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vare

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Risposte pubblicato da vare

  1. Mi sembra del tutto normale che nessuno - istruttore o non istruttore - posso spiegare a uno sconosciuto su un forum quali siano le sensazione e i segnali che ciascuno percepisce e in che attimo. Non esiste l'istruttore che ti dice che a 25m percipisci X, a 50m percepisci Y e a 75m percipisci Z. Ingannerebbe te (perché le sensazioni nell'apnea anche se comuni sono molto individuali e non arrivano tutte a tutti nello stesso modo, come più volte nel topic è stato detto) e ingannerebbe se stesso perché vivrebbe nell'illusione di vivere nella testa degli altri. Se si parla di corso di apnea c'è una serie di passi che l'allievo può e deve fare per imparare ad ascoltare nuovi stimoli che il corpo gli manda. L'istruttore ti può accompagnare, seguire passo passo e essere sempre pronto ad ascoltarti, a risolvere certi dubbi, ma non è uno che si sveglia la mattina con la pretesa di dirti che tra 5 secondi devi uscire altrimenti staseresti male. Penso che chiunque abbia frequentato un corso di apnea fatto in un certo modo possa confermarlo. Se invece si va su un altro piano, ben oltre il corso e su altre prestazioni, a maggior ragione nessuno può permettersi di indicare sulla pagina di un forum in modo inequivocabile un segnale univoco.

    Arrivare ad ascoltarsi e percepire chiaramente fame d'aria e contrazioni sono passi che non sono per nulla scontati in chi inizia un corso di apnea ed è giusto che su questo si concentri progressivamente l'attenzione. Chi si iscrive ad un corso di apnea può essere un pescatore, un nuotatore, un subacqueo proveniente dalla bombole, uno snorkelista.... Tutte persone per cui l'obiettivo non è raggiungere un massimale, ma fare meno del massimale sempre meglio!

    Se poi si va a chiedere cosa succede, a pochissime persone, quando si superano certe fasi e si va su distanze che sono al di là di qualsiasi corso (come è successo qua) ancora meno si può pretendere di avere una ricetta univoca.

  2. quindi per un apneista puro dovrebbe essere normale e giusto che dei pescatori subacquei si sentano chiamati in causa in un thread dedicato agli allenamenti in piscina...

     

    infatti è del tutto normale, come sarebbe normale che un topic dedicato ad un certo tipo di allenamento in piscina parlasse di quello e non della miriade di temi e argomenti che sono diventati protagonisti della discussione e che si meriterebbero dei topic specifici a sè stanti. E' un allenamento che possono praticare indifferentemente pescatori e apneisti. Consapevoli del motivo per cui lo fanno e con le conseguenze che derivano da qualsiasi genere di allenamento in apnea. Non capisco perché debbano entrare subito in discussione le due parti come se si trattasse di mondi diversi e paralleli. Io do per scontato che tutti quelli che hanno risposto ad una domanda sull'allenamento ipercapnico lo abbiano provato e praticato e lo conoscano. Altrimenti non ci vedo un granché di costruttivo nella critica a priori (che venga da qualsiasi parte).

  3. Vare gli apneisti puri potrebbero rispondere alle domande sull'apnea pura e sugli aspetti che, inevitabilmente, i pescatori non conoscono fare chiarezza.

    Alcuni che non sono neanche così "puri" ma che potrebbero concorrere con valide argomentazioni a questo topic se ne stanno tranquillamente alla larga per la piega che aveva preso.

  4. Gli apneisti puri, se ci fossero (e probabilmente ci sono e leggono) dalla discussione sono fuori perché si è finiti a parlare di pescasub in un topic di allenamento in piscina. E si continua a ragionare per categorie stagne, con apneisti che arrivano Marte e pescatori che arrivano da Giove incontrandosi per puro caso sul pianeta Terra. Se ci fosse un po' di apertura su questo modo settoriale e segmentato di intendere le cose probabilmente ne trarrebbero giovamento tutti. La pesca in apnea e l'apnea sono sport giovanissimi, rispetto a tante altre discipline sono bambini appena nati. L'evoluzione della cultura appartenente ad una disciplina giovane non può che essere vista in maniera positiva. Invece per molti versi c'è un blocco che ha portato alla creazione di barricate pregiudiziali, di cui fatico a vederne la ragione.

    Non riesco a rispondere punto punto a ogni cosa perché scrivo dal telefono.

  5. È molto difficile che chi passa dalla piscina al mare lo faccia senza nessuno che lo abbia martellato ben bene sulla sicurezza e sull'assistenza da fare al compagno. Chi si approccia per la prima volta al mare in apnea dopo aver frequentato la prima parte del corso in piscina o comunque durante il corso stesso viene seguito costantemente prima, durante e dopo l'immersione. Ognuno sempre attaccato al proprio compagno e con la propria boa finché non si arriva alla boa grande a cui è attaccato il cavo. Lo stesso approccio se lo porterà dietro se vorrà praticare la pescasub.

    È molto più probabile che inizi a pescare "da sprovveduto" un principiante che non ha mai seguito un corso di apnea o pesca in apnea illudendosi che le nozioni base siano quelle che si possono leggere su un forum e che siano più che sufficienti per stare tranquilli in mare.

    Ma anche il pescasub più esperto e conoscitore del mare fondamentalmente sa (o dovrebbe sapere) che sta compiendo una potenziale imprudenza ogni volta che va a pescare da solo.

  6. Io ho acquisito gli automatismi di cui parla Siccia, pescando, grazie a un sano e reverenziale timore del mare, che fa parte delle nostre tradizioni marinare e che mi è stato inculcato sin da bambino.

    Flavio, chi vive al mare può avere una famiglia che ti insegna certe cose. Ma non possiamo pensare che solo chi vive al mare acquisisca certi timori reverenziali, perché la stessa cosa succede in montagna. Non solo chi vive in montagna ama e rispetta le montagne, ma è pieno di "cittadini" che hanno imparato a conoscere, rispettare e amare la montagna nel modo giusto perché gli è stato insegnato anche se non sono nati sotto le cime innevate.

    Chi vive al mare ha la grande fortuna di poter entrare in acqua ogni volta che ne ha la possibilità. Acquisirà più familiarità con quell'ambiente. Ma da qua a dire che solo chi vive al mare può avere rispetto e conoscenza del mare... insomma... sarebbe come dire che gli alpinisti sono tutti nati a Courmayeur o a Cortina... ma Pelizzari è nato a Busto Arsizio, Majol ha girato mezzo mondo e non penso che di loro si possa dire che non hanno il sano timore revenziale del mare.

  7. Esistono le "abitudini", ossia quegli atteggiamenti che se ripetuti continuamente, negli anni, diventano automatici e che per questo prendono anche il nome di "automatismi".

    Penso che si possa essere d'accordo che nella pesca, non essendo l'apnea il fine ma solo il mezzo, ed essendo necessaria una grande lucidità mentale che non ci può essere con le contrazioni diaframmatiche e la crescente sofferenza che ne deriva, il momento in cui l'apnea viene interrotta sia generalmente più lontano dal b.o. rispetto a quello in cui ad interrompere l'apnea sia un apneista puro...

    Premetto che anche io sono entrato nel mondo dell'apnea pescando e lo faccio ancora molto volentieri. Per quanto si possa ipotizzare che la pratica della pescasub sia solo un mezzo ma non un fine in realtà i fatti ci dicono altro. Che la pescasub è un attività (al pari delle altre) che espone a rischi, soprattutto IMHO perché è una attività che per quanto non "intensa" viene protratta per molte ore e da soli, in cui vuoi per l'inesperienza, la non coscienza-conoscenza, vuoi per la troppa fiducia in te stesso ti fanno fritto al primo errore. E' vero che questo forum è frequentato soprattutto da pescasub, ma ogni anno le pagine del forum sono una spoon river di decessi per molti versi assurdi, inspiegabili, una tristissima sequela di condoglianze alle famiglie. Va bene che facciamo certe cose per passione e la passione ti spinge anche dove non ti aspetti, però ad un certo punto c'è da chiedersi se basta praticare una disciplina per far nascere automaticamente dei meccanismi di difesa oppure se ad un certo punto è troppo facile che la lucidità mentale "automatica" vada a farsi benedire.

