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Amica tinca

| 28 Aprile 2002 | 0 Comments

Un sub con un bell’esemplare di tinca

Se qualcuno dovesse chiedermi qual è il pesce del lago che meglio può contribuire alla crescita tecnica del pescatore subacqueo, risponderei sicuramente la tinca.

I motivi sono molteplici: innanzitutto, è il pesce che detiene il miglior rapporto difficoltà-soddisfazione. Infatti, il paffuto ciprinide raggiunge i cinque chili di peso e le difficoltà di cattura sono tutto sommato contenute secondo i periodi.

Prima di scendere nei particolari delle tecniche di pesca, mi sembra giusto conoscere meglio questo interessantissimo pesce: la tinca appartiene, come detto, alla grande famiglia dei ciprinidi (Tinca vulgaris Cuv.).

Nel Garda, nell’Iseo e nel lago di Como, il colore della tinca è generalmente verde scuro con riflessi dorati sul dorso e giallo-biancastro sul ventre. Nei casi in cui la sua permanenza tra il fango del fondo sia stata prolungata, si noterà una certa uniformità nella colorazione, che tenderà al giallo scuro. La sua forma denuncia le abitudini grufolatrici di questo pesce e la scarsa attitudine al nuoto. Il suo corpo è infatti tozzo, subovale, coperto di squame piuttosto piccole, a loro volta spalmate di abbondante muco vischioso.

Caratteristici sono i due barbigli alla base della bocca. Da fine maggio a metà luglio depone le uova, che a secondo delle dimensioni della fattrice possono arrivare anche a ottocentomila unità. Si tratta chiaramente di un periodo di rispetto che va ben oltre il limite legislativo. Siamo i fautori di quel prelievo selettivo e mirato, unico e senza eguali. Dimostriamolo a coloro – e sono tanti – che non adottano lo stesso codice etico.

Dicevo che la tinca è uno dei pesci più divertenti da insidiare e del suo ottimo rapporto difficoltà-soddisfazione.

Non crediate però che le tinche cadano facilmente preda di casuali approcci: servono metodi, regole, sensibilità e dedizione. Vediamo di cosa si tratta. Principalmente, le tecniche per aver ragione delle tinche sono due: l’aspetto e la pesca tra le alghe. Il primo si prende in considerazione nella bella stagione, il secondo funziona benissimo in inverno. In questa occasione tratteremo assieme della pesca all’attesa del ciprinide, per la pesca tra le alghe vi rimando a questo articolo pubblicato in precedenza.

Foto: Stefano Govi

Innanzi tutto, è bene specificare che si tratta di una tecnica relativamente giovane in acqua dolce. Praticato da pochissimi fino a non molti anni fa, l’aspetto ha preso sempre più piede fino a raggiungere un discreto numero di adepti, alcuni dei quali sono dei veri e propri specialisti in materia. Nella fattispecie, l’aspetto alla tinca vede nell’ assoluta immobilità del sub appostato l’arma vincente. Spesso si tratta di una scelta obbligata, in quanto in prevalenza il fondo del lago si presenta pianeggiante e privo si significativi nascondigli. Giocoforza solleticare la curiosità del pesce con un’immobilità assoluta, con eventuali piccoli movimenti per correggere il tiro solo quando il pesce è ben a tiro ed ormai soggiogato dall’azione del sub. Non sempre però l’aspetto viene portato allo scoperto, nei grandi erbai del bassofondo gardesano le possibilità di nascondersi non mancano di certo, anche se scomparire del tutto può risultare a volte addirittura controproducente.

Per quanto riguarda le quote operative, posso dirvi di aver catturato tinche all’aspetto un po’ a tutte le profondità. In particolari zone e fortunati periodi questo può capitare anche in quattro o cinque metri d’acqua.

Per contro, come nei campionati italiani per società acque interne 2000, le catture all’attesa avvennero a quote prossime ai venti metri e con poste veramente estenuanti.

Un accenno alle armi da utilizzare è d’obbligo, specificando che mai come nel lago la lunghezza dei nostri fucili è soggetta alle bizzarrie della visibilità.

Per quanto mi riguarda, a bordo della mia imbarcazione ho sempre due lunghezze basilari: il settanta ed il novanta, rigorosamente arbalete. I miei fucili ad elastico sono sempre equipaggiati con gomme da venti e aste da sei e mezzo e sul novanta è quasi sempre presente il mulinello.

Foto: Stefano Govi

Il motivo di questa presenza è subito spiegato: la tinca è una delle prede preferite dei grandi lucci e per questo motivo dove ci sono grosse concentrazioni di ciprinidi non è difficile ipotizzare la presenza di grandi ecocidi. Il mulinello è indispensabile per contrastare la reazione di grossi lucci che possono comparire nel nostro raggio d’azione. Confesso anche che ,a meno di acque particolarmente limpide, preferisco impugnare il settanta, in quanto le tinche possono arrivare alla posta da tutte le direzioni: un rapido brandeggio dell’arma è sicuramente un vantaggio per la buona riuscita della nostra azione.

Il resto dell’ attrezzatura varia molto a secondo della stagione,visto che in primavera-estate le tinche stazionano in poca acqua, diciamo al massimo 12 metri. In conseguenza di ciò, per maschera e pinne avremo una certa libertà di scelta.

Al contrario, da Settembre a Novembre non è difficile dover impostare una battuta alle tinche all’aspetto intorno ai 17-20 metri.

Se queste quote possono rientrare nella “normalità” in ambiente marino, posso assicurarvi che in acqua dolce, al contrario, si tratta di quote significative, alle quali è difficilissimo riuscire trovare il giusto equilibrio psico-fisico per poter operare con efficacia.

Sono sicuro che molti di voi staranno pensando: “Sì Stefano, quanto ci dici è interessante, ma qualche trucco ce lo confidi o no?”

Ma certamente!

Se volete praticare con una certa efficacia l’aspetto alle tinche, tenete sempre presente che le tinche amano frequentare precise fasce batimetriche a seconda della stagione. A volte si fatica ad individuarle, ma una volta che ci saremo riusciti i carnieri non tarderanno a gonfiarsi.

Come tutti i pesci, la tinca odia il taglio freddo. Non catturerete un solo ciprinide all’aspetto nell’acqua gelata. Non servono apnee esasperate, se non in particolarissimi casi, per portare all’aspetto le tinche. Se non vedete una coda nei primi venti secondi, risalite per riprovare più avanti. La tinca può arrivare alla posta da tutte le direzioni, in preferenza appostatevi sul fondo in favore di corrente (se presente) disponendovi obliquamente verso il largo.

Nel caso le tinche si facessero desiderare, provate a sollevare un po’ di limo con le pinne nel contatto con il fondo, prestando attenzione a non essere “investiti” dal pulviscolo che ci precluderebbe la visibilità già di per sé precaria. Per concludere, vorrei darvi un ultimo consiglio:non demoralizzatevi ai primi insuccessi, è capitato a tutti. Con un po’ di costanza e dedizione i risultati non tarderanno ad arrivare.

Mettetevi sempre in gioco e non fossilizzatevi sulle zone e le vostre abitudini: l’esperienza si accresce soprattutto con le sensazioni personali.

Category: Acqua dolce, Articoli, Pesca in Apnea

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