Home » Altre discipline » Apnea » Underwater Support Team: conosciamolo… in profondita’

Underwater Support Team: conosciamolo… in profondita’

| 9 Maggio 2003 | 0 Comments

Abbiamo recentemente pubblicato la notizia della nascita di questo gruppo di sommozzatori di supporto alle performance di apnea profonda, che siano record o gare, e ci eravamo lasciati con la promessa di un doveroso approfondimento, dedicato sia agli addetti ai lavori che ai semplici appassionati.

So benissimo quanto l’argomento sicurezza sia di estrema attualità e quanto importante sia il supporto di persone qualificate; per questo ho voluto affrontare questo tema delicato direttamente con gli interessati, e verificare di persona quanto “sicuro” per sé e per gli altri poteva essere questo team.

Ho cercato (con l’aiuto di tutto lo staff di Apnea Magazine) di porre domande anche a tratti imbarazzanti, senza la presunzione di emettere sentenze, ma con il solo scopo di conoscere e capire.

Vi anticipo subito che ho incontrato persone capaci e riflessive, consce della delicatezza dell’argomento trattato; persone che ho avuto modo di seguire già durante il meeting e durante il record di Topi Lintukangas, persone che mi avevano impressionato per la meticolosità e la cura dei particolari nello svolgere le proprie mansioni. Per questo il mio compito è stato ancora più difficile, riuscire a trovare il giusto distacco per scandagliare a fondo questa squadra.

Hanno risposto alle nostre domande:

Aldo Amigoni Supervising Officer, Gianluca Cora Diving Officer e Stefano Daldosso Safety Officer

Ciao a tutti, intanto complimenti per aver creato qualcosa di nuovo volto alla sicurezza, per questo avete gia tutta la nostra stima. Visto che siamo particolarmente interessati, ci piacerebbe saperne di più, potete dirci come è nata l’idea di una squadra di supporto all’apnea?

Per rispondere è necessario fare un po’ di “storia”. La prima esperienza con questo tipo di operatività risale al 2000, con le selezioni per la nazionale che partecipò alla Coppa del mondo di apnea; successivamente, nel 2001 la cosa si ripeté con le selezioni per la formazione della nazionale di apnea che vinse poi la World Cup di Ibiza. Uno dei problemi era rappresentato dalla necessità di fornire un’ assistenza subacquea concreta ad atleti che già al tempo scendevano abbondantemente oltre i 50 metri. Contattammo un buon gruppo di sommozzatori esperti e ci mettemmo al lavoro nel tentativo di mettere insieme l’esperienza di tutti per garantire il massimo della sicurezza con il massimo della semplicità. Durante quella manifestazione non vi furono problemi, la squadra espletò esclusivamente compiti di sorveglianza; non vi fu modo, fortunatamente, di testare le procedure di emergenza in uno scenario reale, ma fu chiaro che la gestione operativa e la logistica erano funzionali e di facile utilizzo.

La stessa cosa accadde l’anno successivo con il meeting Internazionale di Andora (2002) e con il record del mondo del finlandese Topi Lintunkangas. Le esperienze maturate in precedenza ci avevano fatto cambiare un bel po’ di cose in merito alla gestione dell’assistenza: in particolare, ci eravamo accorti che era tempo di creare un gruppo che condividesse un medesimo standard operativo, di unificare equipaggiamenti e sistemi di sicurezza… da qui la nascita dell’Underwater Support Team.

Che tipo di società é?

L’UST è un gruppo di sommozzatori non professionisti creatosi all’interno di due associazioni sportive non a scopo di lucro; i sommozzatori iscritti hanno provenienze “didattiche” diverse, in quanto è nostra convinzione che ogni percorso formativo abbia dei contenuti validi ed apprezzabili. Allo stesso modo, vorremmo evitare di identificarci in una federazione per tenerci quanto più possibile lontani da quelle diatribe che tanto male hanno fatto e purtroppo continuano a fare al mondo di coloro che amano il mare.

Quali esperienze di soccorso avete maturato con gli apneisti?

