Ha rischiato di finire in tragedia, per un banale errore organizzativo, il tentativo del campione francese Guillaume Nery di battere il record del mondo AIDA di immersione in apnea in assetto costante (CWT), attualmente detenuto da Alexey Molchanov con la profondità di 128 metri.
Questa mattina, nelle acque di Limisso (Cipro), Guillaume era pronto per tentare di battere l’ennesimo primato. Appena due giorni fa aveva stabilito il nuovo record nazionale francese raggiungendo ben 126 metri, aveva chiuso il protocollo alla perfezione, tutto era andato talmente liscio da convincerlo a provare a infrangere il primato mondiale che resiste da quasi due anni.
Ma ecco l’errore che non ci si aspetta, quello che oltre a vanificare gli sforzi e la preparazione di un’intera stagione, può avere un epilogo tragico. Il cavo sistemato dall’organizzazione, per una serie di manchevolezze tanto dell’organizzazione stessa quanto dei giudici, si rivela più lungo del dovuto, molto più lungo: 139 metri, 10 in più della profondità dichiarata di 129 metri e ben 13 in più del primato di martedì. Purtroppo il campione transalpino, anche per aver smesso da tempo di usare gli allarmi di profondità del computer, preferendo affidarsi alle sue percezioni fisiche, si accorgerà dell’errore solo sul piattello. I ricordi poi si fanno confusi, complice la narcosi che oltre i 100 metri fa sentire pesantemente i suoi effetti. Nery ricorda soltanto le prime pinneggiate verso la superficie, poi il buio e la ripresa di conoscenza solo sulla barca di assistenza. In realtà la sincope è sopraggiunta ad appena 15/20 metri dalla superficie, il tuffo è durato 3 minuti e 56 secondi, quando il tuffo di martedì si era concluso positivamente in 3 minuti e 19 secondi.
Comprensibile l’indignazione che un fatto del genere ha suscitato tanto negli addetti ai lavori, quanto negli atleti e nei sostenitori dell’apnea. Purtroppo ancora una volta bisogna constatare che si deve sempre sfiorare l’irreparabile prima che le cose cambino realmente, in particolare nel circuito AIDA, che, per quanto indubbiamente più frequentato, ha più volte manifestato delle preoccupanti falle proprio sul fronte della sicurezza degli atleti.