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Da quando vado per mare io manco me lo ricordo più esattamente, dal '75 sicuro perchè mi sembra che avevo 13 anni la prima volta che presi un fucile in mano, ma con la paura del non vedere il fondo ci sono cresciuto e ci sono rimasto per anni, tanto da specializzarmi in acque basse, e così basse che a quei tempi e per molti anni ero l'unico, dato che non ci pescava ancora nessuno: a strusciapanza.

A quei tempi leggevo anche molto e seguivo ogni novità, rare e non continue come adesso, relativa al mondo subacqueo: quella era l'epoca di Spielberg e i suoi films terroristici, dei documentari di Cousteau e di Vailati, de "L'orca assassina" e vari altri mostri, che non contribuivano a farmi rilassare quando decidevo d'andare a pescare. Non appena non intravedevo più il fondo mi sentivo a disagio, e cercavo la costa o il contatto con lo scoglio più vicino. Eppure uscivo da 8 anni di nuoto, sott'acqua mi facevo una piscina olimpionica senza pinne, feci perfino il primo corso d'ARA, a 16 anni, della mia zona e uscii primo su 50, cioè fisicamente ero un pesce, non era questo il problema. Stavo a disagio anche solo con l'acqua torbida, anche se avevo un'apnea lunghissima e magari facevo aspetti esagerati in quei pochi centimetri d'acqua che mi coprivano il cappuccio.

Le cose sono cominciate a cambiare verso la metà degli anni 80, quando cambiai l'attrezzatura e passai ai fuciloni per tentare la via delle secche e delle isole, dove avevo scoperto pesci che non avevo mai visto prima. Vidi che non mi succedeva niente e sul fondo ci arrivavo senza problemi; rimanevo comunque sempre vagamente inquieto quando non vedevo il fondo o m'allontanavo dalle pareti. E non per le barche o i veri pericoli relativi all'apnea, ma sempre per la possibile apparizione del fantomatico mostro che m'avrebbe attaccato. Ogni tanto andavo in questi posti anche con qualche amico preparato: rimanevo sorpreso dal fatto che questi s'immergevano tranquillamente anche in assenza di visibilità, su fondali impegnativi dove dall'alto scomparivano ai miei occhi e mi sforzai di fare come loro. In due stavo tranquillo, se ci tornavo da solo, come la maggior parte delle volte avveniva, no.

Ma siccome erano più le volte che pescavo da solo che quelle in coppia, poco a poco mi stavo abituando. Molto contribuiva anche il fatto che quando l'acqua era più torbida riuscivo a prendere più pesce, in ogni caso queste paure s'erano sopite ma non scomparse, restavano comunque allo stato latente. Inoltre spesso si risvegliavano temporaneamente di fronte a qualche notizia allarmante, come quando ci fu l'episodio dello squalo di Piombino nell'89. Insomma, la mia paura del fondo era legata a quest'immaginario e più questo stava sotto di me più ero frenato. In Grecia, in quelle isole dai fondali abissali dove iniziavo ad andare, il pesce era scarso e spesso molto profondo, ma l'acqua era cristallina. Scoprii che riuscivo a pescare a 33 metri convinto che stessi a 24: cioè pescavo laggiù COME se fossi a 10 metri di meno. Allora mi resi conto che tutto era solo riconducibile a un blocco psicologico, difficilmente superabile, ma insomma superabile. Tornai in quell'isola per 7 anni, le mie prede più profonde le ho prese laggiù. Ero quasi guarito, mi mancava di superare l'ultimo scoglio: la paura dei mostri.

Quando cominciai a pescare ai tropici c'è stata la svolta, ma i primi tempi stavo con le antenne dritte come uno scorfano incazzato: lì questo retaggio del mediterraneo dovevo farmelo passare per forza, se no il naso nell'acqua non ce lo mettevo più. Con una certa delusione mi resi conto che le acque dei tropici poco hanno a che vedere con quelle dei nostri mari: sono spesso torbide, tetre e prive di colori. Spesso sono prive anche di pesce, e in questo sì che ci assomigliano, invece. Gli squali sono pressochè assenti: il primo che vidi era anche il più grosso, ma non mi filò di striscio. (qui: http://www.apneamagazine.com/ibf/index.php...dpost&p=212359) Nemmeno tutti gli altri, pochi, che vidi: anzi, a volte scappavano come razzi. Sorprendente.

Nel 2002 feci un'esperienza di BWH al largo di Cuba nel Bahama Channel (raccontata anche qui sopra: http://www.apneamagazine.com/ibf/index.php...topic=25513&hl= ). Lì davvero il fondo non si sarebbe mai potuto vedere, era pieno di pesci strani, eppure mi divertii anche se la presenza dei mostri era accertata.

