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Cosa siete? Siete vento.

Il mondo ama inseguire ciò che non c’è più.

Perché ciò che non c’è

è più afferrabile

a chiacchiere e a parole.

Mi piace quando il mio sproloquio diventa scenetta,

un intoccabile quadretto finale,

la cui ultima parola non è una parola ma la cornice,

il limite invalicabile sia da dentro che da fuori.

Mi dispiacerebbe il contrario:

che la scenetta diventasse sproloquio in bocca a me,

ossia opinione pubblica.

Avete capito che io sto molto attento a quello che si dice,

alle voci spesso senza fondamento, alle calunnie,

anche alle ingiurie che il nostro prossimo fa girare con la bocca.

Tutto il resto intorno invece sì,

si struttura come un linguaggio

(questa frase mi è sempre piaciuta,

ci si può dire niente con molta convinzione).

Amo, afferro al volo il passero del caso,

l’occasione che il linguaggio m’offre d’essere sguaiato,

sia io che il linguaggio...

queste figure con le parole in corpo ancora vive...

e vive me le mangio, colte al volo, con sbattiti e strilli di passero.

Rubate al linguaggio le sue figure,

strappategli di bocca i suoi difetti,

fateli godere come solo i difetti sanno...

Siate generosi, lasciate le virtù, ossia il discorso, al mondo...

Fate mormorare il paese, la siepe, i fiori, la ghiaia.

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Buon Anno:

 

Ma dico: conosciamo la bella propensione ad andare oltre, ariosi in aria,

conosciamo lo slancio a non condividere nulla ma proprio nulla, e la vorticosa ebbrezza d’essere fumo nel fumo, e foschia nella nebbia, e goccia spersa nell’inafferrabile rimescolio dell’acqua?

Sì? Certo che sì, la conosciamo sì questa disposizione ad indisporci,

questa discontinuità, mutevolezza, questa malinconia che ci frammenta

come contraddittori stralci di poesia greca, bella, quasi inumana.

Ma per rovinarci la vita cosa facciamo? Affermiamo la noiosa esistenza del suo contrario, che non sta in cielo né in terra, quella prudente melma lenitiva che i più fastidiosi seccatori, acidi e arcigni, chiamano col suo onesto e già scostante nome: verità.

E come non fare festa alla lama che ci recide dal passato, cioè da un presente morboso,ossia da un futuro incombente?

E’ così.

Ma quello che tu pensi (dico a me) non è mai esattamente quello che l’altro ascolta.

Si vive in fraintendimento, lo so benissimo.

Anzi non lo so.Dovrei saperlo adesso ma ancora non lo so.

Però è così."

Modificato da Simone Belloni
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