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Incidenti Pesca Sub: Parliamo di Sicurezza con D’Agnano e Tiveron

I numerosi incidenti letali legati alla pesca in apnea, che hanno funestato soprattutto l’inizio della stagione estiva, hanno riacceso le discussioni sulla sicurezza in mare. Abbiamo deciso di parlarne con due autorità della pescasub, Fabrizio D’Agnano e Roberto Tiveron, pescatori di grandissima esperienza, sempre attenti alla propria sicurezza in mare, eppure con approcci molto diversi tra loro.

1- I recenti e numerosi incidenti mortali legati alla pesca in apnea hanno fatto molto discutere di sicurezza e di sistema di coppia. Atteso che il rischio in uno sport estremo è ineliminabile, pensi che l’assistenza in superficie sia l’unico modo corretto di andare in mare o è possibile immergersi in solitaria senza per questo giocare alla roulette russa?

da1D’AGNANO – A mio avviso il rischio di prendere una sincope è abbastanza ineliminabile. Almeno questo ci insegna la pratica, al di là di tutti i discorsi che si possono fare sull’attenzione e sul rispetto dei propri limiti. Probabilmente tutti quelli che hanno preso una sincope pescando erano certi di gestire bene la propria sicurezza, ma per qualche motivo hanno sbagliato.

E questo può succedere a chiunque, in qualsiasi momento. Ho un’esperienza personale di una brutta sincope presa in modo assurdo proprio nel periodo della mia vita in cui ero al massimo. Il rischio di morire per la sincope invece è eliminabile almeno in grandissima percentuale, direi il 99%, adottando un reale sistema di pesca in coppia.

Tutti i casi di morte in acqua per sincope dei quali sono venuto a conoscenza avevano come protagonista un pescatore senza compagno in assistenza sulla verticale. Magari anche lui in acqua, ma a pescare per conto suo. Cosa che configura un doppio pericolo, perché generalmente il compagno si accorge di qualcosa che non va quando ormai è tardi, e deve cercare l’altro pescatore che potrebbe essere ormai sul fondo, magari senza il pallone addosso. A quel punto, se lo trova, dovrebbe provare a recuperarlo, in quelle condizioni…

Al contrario, ho diverse testimonianze dirette, ed anche personali, di sincopi in risalita risolte in qualche secondo, grazie all’assistenza reale del compagno. Se non ci sono incagli sul fondo, la sincope arriva normalmente molto vicino alla superficie, e tutto è molto più facile da risolvere in condizioni di sicurezza. Mi sembra che almeno sui numeri ci sia poco da obiettare.

Secondo me, malgrado ci siano tanti casi di sincope presa anche in acqua bassa, forse si può considerare accettabile andare in solitaria se si resta ampiamente in tranquillità per quanto riguarda la gestione dell’apnea, e se si resta in pochissimi metri. Con la profondità i rischi aumentano in modo esponenziale. Scendere fondo in solitaria è a mio avviso una scelta molto rischiosa. Troppo per la mia valutazione delle priorità nella vita. La pesca alla fine è una passione, per me anche un lavoro, ma ci sono tante cose più importanti.

tv1TIVERON – L’assistenza in acqua è un fattore di grandissima importanza, un compagno che ci segue ci da una maggiore tranquillità mentale. Ovviamente, parlando di assistenza, è necessario ci sia una profonda conoscenza reciproca e soprattutto che le conoscenze e l’esperienza siano ai massimi livelli in ognuna delle parti.

Qualora si adotti un sistema di coppia, deve svanire ogni gelosia e ogni presunzione, il lavoro in mare e i relativi frutti è diviso equamente cosi come le soddisfazioni. Troppo spesso però non è così, contare sull’assistenza di qualcuno significa averne totale fiducia e arrivare ad avere un tale feeling è molto difficile.

Io credo che in mare si debba principalmente dover contare su se stessi, io non mi sentirei mai tranquillo al 100% se non fossi certo di potercela fare con le mie forze. Mi disturberebbe profondamente creare una situazione in cui dovessi tirare in ballo il mio compagno, tale evenienza turberebbe non poco la mia psiche.

Ovviamente dico questo con la massima umiltà, considerando sempre che il momento del “fregnone” (come diciamo a Roma) può capitare a chiunque e quindi affronto l’argomento sempre con la massima prudenza e ribadisco umiltà, così come pongo la problematica ai miei allievi o amici durante i corsi che tengo.

Credo che prima di tutto sia necessaria la conoscenza, in senso globale, a partire dalla materia apnea, per arrivare a quella di se stessi. È necessario guardarsi allo specchio in maniera obiettiva e capire quanto e quando possiamo spingere. Esistono molteplici fattori che regolano l’immersione in apnea, questi variano di volta in volta, durante il tempo e le situazioni, arrivare a capire ciò sicuramente sarà un grande aiuto.