Nel 2003 cominciai a seguire i miei compari di notte sui relitti di Cayo Saetìa a prendere i robalos. Prima li si caccia verso sera quando risalgono il canale per mettersi in acque più basse, poi s'aspetta che cali il buio completo, meglio senza luna, e si prosegue sui loro spots preferiti con la torcia: uno con la lampada nel mezzo, due con i fucili ai lati, la torcia s'accendeva solo quando si toccava il fondo, sui 20 metri. C'era da cacarsi sotto, ma è stata la terapia decisiva. Gli squali non si vedevano, ma si deduceva la loro presenza dalle codate che davano nel girarsi dopo che t'avevano puntato (per scacciarti dal loro territorio, probabilmente), perchè di colpo accendevano una strisciata di luminescenza dovuta alle nottiluche e gli altri organismi che emettono luce quando sono disturbati. Le nostre sagome ne erano avvolte: una volta che gli occhi s'abituavano al buio, potevi vedere l'intera silhouette del compagno al tuo lato in modo molto chiaro, tranne i lineamenti del viso, logicamente.

Visto che non succedeva niente, l'opera di tranquillizzazione è andata avanti. Adesso mi tiro in certi posti e in certe condizioni che all'epoca m'avrebbero dato un'esaurimento: quest'estate in Venezuela, pescavamo con Marco su un relitto a 27 metri perennemente avvolto dalla nebbia fangosa, che te lo trovavi davanti solo se lo centravi dall'alto, di botto, a 3 metri. La mia preoccupazione non era la mancanza di visibilità, era quella di non avere più il fiato. Invece grazie a dio l'ho rotto e perfino in pochi giorni: è la prova definitiva che questa fobia m'è passata, se mi fosse rimasta hai voglia a tuffi!

E' un problema che si supera col tempo, di più se lo fai da solo e senza aiuto. Ora, io non so se tra corsi, yoga e pranayama s'ottiene qualcosa in minor tempo: è possibile. Non so che dirti perchè io ho fatto sempre tutto da me, in questo sport, e parlo solo dal mio livello d'esperienza.

Modificato da Ricky
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  • 2 settimane dopo...

c'è una buona terapia per la tua fobia....una bella pescatina sul lago di como ..la parete che va da Malgrate a Parè è ottima...sotto i 10 mt si spegne la luce...ed in alcuni punti si scende fino a - 80.......ovunque tu vada dopo(iseo escluso) è sempre festa.... :bye:

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bhò io ho sempre avuto qualche "senzazione"negativa a stare in mezzo alla poseidonia!

e una cosa che mi dà il terrore è solo il pensiero di infilarmi in certi buchi che qualche pazzoide chiama tane :eek:

anche se quello che mi ha fatto sempre salire l'adrenalina a mille,e' durante un aspetto il sentire il rumore di un fuoribordo che si avvicina a tutta velocità!

non sò perchè,incidenti non ne ho mai avuti,giusto qualche volta un gommone che si avvicinava lentamente a vedere se ero vivo (succede anche questo:che dei motonauti vedendo la boa ferma si prendono lo scrupolo di controllare :thumbup: anche se avevo semplicemente pedagnato per essere più libero),però quel ronzio che cresce mi ha sempre spinto a girarmi e riemergere controllando se ci sono scie che si avvicinano... :mim:

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Secondo me:

1) tecnica rilassamento es: pranayama

2) Acquaticità

3) Esperienza

4) Non esagerare

5) Un compagno o barcaiolo su cui puoi contarci

6) chi ne vuole inserire altre le metta pure.

 

Un saluto :bye:

Modificato da mimetic
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  • 2 settimane dopo...
Da quando vado per mare io manco me lo ricordo più esattamente, dal '75 sicuro perchè mi sembra che avevo 13 anni la prima volta che presi un fucile in mano, ma con la paura del non vedere il fondo ci sono cresciuto e ci sono rimasto per anni, tanto da specializzarmi in acque basse, e così basse che a quei tempi e per molti anni ero l'unico, dato che non ci pescava ancora nessuno: a strusciapanza.

A quei tempi leggevo anche molto e seguivo ogni novità, rare e non continue come adesso, relativa al mondo subacqueo: quella era l'epoca di Spielberg e i suoi films terroristici, dei documentari di Cousteau e di Vailati, de "L'orca assassina" e vari altri mostri, che non contribuivano a farmi rilassare quando decidevo d'andare a pescare. Non appena non intravedevo più il fondo mi sentivo a disagio, e cercavo la costa o il contatto con lo scoglio più vicino. Eppure uscivo da 8 anni di nuoto, sott'acqua mi facevo una piscina olimpionica senza pinne, feci perfino il primo corso d'ARA, a 16 anni, della mia zona e uscii primo su 50, cioè fisicamente ero un pesce, non era questo il problema. Stavo a disagio anche solo con l'acqua torbida, anche se avevo un'apnea lunghissima e magari facevo aspetti esagerati in quei pochi centimetri d'acqua che mi coprivano il cappuccio.

