Home » Editoriali » Pesca in apnea e sicurezza della navigazione: il punto

Pesca in apnea e sicurezza della navigazione: il punto

| 19 Aprile 2009 | 0 Comments
La convivenza tra pescatori in apnea, bagnanti e diportisti non è semplice

La bella stagione si avvicina e presto il mare tornerà a popolarsi di diportisti e bagnanti. Prima nei week-end, poi senza alcuna soluzione di continuità, le spiagge si affolleranno sempre di più e il tratto di mare costiero si trasformerà in una sorta di autostrada, dove imbarcazioni di ogni tipo e dimensione sfrecceranno a tutto gas, rendendo praticamente impossibile immergersi in sicurezza in tutti quei luoghi che per varie ragioni, incluso lo scarso rispetto delle prescrizioni vigenti, presenteranno un intenso traffico nautico.
Soprattutto in seguito al grande sviluppo della nautica da diporto e dell’attività subacquea di questi ultimi anni, l’ordinamento si è interessato sempre di più al problema della convivenza dei vari fruitori del mare, anche per evitare il verificarsi di gravi incidenti.

DISCIPLINA DELLA NAVIGAZIONE

La legge di riordino della Nautica da Diporto (Legge 8 luglio 2003, n. 172) all’articolo 8 intitolato “Ordinanze di polizia marittima” prevede che spetti al capo del compartimento marittimo emanare le ordinanze concernenti “la disciplina dei limiti di navigazione, mentre l’articolo seguente specifica che “i controlli sulla sicurezza della navigazione rientrano nella preminente competenza del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera” e che il “Ministero delle infrastrutture e trasporti indica, con specifiche direttive, i criteri per lo svolgimento dei controlli in materia di sicurezza della navigazione da diporto. Per ricostruire lo scenario dobbiamo prendere in esame una di queste direttive del Ministero, che giungono con cadenza annuale e ribadiscono più o meno gli stessi concetti ogni volta; per comodità prendiamo l’ultima disponibile, emanata nel luglio 2008, il cui testo integrale può essere scaricato cliccando qui.
Il testo della direttiva è chiaro e non necessita di troppe spiegazioni: la circolare inizia specificando che “Nello svolgimento dei controlli in materia di sicurezza della navigazione da diporto” “sia data priorità alla tutela dell’incolumità di bagnanti e subacquei […]” e “si operi con pronta fermezza nella repressione delle condotte che possano mettere in pericolo la vita umana in mare e gli equilibri dell’ecosistema marino”.

Poco dopo, la direttiva specifica che i capi di compartimento marittimo devono provvedere, secondo quanto previsto dal citato art 8 L 172/2003, ad “emanare apposita ordinanza di polizia marittima per disciplinare i limiti di navigazione rispetto alla costa”. Nel fornire ulteriori indicazioni sul contenuto generale di tali ordinanze, la direttiva spiega che dovranno occuparsi della “distanza da costa, oltre il limite delle acque riservate ai bagnanti, entro la quale la navigazione deve svolgersi a velocità non superiore ai 10 nodi e, comunque, con gli scafi in dislocamento; tale distanza è indicata, in linea di massima, in 500 metri dalle coste rocciose alte sul mare e in 1000 metri dalle spiagge.

In sostanza, quindi, ciascun compartimento marittimo dovrebbe provvedere ad emanare un’ordinanza con una regolamentazione della navigazione sottocosta prevedendo, in linea generale, l’obbligo di procedere a velocità non superiore a 10 nodi – e, comunque, in dislocamento, vale a dire senza procedere in planata – nel tratto di mare fino a 500 metri dalle coste rocciose a picco e 1000 metri dalle spiagge. Si noti che la direttiva in sé non è una fonte del diritto e, quindi, senza un recepimento da parte dell’ordinanza locale la previsione, a rigore, resta priva di ogni efficacia giuridica verso il cittadino; inoltre, le distanze indicate in linea generale possono essere liberamente riviste dal capo del compartimento marittimo, l’unico autorizzato a valutare la congruità dell’indicazione generale rispetto alle esigenze e caratteristiche locali.

DISCIPLINA DELLA PESCA IN APNEA

Il regolamento di esecuzione della legge sulla pesca marittima approvato con DPR 1639/68 prevede che la pesca subacquea sia vietata a distanza inferiore a 500 metri dalle spiagge frequentate da bagnanti. Questa previsione trova applicazione unicamente in quei mesi in cui le spiagge sono frequentate dai bagnanti, ossia nella stagione balneare, e può ben essere integrata o rivista dalle ordinanze di sicurezza balneare annualmente emesse dai locali uffici delle CCPP Guardia Costiera.

