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L’omicidio nautico non s’ha da fare!

Aveva superato il primo esame da parte della Commissione Giustizia del Senato il disegno di legge che puntava, tra le altre cose, ad introdurre nel codice penale, il nuovo reato di “omicidio nautico e stradale” (art.589-bis) per cui prevedeva pene molto superiori al reato di omicidio colposo che ad oggi copre anche la fattispecie dell’investimento del subacqueo in immersione da parte di un’imbarcazione. Purtoppo la discussione in Senato è stata un’autentica doccia fredda poichè si è scelto di stralciare completamente la parte relativa alla nautica per, forse, riproporla un domani contestualmente ad una modifica del codice alla navigazione.

boaCosa sarebbe dovuto cambiare?

Almeno sulla carta, sarebbero aumentate sensibilmente le pene per il diportista che al timone di un natante, di un’imbarcazione o di una moto d’acqua, sotto l’effetto di alcool o sostanze stupefacenti, avesse causato per colpa la morte di una persona. Per questa eventualità l’articolo prevedeva la reclusione da 7 a 12 anni (anche in relazione al tasso alcolemico), che potevano raggiungere i 18 nel caso in cui i morti fossero più di uno.

Per il diportista che fosse scappato dopo avere provocato un incidente dal quale fosse derivata la morte di una persona, la pena era aumentata. Inoltre, era punita con la reclusione da 7 a 10 anni la morte cagionata dal conducente di una unità da diporto che procedeva al doppio della velocità consentita o circola in uno specchio d’acqua proibito alla navigazione.

Identico incremento era previsto nel caso di lesioni conseguenti ad incidente nautico (art. 590-bis) che sarebbero state punite con la reclusione da un minimo di 9 mesi ad un massimo di 4 anni; pene che potevano essere ulteriormente maggiorate qualora le lesioni si fossero rivelate gravi (aumento da un terzo alla metà) o gravissime (aumento dei due terzi) o a più persone (aumento del triplo) senza tuttavia poter superare un massimo di 7 anni di reclusione.

Pesanti anche le pene accessorie: in caso di condanna per il reato di “omicidio nautico” si proponeva la sospensione della patente nautica da 5 a 12 anni, mentre per chi era condannato per “lesioni personali nautiche” l’abilitazione veniva sospesa da 2 a 5 anni.

Ma il problema erano veramente le pene previste dal codice?!

Aldilà del fatto che – almeno per ora – nella nautica resta tutto come prima, avanziamo comunque una forte perplessità, che si innesta sullo stesso filone nel quale eminenti giuristi hanno sostenuto la perfetta inutilità dell’istituzione di un nuovo specifico reato per gli incidenti nautici e stradali. Allo stato attuale, manca infatti ancora l’approvazione della Camera, tutte le eventualità sopra citate vengono punite ricorrendo a quanto previsto per i reati di omicidio e lesioni colpose. E’ opportuno però ricordare che, tenendo conto delle varie aggravanti possibili, le pene massime già previste dal codice sono fino a 15 anni per l’omicidio e fino a 3 anni per lesioni gravissime.

Qualcuno ricorda pene lontanamente simili applicate nel recente passato per incidenti stradali? Se poi ripensiamo alla nautica non possono non tornare alla mente le vicissitudini del caso Cribari, durante il quale si arrivò ad una assoluzione in primo grado retenendo addirittura che investire e uccidere un subacqueo in immersione non costituisse reato! Fortunatamente l’appello e la cassazione ristabilirono l’ordine delle cose condannando i due finanzieri autori dell’investimento per omicidio colposo, ma questo episodio serve a porre l’attenzione sul fatto che, forse, il fulcro del problema non sono mai state le pene applicabili, quanto la reale volontà da parte di chi giudica di punire in maniera esemplare certe condotte.

 

Nel frattempo il diportista che non rispetta la distanza regolamentare di 100 mt dal segnale di subacqueo in immersione, sia esso issato sul mezzo nautico o sulla boa, viene ridicolmente punito con una sanzione amministrativa di appena 200 euro (a fronte dei 1000 con cui si vessa il sub senza boa che, per quanto scellerato, rischia in proprio e non attenta all’incolumità altrui), eventualità peraltro più teorica che pratica vista la necessità della flagranza per procedere alla contestazione.

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Category: Articoli, Normativa, Pesca in Apnea

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