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Un’ altalena di emozioni: storia di un campionato

| 16 Gennaio 2004 | 1 Comment

 

1991: Ramacciotti, Bellani e Bardi giovanissimi

E’ con grande piacere che vi presentiamo questo racconto tratto dalla biografia agonistica di Marco Bardi. Il contributo è suddiviso in tre puntate, che saranno pubblicate ad intervalli di una settimana/dieci giorni.

Lo ricordo come se fosse ieri. Era Settembre del 1991, a Marsala in Sicilia, per il Campionato Italiano Assoluto. Avevamo una villa in affitto sul mare ed eravamo in tre agguerriti concorrenti con i relativi assistenti a condividere l’abitazione. Bellani cucinava, Ramacciotti faceva la colf, io lavavo i piatti. Il mio assistente, il fido Massimiliano Volpe (in arte Max fox) in tenuta da “Mario Il Bagnino” aiutava il Bellani in cucina, gli altri due aiutavano il Ramacciotti a pulire la casa e si occupavano della spesa. Un’ organizzazione perfetta di una squadra da pesca micidiale. Eravamo appena rientrati da due prove di coppa Europa che proprio noi tre, compagni di Nazionale, avevamo vinto. Già dalla trasferta in Turchia avevamo deciso di condividere anche questa esperienza, e la scelta si rivelò quanto mai azzeccata. Il mare era spettacolare al tramonto, la nostra villa sembrava fatta apposta per godersi quel magico momento. Con un colpo di fortuna incredibile, avevamo trovato un porticciolo sconosciuto alla massa giusto a 100 metri da casa, così potevamo tenere i gommoni in acqua a portata di mano. In quegli anni l’agonismo viveva dei momenti a dir poco stupendi. La mattina si usciva per andare a preparare il campo di gara con una emozione costante. Un giorno alle secche del Biscione (uno dei posti più ricchi di pesce che abbia mai visto), l’altro davanti a Marsala (in una zona avevo segnato ben 12 cernie nel raggio di 100 metri, + corvine, orate, saraghi). Incredibile ma vero. Ogni giorno, dove ti buttavi non aveva importanza, bastava l’istinto e l’esperienza per trovare posti che ancora oggi ci raccontiamo con nostalgia. Il favorito del campionato era Nicola Riolo, che, oltre ad essere in un buon momento, gareggiava veramente in casa, visto che ci andava a pescare spesso e proprio lui aveva indicato la zona come il migliore campo di gara Italiano, dichiarando fin da anni prima che sarebbe stato un campionato eccellente. La prima giornata di gara fu sorteggiata proprio nella zona del Biscione. L’unico inconveniente che regna in questa zona è la forte corrente che muove le acque come un fiume in piena e trascina via di tutto. La mia partenza era già fissata su un ciglio molto al largo, dove in preparazione avevo trovato qualche centinaio di Saraghi faraone da 2 kg fino ai 4 kg. Sopra al ciglio iniziava una distesa di alghe verso terra, e dopo 100 metri circa una striscia di massi sparsi faceva da barriera alla monotona distesa algosa. Proprio in questi massi avevano trovato dimora questi Faraoni enormi, fermi in branchi di 10/20 esemplari sparsi come macchie di leopardo, che entravano ed uscivano dalle tane con caroselli fantastici. Avevo trovato il posto seguendo l’istinto perché il ciglio, bellissimo, ti convinceva a restare proprio lì sulla caduta, per altro ricca di pesce, ma qualcosa mi diceva che sopra al ciglio, ad una certa distanza, probabilmente il fondale cambiava. Non sono mai riuscito a spiegarmi cosa è che ti spinge a fare queste scelte, ma come tante altre volte anche quel giorno di preparazione l’istinto mi fece conoscere un posto speciale. C’era però una nuvoletta, uno strano presagio che aleggiava intorno al mio umore, ma non vi badavo, distratto dalla bellezza del mare. Il motore ogni tanto dava segni strani, e pensavo a quanto sarebbe stato negativo avere un guasto proprio in gara, dove era così necessario l’appoggio del mezzo nautico.

