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effetti indesiderati


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Forse due numeri rendono più chiaro il quadro 600 ore l'anno a pesca sono 50 al mese e quindi 12.5 a settimana. Questi sono numeri da sport a livello semiprofessionistico e forse qualcosa in più.La mia premura era sapere , poichè ogni sport a questi livelli è usurante, quali possono essere eventuali sintomi di questa usura . Chiaramente mi rivolgo a chi passa 600 ore in mare.

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Miglior contributo in questa discussione

Miglior contributo in questa discussione

be secondo me togliere un po' di ossigeno al cervello anche se x pocchissimo tempo alla fine qualcosa influenza...

potrebbe succedere come l'immersione con le bombole la narcosi da azoto ma queste sono solo teorie personali

ps la pesca ormai x me è una droga B)

una volta ho letto uno studio di un medico che purtroppo stò cercando, ma che non riesco a trovare, dove si evidenziava come in sub che erano stati sottoposti ad apnee profonde ripetute, con una media di recupero del doppio del tempo del tuffo, si riscontravano livelli di azoto simili a quelli rilevati su altri sub che si erano immersi con bombole.

Se poi questo possa provocare conseguenze nel tempo non ne ho idea. Sicuro è che pagheremo con reumatismi e mal di schiena...

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Voglio raccontarvi, a grandi linee, le fasi che hanno caratterizzato la mia passione in modo da riallacciarmi al tema della discussione.

Ho cominciato oltre 30 anni fa con passione ed entusiasmo e credo che in certi periodi fra una scopata e un'uscita a mare avrei preferito la seconda.

Sognavo pesci di ogni tipo e dimensione e accettavo, sempre, gli inevitabili cappotti con il sorriso stampato sul volto.

Mi nutrivo di paesaggi e profumi e la pesca in apnea era un pò diventata la mia filosofia di vita.

Nel frattempo crescevo in età e nei carnieri.

Poi a un certo punto, già laureato e con la passione immutata, l'azienda nella quale lavoravo dichiarò il fallimento e mise in cassa integrazione i suoi dipendenti.

Spedivo curriculum e mi appellavo a conoscenti e amici ma non riuscivo a ottenere nulla....

Passavano i mesi e quel c@**o di cellulare restava muto così che mi avvicinai al mare con un nuovo atteggiamento.

Non più spensieratezza ma ricerca di un sussulto per sconfiggere l'ansia, la noia e superare il momento.

Il mare mi venne incontro, ancora una volta, dandomi quel che altrove non riuscivo a trovare.

Un sussulto, un semplice sorriso.

Ma i conti dovevano quadrare e così, facendo 2 calcoli, feci il passo successivo e cominciai a pescare per motivazioni molto meno nobili.

La sveglia all'alba divenne, giorno dopo giorno, un tormento, la muta bagnata la mattina a febbraio una sofferenza e così la navigazione con il mare di prua.

Tutti i giorni sempre e comunque.

Finita la pescata, almeno in un primo momento, c'era ancora da sudare; bisognava dividere, cercare e raccogliere e spesso si rientrava a casa solo la sera con l'unico impegno di ritornare a mare l'indomani già con i muscoli esausti .

A poco serve la constatazione che, forse, in quel periodo ho cominciato veramente a pescare in un certo modo affinando quel fiuto per il pesce che fa la differenza.

Poi, finalmente, squillò il cellulare e, felicemente, abbandonai quel modo di intendere la pesca.

Oggi sono il Dott. Malato in giacca e cravatta e quel ragazzo stanco puzzolente con la muta addosso e l'igloo nel bagagliaio dell macchina è solo un lontano ricordo.

Oggi vivo il mare in maniera ancora diversa, è la mia passione, forse nemmeno l'unica, e so per ecerto che viverla in maniera totalizzante è sbagliato e, appunto, dannoso per il fisico e la testa.

Non vi fate illusioni, amici miei, la pesca, quella seria, è logorante e vi fa perdere di vista la parte più romantica e mistica che invece rappresenta la parte più vera e sincera.