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Andare in mare da soli è possibile, noi siamo sempre soli con noi stessi ogni qualvolta scivoliamo sotto la superficie dell’acqua. Qualunque sia la situazione si deve imparare a contare solo sulle proprie capacità. Non vorrei che questo mio modo di pensare sia frainteso, credo che poter condividere il mare con persone con cui abbiamo affiatamento e fiducia reciproca sia la cosa più bella, purtroppo però non sempre è facile trovare affiatamento con qualcuno, è difficile nella vita quotidiana, figuriamoci in mare.

2- Con quale frequenza adotti il sistema di coppia e da cosa dipende la tua scelta?

D’AGNANO – Praticamente sempre. Da solo non entro mai in acqua. Non mi piace più. Preferisco stare tranquillo, sicuro, e condividere la pescata sapendo che in caso di problemi anche non legati ad una sincope, come dei crampi, un calo di zuccheri, una ferita, un malore, c’è modo di risolvere senza troppe complicazioni. Raramente, e solo se sto perlustrando e non pescando davvero, mi faccio seguire da un barcaiolo invece che da un compagno in acqua, ma faccio solo tuffi rapidi esplorativi ed ho sempre il pallone addosso.

TIVERON – Adotto il sistema di coppia molto raramente, a meno che non condivida la pescata con qualche caro amico di cui mi fido e che gestisca le immersioni e il modo di pescare alla mia maniera.

3- È sempre stato così o il tuo modo di pescare è cambiato negli anni? In quest’ultimo caso, come?

da2D’AGNANO – No, da ragazzo partivo da Roma e passavo tutta l’estate girovagando tra Ventotene, Linosa e Santa Teresa Gallura. In qualche caso avevo degli amici che mi raggiungevano per una decina di giorni, ma il resto del tempo stavo da solo, e pescavo molto fondo per quei tempi, spesso tra i 25 ed i 35 metri.

Pensavo di stare in sicurezza in relazione ai mezzi tecnici ed atletici, oltre che di esperienza, che avevo, ma così non era. Una volta presi una brutta sincope in solitario, alla quale sono sopravvissuto per puro miracolo, e nello stesso anno mi capitò due volte di salvare un compagno da morte certa grazie all’assistenza diretta, e lì capii cosa voleva dire, e cambiai la gestione delle mie pescate.

TIVERON – Probabilmente è sempre stato così, forse è proprio il mio approccio con il mare, con l’apnea e con l’eventuale preda che mi ha spinto a essere cosi, un solitario un po’ orso che all’apparenza sembra essere presuntuoso.

In realtà io preferisco sempre condividere la gioia delle immersioni con qualcuno, ma così come nella vita sono molto selettivo nelle mie amicizie, altrettanto faccio quando vado in mare. Ci tengo a precisare che non ne faccio un discorso relativo ad abilità venatoria e capacita apneistica, semplicemente voglio andare in mare con un amico.

Nel tempo mi sono evoluto sia apneisticamente che tecnicamente, ovviamente l’esperienza ti porta a ottimizzare le immersioni e ad automatizzare determinati meccanismi. Considerando che spesso mi immergo solo, cerco di rispettare delle regole ben precise, ad esempio in estate, quando pesco abbastanza fondo, mi impongo recuperi sempre adeguati e preparazione in superficie tale che mi permetta di non alterare i valori standard dei gas respiratori e ovviamente la frequenza cardiaca, lavoro molto a livello mentale e tecnico.

Cerco anche di curare la condizione fisica e l’alimentazione per quanto possibile, considerando che ho superato il 50ino. Per quanto riguarda il discorso venatorio ho cambiato poco il mio approccio, cosi come da ragazzotto, anche ora mi piace catturare solamente prede grandi e di soddifazione. Per questo non voglio biasimare altri modi di pensare, ognuno è libero di fare come vuole sempre nei limiti della decenza.

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4- Il sistema di coppia è pronto soccorso: ti salva la vita ma interviene quando la sicurezza ha in qualche modo fallito. Secondo te, di cosa è fatta la sicurezza nella pesca in apnea?

da3D’AGNANO – I fatti ci dicono che non esiste. Ci si può illudere, si può esorcizzare la paura pensando che con l’allenamento, l’alimentazione, la conoscenza, etc, si possa essere al sicuro. Si possono mettere in atto tanti bei propositi, ma alla fine l’errore può sempre arrivare, e se si è da soli si muore quasi sempre.

Ci possono essere ovviamente margini migliori se effettivamente non si ha tanta ingordigia di pesca, ci si tiene in acqua bassa e si evita sempre di tirare, margini molto più ristretti se si scende più fondo e si allungano le apnee.