Le ordinanze di sicurezza balneare contengono quasi sempre una sezione dedicata alla regolamentazione della pesca in apnea e solitamente ribadiscono il costante divieto di praticare la disciplina a distanza inferiore a 500 metri dalle spiagge frequentate dai bagnanti, a prescindere dalla loro effettiva presenza. Per quanto riguarda le coste rocciose, le soluzioni possono variare di molto da zona a zona: in genere è possibile pescare senza distanza da costa anche in orario di balneazione, ma solo in assenza di bagnanti. Qualora i bagnanti siano presenti, invece, dovremo mantenerci a distanza di 100 metri dalla costa rocciosa, pena la solita sanzione di 1000 euro (non più 1032 per via del DL 59/08, il cd Decreto Salvainfrazioni). Attenzione: “solitamente” significa che è necessario consultare l’ordinanza emessa dall’ufficio marittimo competente per territorio, l’unica che vi interessi veramente e che sarete tenuti a rispettare durante le vostre uscite in mare.

DISCIPLINA DELLA BALNEAZIONE

Le ordinanze di sicurezza balneare dedicano molta attenzione alle attività balneari (balneazione, pesca, sci nautico, kite surf, moto d’acqua eccetera). In genere, per quanto qui ci interessa, le ordinanze prevedono che la fascia di 200 metri dalla costa resti riservata alla balneazione, restringendola spesso a 100 metri nel caso di costa rocciosa a picco. Le previsioni possono variare, ma generalmente l’assetto è quello descritto di seguito.

COORDINAMENTO DELLE DISTANZE

Poniamo che il caso usuale sia quello di un recepimento delle indicazioni ministeriali da parte del compartimento marittimo. Il sistema costruito dall’ordinamento giuridico prevede due assetti distinti del mare costiero, a seconda della tipologia di costa: sabbiosa o rocciosa.

Il grafico illustra le varie distanze dalle coste sabbiose

Come si può notare dallo schema qui sopra, nel caso di costa sabbiosa abbiamo i primi 200 metri di mare riservati alla balneazione. Esistono ordinanze che estendono tale fascia sino a 250 metri, consentendo navigazione e attività subacquea (termine con il quale si indica l’immersione in apnea o con ara finalizzata all’esplorazione dei fondali e comunque non alla pesca) solo in casi eccezionali all’interno di tale fascia. In tutta questa prima fascia la pesca in apnea è totalmente proibita durante la stagione balneare, la cui esatta durata è stabilita annualmente dalle competenti autorità territoriali.

La fascia dai 200 ai 500 metri è zona neutra, mentre a partire dai 500 metri diventa possibile esercitare la pesca in apnea. Come si vede bene dal grafico, ci troviamo a disposizione una zona piuttosto estesa da 500 metri a 1000 metri al largo, in cui, a rigore, le imbarcazioni dovrebbero navigare in dislocamento e comunque a velocità inferiore a 10 nodi, pari a circa 18 km orari. Insomma: in questa fascia l’attività di pesca in apnea e l’attività subacquea dovrebbero teoricamente potersi svolgere in sicurezza, in quanto nessuna imbarcazione dovrebbe sfrecciare in planata a velocità sostenuta, creando un rischio per i subacquei e gli apneisti.

Il grafico illustra le varie distanze dalle coste rocciose

Nel caso di costa rocciosa a picco i termini della questione cambiano leggermente, ma la sostanza resta la stessa. I primi 100 metri di costa sono riservati alla balneazione, anche se nella maggioranza dei casi le ordinanze prevedono che si possa praticare la pesca in apnea senza limiti di distanza da costa anche in orario di balneazione in tutti i casi in cui non ci siano bagnanti nei paraggi (fortunatamente, visto che di solito a 100 metri dalla costa rocciosa a picco si trovano profondità incompatibili con la pesca in apnea). Di fatto, esiste una fascia di mare costiero che si estende dai 100 sino ai 500 metri da costa dove l’attività subacquea e la pesca in apnea dovrebbero potersi svolgere senza grossi rischi di incidenti da elica, in quanto le imbarcazioni dovrebbero essere tenute a mantenere una velocità inferiore a 10 nodi e, comunque, a navigare in dislocamento. Il grafico illustra l’assetto usuale, ma occorre fare riferimento alle ordinanze locali, perché in casi limite può accadere che l’ordinanza disponga una distanza da costa di 500 metri, senza distinguere tra costa sabbiosa e rocciosa. In tal caso, la pesca in apnea risulta di fatto proibita su gran parte della costa e gli appassionati si vedono costretti a giocare d’azzardo, immergendosi all’alba e al tramonto e confidando sulla comprensione dei controllori.