A poco serve la consolazione che, in termini di risultati, non c'è proprio confronto fra chi la vive da amatore e chi da disperato.

Adesso condannatemi pure per queste mi confidenze.

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Ho cominciato oltre 30 anni fa con passione ed entusiasmo e credo che in certi periodi fra una scopata e un'uscita a mare avrei preferito la seconda.

Sognavo pesci di ogni tipo e dimensione e accettavo, sempre, gli inevitabili cappotti con il sorriso stampato sul volto.

Mi nutrivo di paesaggi e profumi e la pesca in apnea era un pò diventata la mia filosofia di vita.

Nel frattempo crescevo in età e nei carnieri.

Poi a un certo punto, già laureato e con la passione immutata, l'azienda nella quale lavoravo dichiarò il fallimento e mise in cassa integrazione i suoi dipendenti.

Spedivo curriculum e mi appellavo a conoscenti e amici ma non riuscivo a ottenere nulla....

Passavano i mesi e quel c@**o di cellulare restava muto così che mi avvicinai al mare con un nuovo atteggiamento.

Non più spensieratezza ma ricerca di un sussulto per sconfiggere l'ansia, la noia e superare il momento.

Il mare mi venne incontro, ancora una volta, dandomi quel che altrove non riuscivo a trovare.

Un sussulto, un semplice sorriso.

Ma i conti dovevano quadrare e così, facendo 2 calcoli, feci il passo successivo e cominciai a pescare per motivazioni molto meno nobili.

La sveglia all'alba divenne, giorno dopo giorno, un tormento, la muta bagnata la mattina a febbraio una sofferenza e così la navigazione con il mare di prua.

Tutti i giorni sempre e comunque.

Finita la pescata, almeno in un primo momento, c'era ancora da sudare; bisognava dividere, cercare e raccogliere e spesso si rientrava a casa solo la sera con l'unico impegno di ritornare a mare l'indomani già con i muscoli esausti .

A poco serve la constatazione che, forse, in quel periodo ho cominciato veramente a pescare in un certo modo affinando quel fiuto per il pesce che fa la differenza.

Poi, finalmente, squillò il cellulare e, felicemente, abbandonai quel modo di intendere la pesca.

Oggi sono il Dott. Malato in giacca e cravatta e quel ragazzo stanco puzzolente con la muta addosso e l'igloo nel bagagliaio dell macchina è solo un lontano ricordo.

Oggi vivo il mare in maniera ancora diversa, è la mia passione, forse nemmeno l'unica, e so per ecerto che viverla in maniera totalizzante è sbagliato e, appunto, dannoso per il fisico e la testa.

Non vi fate illusioni, amici miei, la pesca, quella seria, è logorante e vi fa perdere di vista la parte più romantica e mistica che invece rappresenta la parte più vera e sincera.

A poco serve la consolazione che, in termini di risultati, non c'è proprio confronto fra chi la vive da amatore e chi da disperato.

Adesso condannatemi pure per queste mi confidenze.

Sempre grande signore!! Grazie per la risposta

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Sognavo pesci di ogni tipo e dimensione e accettavo, sempre, gli inevitabili cappotti con il sorriso stampato sul volto.

Mi nutrivo di paesaggi e profumi e la pesca in apnea era un pò diventata la mia filosofia di vita.

Nel frattempo crescevo in età e nei carnieri.

Poi a un certo punto, già laureato e con la passione immutata, l'azienda nella quale lavoravo dichiarò il fallimento e mise in cassa integrazione i suoi dipendenti.

Spedivo curriculum e mi appellavo a conoscenti e amici ma non riuscivo a ottenere nulla....

Passavano i mesi e quel c@**o di cellulare restava muto così che mi avvicinai al mare con un nuovo atteggiamento.

Non più spensieratezza ma ricerca di un sussulto per sconfiggere l'ansia, la noia e superare il momento.

