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Francesco Accolla: un gigante per amico

| 8 Maggio 2006 | 0 Comments

Accolla pesca quasi sempre in acqua bassa… con questi risultati

Dal 2000 al 2003 le gare di pesca in apnea hanno avuto tra protagonisti un vero gigante sia dal punto di vista fisico che da quello agonistico: Francesco Accolla, che tutti però chiamano Ciccio.
In una bella chiacchierata abbiamo parlato con lui dell’abbandono forzato dell’attività agonistica, di pesca in apnea fatta a livello professionale e di tanto altro ancora.

Perché si decide di fare il pescatore per mestiere ma soprattutto perché si decide di smettere?

Io ho scelto di fare questa professione solo per amore nei confronti del mare, per potermi immergere il più possibile, per non dividere il tempo con altre attività o lavori. Non saprei come spiegarlo con le parole, e come se fossi drogato dal mare, più pesco e più voglio pescare; quando termino la pescata e mi sto togliendo la muta penso già all’indomani, dove andare, cosa fare.
Di certo non si fa per soldi: non c’è proporzione tra la fatica e il guadagno, per soldi si fanno altri tipi di pesca oppure, meglio ancora, altri mestieri.
Solo l’amore verso questa disciplina ti spinge ad andare a mare cinque volte a settimana, in pieno inverno, per 5/6 ore al giorno… provare per credere.
Ancora più facile è dire perché ho smesso: a 32 anni, quando si ha sulle spalle la responsabilità economica di una moglie e tre figli piccoli da crescere, come si fa a rifiutare l’opportunità di un lavoro stabile che si chiama ‘Polizia di Stato’?
Non ditelo a mia moglie, ma se fossi stato single avrei continuato a fare il pescatore.

La pesca all’aspetto regala belle soddisfazioni

Cosa puoi dire a quei giovani che vorrebbero iniziare a fare i pescatori professionisti?

Poche cose.
Intanto di rileggere quello che ho appena detto su quelli che dovrebbero essere i veri motivi della scelta… se poi sono veramente convinti allora godono della mia più totale ammirazione. Il dazio da pagare, con l’età, in termini di sinusiti, artrosi e altri acciacchi è altissimo, ma il beneficio per la mente lo è 10 volte di più.
Se abitano in zone poco pescose il consiglio è di non perdere tempo e di trasferirsi in zone più pescose; poi è importantissima una preparazione atletica adeguata, per rimanere alla ribalta anche agonistica il più a lungo possibile.
Infine restare ‘liberi’: quello del pescatore non è un mestiere, è un’arte e come tale non ha limiti di tempo.
Per le donne noi siamo ‘i malati’, per loro giustamente è inconcepibile che dedichiamo più tempo al mare che a loro.

La tua carriera agonistica si è interrotta bruscamente, per motivi di lavoro, nel 2003 dopo la vittoria, forse un po’ a sorpresa, arrivata nel campionato italiano disputato ‘in casa’. Come ci si sente a doversi fare da parte da campione?

Quando ci ripenso mi sembra incredibile, forse sono stato l’unico agonista a ritirarsi da campione in carica; devo confessare che ancora oggi non l’ho mandata giù, per il semplice fatto che sono stato costretto.
Sicuramente a Marsala nel 2004 non sarei arrivato nella condizione fisica ottimale per poter competere a quei livelli ma il fuoco dentro brucia lo stesso.
Quest’anno ricomincio dalle selettive; con la nuova formula e con le tante retrocessioni eccellenti dello scorso anno bisognerà davvero essere sempre al massimo per qualificarsi.

Il carniere della prima giornata a Calasetta 2002

All’assoluto di Calasetta dell’anno precedente avevi ottenuto un ottimo settimo posto anche grazie ad una prima giornata a salpe, ce la racconti?

Quel giorno ero indeciso se partire sui segnali che avevo trovato al largo o dedicarmi alla salpe presenti in buon numero sulle franatine a parete più a terra.
La scelta è caduta sulla seconda opportunità quando ho visto quasi tutti gli altri concorrenti partire verso il largo; riuscire a passare per primo tra i branchi di salpe ancora calme e intente a pascolare è fondamentale; quel giorno infatti il mare era calmo e dopo la prima fucilata i pesci diventavano imprendibili rimanendo staccati a mezz’acqua.
Ad ogni cattura andavo avanti alla ricerca di un altro branco ancora indisturbato; ho scorso il campo gara da nord verso sud e quando mi trovavo all’altezza di un segnale al largo salivo sul gommone, mi spostavo sul segnale per poi ritornare dove avevo lasciato le salpe.
Gli spostamenti mi fruttarono solo un sarago, un tordo e una spigoletta.

L’aspetto e l’agguato in acqua bassa sono le tecniche per le quali sei conosciuto, è davvero così?