Le cose sono cominciate a cambiare verso la metà degli anni 80, quando cambiai l'attrezzatura e passai ai fuciloni per tentare la via delle secche e delle isole, dove avevo scoperto pesci che non avevo mai visto prima. Vidi che non mi succedeva niente e sul fondo ci arrivavo senza problemi; rimanevo comunque sempre vagamente inquieto quando non vedevo il fondo o m'allontanavo dalle pareti. E non per le barche o i veri pericoli relativi all'apnea, ma sempre per la possibile apparizione del fantomatico mostro che m'avrebbe attaccato. Ogni tanto andavo in questi posti anche con qualche amico preparato: rimanevo sorpreso dal fatto che questi s'immergevano tranquillamente anche in assenza di visibilità, su fondali impegnativi dove dall'alto scomparivano ai miei occhi e mi sforzai di fare come loro. In due stavo tranquillo, se ci tornavo da solo, come la maggior parte delle volte avveniva, no.

Ma siccome erano più le volte che pescavo da solo che quelle in coppia, poco a poco mi stavo abituando. Molto contribuiva anche il fatto che quando l'acqua era più torbida riuscivo a prendere più pesce, in ogni caso queste paure s'erano sopite ma non scomparse, restavano comunque allo stato latente. Inoltre spesso si risvegliavano temporaneamente di fronte a qualche notizia allarmante, come quando ci fu l'episodio dello squalo di Piombino nell'89. Insomma, la mia paura del fondo era legata a quest'immaginario e più questo stava sotto di me più ero frenato. In Grecia, in quelle isole dai fondali abissali dove iniziavo ad andare, il pesce era scarso e spesso molto profondo, ma l'acqua era cristallina. Scoprii che riuscivo a pescare a 33 metri convinto che stessi a 24: cioè pescavo laggiù COME se fossi a 10 metri di meno. Allora mi resi conto che tutto era solo riconducibile a un blocco psicologico, difficilmente superabile, ma insomma superabile. Tornai in quell'isola per 7 anni, le mie prede più profonde le ho prese laggiù. Ero quasi guarito, mi mancava di superare l'ultimo scoglio: la paura dei mostri.

Quando cominciai a pescare ai tropici c'è stata la svolta, ma i primi tempi stavo con le antenne dritte come uno scorfano incazzato: lì questo retaggio del mediterraneo dovevo farmelo passare per forza, se no il naso nell'acqua non ce lo mettevo più. Con una certa delusione mi resi conto che le acque dei tropici poco hanno a che vedere con quelle dei nostri mari: sono spesso torbide, tetre e prive di colori. Spesso sono prive anche di pesce, e in questo sì che ci assomigliano, invece. Gli squali sono pressochè assenti: il primo che vidi era anche il più grosso, ma non mi filò di striscio. (qui: http://www.apneamagazine.com/ibf/index.php...dpost&p=212359) Nemmeno tutti gli altri, pochi, che vidi: anzi, a volte scappavano come razzi. Sorprendente.

Nel 2002 feci un'esperienza di BWH al largo di Cuba nel Bahama Channel (raccontata anche qui sopra: http://www.apneamagazine.com/ibf/index.php...topic=25513&hl= ). Lì davvero il fondo non si sarebbe mai potuto vedere, era pieno di pesci strani,  eppure mi divertii anche se la presenza dei mostri era accertata.

Nel 2003 cominciai a seguire i miei compari di notte sui relitti di Cayo Saetìa a prendere i robalos. Prima li si caccia verso sera quando risalgono il canale per mettersi in acque più basse, poi s'aspetta che cali il buio completo, meglio senza luna, e si prosegue sui loro spots preferiti con la torcia: uno con la lampada nel mezzo, due con i fucili ai lati, la torcia s'accendeva solo quando si toccava il fondo, sui 20 metri. C'era da cacarsi sotto, ma è stata la terapia decisiva. Gli squali non si vedevano, ma si deduceva la loro presenza dalle codate che davano nel girarsi dopo che t'avevano puntato (per scacciarti dal loro territorio, probabilmente), perchè di colpo accendevano una strisciata di luminescenza dovuta alle nottiluche e gli altri organismi che emettono luce quando sono disturbati. Le nostre sagome ne erano avvolte: una volta che gli occhi s'abituavano al buio, potevi vedere l'intera silhouette del compagno al tuo lato in modo molto chiaro, tranne i lineamenti del viso, logicamente. 

Visto che non succedeva niente, l'opera di tranquillizzazione è andata avanti. Adesso mi tiro in certi posti e in certe condizioni che all'epoca m'avrebbero dato un'esaurimento: quest'estate in Venezuela, pescavamo con Marco su un  relitto a 27 metri perennemente avvolto dalla nebbia fangosa, che te lo trovavi davanti solo se lo centravi dall'alto, di botto, a 3 metri. La mia preoccupazione non era la mancanza di visibilità, era quella di non avere più il fiato. Invece grazie a dio l'ho rotto e perfino in pochi giorni: è la prova definitiva che questa fobia m'è passata, se mi fosse rimasta hai voglia a tuffi!

E' un problema che si supera col tempo, di più se lo fai da solo e senza aiuto. Ora, io non so se tra corsi, yoga e pranayama s'ottiene qualcosa in minor tempo: è possibile. Non so che dirti perchè io ho fatto sempre tutto da me, in questo sport, e parlo solo dal mio livello d'esperienza.

solo una parola per questo racconto...

 

SPETTACOLO!!

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