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Pesca in Polinesia -ultimo atto-


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Prima parte

 

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Seconda parte

 

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Il pomeriggio è dedicato a leccarsi le ferite nel senso che, di nuovo, Marc aveva visto giusto e le alette della mia asta non erano allaltezza: una di esse è decisamente storta a livello dello snodo con il perno e il perno stesso è leggermente piegato. Il risultato è che le alette non si chiudono. Provo con mezzi di fortuna, un pietrone come piano di lavoro e i piombi della cintura come martello e scalpello, a sistemare il tutto fino ad ottenere, quasi, un lavoro decente. Reggerà?

 

Anche per questultima uscita con Marc siamo costretti a scegliere la mattina in quanto nel primo pomeriggio devo partire e cambiare isola: è tempo di pagare il debito con mia mioglie; mi aspetta cioè qualche altro giorno in Polinesia semplicemente da marito, lasciando i fucili nella borsa.

 

In ogni caso non c’è tempo di pensare a quello che sarà in questo momento e così, mentre sulla barca di Frank indosso la muta, penso che pesci incredibili potrebbero nuotare proprio sotto le nostre pinne.

 

Superiamo il drop-off e puntiamo ancora più al largo, nel blu, senza allontanarci troppo dallisola comunque. Marc mi dice che talvolta in questa zona si possono incontrare pesci vela e wahoo e, occasionalmente, accostano i mahi mahi, lampugoni giganti.

 

Come ieri siamo in acqua in tre: io, Frank e il suo amico polinesiano. Il blu delloceano è un po diverso dal nostro e mette decisamente a disagio. Sarà per la visibilità o per la profondità ma guardando in basso si scorge distintamente una tonalità nerastra, che mette un po il groppo in gola.

 

Cominciamo a farci trasportare dalla corrente stando semplicemente galla uno di fianco allaltro e guardando in tutte le direzioni. Nulla. Niente pesci, niente squali.

Se non avessi completa fiducia nei miei compagni e non credessi fermamente nella possibilità del grande incontro direi che il tutto è un po noioso. Anche loro però non sono poi così entusiasti della situazione: ancora colpa dellorario poco propizio?

 

Dopo unoretta di vagabondaggio, con qualche tuffo a mezzacqua per rompere il fiato nel caso, davvero, un bel pesce dovesse comparire, mi fanno cenno di spostarci.

 

Risaliamo in barca, percorriamo forse 600-800 metri e ci fermiamo nuovamente, a brevissima distanza dal drop-off questa volta. Qui qualcosa si muove ma immagino che banalmente sia la vicinanza della scogliera. La conferma ce lho osservando i miei compagni, che non rimangono più fermi a guardarsi intorno ma cominciano a fare lunghe planate guardando verso il basso e la caduta di corallo. Provo anche io. Avere la roccia a vista mi mette in un certo senso sicurezza e così le apnee si allungano. Sto preparando il tuffo e Frank mi fa notare un bel pesce azzurro simile ad una nostra ricciola, che nuota, sembra, sotto le nostre pinne. Prendo un gran respiro e scendo ma da subito mi accorgo che qualcosa non va. Non ho preparato bene il tuffo o forse non ho rotto il fiato ma sento distintamente che lautonomia sarà scarsa. Il pesce, mi diranno un bellissimo rainbow runner, inoltre è molto più fondo di quanto non sembri. In ogni caso gli vado incontro in caduta. Mi vede e comincia a scendere, senza scappare, piano. Supero la quota di neutralità e mi immobilizzo: pinne ferme e fucile già puntato. Il pesce rallenta e le distanze si riducono ma decisamente troppo lentamente. Ad un certo punto mi rendo conto che non ce la farò mai a raggiungerlo: sono sui 20 metri, almeno altri 6 o 7 mi separano dal pesce e ne guadagno uno ogni 2 o 3 che scendo. E troppo: allineo e tiro. So che il pesce è lontano, so che è fuori tiro ma non voglio la tentazione di un fucile carico mentre magari sto a 25 metri, a fine apnea e con un pesce di 15 kg davanti. Il tiro ovviamente va a vuoto e finalmente risalgo. Il solito rimprovero di Frank, che con gli occhi mi fa too far again”, questa volta non è meritato: lui vive pescando, va anche due volte nello stesso giorno ed è allenatissimo mentre io, per quanto in forma secondo i miei standard, sono sempre un ragazzo di città.

