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Il mistero dei molluschi cefalopodi

| 30 Gennaio 2009 | 0 Comments

 Il pesca sub può pescare polpi, seppie e calamari? A nostro giudizio, non ci sono dubbi che lo possa fare, ma visto che i controllori non sono sempre d’accordo, meglio portarsi dietro un po’ di documentazione a supporto della nostra insalata di mare!

Il polpo è da sempre tra le prede più comuni del pescatore in apnea – Foto: A. Balbi

L’Italia è un paese molto particolare. Ha una tradizione giuridica più che consolidata, eppure negli ultimi decenni si è sempre più caratterizzata per una produzione normativa abnorme, mediamente di qualità scadente, che ha finito per rendere la conoscibilità delle regole da parte dei cittadini più una finzione che un necessario presupposto.
Anche quando le regole risultano accessibili e conoscibili, spesso la loro comprensione è resa difficile dalla cattiva tecnica legislativa, che partorisce norme nebulose e soggette a diverse interpretazioni, non raramente incompatibili fra loro. Non mancano poi malintesi e conseguenze indesiderate, in molti casi determinate da una scarsa padronanza della materia da parte di chi pretenderebbe di regolamentarla.

Il piccolo settore del diritto che riguarda la nostra passione riproduce in pieno la situazione appena descritta: si compone di norme più o meno specificamente indirizzate alla pratica della pesca in apnea sportiva sparse in un gran numero di atti normativi di valenza nazionale o locale, spesso poco coordinate e di difficile interpretazione. Il risultato finale è che nessuno in questo paese, neanche chi è chiamato ad applicare la legge, può definire con ragionevole certezza tutte le condotte lecite e quelle illecite, se non in linea molto generale.

Il caso dei molluschi cefalopodi è emblematico e dimostra tutta l’inadeguatezza di una normativa che ha superato i 40 anni di servizio e che risulta assolutamente inidonea a regolare la pesca sportiva moderna, soprattutto in considerazione della notevole entità delle sanzioni previste per qualunque violazione delle norme regolamentari contenute nel DPR 1639/68 (o meglio: violazione delle norme che negli anni si sono stratificate nel DPR 1639/68 a suon di decreti ministeriali e circolari assortite). Proviamo a ricostruire la vicenda.

Nelle battute con partenza da terra l’incontro con il polpo è un’evenzienza ricorrente – Foto: A. Balbi

Prima del 1980 il pescatore subacqueo poteva legittimamente utilizzare le bombole e i limiti di prelievo per tutti gli sportivi, che potevano anche usare reti da posta o fucili lancia arpioni per cetacei (!), erano molto larghi. Secondo quanto disposto originariamente dal DPR 1639/68, infatti, ciascun pescatore sportivo era libero di catturare fino a 15 chilogrammi di pesci, molluschi e crostacei, salvo due eccezioni che aumentavano ancora, e di molto, il suo potenziale bottino legittimo: poteva comunque catturare fino a 3 cernie al giorno e fino a 4 esemplari di grandi specie migratrici per ogni lenza a traino calata dall’imbarcazione (se ne potevano calare fino a quattro!). Il pescatore subacqueo poteva pescare di giorno come di notte e si potevano legalmente rimediare fino a 15 chili di pesci, molluschi e crostacei più 3 cernie.

Questa libertà, ancor oggi vagheggiata da qualche nostalgico quando si nomina la parola proibita licenza di pesca, portò l’allora Ministro della Marina Mercantile Evangelisti ad emanare il Decreto 7 gennaio 1980, che, “in attesa di una revisione completa ed organica della normativa vigente” – attesa ancor oggi, dopo quasi 30 anni! – si proponeva di dettare norme di tutela delle risorse biologiche e regolamentazione dello sforzo di pesca, con il fine dichiarato di impedire “ai pescatori sportivi l’uso di attrezzi che non possono essere individuati come mezzi volti all’esercizio della pesca per diletto od ai fini agonistici” ed anche “il depauperamento o la estinzione delle specie che formano oggetto della pesca subacquea”. A tal fine, il decreto prevedeva l’individuazione degli attrezzi consentiti per la pesca sportiva (proibite, fra gli altri attrezzi, le reti da posta e da strascico), riducendo a 5 chilogrammi complessivi (di pesci, molluschi e crostacei) ed una sola cernia giornaliera il limite di pescato. Il decreto, inoltre, introduceva il divieto di pesca subacquea con le bombole e negli orari notturni, prevedendo la possibilità di trasporto delle bombole e dei fucili sullo stesso mezzo a soli fini di sicurezza e mantenendo il divieto di utilizzarli per pescare. Insomma, un deciso giro di vite, che a posteriori pare più che opportuno e che non faceva sconti né figli e figliastri. La proibizione della sola pesca subacquea notturna è giustificata dalla particolare risposta dei pesci al fascio luminoso che li colpisce nelle ore notturne, immobilizzandoli e rendendoli facile bersaglio anche per gli arpioni meno affilati.