Il mare mi venne incontro, ancora una volta, dandomi quel che altrove non riuscivo a trovare.

Un sussulto, un semplice sorriso.

Ma i conti dovevano quadrare e così, facendo 2 calcoli, feci il passo successivo e cominciai a pescare per motivazioni molto meno nobili.

La sveglia all'alba divenne, giorno dopo giorno, un tormento, la muta bagnata la mattina a febbraio una sofferenza e così la navigazione con il mare di prua.

Tutti i giorni sempre e comunque.

Finita la pescata, almeno in un primo momento, c'era ancora da sudare; bisognava dividere, cercare e raccogliere e spesso si rientrava a casa solo la sera con l'unico impegno di ritornare a mare l'indomani già con i muscoli esausti .

A poco serve la constatazione che, forse, in quel periodo ho cominciato veramente a pescare in un certo modo affinando quel fiuto per il pesce che fa la differenza.

Poi, finalmente, squillò il cellulare e, felicemente, abbandonai quel modo di intendere la pesca.

Oggi sono il Dott. Malato in giacca e cravatta e quel ragazzo stanco puzzolente con la muta addosso e l'igloo nel bagagliaio dell macchina è solo un lontano ricordo.

Oggi vivo il mare in maniera ancora diversa, è la mia passione, forse nemmeno l'unica, e so per ecerto che viverla in maniera totalizzante è sbagliato e, appunto, dannoso per il fisico e la testa.

Non vi fate illusioni, amici miei, la pesca, quella seria, è logorante e vi fa perdere di vista la parte più romantica e mistica che invece rappresenta la parte più vera e sincera.

A poco serve la consolazione che, in termini di risultati, non c'è proprio confronto fra chi la vive da amatore e chi da disperato.

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Anche se stiamo leggermente uscendo dal seminato, hai fatto un quadro della situazione semplicemente perfetto.

Conosco e frequento sub che per ragioni "poco nobili" e per riempire la giornata, vivono la pesca in modo assillante e la cattura in modo maniacale. Ti assicuro che anche se amo il mare e la pesca in apnea in modo esagerato, non invidio queste persone che a differenza di me passano molto tempo al mare, ma lo vivono in maniera patologica. Ritengo che oltretutto inseguire il pesce ogni santo giorno, anche quando non si sta bene, forzando magari le prestazioni fisiche non faccia tutto sto gran bene, o no? So solo che ogni sera, finita la pescata insieme a loro ero felice e mi sembrava di toccare il cielo con un dito mentre questi parlavano solo del pesce perso....... meglio la catena di montaggio, forse :(

Modificato da Frank Selleri
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Sognavo pesci di ogni tipo e dimensione e accettavo, sempre, gli inevitabili cappotti con il sorriso stampato sul volto.

Mi nutrivo di paesaggi e profumi e la pesca in apnea era un pò diventata la mia filosofia di vita.

Nel frattempo crescevo in età e nei carnieri.

Poi a un certo punto, già laureato e con la passione immutata, l'azienda nella quale lavoravo dichiarò il fallimento e mise in cassa integrazione i suoi dipendenti.

Spedivo curriculum e mi appellavo a conoscenti e amici ma non riuscivo a ottenere nulla....

Passavano i mesi e quel c@**o di cellulare restava muto così che mi avvicinai al mare con un nuovo atteggiamento.

Non più spensieratezza ma ricerca di un sussulto per sconfiggere l'ansia, la noia e superare il momento.

Il mare mi venne incontro, ancora una volta, dandomi quel che altrove non riuscivo a trovare.

Un sussulto, un semplice sorriso.

Ma i conti dovevano quadrare e così, facendo 2 calcoli, feci il passo successivo e cominciai a pescare per motivazioni molto meno nobili.

La sveglia all'alba divenne, giorno dopo giorno, un tormento, la muta bagnata la mattina a febbraio una sofferenza e così la navigazione con il mare di prua.

Tutti i giorni sempre e comunque.

