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Delfini “sparati” con fucile sub, ma i Pescasub non c’entrano.

Non si è ancora placata l’ondata di comprensibile indignazione che l’uccisione di un delfino, con un fucile subacqueo, ha suscitato in tantissimi internauti di tutto il mondo. Due giorni fa sono state pubblicate le foto di un esemplare maschio di Tursiops truncatus, lungo 3 metri e del peso di 250 kg circa, spiaggiato nella zona di Torre delle Stelle (CA), chiaramente deceduto a seguito delle lesioni interne causategli dall’arpione conficcato nella parte alta del fianco. La notizia del triste ritrovamento è stata ripresa anche dai media e interminabile è stata la scia di commenti furiosi degli utenti dei social network. Decisamente superficiale invece è stata l’interpretazione del grave fatto: troppi, tanto profani quanto pescatori, hanno arbitrariamente fatto l’equazione “fucile subacqueo = pescatore subacqueo”, bollando l’inqualificabile gesto come l’azione di un “idiota”.

delfinotorredellestelle

Ebbene le cose non stanno affatto così: non si tratta affatto di una bravata o di una cattiveria gratuita, tantomeno ha qualcosa a che spartire con la pesca in apnea che, in questa brutta storia, non c’entra minimamente, neppure sotto la voce “bracconaggio”. Per fortuna il primo a fare delle ipotesi estremamente mirate è proprio il direttore della vicina Area Marina Protetta di Capo Carbonara, Fabrizio Atzori, che scrive chiaramente:

e, dimostrando peraltro di conoscere molto bene in quale realtà il delfino sia considerato un competitor sgradito da eliminare con ogni mezzo, ribadisce:

Non è la prima volta che si parla di tursiopi feriti o uccisi da un colpo di fucile subacqueo: non più tardi di qualche anno fa fece scalpore un caso simile avvenuto nell’arcipelago de La Maddalena, diversi sono i casi registrati in Adriatico e in particolare in Croazia. Proprio chi frequenta i mari croati sa bene come i delfini di quelle acque siano insolitamente diffidenti e inavvicinabili, così come è un fatto noto che in diversi luoghi del Mediterraneo questi mammiferi siano malvisti dalla gran parte dei pescatori professionisti, e non di rado vengano “allontanati” perfino con armi da fuoco.

delfinorazzoliPerchè succede tutto questo? Semplice, perchè i delfini hanno da sempre la fama di terrorizzare i pesci, quando non di “rubarli” direttamente dalle reti. È quindi chiaro come chi vive di mare e di pesca, non lo consideri affatto come il tenero mammifero giocherellone che pensiamo tutti nel nostro immaginario collettivo, quanto come un razziatore che deve essere eliminato.

Per questo scopo i lunghi fucili subacquei (solitamente ad aria compressa, più raramente arbalete) si dimostrano insuperabili e, soprattutto da quando le normative hanno reso più complicato detenere a bordo armi da fuoco tradizionali, sono presenza quasi abituale sui pescherecci. Oltretutto, raramente uccidono sul colpo, mentre hanno il “pregio” di permettere al mammifero colpito di scappare portandosi dietro tutti i membri del branco, allontanando definitivamente il disturbo dalla zona di pesca.

A qualsiasi pescatore in apnea, che abbia un minimo di esperienza, non possono sfuggire degli elementi comuni e determinanti a tutti questi fatti deprecabili, che sono poi la vera firma di questi scempi:

delfinocroazia1- i colpi sono sempre indirizzati dall’alto verso il basso, spesso in diagonale, nella zona compresa tra la schiena e il fianco, proprio perchè sparati direttamente dal ponte di un’imbarcazione non appena il mammifero emerge per respirare o arriva abbastanza vicino alla superficie

2- i lunghi fucili ad aria (viste le aste parliamo di dimensioni oltre il metro) sono ormai molto poco diffusi tra i pescasub e quasi appannaggio esclusivo dei cacciatori di ricciole, cernie, dentici e tonni. Nessun pescatore così selettivo si sognerebbe di sparare ad un mammifero protetto per nessun motivo

3- in epoca di grandi discussioni sulla balistica e l’idrodinamica, nessun pescasub collegherebbe ancora un robusto sagolino da 2mm direttamente allo scorrisagola dell’asta, perdipiù con nodi così voluminosi. Così come pochissimi sono quelli che ancora lasciano la molla di fabbrica presente tra scorrisagola e fondello dell’asta.

Un qualsiasi pescatore dilettante, di superficie o subacqueo che sia, alla vista di un delfino prova le stesse pulsioni di chiunque: avvicinarlo il più possibile, fotografarlo o filmarlo, magari dargli da mangiare qualcosa, si trattasse anche dell’unico pesce catturato dopo ore di mare. Un selfie con un delfino selvaggio, con una balena, una foca o una tartaruga marina, sono tutte cose che pochissimi possono vantare di aver fatto, e sono di certo un trofeo che appaga intimamente molto più di una bella cattura, a prescindere da quanto apprezzamento possa riscuotere sui social network.

whaleshark

Noi tutti, pescasub per primi, speriamo che i responsabili dell’inutile uccisione di questa meravigliosa creatura siano puniti come si deve, esattamente come successo a quei pescatori che qualche mese fa uccisero un gabbiano legandogli al collo un grosso petardo. Ancora di più scoprendo che nella notte tra venerdì e sabato qualcuno ha provveduto a sezionare con una motosega la carcassa del tursiope, lasciando sulla battigia solo la testa e gli organi interni. Chissà se, come già accaduto in passato (ricordate Goccia, la delfina mascotte di Golfo Aranci?), tale gesto sia volto alla vendita della carne nella rete commerciale abusiva o, come vociferano altri, per abbattere i costi di smaltimento a carico del comune competente.

Chiudiamo con una piccola riflessione sull’atteggiamento di “categoria” emerso da questa vicenda: per una volta che nessun pescatore subacqueo era coinvolto, e visti i precedenti era abbastanza semplice capirlo, c’è stata la corsa ad isolare la fantomatica mela marcia; quando invece tanta unità servirebbe, magari per far valere i propri diritti, non se ne trova traccia…

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Category: Articoli, Pesca in Apnea

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