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Gianluca Genoni: immersione tra le dune

| 23 Febbraio 2007 | 0 Comments

foto comunicato – Dal 9 al 12 febbraio scorso, sono stato impegnato in un raid nel deserto del Sahara Tunisino, alla guida di una fantastica Land Rover Defenderer 110 insieme ad un gruppo di amici sportivi per una sfida ai confini della civiltà.

Il Raid partiva da Djerba, la bellissima isola di fronte alla Tunisia, da cui abbiamo traghettato per affrontare un percorso di 570 chilometri di sabbia, e oasi, che ci avrebbe riportato dritti di nuovo al traghetto per Djerba.
L’esperienza mi ha veramente entusiasmato, sia per la situazione ambientale, sia per le prove di guida sostenute, ma anche per la compagnia insolita di campioni di altri sport come Elia Luini, campione mondiale di canottaggio, Alessandro Duran campione mondiale di pugilato, pesi massimo-leggeri, e il naufrago Claudio Chiappucci, senza la sua bicicletta.

La prima tappa è stata percorsa quasi interamente in notturna, è stato un trasferimento di 180 chilometri, che ha portato la carovana da Djerba all’oasi di Ksar-Ghilane, su un percorso sterrato, ma percorribile a velocità abbastanza sostenuta, durante il quale abbiamo preso confidenza con le nostre Land Rover. Ognuno di noi era alla guida di un auto e la nostra carovana era preceduta da un camion di assistenza, che trasportava la cucina, le tende e i pezzi di ricambio.
Appena arrivati all’oasi abbiamo allestito il campo con le tende per la notte, preparato la cena e, davanti al fuoco, scambiato le prime impressioni su questo tipo di guida. Io ero molto gasato, ma lo erano tutti perché era la nostra prima esperienza di questo genere. Ah mi sono dimenticato di dirvi che con noi c’era la troupe di ICARUS il programma di Sky Sport che spesso mi segue in queste avventure.

Il mattino seguente la sveglia è stata all’alba tunisina, erano circa le 6,30 e non abbiamo resistito alla tentazione di farci un bagno rigenerante nella pozza d’acqua dell’oasi. L’acqua di sorgente aveva una temperatura superiore ai 35 gradi, e dopo il freddo intenso della notte è stato proprio un bel risveglio. Poi diciamo che non ho saputo resistere alla tentazione di una immersione così particolare’
Subito dopo il breve bagno termale, gli istruttori ci hanno tenuto lezioni di guida sulle dune Sahariane, dune che erano antistanti l’oasi, e che ci attendevano per i nostri primi insabbiamenti.
Dopo le prime dune, un po’ di confidenza e un po’ di coraggio ci hanno fatto procedere più speditamente lungo il percorso: Ksar Ghilane- Douce, 150 chilometri in linea d’aria, come si misura nel deserto, almeno il doppio quelli effettivi, che ci hanno tenuto impegnati per 2 giorni.

Sembra impossibile pensare di trovare tracce di civiltà nel bel mezzo di questo mare di sabbia, ma dopo pochi Km dalla partenza abbiamo avvistato il fortino, avamposto romano, ricostruito poi nella seconda guerra mondiale, conteso da francesi e austriaci, in quanto passaggio obbligato per il deserto perchè vicino ai pozzi d’acqua. E’ stato il nostro posto di ristoro, neanche il tempo di salire la collinetta per raggiungerlo e via subito per il proseguio della tappa.
Cordoni di dune impegnative hanno messo a dura prova i novelli piloti del deserto, che aiutati solo dai fedeli GPS, hanno preso la direzione verso il pozzo di El-Mida, un buco nel deserto con intorno solo chilometri e chilometri di sabbia,

Mi aspettavo un pozzo almeno come lo intendiamo noi in Europa, tondo con i muri in pietra e il secchiello per l’acqua appeso in alto: tutto l’opposto. Il pozzo di El-Mida è un luogo di ristoro per i beduini che qui arrivano per attingere l’acqua per sé stessi e i loro cammelli, durante i trasferimenti nel deserto, quindi un pozzo ai minimi ‘storici’: rotondo era rotondo, ma basso sulla sabbia e riparato dal sole e dalla sabbia da una lastra di alluminio. Il secchio c’era ma era all’interno del pozzo e legato a una corda non assicurata, tant’è che il beduino prima di noi l’aveva lasciata cadere all’interno del pozzo profondo almeno 3 metri. Noi ovviamente non abbiamo bevuto dal pozzo perché va bene l’avventura, ma così era un po’ troppo.

La guida nelle dune riserva alcuni passaggi veramente impegnativi anche dal punto di vista emotivo, come quando ti trovi nei punti bassi delle dune che sembra di essere sommersi dalla sabbia, esattamente come in mare quando onde alte ti circondano e sembrano caderti addosso. Fortunatamente sono riuscito e superare indenne, e anche con una certa facilità, questi passaggi solo grazie al mio istruttore di guida, Marco Martinuzzi, esperto di questo tipo di terreno, nonché unico italiano a qualificarsi, dopo varie selezioni, lo scorso anno, per le finali del G4, un adventure race, che comprende molte discipline tra le quali: kayak, bici, corsa, nuoto, orientamento, in 4 continenti diversi.
Dopo la seconda giornata le prestazioni erano praticamente identiche da parte di tutti e quattro i ‘piloti’, e la notte sotto le stelle, sperduti nel deserto, ci ha ritemprato per la successiva tappa.
Il giorno dopo ci sarebbero stati altri chilometri di dune, sempre molto impegnativi, e soprattutto la gara di orientamento, che avrebbe decretato il vincitore del Raid.

Di buon ora partiamo da El-Mida e puntiamo verso Douze. Dopo tre ore di percorso tra le dune arriva il momento della prova ‘decisiva’, quella di orientamento.
La prova consisteva nell’individuare quattro punti anonimi nel deserto da raggiungere seguendo solo le coordinate date dagli organizzatori e inserite nei nostri GPS, attraverso il percorso più breve, entro il tempo massimo di 45 min
Il vincitore della prova è risultato il sottoscritto, in una prova che ha scatenato l’agonista che è in tutti noi. Sono riuscito a toccare i 4 punti percorrendo 3,3 chilometri, superando sul filo di lana il mio amico canottiere Elia Luini che ha percorso 3,5 chilometri, Alessandro Duran, e Claudio Chiappucci, che si è insabbiato in una duna particolarmente insidiosa.
Da lì il trasferimento fino a Douce si è svolto su un percorso più agevole e veloce, che ci ha permesso di raggiungere a sera la fine della tappa, e finalmente un hotel civilizzato.

All’indomani la tappa è stata lunga 240 chilometri circa, da Douce fino a Djerba, traghetto compreso, dove si è concluso il nostro Raid, e tutte le nostre peripezie.
Per un volta lo spirito competitivo non ha avuto un ruolo primario, ma a trionfare questa volta è stata, l’avventura e lo spirito goliardico che si era creato fra i concorrenti.
Un’esperienza veramente particolare che spero di avere la possibilità di ripetere, perché il deserto e le sue notti stellate hanno veramente un fascino indimenticabile.

Il resoconto della nostra avventura sarà trasmesso da Sky Sport il 26 e il 27 febbraio durante il programma ICARUS.

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