A sitanza di soli due anni – e tre governi dopo, in quella pazza VIII legislatura – un successore di Evangelisti, il Ministro Mannino, emanò il decreto del 6 agosto, con il quale si rivide l’elenco degli attrezzi individuali e non individuali per la pesca sportiva. I limiti di pescato vennero semplicemente ribaditi e nulla cambiò per la pesca in apnea. I cambiamenti giunsero cinque anni dopo, con il nuovo decreto n° 249 del 1 giugno 1987, firmato dal Ministro Degan, il cui articolo 2 è divenuto l’attuale articolo 129 bis del DPR 1639/68, che al secondo comma dispone laconico: “Ai pescatori sportivi è vietato raccogliere coralli, molluschi e crostacei”.

Con questa formulazione si proibiva al pescatore subacqueo la raccolta dei molluschi tout-court, ivi inclusi, a rigore, polpi, seppie e calamari, da sempre prede usuali degli appassionati. La previsione apparve strana ed inutilmente afflittiva, e subito giunsero richieste di chiarimento sul tema in questione ed anche sull’articolo 3 dello stesso decreto, cui abbiamo dedicato molta attenzione in diversi articoli, in particolare questo qui. Il Ministro Degan non tardò a fornire le dovute spiegazioni con una circolare esplicativa che offriva tutte le indicazioni necessarie agli organi subordinati, e che mirava a conformarne l’azione di controllo secondo i principi in essa stabiliti. Dopo aver chiarito che l’obbligo di assistenza a bordo del mezzo nautico riguardava solo l’ipotesi di trasporto contemporaneo di bombole e fucili – era su questo punto che si concentravano i dubbi -, chiuse la circolare ricordando che ai pescatori subacquei “è vietata la raccolta di coralli e crostacei, nonché di molluschi esclusi quelli cefalopodi.

La circolare in oggetto (n° 6227201 del 3 luglio 1987, appena un mese dopo l’emanazione del decreto) venne in seguito richiamata e ribadita dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, che nel frattempo aveva ereditato le funzioni di regolamentazione della pesca del soppresso Ministero della Marina Mercantile, con la circolare n° 62203825 del 4 agosto 1995. La circolare del 1995 si occupa unicamente della questione relativa all’obbligo di assistenza a bordo del mezzo nautico, ma il solo fatto che si richiami alla circolare Degan sta a confermare il valore intrinseco dei chiarimenti offerti a suo tempo da Degan.

Un polpo al libero, in tutto il suo splendore – Foto: A. Balbi

Negli ultimi 20 anni tutti i pescatori in apnea hanno catturato con soddisfazione polpi, seppie e calamari, e a nessuno è passato per la testa che il chiarimento di Degan potesse essere messo in discussione.
Per la questione del barcaiolo obbligatorio, invece, i dubbi sono riaffiorati con una lunga serie di verbali per la violazione dell’articolo 3 DM 249/87 da parte di pescatori che non trasportavano bombole a bordo del mezzo nautico. Qualche anno fa il tribunale civile di Roma è arrivato addirittura a negare il risarcimento alla famiglia di un tesserato FIPSAS deceduto durante un allenamento in mare, perché l’assenza di un assistente a bordo, dove pure non erano presenti bombole, avrebbe violato colpevolmente la legge, annullando ogni diritto al risarcimento. In quell’occasione il giudice sentenziò che le circolari ministeriali non sono fonti di diritto, non vincolano il giudizio del giudice ma al massimo risultano vincolanti per gli organi sottoposti della pubblica amministrazione. Come a dire: non vi possono fare la multa, ma in giudizio io decido come voglio. E il giudice, confermando il vecchio detto tanti giudici, tante sentenze, decise che la circolare Degan, che per la sua natura giuridica non poteva contraddire la lettera del decreto, era inaccettabile perché stravolgeva il chiaro senso letterale (eh?) della norma disposta dal secondo comma dell’art 3 DM 249/87. Questa divagazione ci aiuta a capire come sia possibile che nei corsi di aggiornamento della Guardia Costiera siano presenti schede predisposte dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) nelle quali si scrive che il pescatori subacquei non possono catturare i molluschi, inclusi quelli cefalopodi, con tanto di raffigurazione della seppia con un segnale di divieto in sovra impressione. In base a quanto dichiarato pubblicamente da chi questi corsi li frequenta, ai controllori si insegnerebbe con particolare insistenza che i polpi, così come gli altri cefalopodi, sarebbero proibiti al pescatore in apnea. La cattura di polpi, seppie o calamari, secondo questa versione dei fatti che non possiamo sposare, sarebbe punibile con una sanzione di ben 1000 euro. Leggendo qua è là su internet mi sono imbattuto in convinte quanto improbabili dissertazioni dottrinali su natura giuridica e valenza effettiva delle circolari, talmente convinte da perdere totalmente il senso della misura e della realtà: le norme sono dirette ai cittadini, che devono rispettarle, e non possono diventare un fatto riservato per avvocati ed altri addetti ai lavori che devono applicarle.

