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Colonie Per La Tutela Del Corallo


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ROMA, 9 mag - Coralli a rischio caldo non solo ai Caraibi ma anche a casa nostra. ''In Italia, a Portofino, intere colonie di coralli rossi, gorgonie e spugne nelle estati del 1999 e 2003 sono state uccise dalla temperatura che ha toccato i 24 gradi fino ai 20 metri di profondita'. In condizioni normali il caldo dura poco e le specie lo tollerano, invece in questi casi e' durato piu' di 20 giorni''. L'allarme arriva dalla riunione in corso a Tabarka, sulla costa tunisina, degli esperti convocati dall'Unep/Map, il Programma Ambiente Mediterraneo delle Nazioni Unite. A lanciarlo Leonardo Tunesi, esperto dell' Icram. A differenza di quelli caraibici, spiega l'esperto, i coralli nostrani non si 'sbiancano', ma lasciano in mare uno scheletro di colore rosso. In Italia le aree 'regine del corallo' sono Capo Caccia in Sardegna, l'Arcipelago toscano e Portofino, in Liguria.

 

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ROMA, 9 mag - Coralli a rischio caldo non solo ai Caraibi ma anche a casa nostra. ''In Italia, a Portofino, intere colonie di coralli rossi, gorgonie e spugne nelle estati del 1999 e 2003 sono state uccise dalla temperatura che ha toccato i 24 gradi fino ai 20 metri di profondita'. In condizioni normali il caldo dura poco e le specie lo tollerano, invece in questi casi e' durato piu' di 20 giorni''. L'allarme arriva dalla riunione in corso a Tabarka, sulla costa tunisina, degli esperti convocati dall'Unep/Map, il Programma Ambiente Mediterraneo delle Nazioni Unite. A lanciarlo Leonardo Tunesi, esperto dell' Icram. A differenza di quelli caraibici, spiega l'esperto, i coralli nostrani non si 'sbiancano', ma lasciano in mare uno scheletro di colore rosso. In Italia le aree 'regine del corallo' sono Capo Caccia in Sardegna, l'Arcipelago toscano e Portofino, in Liguria.

 

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La cosa + sorprendente è che non abbiano questa volta dato la colpa ai pescasub.

 

Spariscono i coralli? Ne arriveranno e prolifereranno di altri tipi, probabilmente dall'Indo-Pacifico.

Sono preoccupati che il coralllo rosso locale si estingua?

Reagirà sviluppandosi a profondità maggiori.

Vogliono invece fare qualcosa di concreto per salvaguardare l'artigianato che vive grazie ad esso?

Comincino a preoccuparsi di studiare l'acclimatamento del corallo rosso in mari diversi dal mediterraneo, più freddi ma con le stesse prerogative di densità, illuminazione e alimentazione, oppure cerchino di ricrearne le condizioni artificialmente in coltura.

 

Oh, bella!

Stavolta, guarda un po', istituire altre AMP non serve a niente.

Modificato da Ricky05
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Comincino a preoccuparsi di studiare l'acclimatamento del corallo rosso in mari diversi dal mediterraneo, più freddi ma con le stesse prerogative di densità, illuminazione e alimentazione, oppure cerchino di ricrearne le condizioni artificialmente in coltura.

 

Oh, bella!

Stavolta, guarda un po', istituire altre AMP non serve a niente.

 

Scusa Ricky se ti contraddico, ma nella AMP di CapoCaccia (Amp che purtroppo mi tocca molto da vicino visto che io sono di Alghero), stanno appunto facendo degli esperimenti per "coltivare" il corallo rosso. Anzi direi che uno degli scopi (scientifici) principali che hanno fatto da volano all'istituzione dell'AMP è stato proprio questo esperimento (almeno a giudicare dal battage pubblicitario dell'evento sui media locali). Chiaramente l'esperimento lo fanno in zona A, mentre a noi chiudono tutto, anche la zona C (Porto Conte dove c'è la scuola di sci nautico :frustry::frustry: ).

Se l'esperimento riesce potrebbe quindi incentivare la creazione di altre AMP adatte allo scopo (comunque CapoCaccia, Portofino e l'arcipelago toscano, cioè i posti citati nell'articolo, sono già AMP istituite , no ?)

 

 

 

Luca MI/AHO

 

P.S. mi ero dimenticato di mettere il link:

http://www.ampcapocaccia.it/ricerche4.asp

Modificato da mulluslessus
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Comincino a preoccuparsi di studiare l'acclimatamento del corallo rosso in mari diversi dal mediterraneo, più freddi ma con le stesse prerogative di densità, illuminazione e alimentazione, oppure cerchino di ricrearne le condizioni artificialmente in coltura.