Finita la pescata, almeno in un primo momento, c'era ancora da sudare; bisognava dividere, cercare e raccogliere e spesso si rientrava a casa solo la sera con l'unico impegno di ritornare a mare l'indomani già con i muscoli esausti .

A poco serve la constatazione che, forse, in quel periodo ho cominciato veramente a pescare in un certo modo affinando quel fiuto per il pesce che fa la differenza.

Poi, finalmente, squillò il cellulare e, felicemente, abbandonai quel modo di intendere la pesca.

Oggi sono il Dott. Malato in giacca e cravatta e quel ragazzo stanco puzzolente con la muta addosso e l'igloo nel bagagliaio dell macchina è solo un lontano ricordo.

Oggi vivo il mare in maniera ancora diversa, è la mia passione, forse nemmeno l'unica, e so per ecerto che viverla in maniera totalizzante è sbagliato e, appunto, dannoso per il fisico e la testa.

Non vi fate illusioni, amici miei, la pesca, quella seria, è logorante e vi fa perdere di vista la parte più romantica e mistica che invece rappresenta la parte più vera e sincera.

A poco serve la consolazione che, in termini di risultati, non c'è proprio confronto fra chi la vive da amatore e chi da disperato.

Adesso condannatemi pure per queste mi confidenze.

 

io ho cominciato da poco a pescare e mi ritrovo pienamente nella tua prima fase, i cappotti accettati con sorriso, il piacere di andar in mare solo per rilassarsi e "assaporare" la natura.

Per il mio modesto punto di vista ogni passione/hobby, se e quando comincia a diventare una cosa obbligatoria/necessaria, ti fa perdere tutte quelle sensazioni che vivresti andando una o 2 volte a settimana quando hai voglia e tempo.

Se a noi tutti piace andare in mare...pensate avere il dovere di farlo ogni giorno, con mare calmo o mosso, estate e inverno, solo per portare pesce a casa...dove va a finire tutta la poesia? Io non ci vedo molta differenza da quello che faccio ora, ovvero alzarmi ogni mattina per andare al mio banco di laboratorio.

 

Per quanto riguarda "l'usura fisica"...a mio avviso è inevitabile, magari non è ancora completamente studiata, sicuramente sarà minore se diamo modo alla "portentosa macchina" che è il nostro corpo di riportarsi in condizioni fisiologiche normali dopo la pescata...ma secondo me (e dico secondo me) c'è, come in ogni caso in cui stressiamo il nostro corpo.

Tuttavia forse sarebbe interessante il parere del dott. Malpieri o di qualcuno aggiornato sulla letteratura scientifica in tale settore.

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Sognavo pesci di ogni tipo e dimensione e accettavo, sempre, gli inevitabili cappotti con il sorriso stampato sul volto.

Mi nutrivo di paesaggi e profumi e la pesca in apnea era un pò diventata la mia filosofia di vita.

Nel frattempo crescevo in età e nei carnieri.

Poi a un certo punto, già laureato e con la passione immutata, l'azienda nella quale lavoravo dichiarò il fallimento e mise in cassa integrazione i suoi dipendenti.

Spedivo curriculum e mi appellavo a conoscenti e amici ma non riuscivo a ottenere nulla....

Passavano i mesi e quel c@**o di cellulare restava muto così che mi avvicinai al mare con un nuovo atteggiamento.

Non più spensieratezza ma ricerca di un sussulto per sconfiggere l'ansia, la noia e superare il momento.

Il mare mi venne incontro, ancora una volta, dandomi quel che altrove non riuscivo a trovare.

Un sussulto, un semplice sorriso.

Ma i conti dovevano quadrare e così, facendo 2 calcoli, feci il passo successivo e cominciai a pescare per motivazioni molto meno nobili.

La sveglia all'alba divenne, giorno dopo giorno, un tormento, la muta bagnata la mattina a febbraio una sofferenza e così la navigazione con il mare di prua.

Tutti i giorni sempre e comunque.