 

Il tiro comunque ha smosso la situazione e, dal fondo, un enorme squalo sale a pinne ferme. Non so bene che cosa sia in quanto è decisamente fondo ma sembra un furgone. Lo indico a Frank il quale non batte ciglio. Marc mi spiegherà poi che gli squali solitari e sul fondo in genere sono meno pericolosi di quelli in branco. Non riesco ancora a pensare come loro, per me uno squalo è tanto peggio quanto più è grosso

 

Altro tuffo e di nuovo i rainbow runner, questa volta un brancotto di pesci piccoli, approcciano.

Non sono pescioni ma voglio rompere la monotonia per cui gli scendo incontro. Arrivo a 3 o 4 metri e tiro.

 

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Preso basso e strappato in pochi attimi. Altri tuffi e non si muove più nulla. Frank comincia a scendere e a sparare a vuoto. Una, due volte, tre volte cos’è quello???? Un tonno a denti di cane risale dal blu. Mi tuffo subito, questa volta sono pronto. Arrivo alla sua quota e mi immobilizzo. La situazione però entra in stallo: io sono fermo, il tonno è fermo, 10 metri ci separano.

 

 

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Comincio a pinneggiare piano piano verso di lui e lui tiene la distanza. Mi fermo di nuovo e si ferma anche lui. E un duello di nervi e di fiato ma mentre sul primo ce la possiamo giocare, sul secondo io perdo in partenza e così, dopo un po’, mi arrendo e risalgo. Anche il tonno ha deciso che non gli interessiamo e torna a sprofondare. I successivi tentativi di incuriosirlo nuovamente saranno vani.

 

Frank decide di averne abbastanza per cui ci spostiamo di nuovo sulla scogliera.

Qui assisto ad una scena che da noi sarebbe pura fantascienza. Due barconi stracolmi di bombolari stanno per fermarsi proprio nel punto dove siamo diretti. Dico a Marc che sarà difficile pescare con tutto il casino che questi ragazzi faranno in acqua. Lui mi risponde dont worry, forget the guys. Frank fa un cenno di saluto ai due barconi e quelli.si spostano! Di fronte alla mia faccia sbalordita mi risponde i live here, they dont. Semplice e logico per loro, assolutamente incredibile per chi, come noi, si vede rubare il mare sotto gli occhi giorno dopo giorno.

 

Anche sulla scogliera la situazione però non cambia: poco pesce. Riesco a sbagliare un barracuda e un piccolo african pompano, un carangide con due coregorafiche appendici filiformi che partono dalle pinne dorsale e anale. Colpa dellasta un po storta o dellansia da cappotto? Riproviamo anche nel bassofondo di ieri ma, pur vedendo qualche bel jobfish, non combiniamo niente. I pesci sembrano decisamente poco interessati. I miei compagni mi dicono di rientrare ma insisto e li convinco a fare ancora un tentativo sul drop-off del primo giorno. Mi butto, Frank rimane in barca mentre viene con me laltro ragazzo a fucile scarico, segno inequivocabile di scarsa convinzione. Faccio qualche posta ma a parte tantissimi dentici rossi, definiti come no good per via della ciguatera non vedo nulla.

 

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Faccio una caduta fonda su un bec de canne, un dentice dal muso allungato che avevamo mangiato in albergo qualche sera prima. Quando lo porto in barca però Marc mi spiega che, in quel punto, anche i bec de canne sono tossici e, con gran dispiacere, non mi resta che ributtarlo agli squali.

