Oggi in Sardegna inizia la stagione di pesca del riccio di mare (paracentrotus lividus) e, per il secondo anno consecutivo, si è cercato di trovare una soluzione all’ormai incontestabile sovrasfruttamento della risorsa. La quadratura del cerchio è stata ovviamente impossibile: la diminuzione degli esemplari giornalmente pescabili dal professionista (da 3.000 a 2.000 ricci se pescati con mezzo nautico e barcaiolo, o da 1.500 a 1.000 se prelevati operando da terra), unita all’anticipo alle 13.00 dello stop alla giornata di pesca, non sembra comunque una soluzione praticabile sul lungo periodo.
Perchè è innegabile che: se è così allettante mettersi a pescare illegalmente i preziosi echinodermi, e facile riuscire a venderli, nonostate i teorici ostacoli imposti dalla normativa sul tracciamento del prodotto, lo si deve ad una domanda di mercato che è molto superiore a quanto il prodotto lecito riesca a soddisfare. Quindi è chiaro che qualsiasi normativa, per giunta in assenza totale o quasi di controlli sul territorio, non può avere la minima velleità di tutela della risorsa.
Fa notizia quindi che, dove non può arrivare il legislatore, sopperisca il buon senso di una decina di ristoratori del cagliaritano che hanno scelto di rinunciare per quest’anno alla commercializzazione delle tanto richieste “uova di riccio”, consapevoli che il “petrolio sardo”, come è stato ribatezzato l’echinoderma per l’economia che gli ruota inotrno in alcune zone dell’isola, rischia di questo passo di diventare veramente un ricordo. Un esempio a cui ci auguriamo aderiscano in tanti e non solo in Sardegna, visto che il riccio è oggetto di pesca eccessiva e di bracconaggio in tante parti del sud Italia.
Ma perchè questa iniziativa funzioni realmente è necessario che il consumatore sia il primo a capire il problema e a premiare chi ha fatto una scelta anche contro il suo interesse economico immediato. Anche se, a guardare come ancora non si sia rusciti a debellare la piaga della pesca del dattero (illegale da decenni), qualche dubbio rimane…
Un commento su “Pesca e Tutela del Riccio di Mare, lo STOP Arriva dai Ristoratori”