Senza dubbio non sono un tanaiolo con la T maiuscola, è proprio una questione di forma mentis; se vedo una pietra in mezzo ad una distesa di alga la prima cosa che penso e di farci l’aspetto sopra e dopo di guardarci sotto.
L’aspetto e l’agguato in acqua bassa (0 ‘ 10m) sono sicuramente le tecniche che mi riescono meglio, ma nella bella stagione, quando il mare è calmo e l’acqua pulita, adoro pescare in caduta sulle frane con delle planate lentissime a caccia di cernie, saraghi e corvine, che cerco di colpire prima che si intanino, e devo dire che anche questa tecnica mi riesce abbastanza bene.
Per quanto riguarda la pesca più profonda, se proprio devo dare dei numeri, direi che le mie quote massimali sono intorno ai 28-30 metri, considerando che non sgancio mai la zavorra; a queste quote, però, riesco a pescare per molte ore a ritmi elevati.
Stando ai numeri che si sentono oggi in giro, e che a me fanno un po’ paura, non mi sento un grande profondista.

Quella che Ciccio chiama ‘una bella rappa’

Come curi l’allenamento?

A dire il vero, attualmente lo curo davvero poco; il massimo sarebbe abbinare una preparazione a secco fatta di corsa di fondo, stretching e pesi leggeri per gli arti superiori e busto, da svolgere due volte a settimana, con tre uscite settimanali di 6 ore circa in mare.
La costanza nel tempo e una alimentazione curata completano un’ottima preparazione.

Parliamo di attrezzature, sei uno dei pochi agonisti ad utilizzare quasi esclusivamente fucili oleopneumatici; come mai questa scelta e in quali occasioni usi gli arbalete?

Uso un solo fucile oleopneumatico, un 110 della Sporasub con asta da 7mm doppia aletta; ci pesco all’aspetto quando rivolgo la mia attenzione a dentici, orate, spigole e tutte quelle specie da prendere in acqua libera, anche perché sarebbe impensabile pescare in tana con un fucile del genere.
Il mulinello lo uso in base alla profondità, al periodo e ai pesci che cerco di insidiare.
Il motivo per cui lo preferisco agli arbalete è semplice: in rapporto alla lunghezza complessiva ha una gittata superiore a tutto vantaggio della maneggevolezza; si nasconde e si gira come un arbalete da 90 ma ha le prestazioni almeno di un 110 e forse anche maggiori.
Forse bisogna farci l’occhio per la mira ma è una questione soggettiva e io non ho mai avuto nessun problema.
Gli arbalete li utilizzo in caso di scarsa visibilità e per tutte le altre tecniche di pesca: tana, razzolo, la pesca a scorrere; uso fucili Viper 75 e 90 con asta da 6mm monoaletta, testata modificata in maniera artigianale per poter utilizzare un unico elastico circolare da 16mm.

In acqua bassa qual’è il fucile che usi più spesso e come è allestito?

Con acqua torbida un arbalete da 75 con asta monoaletta da 6mm ed elastici da 16; con l’acqua pulita il mio fido 110 ad aria.
Per le aste utilizzo monofilo di nylon da 140-160; in acqua bassa non uso mai il mulinello che invece monto sul fucile o in cintura quando pesco oltre i 15 metri.
L’assetto del fucile lo regolo attraverso un galleggiante che lo renda leggermente negativo in punta; inoltre, tutto è rigorosamente mimetizzato.

E il resto dell’attrezzatura?

Utilizzo pinne in carbonio della Sporasub, mute liscio spaccato di spessori adeguati alle varie stagioni e rigorosamente su misura, maschera Omer con ampia visuale.
Discorso a parte per la zavorra, che divido su due cinture; lo schienalino da 7 kg, come le cavigliere, lo utilizzo solo per pescare in acqua bassissima, massimo tre o quattro metri; uso anche un bermuda su cui ho incollato due tasche dove metto un piombo da un chilo ciascuna.
Ovviamente tutta l’attrezzatura viene accuratamente mimetizzata in maniera artigianale.

Nella stagione giusta le spigole sono tra le prede più frequenti

Quali sono le prede che preferisci insidiare?

Tutte, perché mi piace cambiare nella ciclicità delle stagioni e con esse le prede che portano.
Ci sono però alcuni tipi di pesci che ti regalano situazioni che, nonostante l’esperienza, mi fanno venire un tonfo al cuore; ne cito due.
Innanzi tutto le spigole, in certe situazioni nel torbido sono uniche; uno o due metri di visibilità, magari dopo ore infruttuose di aspetti, ormai non ci speri più; ti giri a destra e non c’è nulla, ti giri a sinistra e ti ritrovi davanti, di muso, a 30 cm, il testone di un pesce di 6 kg che ti guarda dentro la maschera.
Sul come può andare a finire la faccenda si potrebbe scrivere un libro.
Situazione opposta; estate, acqua limpida, a pescare cernie in caduta sulle frane.
La vedi da lontano con le pinne pettorali che si agitano, che ti guarda; inizia quel sottile gioco che, con una caduta lentissima e un gran tiro, ti porta ad una cattura da foto o ad un tonfo nel fondo, visto che generalmente ti giochi tutto in un solo tuffo.