    E' fuorviante la visione dell'apneista puro che non vede l'ora di fare sempre più metri per soffrire sempre di più. Al massimo sarà una sparuta minoranza di altissimo livello che cerca limiti che per gli altri non sono neppure ipotizzabili. Tutti i miei compagni di apnea in piscina non hanno nessuna intenzione di andare a cercarsi il blackout anche se ci sono tantissimi che non praticano la pescasub, si cimentano nell'apnea prevalentemente in piscina in dinamica, in statica e qualche volta sul cavo al mare. Ma in tre anni che frequento lo stesso gruppo almeno due volte a settimana non mi è mai capitato di vedere nessuno sambare o andare in sincope nonostante la piscina sia sempre piena con tutte le corsie occupate da apneisti. E lo stesso al mare, durante le discese sul cavo o con la slitta in variabile.

    Per qualcuno lo stimolo a sbagliare può essere un pesce, per qualcuno lo stimolo a sbagliare può essere il miraggio di qualche metro in più. Ma è sempre uno sbaglio ed è sempre una possibilità in più per lasciare questo mondo.

  8. Si, ma qui c'è anche stato chi ha detto (ovviamente non Fabriz) che è comprensibile/giustificabile chi (quasi dei ricercatori scentifici!) si è indotto una sincope sul divano di casa.

    sì è stato scritto di tutto e di più, ma ad un certo punto se la discussione prende una piega delirante con l'allenamento che diventa sincopare sul divano di casa non ci possiamo fare niente ;)

  9. Ma qui stiamo parlando di gente che per aumentare le proprie qualità apneistiche va a cercare il limite negli allenamenti in piscina (diciamo la verità! Sono il 90% di quelli che sia allenano in piscina in un certo modo).

    Probabilmente frequentiamo ambienti diversi, ma nella piscina in cui mi alleno io siamo in tanti a fare apnea, occupiamo tutte le corsie, e quel 90% che dici non risponde a quello che vedo, ovvero tanta gente che si allena, che insieme agli istruttori si scrive e segue un programma di allenamento finalizzato a migliorare le proprie prestazioni senza andare in sincope, sambare o altro ancora. Fatica sì. E' alla base di qualsiasi allenamento. Tra l'altro io vedo pochissima attinenza tra il massimale in piscina e il massimale in costante al mare. Sono due mondi talmente diversi che ciò che li accomuna veramente è trattenere il fiato, per il resto le due discipline non hanno legame diretto in termini prestazionali (non è che se io passo da 75 a 100m di dinamica passo anche da 30 a 40 metri in profondità!).

     

    Il superare la soglia della sofferenza in piscina ci conduce in un territorio molto pericoloso, soprattutto se poi si va a pesca.

    Io non ho mai superato la zona di sofferenza. Non sono mai andato oltre le contrazioni. E' un terreno su cui è andato il topic perché è stato chiesto a fabriz cosa succede in quella fase. Ma è una fase che tocca pochi e a mio parere è molto più la gente che ne parla o ne ha parlato più che la gente che veramente ci è arrivata. Una fase che va oltre il normale concetto di allenamento e anche oltre il concetto di massimale che viene insegnato in un corso di apnea.

    La zona di sofferenza però esiste. L'abbiamo incontrata tutti. Parlare di cosa succede durante questa fase non equivale a parlare di cosa succede dopo e secondo me è una condivisione che potrebbe portare ad una crescita comune. Perché non raccontiamo che per noi l'apnea finisce SEMPRE quando finisce la fase di puro piacere.

