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fabriz

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Risposte pubblicato da fabriz

  1. Il problema principale del post è che molti di voi fanno l'equazione gestisco la zona di sofferenza in piscina= tiro a pesca. Mi spiace per voi ma non è così a meno che uno non sia deficente e masochista. Non so voi ma a pesca io ci vado per rilassarmi e divertirmi e gestire la fase di sofferenza non è ne rilassante ne divertente. Poi parlate tanto di sicurezza e ci so persone che affermano di pescare in 27/30 mt da soli... poi so gli istruttori il problema dell'umanità eh ?!

  2. odiavo quasta costante permanenza (durante gli allenamenti preparativi a gare/massimali) in zona di sofferenza mi ha fatto temere che potessi "abituarmi" a gestire ciò che non è gestibile in sicurezza...sopratutto se si è in mare....da soli...

    E' qualcosa che ho pensato spesso, ma non sembra un timore condiviso nè da molti corsisti nè dagli addetti ai lavori.

     

    :bye:

     

    Beh se tu stesso non sai riconoscere se stai tirando o meno penso che due domande dovresti fartele...

  3. Sostenere che si può avvicinare il limite in sicurezza? ti dico che è possibile, poi chiederlo a numerosi atleti (della vostra amata fipsas) così non sarò solo io il fenomeno. La conoscenza non si è trasmessa solo tramite la scrittura ma questa è sempre stata integrata da una tradizione orale, tanto più che prima i testi erano pieni di abbreviazioni ed errori, se fosse possibile apprendere al meglio tramite la scrittura allora i corsi a cosa servono? E non parlo di apnea, guarda l'università, scuola, formazione...

    La diagnosi sulla propria persona non serve a capire quale sia la patologia? In questo caso le due cose sono strettamente collegate visto che i sintomi cambiano da persona a persona ed una cura universale non può esser data.

    Non mi sembra che valentino rossi vada a 50 km/h eppure non sta sempre con il sedere a terra, anche se va molto veloce e si avvicina al limite non cade sempre e quando lo fa è per un suo errore questo è quanto voglio dire ma tu non lo vuoi capire. Conoscere il limite non significa essere infallibili e non sbagliarsi mai, se lo fossimo saremmo delle macchine e non umani. In tutte le vostre belle considerazioni metteteci anche questo fattore.

  4. Gianfranco ha perso voglia e stimoli per parlare di apnea. Ci sarebbe una splendida discussione sull'apnea per la pesca che intenderebbe di essere conclusa...ma resterà nel suo limbo.

     

    Di certo sà estremamente bene di cosa parla e non certo per aver avuto il patentino da questa o quella didattica.

     

    :bye:

     

    Infatti non aspetto altro che scriva: "Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi, navi in fiamme, apneisti dediti alla perversa manovra della carpa (e della pecorina aggiungerei io), dell'FRC, obnubilati dalla samba e black out, pescatori di cerne da 500 kili... "

    Non aspetto altro ho preparato i pop corn !!!

  5. Gianfranco ti faccio un esempio pratico:

    Gara, io so che normalmente faccio 100 mt, con la mia misura arrivo 2° il mio avversario diretto parte prima di me e fa 102, per vincere pensi che una persona non tenta di fare più di 102? Se arrivo ai 100 il corpo mi dice di uscire ci sta che qualcuno decida di forzare e provare ad andare oltre. Gli può andar bene come male. Questo succede in ogni sport. Si cade con la moto, si va fuori pista con la macchina, si cade dagli sci... potrei andare avanti per ore.

     

    Personalmente non ho mai detto che non si possa avere un incidente, l'istruttore non si scarica da nessuna responsabilità se l'allievo ha qualsiasi cosa, anzi nn è bello dover raccogliere qualcuno. Non ho mai detto di avere la formula magica per non avere incidenti in assoluto, ci sono variabili esterne che possono incidere sulla cosa. Il problema che vi state accanendo inutilmente su come uno debba riconoscere il momento di uscire a fine apnea, e pretendete che vi venga spiegato in maniera completa su un forum. E' come chiedere ad un medico una diagnosi dicendo: Dottò mi fa male la testa che ho? Potrebbe avè tutto e niente.

