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Un’altalena di emozioni: storia di un campionato – III° parte

| 8 Febbraio 2004 | 0 Comments

Continua dalla seconda parte

Marco Bardi in uno scatto recente

In tana non c’era assolutamente visibilità, ed allora, seguendo la direzione della sagola, sparai il secondo colpo centrando di nuovo il grosso bersaglio, assicurandomi una certa sicurezza di tenuta. Fissata la sagola me ne tornai soddisfatto in superficie, dove Max mi attendeva impaziente. “E’ passato ora il Capitano Giannini e mi ha detto che sei messo molto bene. Bellani ha una cernia e qualche pesce, tu con questa ne avresti ben tre”.

“Riolo ha pochi pesci e nessun altro sembra avere più di te. Sei sicuro di estrarla?” furono le ultime e tremolanti parole. “Certo, vai tranquillo” risposi, “anzi dammi un altro fucile, che mentre attendo che l’acqua si pulisca mi faccio un giro più avanti”. “Quale ti passo?” mi rispose lui; “Dammi il 90, quello con i nodi sulla sagola!”.

Il timer del destino si accese proprio al termine di quelle parole, e adesso riesco a sentire i secondi scanditi lentamente dal suo conto alla rovescia. Entro 3 minuti, infatti, il destino mi avrebbe giocato un brutto scherzo.

Trenta secondi ed ero a 100 metri di distanza dalla cernia colpita, che restava collegata ad una boa. Andavo incontro al gommone di un concorrente. Due minuti ed ero pronto a scendere. Iniziai la discesa planando lentamente sul fondale, quando sulla mia destra vidi il ciglio farsi più alto, anche se di poco. Subito sotto, si materializzò una caverna di due metri quadrati, caratterizzata dal colore cupo dell’apertura: quell’immagine mi aveva distratto, sulle prime non mi ero accorto che c’era una cernia di oltre 15 kg ferma sotto di me. Due minuti e mezzo quando vidi la cernia: impugnavo un 90 e non potevo sperare di colpirla dalla distanza. Lei si avviò lenta verso la caverna, dimostrando che era la sua tana. L’unica mia speranza era, appunto, colpirla in tana. Lasciai passare il tempo avvicinandomi lentamente all’apertura, e vi entrai dentro. Nell’attimo in cui accesi la torcia, lei mi scodò davanti ed io sparai prontamente la freccia, che la colpì dietro la branchia nel centro del corpo. La sua reazione fu violenta, ed io non potevo lasciare il fucile permettendogli d’incastrarsi. Allora pensai di dar fondo a tutte le mie energie, ma il gong del destino beffardo decretò la fine del conto alla rovescia, e la fortuna mi abbandonò. Dentro la caverna lo spazio era immenso, e la cernia riuscì a tirare con violenza e guadagnare una seconda uscita sopra la volta della grotta, da dove filtrava la luce. Come in un incantesimo finito, la sagola mi si spezzò tra le mani proprio dove avevo fatto i nodi, che, inevitabilmente, l’ avevano indebolita. Vidi la cernia uscire dall’apertura verticale con l’asta conficcata e la sagola attaccata e ne seguii la fuga mentre risalivo fino alla superficie; poi chiamai subito Max, gli chiesi un altro fucile e provai a seguirla, ma le ricerche mi fecero solo perdere 40 minuti preziosi. Non ho mai saputo se quella cernia sia poi stata trovata da qualcuno di quei tre concorrenti in zona, ma di certo nessuno lo ammetterebbe. La mia negligenza nel fare l’impiombatura alla sagola di quell’asta si rivelò così un errore imperdonabile.

Ad un certo punto, visto che gli altri si erano avvicinati, avevo premura di togliere la cernia incastrata prima che qualcuno mi giocasse un brutto tiro, togliendomela. Anche se non era permesso dal regolamento -la cernia era collegata ad una mia boa- pensai che fosse il caso di evitare il rischio di discussioni e perdite di tempo. Quando tornai alla tana dove la cernia era arroccata, riuscii a vedere bene al suo interno perché l’acqua si era schiarita, e con il raffio riuscii ad estrarla dopo qualche discesa. “E tre!” esclamai a Max in superficie, passandogli il fucile con la cernia attaccata. “Sono tre a coefficiente”, mi rispose lui. La cernia valeva al massimo un certo punteggio, indifferentemente dal peso. Una volta superato il peso massimo stabilito, che era di 12 kg, la cernia si diceva “a coefficiente”, perché valeva sempre 12.500 punti a prescindere dal peso (12, 15 o 25 chili, quindi, non faceva differenza).

Il podio di Marsala: da sx Ramacciotti, Bellani e Bardi

Mancavano solo 2 minuti al termine della seconda giornata di gara, ed avevo una sola possibilità. Appena mi avvicinai al fondale, nell’oscurità del tunnel avvistai una grossa cernia che si dirigeva verso il masso grande. In preparazione, al primo incontro era sparita sul lato sinistro, dove ovviamente mi affacciai per guardare. L’anfratto si divideva in altri due corridoi laterali, uno dei quali conduceva, dalla parte opposta, ad una nicchia con la sabbia, dove quel giorno la cernia si nascose tranquilla. L’altro corridoio portava invece ad un cunicolo ad angolo, che girava a sinistra e celava completamente il serranide, ma dietro di esso si apriva una camera che avrebbe mostrato la preda.