  10. La montagna, fatta a certi livelli, è un'attività molto rischiosa....

    io mi sto convincendo che non conta il livello assoluto. Conta la consapevolezza individuale delle proprie possibilità e la capacità di discriminare la situazione di reale pericolosità a cui ci si può esporre incorrendo in gravi rischi.

    In montagna fa molti più morti la raccolta di funghi dell'alpinismo (!)

    Al mare gli annegati in spiaggia sono realtà quotidiana di tutte le estati.

    Sono tutte situazioni in cui l'incapacità di valutare il proprio limite soggettivo di fronte ad una situazione ambientale oggettiva, porta a sottovalutare i rischi potenziali.

    Lo stesso per me vale a tutti i livelli. In tutte le attività. Devi sapere chi sei e dove vuoi andare. Poi l'incidente imprevedibile e incredibile, la sfiga, la fatalità... arrivano sempre... ma sono numeri piccoli.

  11. nella psub, come in altri sport "estremi", essendo un'attività molto rischiosa, se vai oltre muori!

    Questo è un dato di fatto di cui credo tutti noi ne siamo coscienti. Ma succede anche in montagna, una salita normale su ghiacciaio può diventare una trappola se c'è nebbia fitta e non c'era niente di "estremo" se non l'incapacità di valutare le condizioni. Succede anche nel mio lavoro. Se vado oltre ci lascio le penne. Anzi, a volte colleghi ci lasciano le penne perché la fatalità in certi frangenti va oltre la possibile valutazione del rischio. Almeno in acqua, per divertimento, questo cerco di evitarlo.

  12. Insomma, venendo dall'attivita di psub in mare, quello di tenersi alla larga dai propri limiti è un meccanismo innato, al quale io non voglio e non posso oppormi!

    Non c'è nulla di innato proveniendo dalla pescasub, dalla piscina, dal nuoto a da altro ancora... il tuo meccanismo di salvaguardia e sicurezza non è un derivato diretto dell'attività che fai ma è una tua disciplina mentale! Se la pescasub inducesse automaticamente alla sicurezza e ad un atteggiamento di autoconservazione innato non ci sarebbero gli incidenti che ci sono. E' evidente che la tensione per un evento eccezionale (e l'ultimo video che abbiamo visto in rete purtroppo ne è un triste esempio) ti può far saltare i meccanismi autoconservativi. Sei tu che scegli fin dove andare. Non è l'attività. Non è il mare e non è colpa della piscina. Non è la pescasub o l'apnea pura che impone una forma mentale. Sei tu che sei capace di scegliere fin dove arrivare. Se arrivo a fine vasca e mi impongo (sbagliando) di andare oltre che differenza c'è con l'arrivare alla fine del cavo e decidere di andare oltre (sbagliando) anche se forse non ne ho oppure se vedendo un pesce in lontantanza tiro l'apnea più di quello che devo (sbagliando) sperando che il pesce si avvicini? E' sempre il tuo cervello che decide.

  13. Qualcuno, mi pare il solito Chiesa, ha affermato che il 20% delle persone non avverte le contrazioni.

    Sarebbe interessante capire se parla dell'assenza di contrazioni in ogni situazione o se in una condizione specifica. Nel libro di Armando Lombardi la parte di fisiologia dell'apnea di Chiesa parla del passaggio da una fase di benessere ad una di sofferenza con comparsa della fame d'aria e delle contrazioni diaframmatiche con valori di PaCO2 dell'ordine di 46mm Hg. Dice anche che questa seconda fase è variabile da soggetto a soggetto senza specificare altro. L'allenamento comporta risarmio di O2 e una riduzione dell'acidosi (se aumenta il consumo metabolico aumenterà anche la produzione di CO2).