     

    Siete così chiusi mentalmente che se fosse pe voi stavamo ancora a raccoglie le noccioline e le banane sull'alberi o ad accenne il fuoco co 2 pietre. Non importa cosa uno vi dica e scriva pazientemente tanto la vostra risposta sarà sempre polemica e negativa, se per voi l'apnea è tutta na sincope e na samba cambiate sport e non rompete, sembrate un branco de vecchi che rompe le palle a quelli che fanno i lavori per strada e stanno li a spiegare come vanno fatti i lavori. Dietro al pc so tutti fenomeni.

  6. Antcant la comunicazione non è composta di sole parole, parlare di messaggi complessi come questi di certo non può esser fatto via forum, a tu per tu è molto più facile capire e far capire determinate cose. Dopo le contrazioni i messaggi ci sono il problema è capire se hai la sensibilità o la voglia di ascoltarli, procedendo con il giusto approccio è possibile progredire senza dover incorrere incidenti. Ovviamente ciò non toglie che se ne possano avere poichè non si comprendono od ascoltano tali segnali.

     

    @Senex sinceramente senza averti mai visto in acqua ne aver mai parlato con te come faccio a darti una soluzione? I miracoli non appartengono al mio settore.

  7. Sono mancato 2gg ed è successo il marasma non vi posso mai lasciare da soli!!!!

     

    Cmq per antcant, non è vero che superata la fase delle contrazioni non ci sia metodo con cui procedere in sicurezza, come detto il corpo manda sempre messaggi, anche se a parole non è facile descrivere ciò che ti dice di uscire, procedendo per gradi cercando di registrare pian piano le sensazioni del fisico riesci a lavorarci con margine di sicurezza, CON QUESTO NON DICO CHE NON SI POSSONO AVERE INCIDENTI, MA CHE QUESTI SONO DOVUTI A NOSTRI ERRORI, infatti, capita che le persone hanno l'incidente quando vogliono raggiungere una prestazione a tutti costi ed ignorano i segnali del corpo, La loro attenzione è focalizzata sulla performance e non su loro stessi. I miei compagni di allenamento hanno raggiunto uno i 125 mt a pinne, un altro 150 a rana, arrivando a quella zona dove le contrazioni non le soffri più senza mai avere un incidente. Considera che gli ci sono vogluti 7 mesi per sbloccarsi nella zona 80/90 mt, infatti, usciva sempre a quelle distanze rendendosi conto lui stesso che ne aveva ancora, quindi progredendo metro per metro si è costruito la sua distanza e ha capito le sue sensazioni.

    Come già detto negli altri interventi da me fatti in questo post, anche se le sensazioni sono soggettive ciò non toglie che si può cercare di capire insieme al proprio istruttore quali siano i nostri messaggi.

    Chi ha fatto un corso di apnea sicuramente avrà sentito dire a qualche compagno: "A me viene da deglutire e una volta fatto devo uscire", ecco questo è un segnale del corpo che per molti significa fine dell'apnea ma ne 99% dei casi la persona non è neanche arrivata ad avere la prima contrazione e spesso è nella fase fame d'aria che precede le contrazioni.

    Anche se i segnali sono soggettivi con l'osservazione esterna che ha l'istruttore e le sensazioni comunicate dall'allievo si può capire molto e si lavora in sicurezza.

  8. @ antcant

    Boh... evidentemente o io non so scrivere in italiano oppure io leggo le risposte di fabriz in un'altra lingua, ma mi sembra che né io né lui diciamo quello che sostenete. Fabriz parla di sensazioni sue, personali, quando in dinamica, facendo un massimale, supera i 100 metri. E' stato molto chiaro nel dire quali sono i segnali che insegna a percepire a chi si avvicina all'apnea, dalla fame d'aria alle contrazioni, ma mi sembra che siano due cose che viaggiano su piani diversi.

