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antcant

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Risposte pubblicato da antcant

  1. "Sostenere che si può avvicinare il limite in sicurezza? ti dico che è possibile, poi chiederlo a numerosi atleti (della vostra amata fipsas) così non sarò solo io il fenomeno".

    Se è un postulato di A.A. potevi dirlo prima e ci risparmiavamo 10 pagine di post... e, poi, chi ha mai parlato di didattica?

     

    La conoscenza non si è trasmessa solo tramite la scrittura ma questa è sempre stata integrata da una tradizione orale, tanto più che prima i testi erano pieni di abbreviazioni ed errori, se fosse possibile apprendere al meglio tramite la scrittura allora i corsi a cosa servono? E non parlo di apnea, guarda l'università, scuola, formazione..."

    Guarda che nessuno ti ha chiesto di tenere un corso di apnea o di insegnargli a raggiungere il limite via pc... è stata fatta una domanda specifica su un singolo argomento, cerchiamo di non generalizzare e di non confondere il particolare con l'universale.

     

    "La diagnosi sulla propria persona non serve a capire quale sia la patologia? In questo caso le due cose sono strettamente collegate visto che i sintomi cambiano da persona a persona ed una cura universale non può esser data"

    Continui a confondere le cose: nessuno ti ha chiesto di eseguire una diagnosi, ti è stato chiesto di elencare i sintomi!

    E visto che, come giustamente sostieni, sono variabili e la "cura universale non può essere data" come puoi ritenere di procedere "universalmente" in sicurezza?

     

    "Non mi sembra che valentino rossi vada a 50 km/h eppure non sta sempre con il sedere a terra, anche se va molto veloce e si avvicina al limite non cade sempre e quando lo fa è per un suo errore questo è quanto voglio dire ma tu non lo vuoi capire"

    Sarebbe interessante domandare a Valentino se quando va al limite si sente in assoluta sicurezza o se sa di correre dei rischi;

    quanto alle cadute, poi, è sempre colpa sua o può esservi anche qualche fattore esterno?

    Quello che invece tu non vuoi capire è che, per la grande quantità di variabili in gioco, un apneista può incorrere in un incidente

    senza aver commesso alcun errore in quello che doveva essere il suo protocollo di riferimento nella ricerca del limite!

     

    "Conoscere il limite non significa essere infallibili e non sbagliarsi mai, se lo fossimo saremmo delle macchine e non umani. In tutte le vostre belle considerazioni metteteci anche questo fattore".

    E chi l'ha detto? io ho sostenuto, testualmente, che cercare il limite comporta non pochi rischi.

    Ho invece parlato di infallibilità in chi sostiene di arrivarci in totale sicurezza e, proprio perchè non siamo macchine,

    non capisco come si possa essere così categorici sull'assenza di rischi.

  2. Gianfranco ti faccio un esempio pratico:

    Gara, io so che normalmente faccio 100 mt, con la mia misura arrivo 2° il mio avversario diretto parte prima di me e fa 102, per vincere pensi che una persona non tenta di fare più di 102? Se arrivo ai 100 il corpo mi dice di uscire ci sta che qualcuno decida di forzare e provare ad andare oltre. Gli può andar bene come male. Questo succede in ogni sport. Si cade con la moto, si va fuori pista con la macchina, si cade dagli sci... potrei andare avanti per ore.

     

    Personalmente non ho mai detto che non si possa avere un incidente, l'istruttore non si scarica da nessuna responsabilità se l'allievo ha qualsiasi cosa, anzi nn è bello dover raccogliere qualcuno. Non ho mai detto di avere la formula magica per non avere incidenti in assoluto, ci sono variabili esterne che possono incidere sulla cosa. Il problema che vi state accanendo inutilmente su come uno debba riconoscere il momento di uscire a fine apnea, e pretendete che vi venga spiegato in maniera completa su un forum. E' come chiedere ad un medico una diagnosi dicendo: Dottò mi fa male la testa che ho? Potrebbe avè tutto e niente.

     

    Siete così chiusi mentalmente che se fosse pe voi stavamo ancora a raccoglie le noccioline e le banane sull'alberi o ad accenne il fuoco co 2 pietre. Non importa cosa uno vi dica e scriva pazientemente tanto la vostra risposta sarà sempre polemica e negativa, se per voi l'apnea è tutta na sincope e na samba cambiate sport e non rompete, sembrate un branco de vecchi che rompe le palle a quelli che fanno i lavori per strada e stanno li a spiegare come vanno fatti i lavori. Dietro al pc so tutti fenomeni.