  14. Vare stai dicendo una cosa molto importante e cioè che la comparsa dei sintomi e i sintomi stessi sono influenzati da cosa si sta facendo e soprattutto dal tipo di preparazione che abbiamo fatto; venendo perciò alla tua domanda iniziale. è evidente che i segnali che avrò a fine apnea tra un percorso ipercapnico e un massimale saranno molto diversi.

    Infatti io percepisco le due cose in maniera molto differente, il mio post era proprio per capire se per tutti ci fossero sensazioni analoghe alle mie, cosa che a parte una persona, finora avete confermato tutti. La mia domanda scaturisce anche dal fatto che a differenza di alcuni amici con cui mi alleno io ci metto molto prima di sentire le contrazioni. Quando ho cominciato a fare pesca e poi apnea ero preoccupato perché pensavo di non sentirle, pensavo di andare avanti senza accorgermente. Di rischiare senza rendermene conto. Ho un amico che sente usualmente il primo accenno di contrazione a 25m di dinamica, poi prosegue tranquillo sapendo che le "vere" contrazioni arrivano molto dopo; io invece percepisco inizialmente la fame d'aria, una lieve sensazione di disagio all'altezza della gola, e mi è capitato di chiudere 75m senza sentire le contrazioni. C'è stato un periodo in cui ero in dubbio se io non riuscissi proprio a percepirle e dovessi ascoltare altri segnali. Poi quando ho cominciato a fare qualche allenamento con recuperi più brevi ho finalmente capito come percepisco le contrazioni. Le avevo anche io, ma non ero mai arrivato alla vera soglia per percepirle. Per questo all'inizio mi sentivo molto stranito e l'ipercapnico è stato un modo per togliermi il dubbio che io non sentissi le contrazioni diaframmatiche. Questa variabilità personale nella percezione dei segnali è quello che mi ha spinto ad aprire un post sul confronto delle sensazioni.

  15. Sicurezza significa non arrivare alla samba e non arrivare alla sincope! Fino lì non ci sono dubbi e non c'è nessuna didattica o scuola che afferma il contrario. In nessun corso verrà mai detto il contrario. Se poi ognuno decide di suo spontanea volontà di rischiare penso che sia una sua responsabilità, ma questo succede in motocicletta, in montagna, in tanti sport in cui puoi deliberatamente alzare l'asticella del rischio, ma non ci sarà mai nessuno che te lo impone. Ma non sarà mai l'istrutture di un corso a dirti questo. In un corso base o avanzato si insegna altro. Se qualcuno vuole andare oltre è una sua scelta e non una imposizione. Alzare deliberatamente il fattore di rischio è una cosa che succede anche nella pesca in apnea altrimenti non si apiegherebbero tanti incidenti anche di giovanissimi con una lunga sequela di morti ogni anno. Ma non è in un corso di apnea che ti insegnano a tirare l'apnea pur di prendere un pesce. Invece in questo topic c'è la continua illazione che certi corsi/didattiche/istruttori/ vogliano portarti a rischiare la pelle.

    Nella fattispecie se faccio un allenamento ipercapnico su distanze medie so benissimo che percepisco le contrazioni molto più distintamente di quello che mi succede quando faccio una statica molto lunga, ma questo non significa che io esca dalla statica solo quando percepisco lo stesso tipo di contrazioni che ho nell'allenamento ipercapnico in dinamica. Mi sembra che ad un certo punto ciascuno debba avere la consapevolezza di se stesso senza dare colpe ad altri se ha sbagliato. Ci sono fior di campioni di pesca che hanno avuto incidenti. È stata colpa dell'allenamento in piscina per cui ho aperto il topic? Non penso proprio.

  16. Io ti consiglio di provare le scarpette C4 perché nonostante sembrino avere grandi possibilità di personalizzare la calzata ad esempio nel mio caso si sono rivelate non adatte al mio piede. Ho pianta larga e collo piuttosto alto. Con il calzare da 3mm prendile della tua misura, con quello da 5mm una misura in più ma fai bene attenzione che la scarpetta non ti stringa sull'avanpiede,zona non regolabile con il lacci, altrimenti come nel mio caso sono dolori assicurati tant'è che le ho vendute.