Prima giornata di gara

Massimiliano Volpe e Marco Bardi in una foto del 1993

Prima giornata di gara, tutto era pronto ed aspettavamo solo il segnale del giudice di gara. Cinque minuti prima del segnale d’inizio, tutti i concorrenti erano già pronti ed i rispettivi assistenti indaffarati a sistemare alla perfezione le attrezzature in gommone, evidenti sintomi di tensione emotiva. Ognuno aveva una partenza buona, e tutti speravano nel buon inizio di gara. Solo i più esperti avevano messo in conto l’imprevedibilità delle secche del Biscione: dove c’è tanta corrente c’è tanto pesce, ma c’è anche il rischio di cambiamenti repentini e di difficoltà d’azione, e così poi si dimostrò. La tromba di Elvio Bortolin, giudice di gara, annunciò l’inizio delle ostilità, e questo meraviglioso agglomerato di gommoni si disperse come una manciata di stelle nel cielo. Il campo di gara andava da Torre Scibiliana a Capo Feto, ed al centro vi erano le secche del Biscione. I primi problemi tagliarono le gambe ai meno esperti: la notevole distanza dalla costa rendeva veramente difficile ritrovare i rilevamenti a terra per tornare sulle zone scovate in preparazione, e dopo pochi minuti molti gommoni ancora girovagavano alla ricerca disperata dei propri segnali. I più esperti sanno che le mire bisogna prenderle molto accuratamente e, soprattutto, alla stessa ora della gara, quando c’è la medesima situazione di luce o di foschia, un fattore che potrebbe cambiare completamente le prospettive. I riferimenti a terra presi alle tre del pomeriggio sono quasi impossibili da ritrovare alle 8 di mattina. Solo chi aveva preso gli opportuni accorgimenti iniziò la gara subito a segnale. Io raggiunsi finalmente il mio posto magico a 100 metri dalla cigliata con una certa emozione. Se ritrovavo quei tranquilli Faraoni, potevo fare un carniere che sarebbe passato alla storia. Non erano difficili ed erano tanti e grossi. Dopo i primi due tuffi già ero consapevole che i Faraoni purtroppo erano tornati alle loro piramidi da qualche altra parte di mare. Tentai il tutto per tutto, girando in lungo ed in largo l’intera zona, ma dopo un certo periodo, considerata anche la corrente micidiale che già ti “spettinava”, decisi di cambiare posto. “Ci torno più tardi” dissi a Max, sperando che i Faroni si facessero di nuovo vivi. Verso il centro dell’immensa secca i gommoni andavano avanti e indietro, ma questa volta per raccogliere i concorrenti, che volavano da un margine all’altro della secca. La corrente micidiale si faceva sempre più impetuosa, ed era quasi impossibile pescare. Mi spostai su una zona di grotto con qualche lastra appoggiata sui 15 mt di profondità, dove avevo segnato dei saraghi maggiori. Mi tuffai 100 metri sopra la corrente, e nemmeno ebbi il tempo di aggiustarmi la muta che la corrente mi aveva portato oltre la zona. Tornai in gommone, dicendo a Max di risalire al minimo la corrente mentre io mi ventilavo comodamente sul gommone. Appena sopra la zona del segnale, feci lanciare a Max una boa con 3 kg di piombo per segnalare il punto, poi avanzai sempre al minimo di circa 100 metri, infine mi buttai già pronto a scendere. M’immersi a 50 metri dalla boa ed in diagonale, percorrendo almeno 30 metri invece dei 15 di profondità, planai velocemente sopra le lastre appoggiate. Già da lontano, grazie alla buona visibilità, riuscivo a vedere una buona presenza di saraghi. Non ti potevi permettere nessun errore, perché non c’era il tempo di lavorare sul fondo né di temporeggiare nelle scelte. Passai come un condor in picchiata e sparai al volo il primo pesce della giornata. Riemersi ben lontano dalla boa che segnava la zona e Max mi venne a prendere. Tolto il sarago continuai l’operazione di avvicinamento lento mentre mi preparavo. Con la stessa tattica ed una grande forma fisica, mi cimentai in una ritmica andata e ritorno da quella boa, catturando una decina di saraghi e due tordi neri.

Sarebbe stato impossibile pescarci senza l’appoggio del gommone e di un barcaiolo in sintonia, ma il bello doveva ancora arrivare!

Leggi la seconda parte del racconto

Category: Articoli, Pesca in Apnea, The Box

Commenti (1)

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  1. vincenzo ha detto:

    Bellissima storia…io sono forse uno degli ultimi pescatori in apnea di marsala a vedere parte di tutto questo pesce,adesso sono rimasti solo i posti perche prendere pesce e quasi diventato raro

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