     

    Ti rispondo cominciando dalla fine.

    L'unico fenomeno qui è colui che sostiene di raggiungere il limite o di farlo raggiungere in totale sicurezza... riguardati i messaggi precedenti e vedi se riesci ad identificarlo.

    Quanto al progresso, mi sembra, che l'umanità sia progredita perchè c'è stato qualcuno che ha messo in dubbio le Verità assolute propinate dal profeta di turno.

    Circa le spiegazioni che ti sono state chieste ti ricordo che la conoscenza si è trasmessa, per millenni, tramite lo scritto...o la tua è un particolare tipo che può essere appresa solo oralmente?

    volendo usare la tua metafora, nessuno ha chiesto una diagnosi sulla propria persona, ti sono stati chiesti i sintomi della patologia, che è cosa ben diversa!

    Infine, dici che c'è chi cade con la moto, sciando ecc., e allora? Il punto è che non c'è nessuno che dice che sia possibile andare al limite in totale sicurezza, senza correre rischi! Questa è la differenza.

  3. @ Cono e Barbara

     

    Permettetemi ma siete distratti!

    La tesi -o, forse, sarebbe meglio dire il postulato- è stato più volte enunciato: il corpo manda sempre segnali e se, per un motivo o un altro, non vengono capiti o ben interpretati, la colpa è sempre dell'apneista!

    Occorre inoltre considerare che detto postulato funziona anche come "scarico di responsabilità" da parte dell'eventuale istruttore che ha seguito l'incidentato apneista.

    Insomma una vera e propria quadratura del cerchio...

  4. Sono mancato 2gg ed è successo il marasma non vi posso mai lasciare da soli!!!!

     

    Cmq per antcant, non è vero che superata la fase delle contrazioni non ci sia metodo con cui procedere in sicurezza, come detto il corpo manda sempre messaggi, anche se a parole non è facile descrivere ciò che ti dice di uscire, procedendo per gradi cercando di registrare pian piano le sensazioni del fisico riesci a lavorarci con margine di sicurezza, CON QUESTO NON DICO CHE NON SI POSSONO AVERE INCIDENTI, MA CHE QUESTI SONO DOVUTI A NOSTRI ERRORI, infatti, capita che le persone hanno l'incidente quando vogliono raggiungere una prestazione a tutti costi ed ignorano i segnali del corpo, La loro attenzione è focalizzata sulla performance e non su loro stessi. I miei compagni di allenamento hanno raggiunto uno i 125 mt a pinne, un altro 150 a rana, arrivando a quella zona dove le contrazioni non le soffri più senza mai avere un incidente. Considera che gli ci sono vogluti 7 mesi per sbloccarsi nella zona 80/90 mt, infatti, usciva sempre a quelle distanze rendendosi conto lui stesso che ne aveva ancora, quindi progredendo metro per metro si è costruito la sua distanza e ha capito le sue sensazioni.

    Come già detto negli altri interventi da me fatti in questo post, anche se le sensazioni sono soggettive ciò non toglie che si può cercare di capire insieme al proprio istruttore quali siano i nostri messaggi.

    Chi ha fatto un corso di apnea sicuramente avrà sentito dire a qualche compagno: "A me viene da deglutire e una volta fatto devo uscire", ecco questo è un segnale del corpo che per molti significa fine dell'apnea ma ne 99% dei casi la persona non è neanche arrivata ad avere la prima contrazione e spesso è nella fase fame d'aria che precede le contrazioni.

    Anche se i segnali sono soggettivi con l'osservazione esterna che ha l'istruttore e le sensazioni comunicate dall'allievo si può capire molto e si lavora in sicurezza.

     

    Io ho detto che, dopo le contrazioni, i segnali che il corpo manda non sono facilmente distinguibili e, inoltre, sono soggettivi

    ovvero variano da persona a persona. Di qui il rischio della loro interpretazione.

     

    Tu stesso dici di non essere in grado di descriverli a parole e, poi, però, ritieni che la colpa -dell'eventuale- incidente sia dell'apneista che ha coscientemente ignorato questi segnali... non ti viene il dubbio che, appunto per la loro "evanescenza" possono essere stati mal interpretati?

    Non può essere che, non essendogli stati (i segnali) chiaramente spiegati -dal momento che non sei in grado di farlo-

    l'apneista si sia "confuso"?

    Continuare a sostenere che puoi procedere in assoluta sicurezza nel far cercare il proprio limite agli allievi mi lascia,

    a dir poco, perplesso.

    Ma, sai, io sono un tipo strano che non crede all'infallibilità umana... quindi, non considerare la mia opinione.

  5. Posto che la scienza è in continua evoluzione, allo stato, le conoscenze scientifiche (almeno per quanto ne so) ci dicono che:

    a) la sincope e la samba producono danni all'organismo;

    b)le contrazioni diaframmatiche rappresentano un campanello di allarme per la -quasi- totalità dei soggetti;

    c) dopo le contrazioni non vi sono altri campanelli così "squillanti" e tutto è rimesso alla sensibilità (più o meno alta) del singolo soggetto ed alla sua capacità di riconoscere le sensazioni che, di volta in volta, l'organismo gli invia.

    Ergo, cercare di capire quale è il proprio limite, addentrandosi nella cd. "zona di sofferenza", comporta non pochi rischi di incidente.

     

    Detto questo ognuno è libero di decidere quali e quanti rischi prendere, è importante, però, che ne sia consapevole e sia correttamente informato in merito a quello cui può andare incontro.

    Sostenere che, anche nella "zona di sofferenza" un soggetto sappia sempre quando è il momento di smettere o, che è possibile portare -gradualmente- l'apneista ai propri limiti in totale sicurezza è, a mio modesto avviso, un messaggio totalmente sbagliato e che induce a sottovalutare i rischi connessi a tale pratica.

    Fate vobis!

  6. I segnali cui si riferisce Wikidedia sono le contrazioni diaframmatiche, qui stiamo parlando di ben altro...

    Ti riporto un intervento precedente per far capire quanto siano "prese in considerazione", nella fattispecie, le contrazioni:

    "E tu quando ti alleni in piscina cosa fai? Appena senti una contrazione esci? Perché lo sapevo che si sarebbe arrivato a dire questo, che cercare di "conoscersi" significa andare a giocare alla roulette russa"

    Ma per carità! Qua stai veramente pisciando fuori da vaso. Facciamo un puzzle di messaggi per farmi dire che me ne frego delle contrazioni diaframmatiche? Sei totalmente fuori strada. E anche in cattiva fede.

     

    Se avevo qualche dubbio me l'hai tolto...hai veramente delle difficoltà a comprendere non solo quello che scrivono gli altri ma anche quello che scrivi tu!

  7. Forse basterebbe leggere qui: http://it.wikipedia....rsione_in_apnea

    Riporto testualmente:

    • ipercapnia: contestualmente durante l'apnea aumenta la concentrazione negli alveoli e nel sangue dell'anidride carbonica. L'aumento della concentrazione oltre il 7% ha come conseguenza l'attivazione di alcuni stimoli chemiotattici che attivano la muscolatura respiratoria provocando delle contrazioni involontarie del diaframma. Se la concentrazione sale ulteriormente si ha un calo di funzionamento del cuore e dell'apparato muscolare; oltre il 10% insorge la paralisi respiratoria, cessa l'attività cardiaca e si ha la morte.

    Come si evince da quanto descritto sopra, l'ipossia non ha alcun segnale premonitore mentre l'ipercapnia è corredata da una serie di "segnali d'allarme

     

    I segnali cui si riferisce Wikidedia sono le contrazioni diaframmatiche, qui stiamo parlando di ben altro...

    Ti riporto un intervento precedente per far capire quanto siano "prese in considerazione", nella fattispecie, le contrazioni:

    "E tu quando ti alleni in piscina cosa fai? Appena senti una contrazione esci? Perché lo sapevo che si sarebbe arrivato a dire questo, che cercare di "conoscersi" significa andare a giocare alla roulette russa"

  8. Potete citarmi alcuni dei segnali "post-contrazioni" che il corpo ci invia o deve restare un segreto?

     

    Siccia, te lo dico io.

     

    Nessuno lo sa!

    C'è chi si inventa dei metodi di percezione dei messaggi del corpo, e chi lo sa (beato lui!) ma non lo vuole condividere con un forum di poveri ignoranti.

     

    Nessuno lo sa con certezza.

    Ognuno continuerà in mare o in piscina con i suoi metodi, giusti o sbagliati che siano.

    Un post abbastanza inutile...

    Peccato, sarebbe stata un'informazione assai preziosa...almeno per me...

    Ho sentito parlare per la prima volta di questa "zona post-contrazioni", l'anno scorso, e chi l'ha fatto era ed è un nome noto dell'attuale agonismo nazionale.

    Alla mia richiesta di una spiegazione dei "segnali" post-contrazioni neanche lui è riuscito a rispondermi, quindi per me quello di cui si parla è una specie di limbo inspiegabile che magari potrebbe anche esistere soltanto per alcuni soggetti...chissà...è un'ipotesi...

    Nel campo dell'ipotetico e del soggettivo, quindi, io sarei molto cauto nel parlare di consapevolezza...anzi...non ne parlerei proprio...

     

    E' quello che si sta dicendo a più riprese ma, come si dice, non c'è peggior sordo...

  9. io evito di rispondere e non vado oltre, perché qua continuate, imperterriti, a travisare parole e concetti. Per l'ennesima volta tornate a sostenere che qualcuno stia cercando di insegnare cose che invece non rientrano nell'ambito di questa discussione, cose da voi ipotizzate che per inciso non trovate neppure all'interno di un corso che segue certe didattiche, ma che al limite è il frutto della spinta personale al miglioramento, all'interno di una consapevolezza personale che non può più essere messa nelle mani di un istruttore, ma che deve essere la conseguenza della conoscenza di sé.

    Che si possano fare certe distanze senza incidenti è sotto gli occhi di tutti (Ilaria Bonin tanto per dire un nome), che non tutti possano e riescano a farle è altrettanto chiaro ed evidente. Acquisire la consapevolezza delle proprie capacità è l'obiettivo. Per lo meno così la vedo io.

    Per inciso leggo e vedo molti più incidenti in giovani pescatori al mare piuttosto che incidenti in giovani pescatori e apneisti che fanno allenamento in piscina. Penso che nessun pescatore dopo aver frequentato un corso di apnea (me per primo) si senta invincibile e pronto ad affrontare qualsiasi cosa, perché non è questo che viene insegnato. Se avvengono incidenti non è perché qualcuno ha insegnato ai poveri malcapitati a praticare l'apnea in maniera consapevole.

    Tanti saluti.

     

    Mentre ci siete si potrebbe anche eliminare il termine Apnea dall'intestazione di questa sezione, perché parlare di allenamento per la maggior parte di voi significa solo cercare di ammazzarsi.

     

    Probabilmente leggiamo post diversi...non vedo altra spiegazione!

  10. @ colapesce

    Il punto non è essere conservatori o meno rispetto all'evolversi della scienza, quello che io (e penso qualche altro) non condividiamo è il ritenere che si possa insegnare, spiegare e far capire ad un soggetto che ha "tirato al massimo" l'apnea (stiamo parlando del periodo di sofferenza dopo una caterva di contrazioni) quando è il momento esatto di interromperla.

     

    Chi sostiene questo non solo non dà alcun parametro certo di riferimento -e non potrebbe farlo giacchè le "sensazioni" sono soggettive e diverse da persona a persona- ma sostiene che l'apneista, comunque, capisca quando è il momento di uscire e, in caso contrario, è colpa sua che ha ignorato i "segnali dell'organismo" che, però, nessuno -e men che meno il suo istruttore-

    gli ha specificato.

     

    Volete cercare e far cercare il limite? non sarò certo io a consigliarvi di lasciar perdere ma, almeno, diciamo come stanno le cose e non instilliamo false sicurezze.

    Il passo tra la ricerca del limite e l'incidente, spesso, è più breve di quanto si pensi!

  11. @ antcant

    Boh... evidentemente o io non so scrivere in italiano oppure io leggo le risposte di fabriz in un'altra lingua, ma mi sembra che né io né lui diciamo quello che sostenete. Fabriz parla di sensazioni sue, personali, quando in dinamica, facendo un massimale, supera i 100 metri. E' stato molto chiaro nel dire quali sono i segnali che insegna a percepire a chi si avvicina all'apnea, dalla fame d'aria alle contrazioni, ma mi sembra che siano due cose che viaggiano su piani diversi.

    Più che cercare qualcuno che ti indichi segnali "oggettivi" (e cosa sarebbe l'oggettività in una disciplina come l'apnea? mah... ) perché non rispondi direttamente alle domande che ho posto?

     

    Che tipo di sensazioni hai durante un allenamento ipercapnico?

     

    Quali analogie ci sono con le sensazioni che percepisci durante un massimale?

     

    Se hai provato a fare in piscina allenamenti di questo tipo saprai descrivere le tue sensazioni, piuttosto che criticare le risposte di fabriz.

    Se invece è un allenamento che non pratichi, discutiamo di aria fritta?

     

    Devo concludere che leggi le risposte in un'altra lingua!

     

    1) fabriz ha detto che le sensazioni che devi ascoltare per sapere quando uscire sono diverse da persona a persona ed ha fatto un esempio con le sue, rispondendo alle tue domande su quali segnali ascoltare...

    2) io so benissimo che non esistono segnali oggettivi che dicano quando uscire dopo un periodo di sofferenza e, pertanto, non li cerco; cercavo di capire, invece, come si possa insegnare qualcosa che non si conosce...

    3) fabriz ha sempre parlato di situazioni limite e mai di cosa si insegna ai neofiti " La domanda di Andrea è precisa stiamo parlando di gestione della fase di sacrificio su misure che iniziano ad essere importanti, quindii non possiamo parametrare certe affermazioni su un normale corsista"

    4) tu hai posto una serie di domande il cui comune denominatore è lo stato di sofferenza il quale, siamo tutti d'accordo, è estremamente soggettivo... la risposta alle tue domande resta sempre la stessa.

    5) vuoi sapere quali sono le mie sensazioni o quelle di caio... e che te ne fai visto che hanno valore soggettivo?

    Se proprio ci tieni, facendo uno sforzo di memoria ed andando indietro di una ventina di anni (quando ancora valutavo un apneista tramite le sue prestazioni) posso dirti che, per me, la "fase di sofferenza" era uguale nei due tipi di allenamento cui ti riferisci.

    Auguri per la tua ricerca.

  12. Vado oltre e leggo: "Quando poi passate ad effettuare una prestazione massimale o sub-massimale durante altri allenamenti arrivate a percepire e sopportare le contrazioni come durante un allenamento ipercapnico o uscite prima?"

    "La mia riflessione è: durante un massimale spingete fisiologicamente il vostro fisico e la vostra testa a sopportare le contrazioni diaframmatiche come avrei avuto in un allenamento ipercapnico? Come gestite la "zona di sofferenza"?

     

    La risposta a tutto ciò è sempre quella di prima...

  13. @vare

    sinceramente non capisco il tuo disappunto: hai chiesto quali fossero i "segni fisiologici" da prendere in considerazione per capire quando uscire in una situazione di ipercapnia e ti è stato detto, da fabriz, che devi imparare a riconoscere i segnali che ti manda il tuo organismo; io e qualche altro abbiamo chiesto quali fossero questi segnali e, sempre fabriz, ha detto che è una questione soggettiva e i segnali variano da persona a persona.

    La risposta alla tua domanda ti è stata data: i segnali? cercateli da solo e capisci quali sono!

    Non ti piace come risposta? beh anche a me non è che faccia impazzire...

     

    @fabriz

    La logica conseguenza di quello che sostieni è l'incidente.

    Se, come tu dici, non esistono dei criteri oggettivi che mi facciano capire quando "staccare" e tutto e demandato alle sensazioni

    ed "a una vocina che ti dice quando uscire" e io questa "vocina", per un motivo o un altro, non la sento che succede?

    Ed ancora, se queste sensazioni, come tu dici, possono mutare: "in un primo momento sperimenti determinate sensazioni che poi capisci essere irrilevanti" come faccio ad avere la certezza che il mio limite è stato -quasi- raggiunto e non è più avanti?

    Se poi tu sei così bravo da far capire ad ogni allievo esattamente il punto prima del suo limite...alzo le mani e tanto di cappello!

  14. Insegno come cercare di capire progressivamente i segnali mandati dal corpo, quindi di imparare in un primo momento a gestire la fame d'aria, poi iniziare a capire un po le contrazioni e così via, è un percorso che viene fatto molto gradualmente, e i segnali che il corpo ci manda sono diversi da persona a persona, pertanto insegno loro di progredire molto lentamente per riparametrarsi di volta in volta.

     

    Tradotto in soldoni questi "segnali mandati dal corpo" che, come dici, "sono diversi da persona a persona" quali sarebbero?

