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I profili di Apnea Magazine: Massimiliano Barteloni

Nato a Cagliari, Massimiliano Barteloni compirà 36 anni il prossimo novembre; il suo rapporto con il mare è iniziato già nei primi anni di vita frequentando, prima con i genitori poi con gli amici, le località balneari della Sardegna meridionale.
La passione per la pesca in apnea scoppia a sedici anni quando comincia a seguire gli amici più bravi, prima come barcaiolo, poi come compagno di pesca a tutti gli effetti.

 

L’atleta ripreso agli assoluti di Bosa (OR) nel 2006 (Foto A.Balbi)

E il tuo arrivo all’agonismo come è avvenuto?

Quasi per caso, intorno alla metà degli anni ’90, ad un campionato sardo al quale non volevo nemmeno partecipare; un amico mi convinse dicendomi che mi avrebbe fatto da barcaiolo e mi avrebbe anche ‘sponsorizzato’, coprendo le spese della gara, visto che ero senza lavoro. Non ci credevo assolutamente e invece vinsi il campionato; sicuramente un bell’esordio nel mondo dell’agonismo.
Poi non ho più partecipato a gare ufficiali; all’epoca il gommone era obbligatorio ed io non avevo i mezzi sufficienti per potermene permettere uno e pagarmi il carburante; mi limitavo a partecipare a qualche trofeo in coppia con altri amici.

Quando è stata introdotta la formula a nuoto ho ripreso la partecipazione alle selettive e sono riuscito a qualificarmi risultando primo in Sardegna; purtroppo al campionato di seconda categoria del 1999, disputato a Follonica, arrivai sedicesimo e quindi retrocessi.
Per un paio d’anni ho nuovamente interrotto l’impegno agonistico, dedicandomi anche all’apnea e pescando solo per diletto; ero un po’ contrariato da certi risvolti del mondo dell’agonismo, da certe formule e da certe situazioni.

Superato questo momento di crisi ho ripreso a partecipare alle selettive, qualificandomi alla seconda stagione per una fortunata combinazione; infatti nella graduatoria nazionale ero al trentunesimo posto e fui ripescato all’ultimo momento; presi il primo aereo e disputai la gara.
Successivamente ho partecipato ad una gara che per me è stata molto importante, anche se si trova al di fuori del circuito FIPSAS/CMAS, mi riferisco all’edizione 2005 della Champion’s League in Grecia.
Anche se, in coppia con Silvano Agostini, non disputammo una grande gara la ricordo come una esperienza di grande valore formativo in quanto mi sono trovato a competere accanto a grandissimi nomi dell’agonismo storico internazionale quali Mazzarri, Molteni ed altri.
Il mio migliori risultato rimane il settimo posto al campionato assoluto 2005 (disputato a Torre S. Giovanni n.d.r. ).

 

In coppia con Petrollini durante una gara a Cagliari (Foto A.Cardella)

Cosa pensi della recente evoluzione dei regolamenti sportivi?

Inizialmente ero contento; non potendomi permettere l’acquisto o il noleggio di un gommone e i costi di preparazione dei campi gara, la formula a nuoto mi ha dato la possibilità di partecipare alle gare selettive.
Adesso invece mi sto rendendo conto che non è affatto semplice potersi esprimere al meglio durante una competizione a pinne e senza imbarcazione d’appoggio; si può riuscire a restare nella media ma difficilmente si può aspirare a competere per la vittoria di un campionato assoluto alla pari con gli altri, perché spostandosi a pinne può succedere di tutto.

Ritengo che i più bravi in qualche maniera riusciranno sempre a cavarsela, però penso che nessuno, prima della partenza, sia nelle condizioni di affermare di poter aspirare con certezza alla vittoria; ovvero mi sembra impossibile pensare: ‘Ecco, questo campionato mi sento di poterlo vincere!’.
A pinne, con il tempo messo a disposizione per la preparazione e con queste regole mi sembra veramente molto difficile aspirare alla vittoria senza contare su una notevole dose di fortuna.

Quindi ritieni che con la formula a nuoto conti molto la fortuna?

Senza generalizzare troppo direi proprio di sì.
Certo, con un campo gara ricco di pesce e magari con diverse prove sarebbe diverso, ma mi rendo anche conto che sarebbe molto difficile seguire un agonismo così disegnato: ognuno ha i propri impegni, il proprio lavoro.

Quali sono le tue tecniche e le prede preferite?

Mi piace molto pescare ‘a scorrere’ (nuotare perlustrando ampie zone di fondale cercando di avvistare il pesce dalla superficie o in planata, n.d.r.) cercando di adattarmi alle situazioni che incontro e decidendo la tecnica di conseguenza.
Comunque ultimamente sto pescando veramente poco all’agguato in scogliera, dalle nostre parti c’è tantissima gente che pratica questa tecnica e quindi per non trovarmi in zone già battute mi rivolgo ad altri tipi di pesca. Poi non amo alzarmi presto per fare l’alba a pesca, ho dei ritmi molto lenti, vado a letto tardi e mi alzo tardi, al limite preferisco fare una battuta all’imbrunire.

Per quanto riguarda le prede prediligo senz’altro il dentice, preso all’aspetto, e la cernia che, a seconda dei posti, può essere un pesce più o meno difficile.
Ormai è diventato molto difficile trovare zone dove le cernie vivono a quote non proibitive, l’azione di pesca diventa un lavoro fatto di lunghe pinneggiate e ricerca ma che poi paga con il ritrovamento di un pesce non eccessivamente smaliziato, al contrario di quanto avviene nel grotto, dove il pesce ha gioco facile e, specialmente a quote medio-basse, è più diffidente.

Quali attrezzature usi?

Attualmente faccio parte del team Effesub, quindi uso esclusivamente i loro prodotti; preferisco i fucili ad elastico e uso i fucili ad aria molto raramente, per lo più in gara dove apprezzo molto le doti di rapidità nel riarmo e il favorevole rapporto lunghezza/potenza che lo avvantaggia rispetto ai corti arbaletes.

 

Un bel primo piano di Massimiliano Barteloni (Foto A.Balbi)

Tutte le mie attrezzature sono comunque di serie, con l’unica accortezza di montare il mulinello su tutti i fucili, dal 75 in su.

La mia arma preferita, quella che non deve mai mancare, è un arbalete da 75cm dotato di mulinello, che ritengo molto utile quando pesco a quote elevate e non posso portare subito a galla il pesce catturato; in questa situazione abbandono il pesce sul fondo e risalgo filando il mulinello, anche per non perdere di vista la zona.
E poi può capitare di incontrare un dentice o di scendere senza sapere in anticipo cosa mi troverò di fronte: in tutti questi casi preferisco la versatilità di quest’arma.
Quindi la mia prima scelta, soprattutto in zone sconosciute, va verso un fucile di lunghezza media che poi cambio, a seconda delle situazioni, con le altre misure che porto in gommone.
Se invece parto da terra impugno un 90 e sulla plancetta metto altri due arbaletes: un 75 e un corto con la fiocina; in queste occasioni infatti imposto la prima parte della pescata all’agguato, tecnica che mi permette di capire come si ‘muove’ il pesce; non è raro infatti, pure al primo tuffo, l’incontro con la spigola, il sarago o il dentice, situazioni che richiedono un fucile non troppo corto.

Per quanto riguarda le pinne, devo dire che ultimamente vengono prodotte delle ottime pinne in materiale plastico che, soprattutto partendo da terra, si rivelano delle buone scelte: performanti e non troppo dure.

In merito alle mute, invece, la mia scelta ricade sempre su capi in liscio/spaccato, anche quando pesco partendo da terra; andando a mare molto spesso, infatti, anche le mute foderate si usurano in fretta, preferisco quindi scegliere direttamente una muta più morbida e confortevole.

Videoclip: Barteloni in azione – © Gionni Marti – Apnea Magazine

Ci racconti un episodio particolare della tua carriera di pescasub?

Nel 2006 mi è successa una cosa molto particolare, un evento che credo sia raro in Mediterraneo: l’incontro con un esemplare di squalo elefante.

Stavo pescando nella zona di Quirra (nel sud-est della Sardegna, ndr) insieme al mio amico Davide Cotza con condizioni di acqua molto torbida.

Durante una planata, alla profondità di circa 10 metri, ho intravisto una chiazza scura apparire di fianco e sotto di me; all’inizio, viste le condizioni che impedivano di scorgere il fodo, l’ho scambiata per una zona sabbiosa che risaltava in mezzo al torbido, poi però questa chiazza ha cominciato ad avvicinarsi e allora ho pensato ad un trigone.
Ben presto però ho riconosciuto la sagoma del muso e delle pettorali in avvicinamento ed ho capito che era uno squalo! Si trattava di un bestione di circa 7 metri e ricordo di aver pensato ‘Questa è la fine’ considerato che ero armato solo di un misero 75. Poi ho notato le sue enormi branchie, mi sono venuti in mente i documentari televisivi nei quali l’avevo visto e allora ho capito che si trattava di una specie innocua; a quel punto mi sono tranquillizzato e sono passato da uno stato di terrore ad uno di curiosità estrema, ho chiamato Davide e l’abbiamo seguito.

Abbiamo perfino provato a toccarlo nella coda ma, benché apparentemente fermo, nuotava ad una velocità insostenibile per noi tanto che non sono riuscito nemmeno a vederlo per intero a causa della torbidità dell’acqua, però ne ho intuito bene le dimensioni gigantesche.

 

Uno splendido carniere realizzato in coppia con Fabio Antonini (Foto A.Cardella)

Il pesce ha così proseguito la sua nuotata in direzione della baia e man mano che avanzava andava verso la superficie, fino a far affiorare le sue enormi pinne; è andato avanti per un po’ mentre noi cercavamo di stargli dietro mulinando le pinne finché, ad un certo punto, ha compiuto un’inversione di marcia e ci ha puntato dritto addosso!
Ci siamo di nuovo spaventati ma, separandoci, siamo riusciti a riposizionarci di coda anche perché era comunque abbastanza lento nei suoi movimenti; alla fine abbiamo deciso di lasciarlo proseguire per la sua strada in pace e abbiamo ricominciato a pescare.
Però, per la paura di ritrovarcelo di fronte, abbiamo deciso di tenerci d’occhio a vicenda durante ogni tuffo. È stata un’esperienza bellissima.

Quali sono i pesci più grossi che hai catturato?

Non è mia abitudine registrare i pesi dei pesci che catturo ma a memoria mi vengono in mente una ricciola di 41kg, una cernia di circa 25kg e un dentice di 8kg.

Il mondo della pesca in apnea ha relazioni sempre più fitte con quello di internet. Qual’è la tua opinione in merito a questo fenomeno e, più in particolare, rispetto ad Apnea Magazine?

Il mio giudizio è senz’altro positivo, molto positivo; mi rendo conto che per molti ragazzi Apnea Magazine è un punto di riferimento, costituisce un’occasione che altrimenti non avrebbero per avvicinarsi a questo sport, per relazionarsi con altri appassionati e, magari, anche per trovare compagni di pesca; infatti non bisognerebbe mai andare a mare da soli, è una cosa molto importante per la sicurezza.
Ho visto anche che si organizzano incontri, raduni, ci si scambia informazioni, la trovo una cosa molto bella.

 

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