FIGLI E FIGLIASTRI

Senza intenzione di generalizzare e rinnovando il profondo rispetto per le istituzioni ed i loro rappresentanti, sono costretto a fare delle affermazioni antipatiche.
Sappiamo tutti quanto zelo (non voglio dire accanimento, la prima parola che mi è venuta in mente) possa distinguere i controllori quando si imbattono in un pescatore in apnea (vorremmo anzi approfittare per ricordare che i veri bracconieri, quelli che infrangono sistematicamente le norme al fine di smerciare abusivamente il pescato, difficilmente si trovano in mare in pieno giorno, magari nei week end, perché si immergono preferibilmente di notte durante la settimana e rientrano in porto prima dell’alba). Anche la minima infrazione, persino una distrazione che ci faccia allontanare di qualche metro di troppo dalla boa segnasub può costare 1000 euro di sanzione amministrativa. La violazione delle distanze da costa è tra le infrazioni più frequentemente contestate agli appassionati nel corso della stagione balneare.

Possiamo dire che lo stesso livello di attenzione si ritrovi anche nei controlli ai diportisti, che poi sono quelli che mettono a repentaglio la vita e l’incolumità degli altri fruitori del mare, segnatamente subacquei e apneisti? Possiamo confidare sugli schemi di ripartizione delle zone di mare costiero tracciati nei grafici qui sopra, in aderenza alle norme vigenti ed alle direttive ministeriali? Sappiamo che sono ormai molte le ordinanze che accolgono le indicazioni del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti ed indicano puntualmente le distanze di navigazione di 500 e 1000 metri da coste rocciose e sabbiose, ma nella pratica avremo modo di notare dei cambiamenti nei costumi dei diportisti? Ad oggi, le previsioni sulle distanze minime di navigazione sembrano lettera morta.

La direttiva ministeriale richiede per prima cosa che nei controlli “sia data priorità alla tutela dell’incolumità di bagnanti e subacquei”. A noi pare giusto avere controlli sul rispetto degli obblighi di segnalazione da parte dei subacquei (con sanzioni da 1000 euro in caso di violazioni), ma vorremmo più controlli sul rispetto delle regole della navigazione sottocosta volute dal nostro ordinamento e sul rispetto della distanza minima di navigazione dal segnale di uomo immerso, una violazione istantanea e quindi difficile da cogliere, eppure incredibilmente dotata di un deterrente minimo, addirittura pari a un quinto della sanzione prevista per il subacqueo, vale a dire la pontenziale vittima.

CCPP – GUARDIA COSTIERA

Ci rivolgiamo alle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, da sempre in prima linea quando si tratta di garantire la sicurezza in mare. Le violazioni delle ordinanze di polizia marittima – comprese quelle sulla sicurezza della navigazione – sono punite ai sensi dell’articolo 37 comma 3 della citata L. 172/2003, che prevede una sanzione amministrativa da 207 a 1033 euro, che si riduce alla metà nel caso in cui l’infrazione sia commessa con un natante da diporto.

Questo significa che chi mette a repentaglio la vita e l’incolumità dei subacquei transitando a distanza inferiore a 100 metri dal segnale di uomo immerso o navigando a velocità superiore a 10 nodi – o comunque in planata – nelle fasce di mare entro 500 metri dalle coste rocciose e 1000 dalle spiagge, rischia una sanzione di circa 200 euro, poco più di un quinto (o se preferite il 20%) della sanzione prevista per il subacqueo che viola le norme corrispondenti (obblighi di segnalazione e distanze da costa): un fatto inspiegabile, che sembra smentire le intenzioni di “tutela prioritaria” manifestate dalle direttive del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Non si capisce, infatti, con quali criteri venga modulato il sistema dei deterrenti sanzionatori: al sub che rischia la propria incolumità si affibbiano 1000 euro di sanzione, mentre al diportista che con la sua distrazione o mancanza di senso civico mette a repentaglio la vita altrui se ne prospettano solo 200. La domanda sorge spontanea: la sicurezza dei subacquei sta veramente a cuore alle nostre istituzioni?