Oltre alle manifestazioni di cui vi abbiamo già parlato, stiamo cercando di affinare quanto più possibile le tecniche di soccorso effettuando simulazioni in acqua con gli atleti. Riteniamo che l’utilizzo del pallone sia ad oggi il sistema migliore in caso di incidente, normalmente se ne utilizzava uno con un lacciolo che veniva passato intorno al polso. In attesa che si decida di dotare le mute degli apneisti di un anello dedicato all’aggancio del sistema di risalita, ora si sta pensando di chiedere agli atleti di mettere un lacciolo al polso dove si possa attaccare un moschettone per rendere più rapido e agevole il compito dei sommozzatori.

Pensate di operare in stretto contatto con i diretti interessati per i vostri allenamenti? Come vi allenate?

Gli allenamenti previsti sono in sostanza di due tipologie: uno mirato al raggiungimento della profondità massima ammessa in caso di emergenza ed uno per la simulazione di incidenti agli atleti. Qui la presenza degli apneisti è importantissima, perché in questa sede vengono messe in pratica le procedure di emergenza da adottarsi in funzione dei vari scenari possibili. In tali occasioni si controlla la capacità di valutazione e di reazione di ogni singolo sommozzatore variando leggermente la dinamica dell’evento rispetto a quanto previsto, all’insaputa del soccorritore. Il tutto avviene, ovviamente, a bassa profondità. L’interazione tra atleti ed assistenti è indispensabile per creare un rapporto di collaborazione e di fiducia tra la squadra di assistenza e gli apneisti.

Quali sono i principali standard operativi? Mi spiego meglio: per quanto riguarda le attrezzature personali, la vostra squadra quali configurazioni adotta?

La configurazione in linea di massima è uguale per tutti indipendentemente dalla profondità operativa: doppia strumentazione, gruppi erogatori separati con attacco DIN, lavagnetta da polso, pallone da sollevamento 30kg, frusta lunga su erogatore principale, boa segnasub d’emergenza, rocchetto, una piccola torcia posta sullo spallaccio del Gav, maschera di riserva, tagliasagole e jonline.

E quelle diciamo così… “logistiche”‘?

Oltre alla normale attrezzatura personale di ogni singolo componente dell’UST presso lo Sport7 Diving Club di Andora (SV), nostra sede logistica, sono disponibili 2 cavi di discesa da 100 metri con piattello, barre per il collocamento fuori bordo, stazioni di decompressione dedicate, zavorre da 40 kg, cartellini con sistema di rimozione rapida e naturalmente imbarcazioni di supporto ed emergenza.

Entriamo un po’ nel merito dell’assistenza vera e propria. Ormai, anche senza arrivare all’estremo del record, le quote raggiunte dagli atleti nelle gare di assetto costante sono particolarmente impegnative; come prevedete un’assistenza, ad esempio, fino a 90 mt?

In primo luogo, è importante precisare che secondo una direttiva europea oltre i 50 metri è richiesto l’uso di operatori in saturazione, che sono sicuramente più addestrati e attrezzati di quanto potremo mai esserlo noi; un invito a tutti quindi, se ne avete la possibilità avvaletevi dei professionisti del settore.

Detto questo, nell’organizzazione generale la profondità massima gioca un ruolo “marginale” in quanto esistono ormai molti sommozzatori che raggiungono e superano abitualmente tali quote utilizzando miscele ternarie per la fase di fondo e due o più miscele decompressive.

Il singolo apneista che scende in assetto costante a 90 metri non comporta grossi problemi in termini di assistenza subacquea; la questione si complica quando gli atleti sono 40-50 e i sommozzatori devono essere sostituiti continuamente senza mai far mancare l’assistenza.

Fino a quale profondità vi immergete e da quale profondità fate uso di miscele?

Le manifestazioni a cui abbiamo partecipano richiedevano un possibile impiego in emergenza fino a 85-90 metri; personalmente ritengo che 75-80 metri siano il limite organizzativo per le gare con molti atleti di alto livello, limite oltre il quale i rischi per i sommozzatori, le complicazioni logistiche ed i costi annessi dovrebbero indurre a cercare soluzioni agonistiche alternative, almeno in attesa di nuove ed affidabili tecnologie che rivoluzionino il modo di andare in acqua. E’ importante ricordare che l’immersione a profondità superiori a 50 metri comporta un livello di rischio che aumenta esponenzialmente con l’aumentare della profondità; ad un certo punto, ci si troverebbe ad avere un buon numero di sommozzatori che mettono a repentaglio la propria incolumità per garantire la sicurezza all’apneista. Il risultato finale, quindi, non sarebbe un reale aumento della sicurezza ma solo una traslazione del pericolo da un gruppo di soggetti ad un altro. Serve??