Hai un ottimo rapporto di amicizia con Concetto Felice, una delle giovani promesse dell’agonismo italiano; è stato il tuo barcaiolo al campionato vinto a Siracusa, tu il suo alla sfortunata partecipazione di quest’anno… cosa puoi dirci?

Sicuramente io gli ho portato un po’ meno fortuna! Scherzi a parte, anche io sono retrocesso al mio esordio in I Categoria, si paga un po’ l’inesperienza nelle competizioni di alto livello, esperienza che si acquista solo gareggiando.
Alla fine abbiamo analizzato insieme la sua gara e più che di errori si può parlare di scelte tattiche sbagliate.
A Siracusa Concetto è stimato da tutti, sono sicuro che un giorno riuscirà a dimostrare quello che vale anche a livello nazionale.

Immagina di avere i tuoi figli intorno e decidi di raccontare la tua cattura più bella…

Sicuramente l’orata di 3,4 kg presa nella prima giornata del campionato vinto nel 2003, non solo per il peso, importantissimo ai fini del punteggio, ma soprattutto perché è stato il primo pesce catturato, una enorme iniezione di fiducia in me stesso.
Sono partito su un costone che con un taglio netto cade da 8/9 metri fino a 20. Giravano alcuni saraghi.
Provo un aspetto alla base del costone ma i saraghi non voglio saperne di avvicinarsi; prima di risalire guardo verso l’alto e vedo sulla parte alta del costone due orate che senza tentennamenti prendono la direzione del bassofondo, un golfo che conoscevo bene, dove le orate amano pascolare.
Tornato a galla inizia l’indecisione su cosa fare, continuare il giro dei segnali o provare il colpaccio; a scegliere è stata la mia natura.
Mi sposto sulla batimetrica di 8/9 metri e inizio una serie di aspetti rivolto verso terra, le orate li ci sono ma sono difficilissime da portare a tiro; Concetto (Felice n.d.r.) lo sa bene e mi segue a remi ad una certa distanza.
Finalmente, all’ennesima posta, mi spunta da terra il testone ancora intento a masticare il suo ultimo pasto; guardo l’orata per l’ultima volta, punto il fucile in quella direzione e mi schiaccio più che posso sperando che non cambi traiettoria.
Dopo una decina di secondi la vedo sfilare a circa tre metri, a tabella, tranquilla; il 110 ad aria mi ripaga della fiducia con un tiro preciso a centro corpo, la insagolo e corro a prenderla.
Prima di me sale a galla il manico del fucile, Concetto lo vede e ride senza ancora aver visto il pesce, sa bene che in quel posto non poteva che essere una bella orata.

Nel curriculum manca la grande ricciola ma questa leccia non è male

C’è un episodio particolare che ti è capitato in gara e vuoi raccontarci?

Potrei scriverci un libro e intitolarlo ‘Accolla allo sbaraglio’ e riguarda il mio primo campionato di I categoria a Ugento, nel 2000; poca esperienza ma soprattutto mezzi economici ‘0’ inoltre avevo ottenuto la sponsorizzazione della Mares solo qualche giorno prima della partenza e non c’era stato il tempo materiale per ricevere le nuove attrezzature.
Sono partito solo con due fucili Viper, un 75 e un 90, quest’ultimo comprato il giorno prima della partenza.
Nella seconda giornata avevo deciso di cominciare pescando su in relitto; carico il 75 e gli elastici si sboccolano, naturalmente non ho ricambio e quindi comincio a pescare con il 90 che dopo mezz’ora si riempie d’acqua a causa delle guarnizioni lente.
Credo che le parolacce le abbiano sentite da terra e se le ricordino ancora; a quel punto monto gli elastici del 90 sul 75, tiro scandaloso ma almeno posso continuare a pescare; porto al peso undici pesci ma ne sbaglio e strappo almeno altri 10.
Faccio un altro errore dovuto all’inesperienza, consegno il cavetto senza sacchetto con l’acqua salata, cosa che allora era ancora permessa; passarono parecchie ore prima della pesatura e alla fine solo tre pesci risultarono in peso. Gli altri otto furono scartati per pochissimi grammi, e così compromisi l’ottimo quinto posto della prima giornata.
Ma lo scherzo del destino non era ancora concluso: quella sera telefonai come sempre a casa e mia moglie mi disse contenta ‘Sai è arrivato il pacco della Mares con i fucili nuovi fiammanti’.

C’è una domanda che non ti abbiamo fatto e alla quale avresti voluto rispondere?

Si: c’è un pesce che ti piacerebbe prendere?
Nel mio curriculum manca la grande ricciola, la più grossa che ho catturato pesava soltanto 10 kg, un po’ pochini; spero che questa sia la stagione giusta.

Conosci AM? Cosa pensi delle riviste elettroniche?

Purtroppo i computer e internet non sono il mio forte ma sono convinto che siano uno strumento positivo perché permettono ai subacquei di tutta Italia di dialogare e sentirsi più vicini.

Category: Articoli, Interviste, Pesca in Apnea

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