 

 

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Sono davvero sfiduciato. Lancio ancora un'ultimo sguardo verso il fondo e noto che, dal blu, sale un pesce unicorno, una buona preda.

Scendo in caduta anche questa volta fino ad arrivargli addosso e tiro. Preso e quasi fulminato. Lo recupero senza problemi mentre i pochi squali in giro fanno un piccolo sobbalzo ma non si interessano alla cosa.

 

 

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Insomma come ultimo giorno speravo decisamente meglio.

Al pontile saluti, abbracci e la promessa di rivederci quanto prima.

 

La vacanza però non è finita

 

Per gli ultimi giorni della nostra permanenza mia moglie ha prenotato una piccola pensione gestita da una coppia di francesi proprio vicino alla pass di unisoletta dellarcipelago della società. Appena arrivato dico al gestore della mia passione per la pescasub ma quello non mi da molte speranze: i locali pescano quasi solo nella laguna oppure vanno ad aragoste mentre lunica persona a lui nota per belle catture è al momento in vacanza nella capitale. Ci proverò da solo.

 

Meno 2 giorni alla partenza.

Proprio di fronte alla nostra camera, sulla superficie della laguna, uno stormo di gabbiani si getta a capofitto su un branco di piccoli pesci, che saltano disperati. Mi vesto al volo e prendo la canoa. Pagaio come un matto fino a portarmi a breve distanza dagli uccelli, carico il fucile e mi butto. In effetti sotto la superficie dellacqua c’è un fittissimo branco di pesciolini, gli stessi che avevo visto con Frank nel canalone. Mi piazzo in mezzo e aspetto. Lacqua qui dentro la laguna non è limpida ma per fortuna non si vedono squali. Scendo sul fondo, non più di 5 o 6 metri, e mi arriva un brancotto di piccoli jack. Nulla di che ma per la cena vanno bene. Zac, preso e fulminato.

 

 

http://imageshack.us/a/img51/6337/y3pc.jpg

 

 

Meno 1 giorno alla partenza.

Raggiungo la pass con la canoa e mi butto. La corrente è forte e la visibilità ancora ridotta. Non me la sento in queste condizioni di uscire sul drop-off, per cui pesco proprio lungo le due pareti della pass. Cappotto totale.

Mentre rientro non riesco a rassegnarmi allidea di finire la vacanza in questo modo. Mi aggrappo allultima speranza. Chiedo al gestore della pensione di telefonare al pescatore che lo rifornisce di pesce e di chiedergli se è disposto a portarmi a pescare. Il francese mi guarda titubante, dicendomi che il pescatore e si un bravissimo ragazzo ma non pesca sottacqua. Alle mie insistenze comunque telefona. Il pescatore, tale Nunù, accetta di portarmi fuori anche se mi fa capire che lui di pesca subacquea ne sa poco e che, portando fuori me, mette a rischio la sua giornata di lavoro...

 

In ogni modo ci accordiamo: gli pagherò un forfait per il disturbo e potrò pescare più o meno in base a come va la giornata: se prendo pesce sottacqua si continua, se non prendo nulla pescherà lui alla lenza.

 

Ultimo giorno, ultima speranza.

Prima di uscire dalla pass Nunù si ferma a pregare qualche secondo e poi va a tutta manetta. La barca, una specie di lancia sui 6 metri, salta sulle onde, che man mano che ci allontaniamo dallisola aumentano visibilmente. Alcune sono decisamente grosse e mi metterebbero non poco pensiero se non notassi che Nunù sa il fatto suo e riesce a cavalcarle con precisione chirurgica. Dopo una mezz'oretta di navigazione lisola è ormai una linea bassa allorizzonte mentre noi siamo in aperto oceano. Nunù mi dice che prima di tutto mi porterà a pescare vicino ad un FAD, alcune piccole boe legate insieme e ancorate al fondo chissà con quanti metri di robusta cima. Come faccia a trovare questo segnale minuscolo così al largo e senza laiuto di strumentazione elettronica resta un mistero. Comunque mi porta a 50 metri di distanza e mi dice di buttarmi e andare a vedere: spesso ci ha preso bei mahi mahi e tonni. Mentre mi tuffo ancora una nuova emozione: non ho più compagni di pesca, nessuno che mi indichi cosa fare o dove guardare e soprattutto che difenda me o le eventuali prede dagli squali. Ma poi così in mezzo al mare ci saranno squali? E che squali? E il pescatore, un ragazzo di circa 40 anni molto gentile ma per me un perfetto sconosciuto a digiuno di pescasub, sarà affidabile? Boh. Mi dico che, forse, non hanno tutti i torti i miei parenti quando dicono che sono pazzo co’ ‘sta pesca.

 

In ogni modo mi tuffo e nuoto verso le boe. In questambiente la sensazione di vuoto è pazzesca, ancora peggio di quanto provato con Marc. Lì avevamo comunque la terra relativamente vicino e la scogliera era spesso a vista mentre invece qui non c’è proprio nulla. Mi concentro mentre nuoto verso le boe, cercando di mantenere la direzione, quando dalla cresta di unonda, riesco a vederle. Finalmente arrivo e illusoriamente, avendo qualcosa di fisso da guardare, mi sento più al sicuro. Subito sotto le boe tantissimi pesciolini colorati, in gran parte pesci pilota, si sono radunati a pelo dacqua mentre i soliti pesciolini azzurri simil-sardine rimangono alcuni metri sotto.

 

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Faccio qualche tuffo lungo la cima, mi ci aggrappo quando comincio a diventare negativo e aspetto. Nulla. Risalgo e provo a qualche decina di metri dalle boe. Dal blu mi arriva un pesce bianco che mi punta deciso. Faccio quasi per allineare il fucile quando mi accorgo che si tratta di una remora, che probabilmente mi aveva scambiato per qualche pescione spaesato.

 

 

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Ricomincio a nuotare intorno alle boe facendo cerchi sempre più larghi ma di pesci belli nulla. Chiamo Nunù e gli spiego la situazione. Mi fa cenno di salire in barca. Proverà a portarmi vicino ai mahi mahi.

 

Il modo con cui lui cerca questi pesci in aperto oceano è quanto di più affascinante ci possa essere. Si ferma in mezo al mare e comincia a guardare per aria poi dun tratto mi mostra degli uccelli che volano a pelo dacqua e mi spiega che quel tipo di uccelli in quella formazione, quando volano in quel determinato modo, indicano la presenza di uno o due grossi mahi mahi. Ma, anche ammesso che ci siano, come gli spariamo? Mi ricordo che Marc tra una chiacchera e laltra mi aveva accennato alla sua tecnica per la pesca del mahi mahi, che più o meno era: bisogna arrivare davanti ai pesci, saltare dalla barca cercando di non spaventarli troppo e portarli in qualche modo a tiro. Mentre mi chiedo se una cosa del genere possa davvero mai funzionare, ci proviamo.

 

Nunù segue gli uccelli a distanza poi mi fa cenno di reggermi, accelera bruscamente saltando tra le onde, fa un largo giro a tutta manetta e mi porta un centinaio di metri davanti alla presunta rotta del mahi mahi. Mi butto stile incursore mentre la barca continua a camminare e si allontana per evitare di spaventare il pesce in presunto avvicinamento. Nuoto come un pazzo in direzione degli uccelli e, incredibilmente, lo vedo!

 

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Subito sotto la superficie delloceano un mahi mahi di 20 kg nuota abbastanza tranquillo, mantenendo la quota nonostante le onde. Riesco a vederlo bene solo quando sono nella gola tra unonda e laltra mentre lo perdo quando la cresta successiva mi solleva. Mi immergo e gli vado incontro. Il pesce mi vede e alza la pinna. Che spettacolo! E un pescione di tutti i colori, dal verde allazzurro al giallo e mi sta guardando. Non so che fare, è curioso ma non sembra poi così particolarmente interessato mentre continuo a nuotare verso di lui. Scende un po e si allarga ma non scappa né si inabissa troppo. Forzo sulle pinne e riduco le distanze. Mi sembra che adesso acceleri ma ormai io sono lì: una pinneggiata più cattiva, mi allungo più che posso e tiro! Niente. Ma come?? Lho mancato??? Il filo si imbanda e non sento alcuna reazione solo perché il pesce è stoned, fulminato!!!! Quando realizzo la cosa, e vi assicuro che sono passati due interminabili secondi, non sto più nella pelle. Tiro e sento il peso del pesce che fa resistenza nellacqua solo per la sua mole. Afferro lasta e mi tiro il pesce addosso. Lo abbraccio. Alzo il braccio fuori dallacqua e chiamo Nunù gridando. Cerco di mostrargli il pesce ma non riesco a sollevarlo senza affondare. Lo issano in barca e poi salgo anchio. Comincio a gridare: il pesce che volevo! Il pesce che volevo! dammi il cinque Nunù! Lui è quasi contento quanto me, ci scambiamo complimenti reciproci come due ragazzini. Dopo una decina di minuti di festa si ricomincia. Nunù si è gasato: la mia pesca funziona! Ecco un altro piccolo stormo di uccelli e cerchiamo di ripetere la manovra. Questa volta però, forse nella foga di darmi una buona occasione, mi porta troppo vicino al pesce e così mi trovo davanti un mahi molto più spaventato di prima. Cerco di arrivargli a tiro ma non riesco mai ad inquadrarlo bene in quanto nuota a scatti e cambia direzione continuamente. Tiro al volo da lontano e liscio. Proviamo ancora, sembra non ci siano più uccelli per cui non sappiamo dove andare. Nunù ferma la barca di nuovo, si guarda attorno e in lontananza vede qualcosa. Scatta dando motore e mi porta sul punto. Solita manovra di aggiramento e mi tuffo. Non vedo nulla. Il mahi mahi banalmente ha cambiato direzione e non labbiamo intercettato. OK basta, io nonostante i pochi tuffi sono veramente stanco e Nunù deve fare ancora la sua giornata di pesca. Salgo in barca e lo guardo pescare. In un paio dore prende due mahi, più piccoli del mio (hihihi), e un wahoo. Possiamo rientrare. Siamo contenti tutti: lui ha quattro bei pesci da vendere, io un pescione da ricordare, entrambi un amico in più.

 

Ciao Polinesia, a presto!

 

 

http://imageshack.us/a/img36/5421/gmq6.JPG

 

http://imageshack.us...2/5521/apvs.jpg

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il mahi è spettacolare,pero' il fatto che lo hai fulminato forse ha tolto un po' la bellezza della lotta del pesce,e quel pesce ti avrebbe fatto divertire,ma avere una foto ricordo come quella non ha prezzo

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straordinario sia il racconto che le foto, complimenti per tutto, certo che effettivamente un pò pazzo sei a pescare da solo in mezzo al pacifico ma la fortuna aiuta gli audaci e la splendida lampuga formato oceanico che hai catturato all'ultimo è la dimostrazione...e menomale che l'hai fulminata perchè altrimenti nonostante la tua prestanza fisica penso che ti portava a tahiti in surf sulle pinne! :thumbup:

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Ho letto tutto,seconda e terza parte,la priam l'avevo già letta...Che dire,spettacolo allo stato puro,bei pesci,belle foto,ma soprattutto bellissimo racconto,scritto bene e con passione.Bravissimo e grazie per averci fatto vivere le tue emozioni.

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