Come ogni anno l’appuntamento con i Campionati Italiani Assoluti di Pesca In Apnea era uno dei miei obiettivi principali. Nonostante diversi bei piazzamenti, secondi posti e perfino un ex-aequo a Palau nel 1985 con Lo Baido (alla fine fui secondo per un mio secondo piazzamento di giornata peggiore rispetto a quello di Pippo), non ero mai riuscito a portare a casa il trofeo. Quest’anno, teatro della prova è la costa orientale della Sardegna e, più precisamente, a San Teodoro, zona situata un po’ più a sud di Olbia. I fondali della terra sarda sono sempre tra i più belli e anche questo stimolava fortemente gli “appetiti sportivi” dei 31 atleti aventi diritto. L’assoluto si svolge in due giornate, il 24 e 25 settembre nello specchio di mare che va, a nord, da Capo Coda Cavallo fino alla zona sud di Punta Orvile. Il regolamento prevede che un pesce bianco per essere valido debba pesare almeno 500 grammi, mentre la cernia 3 kg. Ogni pesce valido catturato ha un coefficiente di 500 punti ed, il punteggio massimo per una cernia di almeno 10 chili, è di 10.500 punti (insomma, un pesce di 10 chili o uno di 30 hanno lo stesso “valore”). È chiaro che i serranidi, strategicamente, decideranno la gara. La zona è piuttosto vasta e la preparazione sarà difficile ma stimolante. Sono comprese anche le isole di Molara e Molarotto, l’isolotto dei Pedrami e quello di Ottiolu, sicuramente posti conosciuti ma bellissimi.
Arrivo sul posto circa 15 giorni prima assieme al mio secondo, il teutonico-palermitano Markus Spektor, ed al mio Bat 420 a tre cilindri (un buon gommone per l’epoca). Nessun GPS e mire prese con i segnali a terra. La preparazione inizia sotto i migliori auspici grazie anche alle condizioni meteo-marine perfette. Carta nautica alla mano cominciamo a cercare di capire quali possano essere i punti migliori da visitare e quali quelli da scartare sia per la morfologia subacquea del luogo e sia per la possibilità di essere conosciuti e preparati da molti. Le secche risultano numerose già a 500/600 metri dalla costa ma, vista la loro posizione e la loro “facile” accessibilità, preferiamo evitarle. Prepariamo bene le isole di Molara e Molarotto dove marchiamo tante cernie e tantissimo pesce bianco, come quasi tutti i migliori.
Sul campo della prima frazione, quello più meridionale, (da poco dopo Punta Ottiolu fino a Punta Orvile) nonostante la tantissima posidonia, sono riuscito, grazie ad ore ed ore di traino lungo, a trovare qualche zona molto bella. Verso il limite sud ho segnato una schiena di roccia in mezzo all’alga che corre verso nord cadendo rapidamente. Scorrendola con attenzione e dedicandoci qualche ora, ho scovato dentro una spacca intorno ai 30 metri, una bella cernia di circa 10/11 kg molto tranquilla e facile. Intorno ho anche alcune zonette con pesce mobile ma interessanti per poterci fare un’oretta di razzolo: saraghi e tordi.
Una grecalata fortissima interrompe per almeno tre giorni la preparazione e tutti rimangono a terra. Le condizioni sono veramente proibitive ma, sotto l’insistenza del mio secondo e gli occhi esterefatti di molti, decido di uscire ugualmente l’ultimo giorno. Mi dirigo fuori Ottiolu a fare paperino e m’accorgo che, nonostante le onde altissime, l’acqua è pulita. Infatti riesco a trovare una bella lastra mastra di saraghi sui 25 metri e piccole pietre tutt’attorno molto interessanti. Tutto contento e molto carico insisto col traino lungo ma ad un certo punto mi trovo in un mare di posidonia senza fine. La navigazione è impossibile quindi ormai spostarsi non ha senso, ma non demordo e continuo. La situazione è tragicomica: è tutto verde.
Decido di mollare il traino e fare delle lunghe planate verso il largo. Il fondale s’inabissa ed ormai sono costantemente oltre i 32/33 metri di fondo. Poi intravvedo qualcosa di chiaro al limite della posidonia: è un confine di sabbia. Chiamo Markus e gli dico che farò qualche tuffo un po’ più fondo, a circa 35 metri. Al terzo tuffo vedo una sagoma grigio scuro sulla sabbia, gli vado incontro. È una cernia bruna che scatta verso il largo! La cerco con diverse planate verso la sua direzione di fuga. A un tratto con la coda dell’occhio, in mezzo a quell’oasi di sabbia, scorgo una leggero dosso. Mi ventilo bene e faccio un tuffo, ci sono 37 metri. Scorgo una bellissima lastra insabbiata con una spacchetta formata dal rialzo della stessa. Pedagno. Altro tuffo e m’accosto: vedo la cernia infilarcisi dentro. Controllo la lastra dall’esterno per non spaventare il pesce e vedo i suoi occhi. È un pesce grosso. Risalgo esultante, segno accuratamente il punto e rientro in porto. Sul campo che poi risulterà quello della seconda giornata (da Capo Coda Cavallo a Punta Ottiolu), nella Secca di San Teodoro, che fa cappello a 22 metri, ho preparato bene ai bordi, dove digrada dolcemente fino a 45 metri. Durante una planata ho visto partire una cernia ed andarsi ad infilare sotto alcune lastrine nell’alga in circa 32/33 metri di fondo. Ispezionando bene il punto ho visto che il cernione sgattaiola in un buco accessibile e quindi piuttosto facile da ritrovare. Insomma un posto sicuro e dove, certamente, fare la partenza. A poca distanza dalla questa zona ho marcato un bel punto con diversi saraghi, corvine e labridi ma, soprattutto, poco distante ho trovato una zonetta in 30/31 metri con diverse lastre, quasi sepolte da sabbia e posidonia, stipate di saraghi e corvine all’interno, più almeno un altro centinaio di pesci che stazionavano tutt’intorno formando un muro che si elevava dal fondo per almeno 7/8 metri. Impressionante! Posso poi contare su alcuni punti in meno acqua (si fa per dire visto che comunque erano tra i 25 ed i 28 metri) dove poter razzolare qualche altro pesce.
Insomma a fine preparazione sono piuttosto soddisfatto. Ho alcune cernie che ritengo sicure e diversi spot interessanti. In più sono convinto di potere pescare per tutte e due le giornate su zone valide e, quindi, sfruttare al meglio il tempo a mia disposizione.