Finita la pescata, almeno in un primo momento, c'era ancora da sudare; bisognava dividere, cercare e raccogliere e spesso si rientrava a casa solo la sera con l'unico impegno di ritornare a mare l'indomani già con i muscoli esausti .

A poco serve la constatazione che, forse, in quel periodo ho cominciato veramente a pescare in un certo modo affinando quel fiuto per il pesce che fa la differenza.

Poi, finalmente, squillò il cellulare e, felicemente, abbandonai quel modo di intendere la pesca.

Oggi sono il Dott. Malato in giacca e cravatta e quel ragazzo stanco puzzolente con la muta addosso e l'igloo nel bagagliaio dell macchina è solo un lontano ricordo.

Oggi vivo il mare in maniera ancora diversa, è la mia passione, forse nemmeno l'unica, e so per ecerto che viverla in maniera totalizzante è sbagliato e, appunto, dannoso per il fisico e la testa.

Non vi fate illusioni, amici miei, la pesca, quella seria, è logorante e vi fa perdere di vista la parte più romantica e mistica che invece rappresenta la parte più vera e sincera.

A poco serve la consolazione che, in termini di risultati, non c'è proprio confronto fra chi la vive da amatore e chi da disperato.

Adesso condannatemi pure per queste mi confidenze.

 

 

La tua sincerità ti fa onore e sono sicuro che il tuo non è pentitismo,perchè credo che se potessi tornare indietro a parità di circostanze faresti la stessa cosa quindi per quanto mi riguarda ti concedo tutte le attenuanti del caso e penso anche che in molti, nella tua condizione di allora e abitando vicino al mare, avrebbero fatto la stessa cosa.

 

E' chiaro che la tua "carriera" da pescasub è molto avanti e oggi riesci a vedere e provare sentimenti diversi da chi come me quando riesce fa una scappata al mare e cerca di viverlo il più intensamente possibile, ma senza mai esagerare, però certo qui si discute di effetti anche a lunga scadenza che potrebbero riguardare anche chi fa meno ore di mare come nel mio caso.

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Sognavo pesci di ogni tipo e dimensione e accettavo, sempre, gli inevitabili cappotti con il sorriso stampato sul volto.

Mi nutrivo di paesaggi e profumi e la pesca in apnea era un pò diventata la mia filosofia di vita.

Nel frattempo crescevo in età e nei carnieri.

Poi a un certo punto, già laureato e con la passione immutata, l'azienda nella quale lavoravo dichiarò il fallimento e mise in cassa integrazione i suoi dipendenti.

Spedivo curriculum e mi appellavo a conoscenti e amici ma non riuscivo a ottenere nulla....

Passavano i mesi e quel c@**o di cellulare restava muto così che mi avvicinai al mare con un nuovo atteggiamento.

Non più spensieratezza ma ricerca di un sussulto per sconfiggere l'ansia, la noia e superare il momento.

Il mare mi venne incontro, ancora una volta, dandomi quel che altrove non riuscivo a trovare.

Un sussulto, un semplice sorriso.

Ma i conti dovevano quadrare e così, facendo 2 calcoli, feci il passo successivo e cominciai a pescare per motivazioni molto meno nobili.

La sveglia all'alba divenne, giorno dopo giorno, un tormento, la muta bagnata la mattina a febbraio una sofferenza e così la navigazione con il mare di prua.

Tutti i giorni sempre e comunque.

Finita la pescata, almeno in un primo momento, c'era ancora da sudare; bisognava dividere, cercare e raccogliere e spesso si rientrava a casa solo la sera con l'unico impegno di ritornare a mare l'indomani già con i muscoli esausti .

A poco serve la constatazione che, forse, in quel periodo ho cominciato veramente a pescare in un certo modo affinando quel fiuto per il pesce che fa la differenza.

Poi, finalmente, squillò il cellulare e, felicemente, abbandonai quel modo di intendere la pesca.

Oggi sono il Dott. Malato in giacca e cravatta e quel ragazzo stanco puzzolente con la muta addosso e l'igloo nel bagagliaio dell macchina è solo un lontano ricordo.

