga e sul comportamento delle specie ivi presenti. Per quanto concerne argomenti tecnici specifici come le strategie di cattura, gli armamenti, attrezzature per il recupero, giorni e orari ideali, situazioni meteomarine, si prestano a troppe interpretazioni eterogenee per essere analizzate con obiettività, soprattuto con riferimento al tonno.

Le scuole di pensiero sono troppe e le scelte vanno effettuate in funzione delle inclinazioni personali o delle sensazioni istintive individuali.

Scelte che in queste situazioni vanno operate con oculatezza perché ogni singolo elemento può determinare il successo o la….. dipartita.

Occorre dunque avviare una seria pianificazione, anche perché…settembre è arrivato!

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