La necessità di effettuare un soccorso ci ha portato ad eliminare progressivamente l’uso dell’aria, che ad oggi è consentito ad un massimo di 50 metri; le miscele trimix utilizzate da qui in poi prevedono una profondità narcotica equivalente di massimo 40 metri e pressioni parziali dell’ossigeno non superiori a 1.5.

Permettetemi qualche domanda un po’ più “scomoda” ma molto importante! Le norme di sicurezza per i sommozzatori come sono state codificate?

Le norme di sicurezza fanno parte del bagaglio di esperienza di tutti i sommozzatori del gruppo, si rifanno a quelle necessarie per l’immersione tecnica e a ciò che abbiamo imparato durante le gare a cui abbiamo partecipato, il tutto è stato raccolto in un documento ad uso dei tre responsabili dell’assistenza.

Come disponete i sub lungo il cavo? Siete sempre in coppia?

La disposizione dei sommozzatori è in relazione alla tipologia di evento da seguire, la regola generale prevede una distanza massima verticale di 25 metri e comunque l’apneista deve sempre essere visibile, è implicito dunque che se la visibilità si riduce a meno di 12,5 metri la distanza tra gli assistenti verrà ridotta.

Il nostro metodo prevede l’utilizzo del sistema di coppia che però differisce dal normale standard dell’immersione “ricreativa”, la discesa in solitaria è ammessa con misure di sicurezza aggiuntive e solo in particolari condizioni.

Chi certifica la vostra abilità?

Tutti i componenti dell’UST hanno seguito corsi riconoscuti a livello mondiale che li abilitano all’immersione entro la profondità a cui prestano assistenza, hanno la certificazione minima di “rescue diver”, almeno 100 immersioni certificate ed attività subacquea continuativa.

Che certificazione medica avete?

L’ingresso in squadra è consentito solo dietro presentazione di certificato medico sportivo attestante l’idoneità all’immersione con autorespiratore

E’ prevista una procedura di sicurezza per i vostri uomini per esempio collegamento con camere iperbariche, stand by diver ecc..?

L’ UST è operativo solo se esistono almeno le seguenti condizioni di sicurezza:

  • presenza di un medico rianimatore attrezzato per la somministrazione di ossigeno a bordo dell’imbarcazione di emergenza;
  • presenza di una bombola di ossigeno contenente almeno 1000 litri sull’imbarcazione della squadra di assistenza;
  • possibilità di evacuazione immediata di un infortunato;
  • ambulanza presente in porto e raggiungibile in 30 minuti di navigazione;
  • camera iperbarica operativa e raggiungibile entro 2 ore

Viene poi disposta la presenza di uno o più sommozzatori operativi alla massima quota di decompressione e dotati di una o più bombole da fianco ad uso decompressivo che stazionano in superficie ed intervengono dietro richiesta dei responsabili dell’assistenza.

La discesa e la risalita avviene lungo una cima a loro uso esclusivo posta nelle immediate vicinanze del campo gara, mentre la decompressione dai -30 metri viene portata a termine su una o più stazioni decompressive segnalate da luce stroboscopica ed equipaggiate con bombole contenenti miscele di decompressione di riserva. Del gruppo fa parte un paramedico che si occupa dei contatti col personale medico e verifica la funzionalità delle attrezzature necessarie al primo soccorso.

Possedete un piano di sicurezza 626?

La questione 626 è tuttora in corso di analisi, tuttavia speriamo che la legislazione vigente non blocchi sul nascere qualcosa che è sicuramente meno efficiente di un gruppo di professionisti, ma certamente meglio di un improvvisato team di assistenza.

Spero di essere stato d’aiuto a capire un po’ meglio come opera e come si muove questo team, mi auguro vivamente che possa crescere in modo serio e proficuo per tutti. Ringrazio gli amici dell’U.S.T. per la disponibilità, la pazienza e la serietà dimostratami -senza eludere alcuna domanda!- Li ringrazio anche per l’invito che mi hanno fatto a seguire e fotografare le prime prove simulate…non mancherò. Intanto io ho convinto Gianluca Cora ad iscriversi nel nostro forum e ad interagire con i veri protagonisti di questo sport!

Category: Altre discipline, Apnea

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *