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Dilemma respirazione...


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Posso dire una cosa ?

Discussioni come questa rendono inestimabile il valore di questo forum, arricchita dal contributo di persone tanto preparate, quanto disponibili.

 

Fatta questa dovuta premessa, vorrei chiedere ancora a Pepu ( che ha tanta pazienza ed il dono della chiarezza ) una sua conferma su quella che mi pare un sunto delle battute scambiate fino a questo punto.

Che si vada per mare o si pratichi qualsiasi altro sport, mi sembra di capire che sia importante "assecondare" il ritmo della respirazione imposto dal nostro organismo.

Per tanto, al termine di una corsa o di una immersione, risulta naturale mantenere per un certo tempo una respirazione accelerata.

 

Nel dettaglio, riemergendo dopo un'apnea protratta ed aggravata magari dallo sforzo di una lunga risalita, occorre lasciare che il fisico detti il ritmo respiratorio opportuno a ristabilire i giusti livelli di ossigeno e CO2, piuttosto che sforzarsi di assumere da subito una respirazione lenta e cadenzata ?

 

Per lo stesso motivo, immagino che solo quando la respirazione torna regolare sia lecito concentrarsi sulla fase di rilassamento al fine di raggiungere lo status necessario ad affrontare una nuova discesa ( anche se sul connubio concentrazione / rilassamento si potrebbero versare ancora fiumi di parole ).

 

Devo confessare che, come Oceansub, anche io spesso ho prolungato più del consigliabile la respirazione diaframmatica e lenta, pur senza accusare mai problemi di sorta o segnali di allarme, sia che peschi entri i 10 metri ( piuttosto raro a dire il vero ), sia che concentri le mie azioni su fondali fino a 15 - 17 metri.

Ma ciò non vuol dire che continuerò su questa linea e terrò ben presente i consigli sin qui dispensati.

 

Ultima domanda ( ma forse scontata ) :

per il tipo di fondali che frequento, sono costretto, tra un tuffo e l'altro, a spostarmi anche di molto.

Questo significa recuperare il pedagno e trascinarsi dietro la plancetta con tutti gli accessori annessi e connessi.

Specialmente in caso di vento o corrente contrari, mi rendo conto che ciò richiede un dispendio energetico non indifferente, con la possibilità di avere, talvolta, un po' di fiatone.

Ricollegandomi a quanto detto prima, sarebbe corretto anche in questo caso assecondare per il giusto tempo tale ritmo accelerato, ripristinare una respirazione regolare e solo allora focalizzare la propria mente sulla discesa che ci accingiamo ad effettuare, attendendo i giusti segnali dal corpo che deve darci l'ok.

In sostanza, senza "sforzarsi" di respirare lentamente quando il nostro ventre ci richiede il contrario, giusto ?

 

Ringrazio in anticipo per la disponibilità.

Saluti.

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Miglior contributo in questa discussione

Miglior contributo in questa discussione

Secondo me dovremmo effettuare parecchie prove e sforzarci di abituare il nostro corpo alla respirazione normale. Come dici anche tu, la "concentrazione" è importantissima secondo me, e assegnerei ad essa un buon 50% di valore nel rendimento subacqueo. Cerco di spiegarmi meglio...

 

L'apnea in mare richiede un utilizzo importante della funzione sensitiva, vista e udito in primis e della funzione motoria mantenendo posture ed equilibri per rimanere nell'ambiente liquido (ambiente a noi estraneo). Tutto questo impegno influisce molto sul consumo di ossigeno, maggiormente se non abbiamo raggiunto quel livello che ci consenta di saper usare e gestire queste funzioni nel migliore dei modi.

 

Ergo, non serve a nulla effettuare una corretta respirazione se durante questa non riusciamo a gestire sensi ed equilibrio muscolare/motorio, perchè bruciamo ossigeno in maniera rilevante.

 

Sinceramente non ho mai provato a respirare normalmente per poi effettuare pochi atti respiratori più profondi ma sempre a velocità normale... e sarei presuntuoso ad affermare a priori che il tempo di apnea si riduce molto senza appunto provarci prima! Ed ho la sensazione che al primo tentativo sarà un flop, non perchè la tecnica è sbagliata, anzi.... ma perchè devo trovare la pazienza di ABITUARE il mio organismo a questa nuova giusta tecnica!! Così facendo sono sicuro che otterrò ottimi risultati, magari ancora maggiori della mia solita tecnica respiratoria e magari solo dopo qualche tuffo.... insomma PROVARE PER CREDERE :thumbup:

 

p.s: ho la sensazione che questa discussione andrà avanti per un bel pò :P

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Grazie per la considerazione, ma sul forum ci sono persone decisamente più accreditate di me che possono arricchire discussioni come queste.

Io che sono cresciuto con questo forum e grazie a questo forum, ho sempre messo la massima attenzione a tutto ciò che riguarda la sicurezza, consapevole che quello che scriviamo può essere letto e chi legge non sempre ha la capacità di discernimento e la voglia di confrontarsi con gli altri.

Tornando al discorso dell'affaticamento, durante gli allenamenti di apnea che faccio in piscina con un gruppo di persone molto preparate, l'istruttore (fenomeno!) che allenandosi insieme a noi dirige i vari esercizi in tabella ci fa sempre lavorare con tempi di recupero abbastanza ristretti, sia per una questione allenante, sia perché non lavorando mai su massimali, ma su ripetute con periodazione a difficoltà ed intensità variabili, il fatto che non riusciamo mai a scaricare del tutto la CO2 in eccesso (come al termine di una corsa o dopo avere fatto le scale...), magari non riusciamo a completare la distanza dell'esercizio riemergendo prima, ma l'accumulo di CO2 ci impedisce di tirare l'apnea rischiando di farci del male.

In diversi anni di allenamenti con questo gruppo non ho mai visto qualcuno avere incidenti, sambe o black out.

Analogamente, dopo uno spostamento a pinne, la frequenza cardiaca (respirazione cardio-polmonare) sale per compensare lo sforzo muscolare, ma in breve torna a livelli normali.

Da più di un anno sto testando il nuovo computer SP2 con fascia cardio di Sporasub, sia in allenamento sia in pesca e devo dire che le indicazioni che arrivano dai dati di immersione sono davvero interessanti.

Riallacciandomi al discorso di Luciano, in effetti le mutate condizioni ambientali influiscono molto sulla nostra tranquillità, per cui, se la frequenza cardiaca è accelerata per lo sforzo appena effettuato, immergersi prima del tempo (sempre nel rispetto dei tempi di recupero!), avrà come risultato quello di farci arrivare prima i segnali di fame d'aria, costringendoci a riemergere anzitempo, tutto sommato, con maggior margine di sicurezza, ma se la frequenza cardiaca è accelerata per motivi diversi, ad esempio, ho appena strappato un bel pesce e l'ho visto intanarsi e ora in superficie cerco di recuperare il prima possibile per immergermi di nuovo prima che scappi, o peggio, ho appena evitato di essere affettato dal solito cafonauta rischiando pure la rissa, sicuramente la mia agitazione non avrà nulla a che vedere con la saturazione di CO2 ed è qui che dovremo prestare la massima attenzione perché è facile che iperventileremo senza volerlo, pensando di abbassare la frequenza cardiaca.

Quello che accadrà è che non appena iniziata l'immersione e stabilizzatici sul fondo, il riflesso d'immersione ed il blood shift faranno "magicamente" abbassare la frequenza cardiaca in modo repentino (parlo sulla mia esperienza di tuffi iniziati con 95/100 bpm con riduzione in pochi secondi a 42/45 bpm), per cui se non saremo troppo condizionati dal fattore che ci aveva fatto aumentare la frequenza cardiaca, riprenderemo la normalità, ma con una respirazione fatta magari in modo sbagliato, andando a correre dei seri rischi!

Questa cosa l'ho sperimentata sulla mia pelle l'anno scorso durante una gara di apnea dinamica con la monopinna, su di una distanza per me impegnativa ma più volte chiusa in allenamento senza problemi.

Prima della partenza, per via della tensione di gara non riuscivo a fare scendere la frequenza cardiaca in alcun modo e continuavo a respirare solo col diaframma per tranquillizzarmi, di fatto iperventilando in modo eccessivo, ma una volta partito e stabilizzato sui gesti consueti tutto si è normalizzato e le sensazioni sono tornate piacevoli con la frequenza cardiaca che si è normalizzata.

Tutto bene finchè non sono riemerso, ma appena mi sono appoggiato al bordo ed ho ripreso a respirare ho fatto una samba velocissima di due o tre secondi che però mi è costata la meritata squalifica.

Se la stessa cosa mi fosse capitata a pesca e non in un metro e mezzo d'acqua, non so come poteva andare a finire.

Sicuramente, a pesca non ho mai forzato e corso rischi come in piscina dove tutto è programmato e controllato, ma questa cosa mi ha fatto rendere conto ancora di più quanto sia sottile il confine tra un'apnea normale ed una a rischio.

Alla gara di quest'anno (ne faccio una sola all'anno...), memore dell'esperienza fatta ed ancora con lo stesso stato di agitazione, ho respirato correttamente ed anche se non ho chiuso la distanza della mia categoria (mancavano 2 metri e 60 cm. al muro!), le corrette sensazioni ed i campanelli d'allarme mi hanno permesso di riemergere al momento giusto e chiudere la mia gara con un'uscita valida.

Quello che conta nella pesca è conoscere correttamente le principali leggi fisiche e fisiologiche e non sperimentare mai, piuttosto, procedere per gradi e sempre con molta cautela, senza pensare di bruciare le tappe.

Col tempo impareremo da soli cosa ci fa rendere meglio sott'acqua.

La paura non è debolezza, ma è una reazione naturale dettata dall'istinto di conservazione, quindi assecondiamola perché col tempo e l'esperienza anche la paura diventerà consapevolezza, spostandosi nel tempo e nello spazio un po' più in là, ma mai troppo! :thumbup:

Ciao.

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Confermo quanto detto nel messaggio precedente.

Per chi ha voglia e pazienza di leggere con attenzione, avendo l'umiltà di prestare attenzione ai consigli dispensati da parte di chi, innegabilmente, ha più esperienza, le pagine di questo forum possono essere un più che valido strumento di supporto alla formazione culturale di un amatore dell'apnea e della pesca in apnea.

Ancora grazie.

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Confermo quanto detto nel messaggio precedente.

Per chi ha voglia e pazienza di leggere con attenzione, avendo l'umiltà di prestare attenzione ai consigli dispensati da parte di chi, innegabilmente, ha più esperienza, le pagine di questo forum possono essere un più che valido strumento di supporto alla formazione culturale di un amatore dell'apnea e della pesca in apnea.

Ancora grazie.

 

perfettamente d'accordo!

 

mi rinnovo nei complimenti al grande Pepu! sono i contributi che personalmente apprezzo di più :clapping:

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Ciao Peppe, la "samba" viene cosí definita perchè è la perdita di controllo motorio che precede il black out. Quando avviene in ripresa di respirazione puó durare pochi secondi e spesso è seguita da ripresa spontanea delle normali funzioni, se non si evolve in black out. Il suo nome ricorda il balletto perchè quando capita si eseguono dei movimenti involontari, soprattutto del capo che si muove su e giú (come se la testa cadesse per un colpo di sonno che si cerca di contrastare...). Il black out è lo svenimento vero e proprio. Per anni è stata chiamata sincope anossica ma é stato diversificato da questa per differenze di tipo medico che farei fatica a spiegarti, non avendo padronanza dell'argomento.

Se sei interessato e vuoi approfondire puoi farti un giro sul forum di medicina e leggere gli interventi di Massimo Malpieri.

Ciao.

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Intervengo nuovamente per condividere la mia esperienza maturata dopo aver letto questa discussione.

Così come consigliato da Pepu e da altri, ho preso a respirare normalmente durante la fase di recupero, esclusi quei primi secondi immediatamente seguenti la riemersione in cui è naturale avere un ritmo più accelerato.

Solo gli ultimi 4-5 atti sono lenti e profondi, con intervento spinto del diaframma.

Nella maniera più assoluta non ho riscontrato contrazioni dei tempi di apnea nè problemi o inconvenienti di altra natura, il tutto benchè venissi da una giornata molto faticosa e fossi piuttosto stanco.

A questo punto, però, vorrei approfittare ancora di questo spazio per chiarire un altro aspetto legato alla respirazione.

Al corso di apnea ( Apnea Acadmey ), gli istruttori tenevano a sottolineare con giusta enfasi che un corretto rapporto tra tempo di inspirazione e tempo di espirazione è di 1:2 ( e mi riferisco sempre alla respirazione diaframmatica che precede la capovolta )

Ora, mi sono reso conto, però, che quando mi preparo al tuffo tendo a prolungare di molto l fase di espirazione che può durare anche il triplo, se non di più, dell'inspirazione.

Tengo sempre presente quanto ribadito nelle battute precedenti, ovvero che non esiste una tecnica o, chiamiamolo così, un > di respirazione valido per tutti, ma mi chiedevo se rapporti del genere ( 1:3 o inferiori ) possano avere dei riscontri negativi.

Ringrazio in anticipo ed auguro a tutti un buon inizio di settimana.

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Come già ho avuto modo di "disquisire" privatamente con Santiago86, la didattica proposta da Apnea Academy è di indubbia validità, ma si propone agli apneisti che devono effettuare una serie di immersioni/apnee con schema predefinito, che sia dinamica lineare, con o senza attrezzi, statica o lungo un cavo in assetto costante, ecc.

I vantaggi di determinati tipi di respirazione sui tempi di apnea sono innegabili ma anche i rischi, se non correttamente praticata e maturando la giusta esperienza, sono comunque presenti e ci si può fare molto male come in qualsiasi altra situazione, ma disponendo di un protocollo sul controllo e la sicurezza che ridimensionano il tutto, con le dovute eccezioni.

Diventa però molto pericoloso esportare queste tecniche alla pesca, perché ritengo che non siano omologabili alla variabilità delle immersioni di pesca, diverse l'una dall'altra e con schemi spesso che variano durante il tuffo stesso (parto con un agguato che si conclude con aspetto o viceversa, o con l'ispezione di una tana, ecc.).

Sono curioso di acquisire l'opinione dell'amico Andrea (grazie per i complimenti!), ottimo pescatore ed apneista esperto, se pratica differenti tecniche di respirazione a seconda delle situazioni, che siano di pesca o discesa lungo il cavo.

Modificato da Pepu
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