Secondo me qui non è neanche il caso di dare troppa importanza al merito della infinita questione relativa alla validità delle circolari, sebbene esista la diffusa convinzione che l’inosservanza delle circolari da parte dell’organo che ha adottato un atto amministrativo – es: elevato un verbale – rappresenti un sintomo evidente dell’eccesso di potere, un vizio che può portare all’annullamento dell’atto. Il punto è un altro: quello dell’errore certamente incolpevole del cittadino, che non merita di subire le conseguenze di un’incertezza che sta tutta nella pubblica amministrazione e nell’ordinamento giuridico e che si manifesta con prescrizioni incompatibili impresse su carta intestata di ministeri e corpi militari. Un cittadino di ordinaria diligenza che trova la circolare Degan e cattura polpi non potrà essere validamente multato per la violazione dell’art. 129bis comma due, per il semplice fatto che se una circolare esplicativa firmata dal ministro che ha emanato il decreto dice chiaramente che, secondo quella norma, il pescatore subacqueo può catturare molluschi cefalopodi, nessuno può sanzionare chi ha rispettato quei chiari dettami, men che mai un subordinato del Ministro che, secondo parte della dottrina, in quanto tale è tenuto – pena l’eccesso di potere – a conformare la propria azione amministrativa alle linee tracciate dall’organo amministrativo gerrchicamente superiore.

La cosa più singolare è che in tempi molto recenti lo stesso Comando Generale delle Capitanerie di Porto ha fatto espresso richiamo alle citate circolari per risolvere una volta per tutte il problema del barcaiolo obbligatorio, rivedendo la propria posizione sul problema rispetto ad una precedente circolare del maggio 2003 e conformandosi alle chiare indicazioni ministeriali, che peraltro, nel caso dell’articolo 3 comma 2 del DM 249 risulterebbero inutili se solo si interpretasse la norma con un criterio sistematico, ossia valutandone anche la collocazione ed il contesto in cui è inserita. Il documento del Comando Generale CCPP, con circolari allegate, può essere scaricato da questo link.

Una seppia fa capolino dalla sabbia – Foto: A. Balbi

Morale della favola: se vi viene contestata la cattura dei polpi, potete limitarvi ad esibire quest’ultimo documento e dichiarare che vi siete limitati a seguire le indicazioni contenute nella circolare 6227201 del 3 luglio 1987, espressamente richiamata nel recente documento del Comando Generale delle CCPP – sebbene per altre ragioni – e quindi ancora attuale e di valenza indiscussa. Qualora i controllori dovessero comunque elevarvi un verbale per la supposta violazione dell’articolo 129bis realizzata con la cattura di molluschi cefalopodi, avrete gioco facile con gli scritti difensivi e, all’occorrenza, con il ricorso alla giustizia ordinaria, che si effettua impugnando nei termini previsti il verbale o il decreto di ingiunzione con cui sono stati respinti gli scritti difensivi. Sarà sufficiente dimostrare di aver cercato e trovato informazioni ed esibire la circolare del ministero ed il documento delle CCPP che vi fa rinvio per le questioni relative all’articolo 3.

Sia ben chiaro che questa situazione di incertezza non può in alcun modo essere attribuita agli organi di controllo, ai quali comunque ci appelliamo, in nome del sacro servizio da loro reso a tutti i cittadini, affinché si adeguino alle disposizioni ministeriali anche solo per evitare di colpire con sanzioni sproporzionate il cittadino indotto in errore scusabile da atti ufficiali, la cui valenza è riconosciuta dallo stesso Comando Generale delle CCPP. La colpa, evidentemente, è della situazione di stallo, apparentemente insuperabile, che impedisce un’organica revisione delle norme in questo settore, forse dovuta ai troppi interessi contrapposti in ballo.

In Cile, come in Galizia (Spagna) sono in vigore leggi giovanissime, praticamente appena nate. Due leggi che regolamentano la pesca marittima in due aree così distanti presentano un tratto comune illuminante: si propongono di promuovere la pratica della pesca sportiva, la tutela delle risorse ambientali e le attività turistiche correlate. Finalità che evidentemente non sono considerate incompatibili e che denotano una concezione della pesca sportiva ben diversa da quella che, all’apparenza, domina in Europa e in Italia, dove è vista più come un problema che come una risorsa da valorizzare. Speriamo che al momento di assolvere il compito che la legge gli ha assegnato ormai quasi 5 anni fa (con termine abbondantemente scaduto da 3 anni e mezzo), l’esecutivo possa muoversi con maggiore saggezza e consapevolezza rispetto al passato, tenendo presente anche l’evoluzione più recente della legislazione in materia negli altri paesi dell’UE che si affacciano sul Mediterraneo e rifuggendo la tentazione di inventare tutto da capo, come se le soluzioni valide e sperimentate con successo altrove non esistessero.

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