 

Oh, bella!

Stavolta, guarda un po', istituire altre AMP non serve a niente.

 

Scusa Ricky se ti contraddico, ma nella AMP di CapoCaccia (Amp che purtroppo mi tocca molto da vicino visto che io sono di Alghero), stanno appunto facendo degli esperimenti per "coltivare" il corallo rosso. Anzi direi che uno degli scopi (scientifici) principali che hanno fatto da volano all'istituzione dell'AMP è stato proprio questo esperimento (almeno a giudicare dal battage pubblicitario dell'evento sui media locali). Chiaramente l'esperimento lo fanno in zona A, mentre a noi chiudono tutto, anche la zona C (Porto Conte dove c'è la scuola di sci nautico :frustry::frustry: ).

Se l'esperimento riesce potrebbe quindi incentivare la creazione di altre AMP adatte allo scopo (comunque CapoCaccia, Portofino e l'arcipelago toscano, cioè i posti citati nell'articolo, sono già AMP istituite , no ?)

 

 

 

Luca MI/AHO

 

P.S. mi ero dimenticato di mettere il link:

http://www.ampcapocaccia.it/ricerche4.asp

 

Iniziativa moralmente lodevole, ma che dimostra che quando ci sono veri interessi economici dietro, con le famiglie degli artigiani a spingere per non finire presto sul lastrico, soldi, permessi e ricercatori si trovano subito e vengono subito messi all'opera.

Peccato che il problema sia un'altro, anche se probabilmente a lungo termine!

Con l'attuale ritmo di riscaldamento dell'acqua del Mediterraneo, questi esperimenti di trapianto delle colonie di corallo rosso avrebbero forse senso, in un ottica futura, se effettuati a profondità che non risentano degli effetti del riscaldamento superficiale. Quindi ben oltre la quota operativa dei sub impegnati in questo studio.

Alla lunga ( o alla corta, chi lo sa?) si riveleranno solo soldi buttati. Soldi scuciti dal contribuente italiano ed europeo, e non cacciati di tasca propria dalle corporazioni artigiane locali o da chi sbraita a favore delle AMP.

Che facessero pure altre AMP in funzione del solo corallo, certo!

Ma recintando un perimetro di fondale che sia posto a 200 metri di profondità e il più lontano possibile dalla costa, creandosi una propria "fattoria" con regolare concessione governativa rinnovabile a 99 anni.

C'è qualcuno che ha le palle per rischiare del suo in un'iniziativa del genere?

No!

E ancora troppo conveniente battere cassa alle istituzioni, lanciando allarmi e predicando miseria e magari minacciando torbidi. La pesca professionale ha fatto proseliti. Per cui giù con iniziative del genere, ma strapagate da noi stronzi.

Tanto, se non funzionano: 'sti ca**i!

 

Se il corallo dovrà estinguersi per via della futura tropicalizzazione del Mediterraneo, la cosa mi dispiace in via personale ( anche se non vivrò di certo per assistervi personalmente), ma sarà comunque un fenomeno che riguarda sempre la ciclicità climatica e geologica di questo mare, che nella sua storia è passato dai ghiacciai, ai coralli e alle foreste di palmizi e araucarie. Quanto, poi, la prossima trasformazione riguardi una presunta responsabilità dell'uomo è argomento discutibile e comunque trascurabile su cui manco mi soffermo. Ce ne saranno altre di discussioni a proposito.

Il corallo rosso, come tante altre specie destinate ad evolversi o a soccombere di fronte a tale cambiamento, costituisce in fondo solo un tassello infinitesimale che, a questo punto, riveste la stessa identica importanza della tellina o della foca monaca nel contesto biologico locale.

Se reagirà adattandosi da solo (cosa di cui alla fine sono convinto): bene.

Altrimenti, se proprio si devono buttare i soldi con l'illusione di "fare qualcosa", si inizi a studiare il sistema di allevarlo A TERRA, non in mare; e se di mare deve trattarsi, allora al limite (con grande scorno degli abitanti di Barisardo) si provi in Mar Nero, che rimarrà per un po' il + freddo dell'area Mediterranea.

E poi, in fondo, il sostenere tanto la "industria" del corallo ha effettivamente un senso?

Il corallo non si mangia. Ha solo un ruolo estetico, per quanto rivesta una certa importanza culturale nelle tradizioni di queste sponde.

Il suo prezzo potrà in ogni caso solo salire sempre di più.

Per cui, lo siento, ma per me se ne può fare tranquillamente a meno, in vista dell'emergenza generale che seguirà a un fatto simile.

Non sarà meglio concentrarsi e dedicare le già scarse risorse comuni sulla preservazione e l'allevamento di qualcosa di più pratico per i problemi delle future generazioni?

Io trovo più sensato e lungimirante, allora, investire sulla ricerca nell'allevamento di pesci dell'Indo Pacifico! Magari cominciando da quelle stesse specie che attualmente è provato che sono immigrate spontaneamente in queste acque.

Perchè si dedica tanta attenzione al corallo e non al carangide per esempio?

( e dico carangide perchè è il primo che m'è venuto in mente, eh?!)

Perchè col carangide i braccialetti non ci si fanno!

Siamo tutti ancora troppo lontani dal comprendere quali saranno le vere priorità nel futuro.

Futuro non tanto immediato, ma quasi.

;)

:bye:

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Ricky e come non darti ragione il corallo non si mangia !!!

 

Guarda la regione Toscana a copiare da loro si risolverebbero certamente un po' di problemi

:bye:

 

Barbara

 

 

La Toscana protagonista nell´acquacoltura

Spigole ed orate a Orbetello e trote in Garfagnana: oltre 4000 tonnellate l´anno di pesce di pregio

 

FIRENZE. La «coltivazione» dei pesci o più appropriatamente l’acquacoltura (cioè l’insieme di attività relative alla fauna ittica che si realizzano controllando le fasi di sviluppo e l’ambiente di allevamento) può diventare un importante settore di sviluppo per l’economia della Toscana? La risposta è sì, secondo l’assessore all’agricoltura Susanna Cenni (nella foto), intervenuta alla giornata inaugurale della Società europea dell’acquacoltura che sta tenendo il suo annuale meeting, «Aqua 2006», alla Fortezza da Basso di Firenze, la cui conclusione è fissata per sabato 13.

 

«Sull’acquacoltura occorre investire e la Toscana lo ha fatto. E’ una risorsa importante – spiega Susanna Cenni – e anche un argine contro il prelievo massiccio e la pesca intensiva che si fa in alcuni mari, non senza gravi conseguenze per l’ecosistema e l’ambiente. Anche l’acquacoltura può comunque avere un suo impatto ambientale. Occorre dunque investire per potenziare le strutture e la ricerca, per incentivare nuove tecnologie e migliorare la qualità del prodotto, per accrescere naturalmente la competitività delle imprese e degli imprenditori».

 

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Comincino a preoccuparsi di studiare l'acclimatamento del corallo rosso in mari diversi dal mediterraneo, più freddi ma con le stesse prerogative di densità, illuminazione e alimentazione, oppure cerchino di ricrearne le condizioni artificialmente in coltura.

 

Oh, bella!

Stavolta, guarda un po', istituire altre AMP non serve a niente.

 

Scusa Ricky se ti contraddico, ma nella AMP di CapoCaccia (Amp che purtroppo mi tocca molto da vicino visto che io sono di Alghero),

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Luca MI/AHO

 

P.S. mi ero dimenticato di mettere il link:

http://www.ampcapocaccia.it/ricerche4.asp

 

Iniziativa moralmente lodevole, ma che dimostra che quando ci sono veri interessi economici dietro, con le famiglie degli artigiani a spingere per non finire presto sul lastrico, soldi, permessi e ricercatori si trovano subito e vengono subito messi all'opera.

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Futuro non tanto immediato, ma quasi.

;)

:bye:

Quoto e straquoto (ho messo i puntini per non appesantire il post, ma comunque sono d'accordo su tutto).

 

Luca MI

 

P.S. Sull'acquacoltura citata da Barbara mi rimangono comunque dei dubbi, infatti mentre l'allevamento di animali "terricoli" da carne come mucche, pecore e polli prevede un mangime vegetale, per i pesci invece occorre prevedere un mangime di origine animale e dato che per "produrre" 1 kilo di pesce allevato io devo dargli almeno 3 kili di mangime (che vuol dire poi 3 kili di pescato, magari meno pregiato, ma comunque non allevato) ecco che la bilancia non mi torna a meno di dargli da mangiare "chissacosa" (ma a basso costo) con il rischio serio di avere dopo la "muccapazza" anche la "spigolapazza" o la "oratapazza".

Occorrerebbe quindi creare degli allevamenti differenziati a partire dalle alghe, ai consumatori primari, fino ad arrivare ai pesci pregiati che sarebbero comunque i soli ad essere commerciabili.

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