Quell’ultimo tuffo mi poneva di nuovo di fronte ad una scelta cruciale per l’esito della gara. Vidi la cernia al buio del tunnel partire tranquilla verso l’apertura principale del masso. Mi avvicinai fiducioso nella speranza che fosse andata a destra verso la nicchia a sabbia, e mi affacciai alla tana con il fucile pronto; subito dopo entrai per un metro circa e guardai verso la nicchia, scoprendo con una certa sofferenza che non c’era. Tornai indietro e fui tentato di esplorare anche l’altro cunicolo dove sicuramente era nascosta, ma un ferreo autocontrollo m’impose di non rischiare la vita sotto quelle rocce ed indietreggiai per uscire. Proprio mentre mi accingevo ad uscire, non resistendo alla curiosità accesi la lampada illuminando verso il cunicolo alla mia sinistra e la beffa del destino mi mostrò la coda alta e possente. Non potevo fare altro che risalire ed allora nella speranza di avere un ultima possibilità mi affrettai a risalire. “Forse riesco a fare l’ultimo tuffo”, pensai, e nemmeno mi guardai attorno per non perdere tempo. Rimasi con gli occhi incollati al fondale preparandomi con fretta. La profondità era di 18 metri, ma non bastava scendere: dovevo anche entrare nella tana, seguire il cunicolo, piegare a sinistra e sparare quella cernia di coda in fondo alla sua tana. Un gesto non difficile ma che prevedeva diverso tempo, e poi c’era da estrarla… operazione non semplice. Mentre ragionavo una mano mi afferrò riportandomi alla realtà. Era il commissario di gara che dopo avermi incitato a salire in gommone senza che me ne accorgessi, mi era venuto ad afferrare convinto che ero in sincope. In realtà ero molto concentrato ed immobile ad attendere quel mio ultimo ed insperato tentativo. Mi lesse la disperazione negli occhi ma con un gesto deciso mi disse allargando le braccia: E’ finita! Mi dispiace.

Lo ricambiai con un mio sorriso mentre tra di me imprecavo e con una pesantezza mai accusata mi diressi verso il mio gommone a pochi metri di distanza. Max rassegnato mi guardava con delusione mentre gli raccontavo l’episodio ed entrambi ci lasciammo andare ad un’esclamazione all’unisono: “Che sfiga!”. Tutta questa attesa per assaporare solo un’illusione.

Con forte emozione ci avviammo verso il centro del campo di gara, dove incontrammo di nuovo Capitan Giannini che ci chiese subito notizie. “O tu o Bellani”, ci disse. “Stefano non ho idea di dove sia, si è spostato negli ultimi venti minuti, ed allora era sempre fermo ad una cernia a coefficiente, una al limite più una quindicina di pesci. Un rapido calcolo mi fece ben sperare, perché il mio punteggio era superiore, specialmente se la mia cernia al limite era di peso. Se non aveva preso nient’altro, forse era fatta! Dopo poco arrivò Bellani, teso quanto me, e mi disse: “Posso complimentarmi con il Campione!”. Quelle parole dette da lui sembravano confermare la mia vittoria, ed allora sperai che fosse tutto vero. Quando si affiancarono i gommoni lui aveva il carniere in bella vista e non potei reprimere una delusione, vedendo che aveva due cernie a coefficiente, più quella al limite più un bel mazzo di pesci. Aveva catturato una cernia grossa proprio gli ultimi 15 minuti, portando la sorpresa a bordo. Ero giunto secondo anche l’anno prima, e sapevo quanto bruciava la piazza d’onore, ma in questo caso solo la bilancia poteva decidere. Nuvole minacciose si profilavano all’orizzonte del Campionato, ed assaporavo un amaro presagio.

Rientrammo alla base ansiosi di attendere l’esito. Ricordo ancora le parole schiette e rispettose di Manciulli che mi disse: “Sei sempre il solito esagerato! Ma dove li hai presi quei pesci? Hai visto Bellani che bel carniere?” La bilancia decretò valida la cernia al limite di Bellani e fuori peso di soli 50 grammi la mia. Il punteggio totalizzato nelle due giornate era a suo favore anche se di pochissimi punti, e non potei fare altro che accettare la piazza d’onore. Vivendo la preparazione nella stessa casa con Stefano, avevo già capito che aveva lavorato molto bene, e conoscendo le sue crescenti qualità non potei che accettare con soddisfazione di essere battuto da un amico – atleta che già stimavo molto. La sorpresa invece venne da Ramacciotti, che con una pescata strabiliante conquistò posizioni su posizioni aggiudicandosi il terzo posto finale. La sera alle premiazioni, tre Toscani sul podio nella terra di Sicilia dette un forte segnale di quei primi anni 90 su chi avrebbe dominato la scena negli anni a seguire. Per l’amarezza della situazione mi lasciai andare ai festeggiamenti nonostante fossi in collera con me stesso per gli errori di negligenza, principalmente per la sagola del fucile fatta male che mi aveva fatto perdere la cernia della vittoria e per il fatto di avere percepito qualcosa che non andava nel motore in preparazione senza però trovare la voglia di farlo controllare. Senza accusare la sfortuna, mi sono sempre ritenuto l’unico responsabile, e senza nulla togliere a Bellani per la sua stupenda prestazione, mi brucia ancora oggi avere commesso degli errori così banali proprio in un momento tanto importante. Anche Stefano Bellani commise degli errori -confessandolo a fine gara-, ma resta il fatto che quel Campionato è stato molto bello e combattuto fino all’ultimo, ricco di pesce di emozioni, di amicizia.

Testi tratti dalla biografia agonistica di Marco Bardi

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