    Più che cercare qualcuno che ti indichi segnali "oggettivi" (e cosa sarebbe l'oggettività in una disciplina come l'apnea? mah... ) perché non rispondi direttamente alle domande che ho posto?

     

    Che tipo di sensazioni hai durante un allenamento ipercapnico?

     

    Quali analogie ci sono con le sensazioni che percepisci durante un massimale?

     

    Se hai provato a fare in piscina allenamenti di questo tipo saprai descrivere le tue sensazioni, piuttosto che criticare le risposte di fabriz.

    Se invece è un allenamento che non pratichi, discutiamo di aria fritta?

     

    Devo concludere che leggi le risposte in un'altra lingua!

     

    1) fabriz ha detto che le sensazioni che devi ascoltare per sapere quando uscire sono diverse da persona a persona ed ha fatto un esempio con le sue, rispondendo alle tue domande su quali segnali ascoltare...

    2) io so benissimo che non esistono segnali oggettivi che dicano quando uscire dopo un periodo di sofferenza e, pertanto, non li cerco; cercavo di capire, invece, come si possa insegnare qualcosa che non si conosce...

    3) fabriz ha sempre parlato di situazioni limite e mai di cosa si insegna ai neofiti " La domanda di Andrea è precisa stiamo parlando di gestione della fase di sacrificio su misure che iniziano ad essere importanti, quindii non possiamo parametrare certe affermazioni su un normale corsista"

    4) tu hai posto una serie di domande il cui comune denominatore è lo stato di sofferenza il quale, siamo tutti d'accordo, è estremamente soggettivo... la risposta alle tue domande resta sempre la stessa.

    5) vuoi sapere quali sono le mie sensazioni o quelle di caio... e che te ne fai visto che hanno valore soggettivo?

    Se proprio ci tieni, facendo uno sforzo di memoria ed andando indietro di una ventina di anni (quando ancora valutavo un apneista tramite le sue prestazioni) posso dirti che, per me, la "fase di sofferenza" era uguale nei due tipi di allenamento cui ti riferisci.

    Auguri per la tua ricerca.

     

    @antcant.

    Anche se le sensazioni hanno valore soggettivo ciò non significa che cercare di capire cosa provano gli altri sia inutile, anzi, molto spesso le sensazioni prime fasi nella zona di sacrificio sono molto comuni, cercare di capire quale sia il segnale per una persona ti può aiutare a focalizzare la tua attenzione su un qualcosa che magari non avevi notato. Lo vedo quotidianamente con persone che alleno e che magari si erano bloccati su una certa cosa.

    Come detto prima inoltre i segnali ci sono, quella che chiamo la vocina che ti dice di uscire in realtà sono dei segnali che non sono facili da descrivere ma che ti fanno comprendere che è il momento di interrompere l'apnea.

     

    @Senex non vedo il motivo di definire il post inutile, il forum è un luogo di confronto e parlare di argomenti come questo non può far altro che bene per scambiare opinioni e pareri; è triste vedere che per molti è una scusa per far polemica e andare fuori topic.

     

    @Vare, Andre un consiglio per quanto riguarda l'allenamento a secco in apnea muovendoti ti sconsiglio il tapis roulant perchè a volte gli esercizi possono far girare la testa, io preferisco situazioni controllate come la ciclette.

  9. Il problema quando si fa un massimale è chi comanda e come. Sappiamo, o meglio conosciamo quali differenze ci sono tra un massimale in statica, in dinamica, in costante o in in dispnea (rigorosamente in piscina)? La mia esperienza personale mi dice che, tranne naturalmente la statica, è sempre l'ipercapnia. Voi che ne dite?

     

    Purtroppo debbo contraddirti ma quando fai un massimale normalmente si ha una forte ipossia, infatti, a meno che tu non faccia un massimale a velocità sostenuta andrai prettamente in ipossia. A mio parere ciò che rende di più in termini di metri e performance secca sono gli allenamenti ipossici. Gli allenamenti ipercapnici sono ottimi per imparare a gestire le contrazioni, la fase di sofferenza, tolleranza al lattato, ed è adatto per lo più a coloro che pescano fino a 10/15 mt con tuffi brevi.

     

    @Vare, andre se vuoi allenarti molto sulla fase di sacrificio consulta il tuo istruttore per programmare magari qualche allenamento in espirazione FRC, un'ottima cosa è fare statica + dinamica partendo alla prima contrazione. Idem per allenarti a secco, un ottimo allenamento è fare apnee statiche sempre in espirazione. L'espirazione deve essere passiva ossia in FRC, questo tpo di allenamento ti aiuta in maniera pazzesca a rilassarti durante le contrazioni, a sperimentare nuove sensazioni. Per quanto riguarda il cardiofrequenzimetro il polar rs100 (dovrebbe essere questo il modello base), va benissimo per allenarti anche in acqua, inoltre la fascia wearlink è compatibile con il computer subacqueo galileo e regge fino a 200 mt.

  10. Insegno come cercare di capire progressivamente i segnali mandati dal corpo, quindi di imparare in un primo momento a gestire la fame d'aria, poi iniziare a capire un po le contrazioni e così via, è un percorso che viene fatto molto gradualmente, e i segnali che il corpo ci manda sono diversi da persona a persona, pertanto insegno loro di progredire molto lentamente per riparametrarsi di volta in volta.

     

    Tradotto in soldoni questi "segnali mandati dal corpo" che, come dici, "sono diversi da persona a persona" quali sarebbero?

     

    Personalmente inizio a sentire una sensazione di disagio e sento di essere arrivato, il corpo mi dice di uscire non ti so spiegare la sensazione a parole ma hai una vocina che ti dice che quello è il momento di uscire, e una se se la ignori fai pochi altri metri e ti spegni. Questo è il principale motivo per cui dico che bisogna sperimentarsi pian piano, perchè magari in un primo momento sperimenti determinate sensazioni che poi capisci essere irrilevanti, ad es inizialmente quando ho fatto il mio primo corso sentivo gli avambracci freddi e una strana sensazione a livello delle gambe, poi i miei segnali sono cambiati, sentivo una contrazione diversa dalle altre, insomma nei vari anni le mie percezioni sono cambiate, attualmente riesco a capire con esattezza quale è il mio limite in quell'apnea, so che se vado oltre ho alte probabilità di incorrere nell'incidente.

     

    In sintesi mi stai dicendo che non c'è nessun criterio oggettivo che mi avverta su quando interrompere l'apnea, tutto è lasciato alla sensibilità del singolo apneista, ognuno deve scoprire da sè quali sono questi segnali.

    Hai una pallida idea di quali possono essere le conseguenze della ricerca di questo limite?

     

    Certo la conseguenze sono semplici tanto tempo passato in piscina ad allenarsi e tener duro quando non ne hai voglia. Parlate di ricerca del limite come se fosse la cosa più tranquilla di questo mondo, come dire mi prendo un bicchier d'acqua, se stiamo parlando di LIMITE significa che sei in una situazione particolare ed estrema, posso dirti che non c'è bisogno di toccarlo per capire che ti ci stai avvicinando; con questo voglio rispondere anche a gianfranco ciavarella che come sempre spara le sue sentenze apocalittiche, non si insegna a sovrapporre le sensazioni della statica o della dinamica, si insegna a capire i messaggi che vengono inviati e questi sono univoci le varie discipline sono solo modi diversi di ottenerli, come detto prima non c'è bisogno di toccare il limite ne di avvicinarcisi per capire che stiamo andando in una zona rossa.

  11. Insegno come cercare di capire progressivamente i segnali mandati dal corpo, quindi di imparare in un primo momento a gestire la fame d'aria, poi iniziare a capire un po le contrazioni e così via, è un percorso che viene fatto molto gradualmente, e i segnali che il corpo ci manda sono diversi da persona a persona, pertanto insegno loro di progredire molto lentamente per riparametrarsi di volta in volta.

     

    Tradotto in soldoni questi "segnali mandati dal corpo" che, come dici, "sono diversi da persona a persona" quali sarebbero?