     

    Personalmente inizio a sentire una sensazione di disagio e sento di essere arrivato, il corpo mi dice di uscire non ti so spiegare la sensazione a parole ma hai una vocina che ti dice che quello è il momento di uscire, e una se se la ignori fai pochi altri metri e ti spegni. Questo è il principale motivo per cui dico che bisogna sperimentarsi pian piano, perchè magari in un primo momento sperimenti determinate sensazioni che poi capisci essere irrilevanti, ad es inizialmente quando ho fatto il mio primo corso sentivo gli avambracci freddi e una strana sensazione a livello delle gambe, poi i miei segnali sono cambiati, sentivo una contrazione diversa dalle altre, insomma nei vari anni le mie percezioni sono cambiate, attualmente riesco a capire con esattezza quale è il mio limite in quell'apnea, so che se vado oltre ho alte probabilità di incorrere nell'incidente.

     

    In sintesi mi stai dicendo che non c'è nessun criterio oggettivo che mi avverta su quando interrompere l'apnea, tutto è lasciato alla sensibilità del singolo apneista, ognuno deve scoprire da sè quali sono questi segnali.

    Hai una pallida idea di quali possono essere le conseguenze della ricerca di questo limite?

  15. Insegno come cercare di capire progressivamente i segnali mandati dal corpo, quindi di imparare in un primo momento a gestire la fame d'aria, poi iniziare a capire un po le contrazioni e così via, è un percorso che viene fatto molto gradualmente, e i segnali che il corpo ci manda sono diversi da persona a persona, pertanto insegno loro di progredire molto lentamente per riparametrarsi di volta in volta.

     

    Tradotto in soldoni questi "segnali mandati dal corpo" che, come dici, "sono diversi da persona a persona" quali sarebbero?

  16. Io ho parlato di roulette per una questione statistica: oggi puoi contare venti contrazioni e va tutto bene, domani

    ne conti dieci e si spegne la luce.

    Tu ritieni che vi sia un sistema infallibile per capire quando uscire dopo una "paccata" di contrazioni? io non lo conosco... sarei lieto di apprenderlo.

    Conosco diverse persone, però, che erano convinte di aver trovato un sistema per vincere sempre alla roulette...

     

    Infine, chi ti ha detto che per allenarsi bene in piscina occorre mettersi a contare le contrazioni?

    Mi permetto di suggerirti la lettura di una pubblicazione (proprio su AM) del prof. M.Ciavarella "allenare l'apnea" , potresti

    trovarci spunti interessanti...

     

    Peccato che io non ho mai parlato di contare le contrazioni, infatti, basarsi sul numero di contrazioni per uscire è uno degli errori più grandi che si possono fare, ed è una delle prime cose che dico di NON fare. Oggi ne puoi avere 10 domani tenerne 100, i segnali da ascoltare sono altri tant'è vero che superata la fase di sofferenza le contrazioni neanche le senti più.

    @Vare Andrè non ti aspettare chiarimenti è meglio essere ermetici.... soprattutto visti gli interventi fatti nelle precedenti discussioni che sono sfociati sempre in polemiche, a volte mi sembrava di essere in un talk show con sgarbi e mughini!

     

    Quindi ai tuoi allievi insegni a proseguire l'apnea finchè non cessano le contrazioni e poi spieghi loro quali sono

    "i segnali da ascoltare" prima di uscire?

  17. Io ho parlato di roulette per una questione statistica: oggi puoi contare venti contrazioni e va tutto bene, domani

    ne conti dieci e si spegne la luce.

    Tu ritieni che vi sia un sistema infallibile per capire quando uscire dopo una "paccata" di contrazioni? io non lo conosco... sarei lieto di apprenderlo.

    Conosco diverse persone, però, che erano convinte di aver trovato un sistema per vincere sempre alla roulette...

     

    Infine, chi ti ha detto che per allenarsi bene in piscina occorre mettersi a contare le contrazioni?

    Mi permetto di suggerirti la lettura di una pubblicazione (proprio su AM) del prof. M.Ciavarella "allenare l'apnea" , potresti

    trovarci spunti interessanti...

  18. Lasciando perdere quei pochissimi apneisti che (forse, e sottolineo forse!) sono in grado di capire quando "uscire" dopo aver contato le contrazioni come fossero le pecorelle prima di addormentarsi, per la stragrande maggioranza degli apneisti (e p.sub quali noi siamo) "gestire" una situazione del genere è come pretendere di trovare un sistema per vincere sempre alla roulette.

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