Il sistema di sicurezza è a mio avviso molto più che opportuno. Anche in moto cadi se sbagli, ma se hai casco e protezioni hai maggiori probabilità di farti meno male, anche se fai arrampicata cadi se sbagli, ma hai una corda di sicurezza, come il trapezista ha la rete e via discorrendo.

L’illusione di poter non sbagliare mai è quello che è, un’illusione, anche e soprattutto in uno sport come il nostro, con pesci sempre più rari e fondi, ansia da social, e via discorrendo. La molla principale è spesso l’ingordigia di pesca. Non si vuole dividere la pescata, e si va da soli. A me, oltre al discorso sicurezza, piace comunque condividere la giornata in mare con un amico.

TIVERON – Sicuramente il sistema di coppia ben affiatato può salvare la vita a patto di sapere cosa fare nell’evenienza. Ovviamente se si attiva un pronto soccorso la sicurezza ha fallito. Credo che la sicurezza nella pesca in apnea sia da ricercare nello star bene in acqua divertendosi. Se non ci si diverte e si viaggia sempre al limite si attiva lo stress mentale e fisico e ciò diventa pericoloso.

È necessario capire che un limite esisterà sempre, per quanto forti e bravi si possa essere e forse, li dove non si può arrivare per limiti fisici, si potrebbe arrivare con l’astuzia e l’intelligenza. Per dare un’idea numerica, mi sento di dire che per mantenere un’elevata sicurezza si deve prevedere di operare sempre ad un 70% delle proprie possibilità, ovviamente facendo un calcolo generale sul dispendio energetico totale.

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5- Secondo te la causa di un incidente è, il più delle volte, il voler fare qualcosa che non si dovrebbe (e che quindi si sa in partenza essere rischioso) oppure può capitare che quello che è sempre stato considerato “sicuro”, improvvisamente non lo sia più?

da4D’AGNANO – L’avidità di pesca può spingere a fare inconsciamente degli errori, quindi a valutare in modo inesatto la pericolosità di una data azione (aspettare qualche secondo di più il dentice che non arriva, o lavorare per due strattoni in più la cernia arroccata), pur senza scegliere deliberatamente di affrontare un rischio serio.

Diciamo che tanto più ti avvicini ai limiti, soprattutto nella pesca fonda, più aumentano i rischi. Il che significa che magari per diverse volte ti va bene, poi una volta ti va male. Ma quando lo stai facendo pensi alle volte che ti è andata bene, non è che ti metti la fascia da kamikaze e vai deliberatamente incontro alla morte pensando che ti andrà male, altrimenti non lo faresti.

Ed è per questo che lasciare la sicurezza unicamente alla capacità di prevenzione lascia a mio avviso margini di rischio troppo elevati, almeno per la mia scala di valori, dove rischiare la vita per un pesce è una follia assoluta. Mi metto comunque in una condizione autonoma di sicurezza, quindi non tiro mai un’apnea, non mi infilo in buchi stretti, eccetera. In più, avendo il compagno in controllo diretto, nel caso comunque qualcosa mi andasse storta, come è capitato a tanti pescatori, anche di grande valore ed esperienza, mi becco qualche insulto dall’assistente e torno a casa lo stesso.

tv5TIVERON – Io credo che ci siano persone consapevoli e altre inconsapevoli, così come nella vita di tutti i giorni, dipende un po’ anche dal grado di intelligenza e obiettività. Una persona consapevole e intelligente che sta per commettere un’imprudenza, sa bene che sta correndo un rischio.

Uno stupido diversamente potrebbe correre un rischio in modo inconsapevole. Essere consapevoli ed intelligenti ci fa capire anche se nel momento del caso forse sarebbe meglio ripiegare o osare un po’ meno rispetto a quanto si farebbe normalmente.

Poi esiste la casualità, l’imponderabile, l’imprevisto. A nessuno di noi verrebbe in mente di dire che Ayrton Senna non era un grandissimo campione, cosi come potremmo citare altri campionissimi sfortunati.

6- Cosa consiglieresti ad un pescatore che vuole vivere la sua passione cercando di limitare, per quanto possibile, i rischi?

D’AGNANO – Pescare sempre con un compagno come se stesse pescando da solo. Quindi mantenere attivi tutti i sistemi di prevenzione, che significano fondamentalmente non tirare mai le apnee, e non avventurarsi a profondità prossime a quelle massimali, ma non accontentandosi di questo, ed attuando un sistema effettivo di controllo, in due con un solo fucile. Non è così difficile, alla fine i pesci si prendono lo stesso, ed il rischio si riduce in modo determinante.

TIVERON – Consiglio di usare prima di tutto il cervello, la conoscenza è sempre la soluzione migliore. Prima di fare è necessario sapere.

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