     

    Personalmente inizio a sentire una sensazione di disagio e sento di essere arrivato, il corpo mi dice di uscire non ti so spiegare la sensazione a parole ma hai una vocina che ti dice che quello è il momento di uscire, e una se se la ignori fai pochi altri metri e ti spegni. Questo è il principale motivo per cui dico che bisogna sperimentarsi pian piano, perchè magari in un primo momento sperimenti determinate sensazioni che poi capisci essere irrilevanti, ad es inizialmente quando ho fatto il mio primo corso sentivo gli avambracci freddi e una strana sensazione a livello delle gambe, poi i miei segnali sono cambiati, sentivo una contrazione diversa dalle altre, insomma nei vari anni le mie percezioni sono cambiate, attualmente riesco a capire con esattezza quale è il mio limite in quell'apnea, so che se vado oltre ho alte probabilità di incorrere nell'incidente.

  12. Insegno come cercare di capire progressivamente i segnali mandati dal corpo, quindi di imparare in un primo momento a gestire la fame d'aria, poi iniziare a capire un po le contrazioni e così via, è un percorso che viene fatto molto gradualmente, e i segnali che il corpo ci manda sono diversi da persona a persona, pertanto insegno loro di progredire molto lentamente per riparametrarsi di volta in volta. Se dicessi ad un allievo prosegui fin che non cessano le contrazioni non avrei un allievo vivo. Antcant cerchiamo di non estremizzare. La domanda di Andrea è precisa stiamo parlando di gestione della fase di sacrificio su misure che iniziano ad essere importanti, quindii non possiamo parametrare certe affermazioni su un normale corsista. Inoltre anche se dicessi ad un allievo di uscire finchè non cessano le contrazioni solo il 5% delle persone riuscirebbero a fare una cosa del genere, per superare la fase delle contrazioni devi avere un'ottima volontà ed una certa esperienza.

  13. Io ho parlato di roulette per una questione statistica: oggi puoi contare venti contrazioni e va tutto bene, domani

    ne conti dieci e si spegne la luce.

    Tu ritieni che vi sia un sistema infallibile per capire quando uscire dopo una "paccata" di contrazioni? io non lo conosco... sarei lieto di apprenderlo.

    Conosco diverse persone, però, che erano convinte di aver trovato un sistema per vincere sempre alla roulette...

     

    Infine, chi ti ha detto che per allenarsi bene in piscina occorre mettersi a contare le contrazioni?

    Mi permetto di suggerirti la lettura di una pubblicazione (proprio su AM) del prof. M.Ciavarella "allenare l'apnea" , potresti

    trovarci spunti interessanti...

     

    Peccato che io non ho mai parlato di contare le contrazioni, infatti, basarsi sul numero di contrazioni per uscire è uno degli errori più grandi che si possono fare, ed è una delle prime cose che dico di NON fare. Oggi ne puoi avere 10 domani tenerne 100, i segnali da ascoltare sono altri tant'è vero che superata la fase di sofferenza le contrazioni neanche le senti più.

    @Vare Andrè non ti aspettare chiarimenti è meglio essere ermetici.... soprattutto visti gli interventi fatti nelle precedenti discussioni che sono sfociati sempre in polemiche, a volte mi sembrava di essere in un talk show con sgarbi e mughini!

  14. Se la ventilazione è stata corretta in apnea statica e dinamica si, abbiamo ignorato i segnali o non siamo in grado di riconoscerli per nostro gap, altra motivazione può essere un'erroneo protocollo d'uscita (non entro nel merito di cosa si debba fare in uscita per non entrare o scatenare miliardi di milioni di polemiche).

    In costante o più in generale nella profonditò la cosa è molto più complicata.

  15. Mi permetto una domanda: ma una volta superata questa "zona di sofferenza" cosa fa la differenza tra avere un incidente o meno?

     

    superata la zona di sofferenza hai sempre percezione di cosa accade al tuo corpo, i segnali ti vengono sempre mandati e tu sai benissimo quando devi uscire o meno. Ovviamente l'incremento deve essere molto graduale per imparare a registrare le nuove sensazioni che ci manda il fisico.

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