  17. Parole di Ilaria:

     

     

    Inizio questo topic con la citazione di un grande: Albert Einstein

    "Non tutto ciò che conta può essere contato, non tutto ciò che può essere contato, conta"

     

    I NUMERI DI UN RECORD

     

    163 metri in apnea dinamica senza attrezzi

    3 minuti di prestazione

    13 mesi di preparazione

    1 allenatore

    2 trainer

    1 famiglia

    1 staff medico universitario

    3 piscine per lo spazio acqua

    Tanti sostenitori

    Alcuni demotivatori

     

    Questo è ciò che tutti possono vedere, questo è ciò che si può “contare”.

    Ma quanto conta tutto ciò che resta dietro questo record?

    Non molti possono sapere quanto sacrificio ci sia dietro questi numeri, ma questa è una scelta personale: io lo voglio, io mi impegno per realizzarlo.

    E le persone che sono coinvolte?

    1 allenatore cosa fa? Quanto fa? Perchè il record l’ho realizzato io in 3 minuti, ma gli allenamenti me li ha preparati lui in 13 mesi! Mike è il mio allenatore, Mike è un allenatore. Non ha i titoli per definirsi tale? Beh, credo che i risultati parlino abbastanza…

    Mike non è un istruttore di apnea che mi manda gli allenamenti via mail o che alla sera pensa qualcosa mentre arriva in piscina da farmi fare e poi “vediamo come va”.

    Mike è un allenatore vero, si come lo era Castagnetti per la Pellegrini.

    Decidiamo insieme l’obiettivo, poi è lui a tracciare e costruire il percorso. E’ lui a parlarmi, comprendermi, sopportarmi. E’ stato lui a trovare i medici, gli spazi acqua, i trainer ed è lui che costantemente li gestisce e coordina.

    2 trainer: Luca Marazzina e Alessadro Vergendo. Luca pensa, inventa, sperimenta allenamenti sempre nuovi e mai uguali “Certo che per fare forza devi alzare il ferro, eh Bonin!!”, certo che si.

    Alessandro invece parla, ascolta, scrive e mi aiuta a tradurre sensazioni e pensieri in parole, per poterle identificare, rivivere e rinforzare. Allenare la mente, a volte può essere molto complicato…

    1 famiglia. La scelta di fare apnea è la mia, ma non potrei mai farla senza la mia famiglia che mi sostiene sia moralmente che fisicamente. Mamma Lella, papà Alberto e Stefano, mio fratello. Grazie.

    1 staff medico: 9 professori e medici dell’Università di Pavia che mi controllano, si prendono cura di me e non lasciano niente al caso.

    3 piscine in cui mi alleno, tre persone che credono in me: Valter Mazzei e il Lido azzurro di Varedo, Tiina Palen e il Paguro di Lodi, Stefano Tamiazzo e il Biò di San Martino. Grazie della vostra fiducia e della vostra disponibilità.

    Tanti sostenitori: amici, parenti, conoscenti, persone che mi sono vicine e mi sostengono, gioiscono con me. Mi carico del loro bene e delle loro emozioni e le porto in acqua con me.

    Alcuni demotivatori: coloro che mettono i bastoni tra le ruote, sminuiscono, sottovalutano il lavoro mio e del team, non prendono in considerazione, non ascoltano e soprattutto non fanno.

    Coloro i quali parlano, ma non sanno cosa significa realmente fare apnea, coloro che non conoscono il valore del sacrificio. Coloro i quali pensano di sapere allenare, ma che non si rendono conto di cosa significhi veramente. Coloro che si avvicinano e si gloriano del successo che ho raggiunto per merito di altri, coloro che hanno dichiarato “prestazione deludente…” non sapendo del cammino e degli obiettivi reali dell'atleta.

    A queste persone chiedo: vi rendete conto di tutto ciò?

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