Oggi vivo il mare in maniera ancora diversa, è la mia passione, forse nemmeno l'unica, e so per ecerto che viverla in maniera totalizzante è sbagliato e, appunto, dannoso per il fisico e la testa.

Non vi fate illusioni, amici miei, la pesca, quella seria, è logorante e vi fa perdere di vista la parte più romantica e mistica che invece rappresenta la parte più vera e sincera.

A poco serve la consolazione che, in termini di risultati, non c'è proprio confronto fra chi la vive da amatore e chi da disperato.

Adesso condannatemi pure per queste mi confidenze.

 

 

Liberati da queste ansie, figliolo, se poi hai bisogno di una spalla su cui piangere per sfogare il ricordo dei tuoi peccati, e magari descrivermi dettagliatamente i luoghi in cui tali misfatti si consumavano, sono pronto ad accorrere in tuo aiuto.

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@ Dott. Piero Malato : Chi siamo noi per giudicarti ?! :oops:

"..... lo spirito indomito dell'uomo ......!!!" :boxing:

 

Io più pesco e meglio stò ....... salvo il mio mal di schiena che , a causa di una pigra eccessiva impostazione dei piombi sulla cintura, si ripresenta dopo 5 ore.

:bye:

 

 

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Sognavo pesci di ogni tipo e dimensione e accettavo, sempre, gli inevitabili cappotti con il sorriso stampato sul volto.

Mi nutrivo di paesaggi e profumi e la pesca in apnea era un pò diventata la mia filosofia di vita.

Nel frattempo crescevo in età e nei carnieri.

Poi a un certo punto, già laureato e con la passione immutata, l'azienda nella quale lavoravo dichiarò il fallimento e mise in cassa integrazione i suoi dipendenti.

Spedivo curriculum e mi appellavo a conoscenti e amici ma non riuscivo a ottenere nulla....

Passavano i mesi e quel c@**o di cellulare restava muto così che mi avvicinai al mare con un nuovo atteggiamento.

Non più spensieratezza ma ricerca di un sussulto per sconfiggere l'ansia, la noia e superare il momento.

Il mare mi venne incontro, ancora una volta, dandomi quel che altrove non riuscivo a trovare.

Un sussulto, un semplice sorriso.

Ma i conti dovevano quadrare e così, facendo 2 calcoli, feci il passo successivo e cominciai a pescare per motivazioni molto meno nobili.

La sveglia all'alba divenne, giorno dopo giorno, un tormento, la muta bagnata la mattina a febbraio una sofferenza e così la navigazione con il mare di prua.

Tutti i giorni sempre e comunque.

Finita la pescata, almeno in un primo momento, c'era ancora da sudare; bisognava dividere, cercare e raccogliere e spesso si rientrava a casa solo la sera con l'unico impegno di ritornare a mare l'indomani già con i muscoli esausti .

A poco serve la constatazione che, forse, in quel periodo ho cominciato veramente a pescare in un certo modo affinando quel fiuto per il pesce che fa la differenza.

Poi, finalmente, squillò il cellulare e, felicemente, abbandonai quel modo di intendere la pesca.

Oggi sono il Dott. Malato in giacca e cravatta e quel ragazzo stanco puzzolente con la muta addosso e l'igloo nel bagagliaio dell macchina è solo un lontano ricordo.

Oggi vivo il mare in maniera ancora diversa, è la mia passione, forse nemmeno l'unica, e so per ecerto che viverla in maniera totalizzante è sbagliato e, appunto, dannoso per il fisico e la testa.

Non vi fate illusioni, amici miei, la pesca, quella seria, è logorante e vi fa perdere di vista la parte più romantica e mistica che invece rappresenta la parte più vera e sincera.

A poco serve la consolazione che, in termini di risultati, non c'è proprio confronto fra chi la vive da amatore e chi da disperato.

Adesso condannatemi pure per queste mi confidenze.

 

Molto bella e vera la tua testimonianza :thumbup:

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Sognavo pesci di ogni tipo e dimensione e accettavo, sempre, gli inevitabili cappotti con il sorriso stampato sul volto.

Mi nutrivo di paesaggi e profumi e la pesca in apnea era un pò diventata la mia filosofia di vita.

Nel frattempo crescevo in età e nei carnieri.

Poi a un certo punto, già laureato e con la passione immutata, l'azienda nella quale lavoravo dichiarò il fallimento e mise in cassa integrazione i suoi dipendenti.

Spedivo curriculum e mi appellavo a conoscenti e amici ma non riuscivo a ottenere nulla....

Passavano i mesi e quel c@**o di cellulare restava muto così che mi avvicinai al mare con un nuovo atteggiamento.

Non più spensieratezza ma ricerca di un sussulto per sconfiggere l'ansia, la noia e superare il momento.

Il mare mi venne incontro, ancora una volta, dandomi quel che altrove non riuscivo a trovare.

Un sussulto, un semplice sorriso.

Ma i conti dovevano quadrare e così, facendo 2 calcoli, feci il passo successivo e cominciai a pescare per motivazioni molto meno nobili.

La sveglia all'alba divenne, giorno dopo giorno, un tormento, la muta bagnata la mattina a febbraio una sofferenza e così la navigazione con il mare di prua.

Tutti i giorni sempre e comunque.

Finita la pescata, almeno in un primo momento, c'era ancora da sudare; bisognava dividere, cercare e raccogliere e spesso si rientrava a casa solo la sera con l'unico impegno di ritornare a mare l'indomani già con i muscoli esausti .

A poco serve la constatazione che, forse, in quel periodo ho cominciato veramente a pescare in un certo modo affinando quel fiuto per il pesce che fa la differenza.

Poi, finalmente, squillò il cellulare e, felicemente, abbandonai quel modo di intendere la pesca.

Oggi sono il Dott. Malato in giacca e cravatta e quel ragazzo stanco puzzolente con la muta addosso e l'igloo nel bagagliaio dell macchina è solo un lontano ricordo.

Oggi vivo il mare in maniera ancora diversa, è la mia passione, forse nemmeno l'unica, e so per ecerto che viverla in maniera totalizzante è sbagliato e, appunto, dannoso per il fisico e la testa.

Non vi fate illusioni, amici miei, la pesca, quella seria, è logorante e vi fa perdere di vista la parte più romantica e mistica che invece rappresenta la parte più vera e sincera.

A poco serve la consolazione che, in termini di risultati, non c'è proprio confronto fra chi la vive da amatore e chi da disperato.

Adesso condannatemi pure per queste mi confidenze.

Piero, da santamarinellese, anche se non ci conosciamo direttamente rinnovo la mia stima per te. Io ho avuto la fortuna di non avere bisogno di trarre sostentamento dalla pesca, e l'ho sempre vissuta come momento di integrazione con questo magnifico mare che ci circonda, godendo sia del denticione che ti arriva all'aspetto, sia del balletto delle castagnole appallate su un ciglio e tutto quanto questo meraviglioso mondo può regalare a chi ha occhi e cuore per vedere e sentire!!! :wub:

...farà male? Non lo sò e non mi interessa. Viviamo in citta sature di smog, mangiamo cibi trattati con sostanze cancerogene, abbiamo più probabilità di morire per un incidente stradale che in ogni altro modo.....allora che almeno muoia con la gioia sul viso e nel cuore! ;)

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Su carenze di ossigeno problemi al cervello ecc ecc non so dire niente!!!

So solo che entrare ogni santo giorno in acqua alla fine ti consuma fisicamente e psicologicamente per il semplice fatto che e' un attivita' estremamente impegnativa sia perche' si svolge in un ambiente diverso da quello in cui viviamo sia perche' richiede uno sforzo fisico molto alto specialmente per chi fa la pesca in apnea a determinate profondita' e per molte ore di seguito.

 

Sarebbe come costringere un pugile professionista a combattere una volta ogni due giorni e ad allenarsi per dieci ore di seguito quando non combatte!!!

Alla fine il fisico esplode!!!!

 

Per ora l'unico problema che inizio ad avvertire e' qualche dolorino alle ossa!!!

Modificato da frog
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Non vi fate illusioni, amici miei, la pesca, quella seria, è logorante e vi fa perdere di vista la parte più romantica e mistica che invece rappresenta la parte più vera e sincera.

A poco serve la consolazione che, in termini di risultati, non c'è proprio confronto fra chi la vive da amatore e chi da disperato.

 

La differenza tra chi pesca per sport e chi per professione (o presunta tale) è che il primo quando vede un dentice di 2 kg ha già nell'asta il gusto del farsi bello con gli amici che lo prenderanno per il culo, il secondo vede solo un biglietto da 50 euro??

 

Chi ha già perso in partenza suo malgrado??

 

Adesso condannatemi pure per queste mi confidenze.

 

Piero caro tu sei sprecato in mezzo a noi!1 :wub:

 

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Ho cominciato oltre 30 anni fa con passione ed entusiasmo e credo che in certi periodi fra una scopata e un'uscita a mare avrei preferito la seconda.

Sognavo pesci di ogni tipo e dimensione e accettavo, sempre, gli inevitabili cappotti con il sorriso stampato sul volto.

Mi nutrivo di paesaggi e profumi e la pesca in apnea era un pò diventata la mia filosofia di vita.

Nel frattempo crescevo in età e nei carnieri.

Poi a un certo punto, già laureato e con la passione immutata, l'azienda nella quale lavoravo dichiarò il fallimento e mise in cassa integrazione i suoi dipendenti.

Spedivo curriculum e mi appellavo a conoscenti e amici ma non riuscivo a ottenere nulla....

Passavano i mesi e quel c@**o di cellulare restava muto così che mi avvicinai al mare con un nuovo atteggiamento.

Non più spensieratezza ma ricerca di un sussulto per sconfiggere l'ansia, la noia e superare il momento.

Il mare mi venne incontro, ancora una volta, dandomi quel che altrove non riuscivo a trovare.

Un sussulto, un semplice sorriso.

Ma i conti dovevano quadrare e così, facendo 2 calcoli, feci il passo successivo e cominciai a pescare per motivazioni molto meno nobili.

La sveglia all'alba divenne, giorno dopo giorno, un tormento, la muta bagnata la mattina a febbraio una sofferenza e così la navigazione con il mare di prua.

Tutti i giorni sempre e comunque.

Finita la pescata, almeno in un primo momento, c'era ancora da sudare; bisognava dividere, cercare e raccogliere e spesso si rientrava a casa solo la sera con l'unico impegno di ritornare a mare l'indomani già con i muscoli esausti .

A poco serve la constatazione che, forse, in quel periodo ho cominciato veramente a pescare in un certo modo affinando quel fiuto per il pesce che fa la differenza.

Poi, finalmente, squillò il cellulare e, felicemente, abbandonai quel modo di intendere la pesca.

Oggi sono il Dott. Malato in giacca e cravatta e quel ragazzo stanco puzzolente con la muta addosso e l'igloo nel bagagliaio dell macchina è solo un lontano ricordo.

Oggi vivo il mare in maniera ancora diversa, è la mia passione, forse nemmeno l'unica, e so per ecerto che viverla in maniera totalizzante è sbagliato e, appunto, dannoso per il fisico e la testa.

Non vi fate illusioni, amici miei, la pesca, quella seria, è logorante e vi fa perdere di vista la parte più romantica e mistica che invece rappresenta la parte più vera e sincera.

A poco serve la consolazione che, in termini di risultati, non c'è proprio confronto fra chi la vive da amatore e chi da disperato.

Adesso condannatemi pure per queste mi confidenze.

Mi auguro di non fare mai questa esperienza , deve essere stata una botta da paura :o

 

 

:bye:

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