Inutile obiettare che in caso di incidente il diportista deve rispondere di lesioni o omicidio in sede penale, perché qui stiamo parlando delle situazioni di semplice pericolo. In caso di incidente, infatti, il subacqueo finisce all’ospedale o, peggio, al cimitero, quindi è normale che chi ha procurato un simile danno ingiusto per imperizia, imprudenza o negligenza paghi sul piano penale. La situazione di pericolo è oggi gestita malissimo dallo Stato, che fa figli (diportisti) e figliastri (subacquei): l’imprudenza che mette a repentaglio l’incolumità propria è punita con una sanzione pari a 5 volte quella irrogata a chi, con analoga imprudenza, mette a repentaglio l’incolumità altrui. Un sistema incomprensibile che perdura nonostante le mille segnalazioni, un vero mostro normativo che getta pesanti ombre sulla capacità del nostro apparato istituzionale di fronteggiare questo genere di problemi.

Sappiamo bene che le Capitanerie di Porto – Guardia Costiera hanno sempre fatto il possibile per tutelare la sicurezza dei subacquei: se oggi parliamo di una sanzione per il diportista lo dobbiamo proprio a loro. Il DPR 1639/68, infatti, ha previsto la pesante sanzione per il subacqueo indisciplinato, ma poi si è dimenticato di prevedere norme di condotta specifiche e divieti sanzionati per chi governa l’elica. Solo le ordinanze delle Capitanerie di Porto, principale riferimento per ogni questione attinente la sicurezza della navigazione, rendono illecita la condotta di chi transita a distanza inferiore a 100 metri dalla bandiera di segnalazione del subacqueo.

Per questo ci rivolgiamo alle CCPP invitandole a riflettere sulle storture evidenziate e, se lo ritengono, ad agire modulando previsioni e controlli in modo da ristabilire un po’ di equilibrio e migliorare la gestione delle diverse tipologie di fruizione del mare costiero, a beneficio di tutti i cittadini.

SIAMO PROPOSITIVI

Non siamo certamente quelli che amano disquisire o peggio criticare senza proporre soluzioni. Se è vero che nel campo della convivenza dei vari fruitori del mare un margine di rischio resta ineliminabile, è anche vero che un diverso assetto regolamentare potrebbe migliorare moltissimo la situazione, eliminando storture inspiegabili quanto controproducenti.
Sappiamo bene che attuare il sistema di distanze di navigazione da costa in certi momenti dell’anno è al momento impossibile, ma crediamo che si possa fare molto per la sicurezza dei pescatori in apnea semplicemente generalizzando un soluzione già adottata dalle CCPP a livello locale.

L’ordinanza di sicurezza balneare 25/2008 dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Arbatax prevede una disciplina delle distanze da costa relative alla pesca in apnea che, a nostro modesto avviso, riesce ad armonizzare i diversi tipi di fruizione del mare cercando di salvaguardare tutti i soggetti interessati. Tale ordinanza, in pratica, prevede che fino alle 8:30 del mattino e dopo le 19:30 di sera si possa pescare senza limiti da costa, offrendo ai pescatori in apnea – soprattutto ai più giovani, spesso sforniti di mezzo nautico di appoggio – la possibilità di immergersi in zone poco trafficate dalle imbarcazioni e quindi più sicure, ovviamente senza rischi significativi per i bagnanti, che in quegli orari generalmente non ci sono.

Se questa soluzione fosse estesa a tutti gli uffici periferici avremmo risolto una parte significativa del problema: consentendo la pesca in apnea a distanza non siderale dalla costa in orari di scarso traffico nautico si ridurrebbero certamente gli incidenti. Chiaramente la valutazione decisiva, legata alle esigenze di carattere locale, resta in mano ai compartimenti marittimi, ma si tratta di una soluzione concepita dagli uffici periferici delle CCPP e benedetta anche dalla FIPSAS, la Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee. Ringraziamo anticipatamente tutti i comandandi degli uffici periferici che vorranno impiegare il proprio tempo ad analizzare la soluzione indicata ed eventualmente integrarla nelle proprie ordinanze di sicurezza balneare, in modo da riequilibrare un assetto normativo che oggi penalizza fortemente la sicurezza delle immersioni subacquee, in ara come in apnea, e l’attività di pesca in apnea.

Category: Editoriali

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *